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Lavoro minorile in Italia, una ricerca focalizzata sui giovani migranti

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Approfondimento

07/01/2008

L’Ires Cgil insieme a Save the Children ha condotto una ricerca per conoscere e affrontare meglio la piaga del lavoro minorile: i minori più a rischio sono quelli stranieri.

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E’ da più di dieci anni che l’Ires-Cgil, nata per promuovere e realizzare ricerche sul lavoro e i suoi cambiamenti, cerca di approfondire la conoscenza del fenomeno del lavoro minorile. Una ricerca svolta qualche anno fa, "Lavori minorili nelle grandi città italiane", è ancora oggi un punto di riferimento per chiunque voglia realizzare interventi di prevenzione, recupero e contrasto in questo ambito.
 
In questi giorni è stata presentata a Roma una nuova ricerca, condotta insieme a Save the Children Italia, che arriverà nelle librerie tra pochi giorni. “Minori al lavoro - Il caso dei minori migranti”, il nome del libro, nasce da una attenta rilettura delle precedenti ricerche e dal desiderio di capire le specificità e tipologie del lavoro precoce dei minori stranieri in Italia, anche attraverso nuove metodologie di ricerca partecipata che permettono un coinvolgimento diretto dei minori nell’evolversi dell’indagine.
 
Se oggi in Italia il lavoro minorile riguarda circa 600.000 minori, con solo un 15-16% di stranieri, è tuttavia più probabile per un giovane migrante avviarsi precocemente al lavoro che per un coetaneo italiano e con maggiore pericolo di maturare esperienze di marginalità sociale. La ricerca ha cercato di mettere in luce gli elementi che favoriscono il fenomeno del lavoro precoce. Tra questi il genere maschile, l’età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, la nazionalità straniera, la presenza di famiglie mono-genitoriali ed il livello di disoccupazione e di povertà nel territorio abitato.
 
Ma quali sono le specificità del lavoro di un minore straniero? Un’attività di lavoro particolarmente “significativa”, caratterizzata spesso da una grande intensità: il 59% dei cinesi e il 42% degli altri minori stranieri lavora tutto l’anno, mentre la maggioranza dei minori italiani lo fa saltuariamente (il 42% dichiara di farlo quando capita e il 33% di farlo solo stagionalmente).
 
Inoltre l’avviamento al lavoro dei giovani migranti avviene spesso attraverso la famiglia, con un’esperienza di lavoro che diviene, più che per gli italiani, una forma di collaborazione al sostentamento famigliare.
 
Altra diversità è relativa ai luoghi di lavoro.  Circa un terzo dei minori stranieri lavora in strada come venditore ambulante, a volte svolgendo attività di accattonaggio. I minori italiani in strada sono invece solo il 12%, con una maggioranza che lavora in ambienti “protetti” come negozi, bar e ristoranti.
 



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La ricerca si sofferma sul lavoro minorile tra i minori cinesi. Il 61% lavora per lo più in ambienti “protetti”, come laboratori artigianali tessili o di pelletteria, ma a condizioni di lavoro a rischio sia per i ritmi che per i macchinari pericolosi utilizzati.
 
Nella sezione dedicata alla ricerca partecipata, svolta da Save the Children con il coinvolgimento di minori lavoratori come “intervistatori”, emerge che le tipologie di lavoro dei giovani migranti sono molto varie e spesso questi lavori, anche all’interno di un mercato formale, sono svolti irregolarmente.
 
Se la maggior parte di questi minori lavora nell’ambito della ristorazione, dell’edilizia, dell’agricoltura, dell’assistenza domiciliare e dei servizi, una piccola minoranza chiede l’elemosina o ruba, considerando a volte queste due attività come un vero e proprio lavoro. Raramente dalla ricerca partecipata emerge nei minori una consapevolezza dei propri diritti in ambito lavorativo.
 
E’ il Segretario confederale della Cgil, Morena Piccinini, durante la presentazione della ricerca a Roma, a trarre una sorta di conclusione e auspicio per il futuro: “L’attività di contrasto alla piaga del lavoro minorile deve trovare nella scuola una prima e fondamentale risposta. Diverse sono le strade da perseguire ma deve essere la scuola ad accendere il faro sui disagi sociali e culturali dei minori e delle loro famiglie”. “Le soluzioni da mettere in campo – continua la sindacalista - richiedono un diverso approccio culturale al fenomeno: dietro al lavoro minorile non c’è solo il disagio economico ma un fattore culturale che considera il produrre reddito l’unica via di affermazione nella società”.



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Rispondi Autore: gessica calcietto - likes: 0
20/11/2022 (16:26:07)
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