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Lo Stato che non c’è

Lo Stato che non c’è
Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Approfondimento

04/10/2018

Indirizzo e valutazione delle politiche attive (!) e coordinamento nazionale della vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro.


Il 3 luglio scorso, all’inizio del periodo estivo, si è insediato il “Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro” di cui all’art. 5 del D. Lgs. 81/2008.”. Il Comitato, presieduto dal ministro della Salute, Giulia Grillo, convocato dopo una lunga attesa è composto da rappresentanti dei ministeri della Salute, degli Interni, di Infrastrutture e Trasporti e delle Regioni e Province autonome.

 

Al termine della riunione di insediamento il Ministero della Salute ha informato che questo Comitato si occuperà di:

  1. stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
  2. individuare obiettivi e programmi dell’azione pubblica di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
  3. definire la programmazione annuale in ordine ai settori prioritari di intervento dell’azione di vigilanza, i piani di attività e i progetti operativi a livello nazionale, tenendo conto delle indicazioni provenienti dai comitati regionali di coordinamento e dai programmi di azione individuati in sede comunitaria;
  4. programmare il coordinamento della vigilanza a livello nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
  5. garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti istituzionali al fine di promuovere l’uniformità dell’applicazione della normativa vigente;
  6. individuare le priorità della ricerca in tema di prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.

 

Si tratta di tutti gli argomenti, pari pari, previsti dal comma 3 dell’art. 5.

Non sappiamo se si tratta del vecchio Comitato o di quello nuovo che doveva essere nominato dopo le modifiche apportate, alla sua composizione, dal D. Lgs. 151/2015 (Uno dei cinque decreti che costituiscono il Jobs Act). Una cosa risulta evidente, dallo scarno comunicato del Ministero della Salute, alla riunione non erano rappresentati né il Ministero del Lavoro e neppure l’Ispettorato Nazionale Infortuni. Stupisce che per occuparsi di linee politiche nazionali, in materia di salute e sicurezza nonché di vigilanza, vi siano assenti i due attori principali.

 

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Del resto questo Comitato, che pur aveva, o poteva avere una sua logica nei fatti non ha mai dato un segnale concreto del proprio ruolo e della propria azione.

 

Vale la pena ricordare come il Decreto sia stato il frutto di una costante ed intensa collaborazione tra il Ministero del lavoro ed il Ministero della Sanità. Un fatto straordinario che, prima di allora, non aveva mai visto una così totale forma di partecipazione. Tale indicazione è stata riconfermata dal D. Lgs. 106 del 2019, correttivo dell’originale decreto. Di fatto l’istituzione di un unico ministero denominato “Ministero del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali” ne unificava le competenze ed in questa logica, unitaria, venivano istituiti i due comitati:

  • art. 5: Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
  • art. 6: Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.

 

Complementari fra loro pian piano, Comitato e Commissione, si sono persi ciascuno per la propria strada.  Presso il Ministero del Lavoro, la Commissione di cui all’art. 6, dopo un inizio fruttuoso da quasi 5 anni non produce nulla. L’ultima azione, degna di nota, sono stati i criteri per la qualificazione della figura del formatore del 2013 la cui piena applicazione si è attuata solo con l’Accordo Stato Regioni del 7 luglio 2016.  Ma di questa Commissione avremo modo di vedere in un articolo successivo.

 

Storia diversa ha avuto il Comitato previsto dall’art. 5. Ricordiamo che nell’agosto del 2009 è stato approvato il D. Lgs. 106 correttivo di alcuni errori ed imprecisioni dell’originario D. Lgs. 81/2008. Solo per cronaca e per evidenziare talune superficialità del legislatore una delle modifiche introdotte recita: dopo le parole Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali," sono inserite le seguenti: "è istituito". La legge definiva il Comitato ma dimenticandosi presso quale Ministero doveva essere istituito (!).

 

Nella sostanza il “Comitato” veniva ricondotto all’azione dell’unico ministero unificato Lavoro e Sanità (divenuto Salute) e pertanto ne modificava la sua rappresentanza all’interno dello stesso ministero: era prevista la presenza di tre figure dirigenziali nel direttore dell'ufficio qualità in ambienti di vita e di lavoro dell'ex ministero della Salute, nel direttore della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro e nel direttore della Direzione generale per l'attività ispettiva. Veniva inoltre previsto un rappresentante del ministero dei Trasporti nonché i rappresentanti delle regioni e con funzioni consultive INAIL, ISPESL ed IPSEMA (queste ultime due confluite nell’INAIL con la legge 122/2010).

 

Con Decreto del Ministro del Lavoro e Salute del 26 maggio 2009 veniva nominato il primo Comitato che, a differenza di un sostanzioso lavoro prodotto nei primi anni dalla Commissione di cui all’art. 6, aveva iniziato a darsi una linea nel definire gli indirizzi ai Comitati Regionali di Coordinamento. Questa attività unita a discussioni sul SINP ( Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro, di cui ancora oggi non vi è traccia di operatività) fu proseguita con alcune riunioni nel 2012 ed in una delle ultime il 15 marzo 2013.

 

L’impianto originale di un Ministero che tramite il Comitato, art. 5, programmava e con la Commissione, art. 6, operava veniva pian piano a cadere definitivamente con il Decreto Legislativo 151/2015 che trasferiva il Comitato al Ministero della Salute e cambiandone, in parte, la composizione.

 

La competenza passa dal Ministero del Lavoro a quello della Salute ed in sé non rappresenta nessun problema se questo fosse un Paese dove le istituzioni lavorassero assieme. Ma è vero il contrario dove ogni Ministero opera con logiche interne. Il Ministero della Salute, indipendentemente dal Comitato di cui all’art. 5, ha già tra i suoi obiettivi il “Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018” dove tra i macro obiettivi vi è quello di prevenire gli incidenti e le malattie professionali.

 

Il tutto giustamente all’interno di un Piano che si occupa della salute delle persone. Molti aspetti definiti dal Piano (che nell’evidenziare, analizzare, proporre le problematiche, spesso, non indica a chi spetta l’attuazione e la realizzazione) riguardano aspetti strettamente connessi alla salute e sicurezza sul lavoro: dalla dipendenza delle sostanze agli incidenti stradali; dall’esposizione ad agenti chimici alla sicurezza alimentare; dal benessere organizzativo alla sostenibilità.

 

Nel sistema del Piano nazionale la Commissione di cui all’art. 5 non svolge alcun ruolo significativo. Del resto già la Commissione Tofani [1] aveva evidenziato come l’azione di coordinamento tra lo Stato e le Regioni doveva trovare “corretta soluzione proprio nel Comitato di cui all’art. 5, in quanto organo preposto all’azione di governo del sistema istituzionale… viceversa il ricorso a circolari interne da parte delle amministrazioni statali centrali, indirizzate alle strutture periferiche, determina [ad avviso delle Regioni] incongruenze nell’ambito del sistema di cooperazione tra istituzioni tale da rilevare rilevante discontinuità nel sistema..”   Da parte loro, però, le Regioni con i singoli Comitati regionali di coordinamento non hanno dato sempre buona prova di intervento. E’ sempre la stessa Commissione Tofani a riferire che “…resta un punto debole proprio nel funzionamento dei Comitati regionali che, anche se istituiti in tutte le Regioni, non sono ancora riusciti ad assolvere pienamente alle loro funzioni di pianificazione e programmazione sinergica degli interventi tra i vari enti e le parti sociali, registrando ancora numerosi ritardi e incertezze, sia pure con alcune lodevoli eccezioni”. A distanza di 5 anni dalla relazione Tofani la situazione non presenta segnali di miglioramento.

 

Anzi sono aumentate le difficoltà di intervento e di sinergia degli interventi, già individuate dalla Commissione d’inchiesta, tra i vari enti e le parti sociali. Per quanto riguarda gli enti pubblici si è assistito ad uno svuotamento professionale e di intervento da parte del Ministero del Lavoro e dalla lentezza normativa da parte della Conferenza Stato Regioni accompagnata dalla crescita costante, autonoma, anche al di fuori degli Accordi di norme e delibere regionali. A ciò si aggiunga la totale assenza del Ministero della Salute, fattosi vivo solo con la nota dello scorso luglio.

 

Situazione non migliore per quanto riguarda le parti sociali che di fatto hanno sempre più rappresentato i gruppi centrali dirigenti con scarsa incisività verso i propri iscritti ed aderenti. Si andava già avviando, a grandi passi, quella che negli anni successivi ha sempre preso più corpo con la crisi della rappresentanza. Molte organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro ne hanno preso consapevolezza ma ancora non si sono visti seri momenti di analisi e di strategia. Prendendo ad esempio il settore, difficile, del commercio all’ingrosso nello scorso mese di agosto il segretario di settore della Cisl del trentino invitava ad una alleanza tra lavoratori e consumatori per il giorno di Ferragosto dichiarando: alle famiglie dico andate in montagna con i vostri cari piuttosto che fare la spesa…ai lavoratori suggerisco, invece, di stare a casa…”. Il risultato è stato che le famiglie prima di andare in montagna sono andate lo stesso a fare la spesa nei supermercati aperti con scelta facoltativa dei dipendenti che si sono recati sul posto di lavoro. Forse le posizioni del segretario sindacale erano giuste ma né lavoratori né utenti le hanno capite e soprattutto non le hanno seguite. Chi rappresentava quel sindacalista? delle giuste idee? però i fatti lo hanno smentito.  Questo può essere un recente episodio di crisi della rappresentanza.

 

Anche nel mondo della sicurezza del lavoro si riproduce, con le dovute specificità, la medesima situazione. Vi sono giuste e doverose denunce sindacali, sottoscrizione di appelli, firme di intese e protocolli (soprattutto ogni qualvolta si verifica un tragico incidente sul lavoro con la litania che serve più cultura della sicurezza e che bisogna fare più ispezioni) ma, alla resa dei conti, il corpo e la rappresentanza di coloro che dovrebbero essere rappresentati vanno avanti come prima. Intendiamoci, anche noi, non siamo assolti in questa specie di circo delle dichiarazioni. Però, modestamente, abbiamo sempre cercato di fare qualche analisi e cercare di fare soluzioni formative che per noi sono alla base della prevenzione degli infortuni.

 

Torniamo al Comitato di cui, per anni, ne abbiamo perso traccia. Con Decreto del Presidente della Repubblica n. 44 del 28 marzo 2013 viene approvato il “Regolamento” per il riordino degli organi collegiali operanti presso il Ministero della Salute. Viene istituito un unico organismo denominato “Comitato tecnico sanitario” le funzioni di tutti i comitati e commissioni operanti presso il Ministero stesso. Anche le funzioni del Comitato di cui all’art. 5 del D. Lgs. 81/2008 vengono trasferite al nuovo “Comitato tecnico sanitario”.  Interviene il Jobs Act nel 2015 che, in una logica di semplificazione e snellimento, ne riduce il numero dei componenti. Successivamente il Ministro della salute con D.M. 20 maggio 2015 nomina il Comitato Tecnico Sanitario suddiviso in 13 sezioni tra cui alla scheda n) troviamo la composizione del Comitato di cui all’art. 5. Il “Comitato Tecnico Sanitario” insediato il 10 giugno 2015 è scaduto a giugno di quest’anno. Nel corso dei tre anni una delle attività principali sono stati l’emissione di continui decreti relativi a sostituzioni di componenti. Aspettiamo di vedere cosa succede.

 

Però, dobbiamo dare atto che il Ministro della Salute, Giulia Grillo, con una dichiarazione che, forse, non era argomento del Comitato dell’art. 5 ma, che sottolinea una nuova ed attenta sensibilità sul tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro “anche davanti a fenomeni purtroppo sempre più frequenti anche in sanità, come le aggressioni al personale medico e non medico.”

 

In altre parole quello che molti formatori già hanno iniziato a svolgere coniugando aspetti della security all’interno della formazione dei lavoratori. Insomma una prospettiva aggiornata all’evidenza dei rischi nuovi della sicurezza sul lavoro che vanno anche oltre a talune limitazioni degli argomenti previsti da Accordi Stato Regioni ma con attenzione al dettato legislativo della “valutazione di tutti i rischi” specificandone i criteri adottati per la valutazione. A ciò - cosa che non tutti fanno - è dare poi una azione conseguente attraverso una idonea formazione.

 

In questa direzione il tema della security riguarda molte categorie di lavoratori e le affermazioni del Ministro ci confermano della bontà della strada intrapresa. Se poi, anche il Comitato vuol dire qualcosa meglio: più voci si levano meglio è. Però la strada maestra resta la formazione delle persone.

 

 

Rocco Vitale

Presidente AiFOS, Docente di Diritto del Lavoro, Università di Brescia
 


[1] Il senatore Oreste Tofani (1946-2017) è stato a lungo presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro. Importante fu la sua relazione finale sull’attività svolta dalla Commissione della XVI Legislatura del 15 gennaio 2013.



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