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L’amianto continua a mietere vittime
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Di amianto si continua a morire, nonostante questa sostanza sia bandita nel nostro Paese da oltre un decennio. Le conseguenze del suo massiccio impiego dagli anni ’60 agli anni ’80, purtroppo saranno ancora riscontrabili per anni nelle statistiche delle malattie professionali e nell’ambiente.
Ne è un esempio il monitoraggio effettuato dall’Inail in Sicilia, aggiornato al 6 novembre 2006, che ha riguardato 782 aziende, alle quali si devono aggiungere di 279 aziende chiuse o fallite di cui non si sa più nulla.
Sul territorio regionale 38mila lavoratori hanno presentato all’Istituto domande per il riconoscimento di “ex esposti all’amianto” e per usufruire dei benefici previdenziali.
13.119 sono state le certificazioni di rischio rilasciate ai lavoratori per esposizioni all’amianto di cui 7.438 quelle con esito positivo e 5.677 quelle con esito negativo. Mentre il totale delle domande dei lavoratori relative all’esposizione all’amianto di aziende chiuse o fallite, e pertanto non più reperibili, è di 4.822.
I dati resi noti dal coordinatore dei comitati consultivi provinciali dell’Inail Sicilia evidenziano che sono quattrocento circa le morti di lavoratori per mesotelioma pleurico, una forma di tumore particolarmente aggressivo che interessa le vie respiratorie. Inoltre, è cresciuto e giunto ormai a centinaia di migliaia di tonnellate l’amianto abbandonato in discariche abusive.
La città di Palermo si colloca dopo Genova e Torino al terzo posto per i dati relativi all’insorgenza del tumore alle vie respiratorie (mesoplerinoma pleure) causato dall’esposizione all’amianto.
“Vista la gravità del fenomeno”, ha dichiarato il coordinatore regionale dell’INAIL, “chiediamo agli assessorati regionali alla Sanità, all’Ambiente e al Lavoro, di potenziare il servizio di medicina preventiva del lavoro, di mostrare l’elenco dei siti dove esiste ancora l’amianto per l’eventuale bonifica, di avviare la formazione per evitare danni al momento della sua rimozione, di realizzare una discarica dove conferire e mettere in sicurezza l’amianto, di ridurre i costi di conferimento e dei trasporti e di dare un elenco dei lavoratori esposti al fine di una diagnosi precoce”.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Di amianto si continua a morire, nonostante questa sostanza sia bandita nel nostro Paese da oltre un decennio. Le conseguenze del suo massiccio impiego dagli anni ’60 agli anni ’80, purtroppo saranno ancora riscontrabili per anni nelle statistiche delle malattie professionali e nell’ambiente.
Ne è un esempio il monitoraggio effettuato dall’Inail in Sicilia, aggiornato al 6 novembre 2006, che ha riguardato 782 aziende, alle quali si devono aggiungere di 279 aziende chiuse o fallite di cui non si sa più nulla.
Sul territorio regionale 38mila lavoratori hanno presentato all’Istituto domande per il riconoscimento di “ex esposti all’amianto” e per usufruire dei benefici previdenziali.
13.119 sono state le certificazioni di rischio rilasciate ai lavoratori per esposizioni all’amianto di cui 7.438 quelle con esito positivo e 5.677 quelle con esito negativo. Mentre il totale delle domande dei lavoratori relative all’esposizione all’amianto di aziende chiuse o fallite, e pertanto non più reperibili, è di 4.822.
I dati resi noti dal coordinatore dei comitati consultivi provinciali dell’Inail Sicilia evidenziano che sono quattrocento circa le morti di lavoratori per mesotelioma pleurico, una forma di tumore particolarmente aggressivo che interessa le vie respiratorie. Inoltre, è cresciuto e giunto ormai a centinaia di migliaia di tonnellate l’amianto abbandonato in discariche abusive.
La città di Palermo si colloca dopo Genova e Torino al terzo posto per i dati relativi all’insorgenza del tumore alle vie respiratorie (mesoplerinoma pleure) causato dall’esposizione all’amianto.
“Vista la gravità del fenomeno”, ha dichiarato il coordinatore regionale dell’INAIL, “chiediamo agli assessorati regionali alla Sanità, all’Ambiente e al Lavoro, di potenziare il servizio di medicina preventiva del lavoro, di mostrare l’elenco dei siti dove esiste ancora l’amianto per l’eventuale bonifica, di avviare la formazione per evitare danni al momento della sua rimozione, di realizzare una discarica dove conferire e mettere in sicurezza l’amianto, di ridurre i costi di conferimento e dei trasporti e di dare un elenco dei lavoratori esposti al fine di una diagnosi precoce”.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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