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RAPPORTI TRA NORME

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Approfondimento

14/11/2005

La seconda parte dell’approfondimento “Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali” aggiornato con una ulteriore sentenza. Di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano.

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Continua la pubblicazione a puntate dell’approfondimento di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano, sui “Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali”, contributo che si inserisce nel dibattito sulla validità del D.p.r. 547/55 anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 459/96 (vedere i numeri 1357, 1347 e 1359 di PuntoSicuro).

 

Il documento integrale con le sentenze allegate (aggiornato con una ulteriore sentenza) è disponibile per gli abbonati alla banca dati di PuntoSicuro (vedere in fondo all’articolo).

 

“Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali”, seconda parte (la prima parte è stata pubblicata su PuntoSicuro n 1360).

 

Legge 23 agosto 1988 n. 400

CAPO III POTESTÀ' NORMATIVA DEL GOVERNO

Art. 14 - Decreti legislativi

1. I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto legislativo" e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione.

2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.

3. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega.

4. In ogni caso, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni.

Art. 17 - Regolamenti

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi;

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

e) l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali.

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

Questo schema va integrato con la fonte normativa rappresentata dall'Unione europea (già denominata CEE), che mediante trattati e accordi, ha il potere di emanare direttive (e anche regolamenti, raccomandazioni, pareri e decisioni, questi invece immediatamente efficaci nel diritto interno degli stati membri) che devono essere recepite (ovvero adattate alle norme previgenti nell'ordinamento interno del singolo Stato Membro, sempre però nel rispetto delle prescrizioni della direttiva de quo) nell'ordinamento di ciascuno dei Paesi membri della comunità. Quindi nei tempi definiti nelle direttive stesse, ed adeguandole all'ordinamento esistente in ciascun Paese, queste norme europee diventano legge nei diversi Stati. Questo percorso viene denominato "recepimento" o "attuazione" delle direttive europee.

Ai sensi dell'art. 137 del Trattato istitutivo della CEE vale il principio in virtù del quale, nel caso di concorso fra norme generali e speciali o, come nel caso specifico, fra norma comunitaria ed interna, prevale in genere quella più favorevole al lavoratore in quanto prevede un livello di tutela della sicurezza sul lavoro più rigoroso e pertanto uno standard più rigido in una prospettiva di miglioramento delle condizioni di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro .

Le fonti comunitarie sono dotate di una forza addirittura superiore alle fonti primarie e quindi assimilabili alle fonti costituzionali ma non possono comunque andare a toccare i principi fondamentali ed i diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione repubblicana.

 

L'efficacia delle leggi è così definita :

1. dalla gerarchia, che come si è visto, definisce la supremazia della fonte primaria su quelle di ordine inferiore, che da quella traggono valore e che non possono modificare; tutte le leggi devono essere coerenti e conformi con la Costituzione - a verificare questa rispondenza vi è la Corte Costituzionale (che periodicamente esprime i propri giudizi di conformità costituzionale delle norme di legge sottoposte alla sua attenzione), che ha tra i suoi principali compiti quello di svolgere questo esame di legittimità, cancellando quelle norme che, in tutto o in parte, siano incostituzionali -

2. dalla successione cronologica: a parità di gerarchia la norma successiva sostituisce quella precedente.

3. dalla specialità: le norme speciali modificano la disciplina della norma generale (anche se precedente).

 

Alla Costituzione devono conformarsi tutte le altre norme previste dalle fonti di grado inferiore, e se queste ultime risultano in contrasto, vengono dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale ed eliminate dall’ordinamento giuridico.

Il raccordo coordinamento di leggi promulgate in tempi diversi è strutturato con le seguenti regole fondamentali: una norma successiva di grado inferiore non può modificare una norma precedente di grado superiore, mentre tra norme di pari efficacia quelle successive abrogano ed integrano quelle precedenti.

Le Leggi Ordinarie vengono promulgate dal Presidente della Repubblica previa approvazione dei due rami del Parlamento.

I Decreti legislativi, adottati dal Governo su delega del Parlamento, sono atti normativi aventi efficacia di leggi formali.

I Regolamenti dell’U.E., vengono direttamente applicati in quanto tali.

I Regolamenti governativi sono atti normativi (di grado inferiore), che vengono deliberati dall’amministrazione competente.

Le Circolari Ministeriali, vengono emanate dagli organi amministrativi, al fine di precisare i criteri applicativi per la corretta attuazione dei principi legislativi.

Esse hanno efficacia all’interno dell’amministrazione a cui si rivolge.

 

Nelle c.d Preleggi al codice civile troviamo codificata questa concezione gerarchica dell'ordinamento giuridico.

Disposizioni sulla legge in generale (r.d. 16 marzo 1942 Codice civile)

Art. 1 Indicazione delle fonti

Sono fonti del diritto:

1. le leggi

2. I regolamenti

3. […]

4. gli usi

 

2. Nota sul diritto comunitario

Le direttive comunitarie, recepite in vario modo dal legislatore italiano, attraverso atto avente forza di legge, quale il D. Lgs. n. 626/94 emanato a seguito di legge delega e come tale munito di sanzioni penali, oppure attraverso regolamento di attuazione, senza legge delega, quale il D.p.r. 459/96, e quindi non suscettibile di modificare un atto coperto dalla riserva di legge ai sensi dell'art. 25 della costituzione.

CI si scorda poi spesso che le direttive sono vincolanti quanti agli obiettivi e prive del carattere della immediata applicabilità.

Sono fonti derivate gli atti prodotti dalle istituzioni comunitarie nell’ambito di quelle materie e di quelle competenze espressamente conferite dagli Stati membri alla Comunità con i Trattati istitutivi e secondo le procedure indicate.

Circa le competenze affidate alla Comunità Europea occorrerà altresì tenere conto di quelle che la stessa può esercitare in virtù del principio di sussidiarietà [E’ un principio introdotto dal Trattato di Maastricht che rende mobile la linea di demarcazione tra le competenze attribuite alla Comunità Europea e quelle che restano agli Stati membri. In base all’art. 5 del testo coordinato del trattato di Maastricht e del Trattato CE, infatti la Comunità Europea è legittimata ad agire nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, soltanto nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario].

In base all’art. 249 (nella formulazione originaria art. 189 Trattato CEE) del Trattato CE, le fonti di diritto derivate si distinguono, a seconda della loro obbligatorietà, in:

1) fonti a carattere normativo vincolante:

- i regolamenti;

- le direttive;

- le decisioni;

2) fonti a carattere non vincolante:

- le raccomandazioni e i pareri.

Le istituzioni e gli organi comunitari possono inoltre adottare atti c.d. atipici

 

Fonti derivate a carattere vincolante

I regolamenti sono gli strumenti più completi ed efficaci a disposizione delle istituzioni (cfr. art. 249 Trattato). Essi sono:

- di portata generale, cioè applicabili a categorie di destinatari astrattamente determinate;

- obbligatori in tutti i loro elementi, nel senso che gli Stati membri hanno l’obbligo della loro integrale applicazione;

- direttamente applicabili in ogni Stato membro, nel senso che esplicano tutti i loro effetti negli Stati membri, nei confronti delle loro istituzioni e rispetto ai privati, senza che sia necessario un atto di attuazione o recepimento da parte degli Stati membri stessi.

I regolamenti vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, ed in linea di principio entrano in vigore decorsi 20 giorni dalla loro pubblicazione.  

Le direttive sono:

- vincolanti solo negli obiettivi; si tratta di strumenti ad azione indiretta, che, similmente alle cosiddette leggi-cornice, indicano il risultato da raggiungere, ma, quanto a forma e mezzi, richiedono un completamento del quadro normativo da parte dei singoli Stati membri;

- prive del carattere di immediata applicabilità, devono formare oggetto di provvedimenti nazionali di recepimento, altrimenti non possono produrre né diritti né doveri. Di solito viene assegnato un termine entro il quale gli Stati membri sono tenuti a recepire e a dare attuazione alle direttive.

 

Le direttive possono essere di carattere:

- generale, quando si indirizzano a tutti gli Stati membri;

- individuale o particolare, quando si indirizzano a uno o più Stati membri.

 

La loro efficacia di regola non è immediata anche se possono rinvenirsi tre eccezioni. Hanno efficacia diretta e sono quindi direttamente applicabili:

- le direttive che impongono al destinatario un comportamento negativo;

- le direttive che si limitano a ribadire obblighi già previsti dai Trattati;

- le direttive self-executing contenenti una disciplina talmente minuziosa da escludere qualsiasi discrezionalità degli Stati in ordine alla loro attuazione.

 

Nella gerarchia delle fonti le direttive richiedono quindi il recepimento nell'ordinamento nazionale, e assumono quindi, recepite, la forza giuridica che ha l'atto con le quali sono recepite, ovvero, in ordine gerarchico:

- legge o regolamento delegato con legge (esempio D.p.r. 547/55)

- regolamento esecutivo (es. D.p.r. 459/96 O anche con Decreto Ministeriale)

di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano

Fine della seconda parte. Le restanti parti del documento saranno pubblicate prossimamente.

Il documento in forma integrale (nell’edizione di oggi è stato aggiunta un’ulteriore sentenza della cassazione):Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali.

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