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Addio al Testo Unico

Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Approfondimento

20/05/2005

Articolo di Rocco Vitale, presidente dell’AiFOS. “E’ finita, con un nulla di fatto, l’avventura del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro…”

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E’ finita, con un nulla di fatto, l’avventura del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro. Non se ne parlerà più fino alla prossima legislatura. La stessa sorte era già capitata nella scorsa legislatura.
A livello di impostazione generale della riforma normativa non c’è da essere allegri. Qui ormai i rinvii non sono di anno in anno ma da una legislatura all’altra. Ovvero con rilanci da cinque anni.

Se pensiamo alla proposta del sen. Smuraglia che ormai possiamo datare a dieci anni fa ne aggiungiamo i cinque di questa legislatura ed i cinque della prossima forse, ci saranno voluti circa 20 anni per fare un testo unico. Il tutto alla faccia della prevenzione della sicurezza. Nell’azione di prevenzione per la riduzione degli infortuni la legislazione e la normativa hanno un peso ed una importanza determinante. Il legislatore se ne deve assumere le responsabilità di fronte alla collettività del lavoro.

Questo non significa che il Testo Unico andava approvato sic et simpliciter. Vi era stata una proposta seguita da un grande dibattito e da proposte di modifica. E dato che le modifiche erano state chiesta dal Consiglio di Stato e dalle Regioni il Governo avrebbe potuto ben accogliere queste modifiche e, così, poter proseguire l’iter di approvazione per il testo unico che, gli stessi critici interlocutori non lo avevano bocciato tutto nel suo insieme ma, ne chiedevano modifiche, rettifiche e revisioni.

Il tutto alla luce di una chiara dialettica pubblica che ha coinvolto il mondo che opera nel campo della sicurezza. Per la prima volta il dibattito non prendeva le mosse da interessi di corporazioni ed utilità marginali e di rendita da difendere ma dall’esigenza e dalla consapevolezza di attuare una normativa utile per la prevenzione e la salute sul lavoro.

Infatti il motivo per cui il Governo ha ritirato il testo unico è solo ed essenzialmente politico. Con il suo ritiro dall’aula del Senato dove era in corso il dibattito nell’apposita commissione il sottosegretario Sacconi ha annunciato che il ritiro corrisponde alla prossima decadenza della delega a fine giugno per la quale non sarà richiesta nessuna proroga ed il tutto verrà rimandato alla prossima legislatura.

I motivi politici sono alla base dell’impostazione della proposta di testo unico. Il Governo ha inteso attuare un testo legislativo alla luce della nuova riforma costituzionale in corso di discussione nel Parlamento. In sintesi la centralizzazione allo Stato di tutta la materia in ordine alla sicurezza sul lavoro che l’attuale art. 117 (dopo la riforma di cinque anni fa e non ancora attuata completamente) ha visto queste competenze passare dallo Stato alle Regioni.

Il Governo, nelle parole del sottosegretario, ha intesto riportare la materia sotto la direzione unica a livello nazionale ma il Consiglio di Stato e le Regioni hanno contestato questa impostazione e pertanto la proposta è stata ritirata. Con l’evidente sottinteso che la prossima legislatura provvederà alla riforma costituzionale e quindi si avrà il via libera senza più vincoli da parte delle Regioni.

Questa è la giustificazione politica che fonda le sue radici nel ragionamento e nelle idee perseguite da alcuni partiti dell’attuale maggioranza.
A nostro modesto avviso le cose non stanno proprio così. Le argomentazioni politiche sono da accettare, chiunque sia il soggetto che le propone ma, nel nostro caso le Regioni –senza ombra di dubbio – non hanno mai inteso esautorare lo Stato in questa azione utile e necessaria di revisione, semplificazione e armonizzazione della legislazione.
Le Regioni hanno proposto modifiche e non contestato il progetto politico nel suo insieme richiamandosi alle proprie competenze. Il richiamo alle proprie competenze attuali sono solo stato il motivo per il quale le Regioni sono intervenute con proposte atte a modificare il testo.
Ciò del resto rientra nella dialettica dello Stato e delle Regioni.

Diciamo allora che l’impostazione politica data dal governo rientra in una logica che prevede la consultazione ma non la condivisione. In questo le Regioni sono state serie e hanno messo i puntelli. Una riforma di tale portata non può solo sentire un parere e poi lasciare libertà di decisione ad un solo soggetto.

La Regioni, in ultima analisi, non hanno mai contestato il progetto unitario di una norma e della valenza nazionale della legislazione ma, in base alle proprie competenze istituzionali, ne volevano la condivisione. Proposte e modifiche, del resto, avanzate e condivise da tutti enti e associazioni di professionisti ed operatori del settore.
Il governo poteva ben accogliere queste proposte, verificare, tentare altre mediazioni – come è il compito della politica – e poi varare il decreto.
Così non è stato. Ancora una volta sono passati anni e tempi di impegno e dibattito appassionato su questi temi e tutto resta come prima, anzi non facendo nulla, si cammina verso l’indietro e non verso il domani.

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