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Testo Unico. Sulla "quaestio" norme di buona tecnica e buone prassi

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Ambiente

25/02/2005

Articolo a cura di Gerardo Porreca. "Sono depenalizzate o meno le norme in materia di sicurezza sul lavoro? E’ una domanda che ci si è subito posta una volta nota la bozza del Testo Unico e..."

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Nell’ambito del dibattito sul Testo Unico [si veda PuntoSicuro n. 1166, n.1183, n.1186., n.1187], ospitiamo oggi l’intervento dell’ing. Gerardo Porreca, Coordinatore del Nucleo Territoriale Aias Bari.


Articolo a cura di Gerardo Porreca.
Testo Unico. Sulla "quaestio" norme di buona tecnica e buone prassi
E’ una delle questioni su cui si discute ed al centro degli incontri fra le parti sociali, le Regioni ed i rappresentanti del Ministero del Lavoro finalizzati a porre in luce eventuali carenze e ad apportare eventuali modifiche ed integrazioni alla bozza del Testo Unico proposta dal Governo.

Sono depenalizzate o meno le norme in materia di sicurezza sul lavoro? E’ una domanda che ci si è subito posta una volta nota la bozza del Testo Unico e sulla quale si sono raccolte interpretazioni diverse da quella di chi sostiene che il Testo Unico così come scritto con la derubricazione a norme di buona tecnica delle disposizioni legislative di cui ai decreti degli anni 1955-56 annulla in maniera drastica il 95% degli obblighi in materia di salute e di sicurezza a danno della tutela fisica dei lavoratori a quella di chi invece è invece del parere che tali norme non vengano sostanzialmente depenalizzate.

Intanto è da intendersi sul termine “depenalizzazione” e ciò a vantaggio dei lettori più esigenti, attenti e rigorosi.

Depenalizzazione, secondo un’accezione strettamente giuridica e secondo quanto è possibile leggere dalla legge n. 689/81 che ha apportato delle modifiche al sistema penale, è da intendersi come derubricazione ad illeciti amministrativi di illeciti già penali ed è quello che è avvenuto con la citata legge per una serie di norme (è stata fatta esplicita eccezione per le norme di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro). E’ evidente invece che per gli esperti ed operatori che nei loro interventi si sono cimentati e si cimentano per esprimere un giudizio sul nuovo Testo Unico il termine depenalizzare, anche se in maniera impropria, sta per "desanzionalizzare" e cioè privare della relativa sanzione l’inottemperanza ad un obbligo e ad una disposizione di legge. Alla luce di quanto precisato allora vuol dire che in maniera più propria e rigorosa la stessa domanda ce la dovremmo porre in altri termini: saranno “desanzionalizzate” con il nuovo Testo Unico le norme in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori?

Sull’argomento si è avuto modo di leggere un po’ di tutto nell’ambito del dibattito sorto dopo la proposta del Governo sul nuovo Testo Unico. Molti sostengono e sono convinti che mentre le disposizioni legislative già contenute nei decreti degli anni 1990 vengono trasposte nel Testo Unico quelle degli anni 1955-56 vengono totalmente abrogate per esplicita indicazione nella stessa bozza del Testo Unico o comunque derubricate a norme tecniche e di buone prassi non più cogenti e sanzionate. Di conseguenza ne deriverebbe, secondo tale posizione, che per poter sanzionare penalmente la mancata applicazione degli obblighi inerenti la sicurezza sul lavoro si dovrebbe necessariamente passare per la via della disposizione da parte dell’organo di vigilanza con tutte le conseguenze che ne derivano legate alla eventuale loro efficienza ed organizzazione.

Se così fosse davvero ci sarebbe da preoccuparsi ma non sembra che le cose stiano proprio così o almeno non sembra che questi siano gli obiettivi che l’estensore della bozza volesse perseguire anche se forse sarebbe da migliorare e perfezionare il criterio con cui lo stesso intende raggiungere l’obiettivo medesimo.

Intanto non bisogna perdere di vista, e su questo si ritiene di dover insistere perché si è avuto modo di osservare che molti trascurano questo importante particolare o sorvolano su di esso, che le disposizioni dei decreti degli anni 1955-56 che vengono derubricate e considerate di buona tecnica per definizione dello stesso Testo Unico, sono solo quelle relative ad elementi di natura tecnica e costruttiva e non anche quelle di tipo generale che continuano a costituire reato in quanto trasposte fra gli obblighi contenuti nel Testo Unico medesimo sanzionati penalmente e la cui inadempienza costituisce contravvenzione ex D. Lgs. n. 758/96. Il riferimento alle norme di buona tecnica nel Testo Unico oltre che nelle definizioni viene fatto esplicitamente anche in altre parti del testo stesso (art. 42 comma 3 per i luoghi di lavoro, art. 46 comma 7 per le attrezzature di lavoro, ecc.) ed anche qui limitatamente agli elementi di natura tecnica e costruttiva (tale precisazione in verità non è riportata nell’art. 186 del testo relativo alle abrogazioni ma si deve ritenere trattarsi di una omissione da rettificare).

A supportare tale affermazione sulla trasposizione nel nuovo Testo Unico delle vecchie disposizioni viene fatto osservare che in testa ad ogni articolo della stessa bozza nella versione fornita dal Governo sono stati indicati i corrispondenti articoli delle norme preesistenti da abrogare (D.P.R. 547/55, D.P.R. 164/56, D.P.R. 303/56, D.P.R. 321/56, D. Lgs. 277/91, D. Lgs. 626/94 e s.m.i., D. Lgs. 494/96, D. Lgs. 493/96) oltre che le direttive comunitarie alle quali gli stessi fanno riferimento. Si osserva così che non sono pochi gli articoli dei vecchi decreti che vengono trasposti nel nuovo testo per cui si è del parere che sarà limitato il ricorso dell’organo di vigilanza al potere di disposizione e certo meno diffuso di quanto temuto.

Nella bozza del Testo Unico viene sostanzialmente un po’ ripresa e generalizzata la formula già adottata dalla legge n. 186/68 sulla sicurezza dei materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici, dalla legge n. 1083/71 sulla sicurezza nell’impiego del gas combustibile e dalla legge n. 46/90 sulla sicurezza degli impianti in genere, formula secondo la quale gli impianti, i luoghi di lavoro, le macchine e le attrezzature devono essere idonee e sicure per i lavoratori e che si considerano tali quelle conformi ai requisiti generali di salute e di sicurezza stabiliti dalle disposizioni di legge e dalla legislazione tecnica vigente. La legge n. 186/68, infatti, (che viene riscritta nell'art. 56 della bozza del Testo Unico) recita che tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d'arte e quelli realizzati secondo le norme del CEI si considerano costruiti a regola d'arte. La legge n. 46/90 impone alle imprese installatrici di eseguire gli impianti a regola d'arte utilizzando allo scopo materiali parimenti costruiti a regola d'arte ed aggiunge che i materiali ed i componenti realizzati secondo le norme tecniche di sicurezza dell'Ente italiano di unificazione (UNI) e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI), nonché nel rispetto di quanto prescritto dalla legislazione tecnica vigente in materia, si considerano costruiti a regola d'arte. La legge n. 1083/71 fa ancora di più disponendo che tutti i materiali, gli apparecchi, le installazioni e gli impianti alimentati con gas combustibile devono essere realizzati secondo le regole specifiche della buona tecnica per la salvaguardia della sicurezza.

Volendo scendere in qualche particolare con riferimento ad esempio all’uso ed alla sicurezza delle macchine, nel caso in cui l’unità ispettiva dell’organo di vigilanza individui degli organi lavoratori o delle zone di operazioni che costituiscono dei pericoli per i lavoratori, lo stesso non dovrà disporre ai sensi dell’art. 32 del Testo Unico la protezione o segregazione o l’applicazione di un dispositivo di sicurezza così come indicato nell’art. 68 del D.P.R. n. 547/55 o la protezione di elementi di macchine di cui all’art. 41 dello stesso decreto, in quanto derubricate a norma di buona tecnica, ma dovrà contravvenzionare ai sensi dell’art. 47 del Testo Unico il datore di lavoro per aver messo a disposizione dei propri lavoratori una macchina risultata non sicura e non rispondente al requisito generale di sicurezza di cui all’Allegato V punto 2.8 che così recita “Se gli elementi mobili di una attrezzatura di lavoro presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l’accesso alle zone pericolose o che arrestino le manovre pericolose prima di accedere alle zone in questione”. Lo stesso ispettore dovrà quindi adottare il provvedimento di prescrizione ex D. Lgs. n. 758/96 ed attivare le relative procedure al fine di far rimuovere la contravvenzione e di far eliminare lo stato di pericolo applicando una ammenda che è anzi superiore quattro volte circa rispetto a quella già prevista dai citati articoli del D.P.R. n. 547/55. Del resto è quello che dice l’art. 32 della bozza secondo il quale il provvedimento della disposizione per l’applicazione della norma di buona tecnica può essere adottato solo nel caso in cui la mancanza della misura non costituisca di per sé stesso un reato (da intendersi ovviamente il reato contravvenzionale ex D. Lgs. n. 758/96).

Lo stesso provvedimento di prescrizione l’ispettore dovrà applicare nel caso della presenza del rischio specifico contro parti in movimento che possano costituire delle situazioni di pericolo nell’uso di una mola (art. 89 del 547/55), di una impastatrice, gramolatrice o macchina simile (art. 97 dello stesso decreto), di macchine utensili per metalli, legno e affini (art. 108, 109, 111, 113), di presse cesoie e macchine simili (art. 115, 119, 120, 122, 123), di frantoi, disintegratori, molazze e polverizzatori (art. 124, 125, 127), di macchine per centrifugare e simili (art. 130), di laminatoi rullatrici, calandre e cilindri in genere (art. 132), di apritoi, battitoi, carde, sfilacciatici, pettinatrici e macchine simili (art 135, 137, 138), di macchine per filare e simili (art. 139) ecc., oppure in caso di mancanza di protezione di motori (art. 50 del 547/55), di elementi per la trasmissione del moto, di alberi, cinghie e funi di trasmissione (art. 55, 56 dello stesso decreto), di ingranaggi (art. 59), di catene di trasmissione e ruote dentate (art. 61),di parti salienti di organi di macchine (art. 42), di manovellismi (art. 43), di tratti terminali sporgenti di alberi (art. 44) ecc.

La stessa cosa dovrà essere fatto nel caso che venga riscontrata per le attrezzature la mancanza di comandi regolari, del dispositivo di emergenza, dei dispositivi contro la proiezione di oggetti o l’emanazioni di vapori, gas o liquidi o polvere, di stabilità e resistenza della struttura, di illuminazione, di protezione contro il rischio incendio e di esplosione, di protezione contro il contatto diretto ed indiretto, ecc., ipotesi tutte previste nel Titolo III sulle norme generali di protezione delle macchine e nel Titolo IV del D.P.R. n. 547/55, contenente delle norme di protezione per particolari tipi di macchine, ed ipotesi tutte riprese ed inserite come requisiti generali di sicurezza penalmente sanzionati negli Allegati V e VI del nuovo Testo Unico.

Ed ancora se viene osservato che un lavoratore è impegnato in lavori di riparazione o manutenzione o in lavori di registrazione, pulizia ed ingrassaggio su organi di macchine tenute in movimento non ci si sognerà, in ottemperanza alle indicazioni fornite negli articoli 48, 49, 374, 375 e 376 del D.P.R. n. 547/55, derubricati a nome di buona tecnica e di buone prassi, di ricorrere al potere di disposizione ex art. 32 del nuovo Testo Unico per imporre una procedura di buona prassi nelle operazioni di riparazione o manutenzione ma si dovrà intervenire a prescrivere, se prescrivibile in quanto ancora sanabile, e comunque a denunciare all’Autorità Giudiziaria, ai sensi dell’art. 347 del c.p.p., l’inadempienza alla precisa disposizione legislativa prevista al punto 2.13 dell’Allegato V del nuovo Testo Unico.

Ancora se in un cantiere edile ci troviamo dinanzi a delle aperture lasciate nei solai o nei muri prospicienti il vuoto prive della protezione prevista dall’art. 68 del D.P.R. n. 547/55 o a degli impalcati, ponti di servizio, passerelle o andatoie poste ad una altezza maggiore di 2 metri e prive di parapetti normali a protezione dalla caduta nel vuoto previsti dall’art. 24 del D.P.R. n. 164/56, carenze fra le più diffuse nel settore dell’edilizia, si dovrà fare riferimento agli obblighi a carico dei datori di lavoro previsti dall’art. 48 del nuovo Testo Unico per i lavori temporanei in quota il quale per tali tipi di lavori, definiti nello stesso testo come quelli che espongono il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile, dispone anche esso l’installazione ancora di “solidi parapetti sufficientemente alti dotati almeno di un fermapiede, di un corrimano e di un corrente intermedio o altro mezzo equivalente” oltre che alle prescrizioni sulle attrezzature da utilizzare in tali tipi di lavori contenute nell’Allegato VIII al nuovo Testo Unico e tutte penalmente sanzionate.

In caso di mancata verifica periodica di un impianto di terra, inoltre, non verrà disposta l’applicazione dell’art. 328 del D.P.R. 547/55 ma prescritta al datore di lavoro la effettuazione della verifica medesima ai sensi dell’art. 61 del nuovo Testo Unico, denunciando ovviamente l’ipotesi di reato all’Autorità Giudiziaria, e così ancora nel caso in cui un datore di lavoro adibisca ad attività lavorativa un locale sotterraneo non autorizzato verrà contravvenzionato ai sensi dell’art. 44 del nuovo Testo Unico e giammai verrà disposto il divieto d’uso ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 303/56 sull’igiene del lavoro.

E di esempi come questi se ne possono fare tantissimi e non solo per la sicurezza delle attrezzature, degli ambienti e dei posti di lavoro, degli impianti elettrici e degli impianti vari, ma anche per la difesa da prodotti pericolosi o nocivi, per l’uso dei mezzi personali di protezione, per i servizi sanitari e di pronto soccorso e per i servizi igienico-assistenziali, andando ad individuare le corrispondenze fra le disposizioni contenute nei decreti oggi vigenti ed i requisiti generali di sicurezza contenuti nella bozza del Testo Unico, per cui se una preoccupazione ci deve pervadere è quella di assicurarci che tutte le disposizioni di sicurezza contenute nei decreti in abrogazione siano stati puntualmente trasposte nel nuovo testo e supportate dalle relative sanzioni penali, provvedendo ad integrare lo stesso allorquando si riscontrino dei settori non adeguatamente coperti, come si riscontra ad esempio per il D.P.R. n. 321/56 sui lavori in cassoni in aria compressa per i quali benché richiamati nel Testo Unico all’art. 173 è stato omesso di riportare la corrispondente sanzione.

Certo cambia la tecnica della ispezione mirata più all’accertamento della eliminazione dei vari rischi che alla individuazione della mancanza della singola misura di protezione.

Ora da un esame dei decreti presidenziali degli anni 1955-56 emerge che negli stessi sono presenti precetti di diversa natura e struttura, da quelli che possiamo definire semplici e puri in quanto si limitano a fissare degli obblighi generali (ad esempio l’art. 41 secondo il quale gli elementi di macchine, quando costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza) a quelli nei quali, pur se non vengono specificate precise misure, viene richiesto che le stesse siano idonee, adatte, sufficienti, efficienti, adeguate e così via, nonché a quelli nei quali viene invece imposta una specifica misura di protezione (ad esempio l’art. 109 secondo cui la sega circolare fissa deve essere provvista di una solida cuffia registrabile e di un coltello divisore) ed a quelli ancora con i quali vengono suggerite per eliminare il pericolo individuato varie possibili misure o dispositivi di protezione a scelta del soggetto obbligato.

L’art. 115 del D.P.R. n. 547/55, ad esempio, sulla protezione delle presse e cesoie, dopo aver disposto al primo comma il principio generale che tali macchine devono essere munite di ripari o dispositivi atti ad evitare che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori siano offese dal punzone o da altri organi mobili lavoratori, suggerisce al comma successivo alcuni tipi di soluzioni che possono essere adottate (si precisa che la parola “possono” sta nel testo dell’articolo) quali schermi fissi, schermi mobili, apparecchi scansamano, dispositivi che impediscano la discesa del punzone quando il lavoratore si trova in pericolo. Così anche l’art. 69 dello stesso D.P.R. 547/55 sulla protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine indica, in alternativa alla segregazione citata nell’articolo precedente, altre misure che possono essere idonei attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari per l’arresto della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo simultaneo. Ancora l’art. 56 del D.P.R. n. 547/55 sulla protezione degli organi di trasmissione dopo aver sancito l’obbligo generale della protezione delle parti che possono costituire pericolo indica che questa può essere costituita da una barriera distanziatrice e così via.

Ora sono proprio queste soluzioni, che il D.P.R. 547/55 suggerisce che possono essere adottate, che sono da considerare norme di buona tecnica e non cogenti ai sensi del nuovo Testo Unico, potendo il costruttore o il datore di lavoro ricorrere ad esse o ad altre soluzioni suggerite dalla evoluzione delle norme tecniche per raggiungere lo stesso obiettivo (del resto anche secondo l’attuale normativa l’ispettore, quando il D.P.R. indica più di una misura di protezione non va certo a sanzionare il datore di lavoro per non aver adottato l’una o l’altra delle soluzioni suggerite ma lo fa per non aver rispettato l’obbligo generale). E’ quindi in tal senso da interpretare l’affermazione fatta che l’ottemperanza alle norme di natura tecnica di cui ai decreti presidenziali in abrogazione diventerà una condizione sufficiente e non necessaria perché le attrezzature, gli impianti o gli ambienti di lavoro siano considerati conformi alle disposizioni di legge.

D’altro canto viene da chiedersi quando il D.P.R. n. 547/55 oltre ad aver individuato l’obbligo di eliminare un rischio impone anche la soluzione da adottare, perché sanzionare penalmente il costruttore o l’utente se lo stesso obiettivo può essere o è stato raggiunto adottando soluzioni conformi a norme tecniche di sicurezza o addirittura da norme armonizzate europee specifiche per quella macchina? E casi del genere si verificano in occasione di infortuni sul lavoro quale quello esaminato dallo scrivente ed accaduto vicino ad una sega a disco per la quale l’ispettore aveva individuato una carenza ipotizzata dal D.P.R. 547/55 ma che poi è risultata conforme ad una norma armonizzata UNI EN specifica per quel tipo di macchina utensile. Né è da trascurare il fatto che già oggi per quelle disposizioni legislative contenute nei decreti degli anni 1955-56 che si limitano solo a richiedere soluzioni idonee, adeguate, sufficienti ecc. viene normalmente fatto ricorso per la determinazione delle stesse alle prescrizioni ed alle indicazioni fornite dalle norme tecniche vigenti.

Il timore altresì che venga meno il requisito di colpa nel caso di un infortunio sul lavoro, posto da alcuni in evidenza e legato al fatto che la carenza di sicurezza riscontrata risulta prevista da un obbligo divenuto norma di buona tecnica e non più cogente, non dovrebbe sussistere essendo lo stesso obbligo riconducibile ad un requisito generale di sicurezza contenuto nel Testo Unico e quindi ad un preciso riferimento di legge.

E’ ovvio quindi che per quanto riguarda l’articolato dei decreti degli anni 1955-56 non si può fare di tutta l’erba un fascio. Non si può dire in maniera sommaria né che tali decreti siano stati tutti di fatto abrogati né che tutte le disposizioni di legge siano state derubricate a norme di buona tecnica e di buone prassi e se così si intende dalla lettura del Testo Unico è il caso forse di riformulare l’articolato per non creare equivoci e confusione. Sembra che una interpretazione molto diffusa data dal lettore, comunque poco attento, segua la consecutio: il Testo Unico abroga tutte le disposizioni legislative in materia di sicurezza sul lavoro preesistenti che diventano norme di buona tecnica e quindi non più cogenti; esse diventano obbligatorie solo se oggetto di disposizione da parte dell’organo di vigilanza, se e quando viene adottata, e diventano penali addirittura solo nel caso in cui le stesse disposizioni non vengano ottemperate dai datori di lavoro. Ed ecco l’allarmismo infondato.

E’ necessario, pertanto, effettuare una accurata verifica ed assicurarsi con la massima precisione che tutti i principi generali di sicurezza di cui agli stessi decreti siano stati integralmente trasferiti fra i requisiti generali del Testo Unico e quali dei suoi articoli o commi di articoli siano da considerarsi di buona tecnica nonché quelli che, invece, essendo stati superati e ritenuti obsoleti, sono da intendersi abrogati totalmente e non considerati neanche di buona tecnica in quanto di buona tecnica proprio non lo sono.

Questo è quello che viene da suggerire come modifica ed integrazione all’attuale bozza del Testo Unico per quanto riguarda la “quaestio” della buona tecnica se veramente vogliamo creare un testo unificato in materia di sicurezza, né la soluzione può essere quella di rabberciare la bozza del testo e di ripescare e di ritenere ancora in vigore con le relative sanzioni alcuni degli articoli del D.P.R. n. 547/55 (quelli contenenti le disposizioni di carattere generale) così come si è iniziato a fare per quanto riguarda le disposizioni antincendio (in un’ultima modifica sulle norme abrogate si legge che sono da considerarsi ancora in vigore gli articoli del D.P.R. n. 547/55 relativi alla prevenzione incendi (11, comma 7 lettera c), 13, 14, 26, 31, 35, 234, 236, ecc.) altrimenti si rischia di finire con il creare tutta una serie di eccezioni all’affermazione che le disposizioni di cui allo stesso decreto siano di buona tecnica con il risultato da una parte di non raggiungere l’obiettivo di una vera ed effettiva unificazione delle norme di sicurezza e dall’altra di perpretare una inaccettabile sovrapposizione di disposizioni di legge fra la normativa italiana di sicurezza preesistente al D. Lgs. n. 626/94 e le disposizioni di estrazione europea che sono succedute allo stesso, il che è un altro degli obiettivi che si è prefissi di raggiungere con il nuovo Testo Unico.

Casi di sovrapposizione di disposizioni dei decreti del 1955-56 con il D. Lgs. n. 626/94 e s.m.i. e con i decreti di recepimento delle direttive europee non sono rari e si riscontrano ad esempio negli obblighi dei datori di lavoro (art. 4 D.P.R. 547 e art. 4 D. Lgs. 626), negli obblighi dei costruttori e dei commercianti (art. 7 D.P.R. 547 e art. 6 D. Lgs. 626), nell’uso dei D.P.I., nella tutela degli ambienti di lavoro, nella difesa da agenti nocivi, nei presidi e servizi sanitari e nella sorveglianza sanitaria (visite mediche) e ciò non è concepibile nell’ambito di un programma di unificazione e di coordinamento delle norme di sicurezza esistenti.

Per gli altri decreti legislativi per i quali è prevista l’abrogazione il timore di una depenalizzazione delle disposizioni di legge non si pone in quanto le stesse sono state trasposte insieme alle relative sanzioni e ricollocate nel nuovo testo, ed in particolare gli obblighi di cui al D. Lgs. n. 494/96 sui cantieri temporanei o mobili nel Titolo XII del nuovo testo, quelli sulla segnaletica di sicurezza di cui al D. Lgs. n. 493/96 nel Titolo VI, quelli sul rischio rumore ed amianto di cui al D. Lgs. n. 277/91 rispettivamente nei Titoli XI sulla protezione contro gli agenti fisici e Titolo IX sulla protezione contro gli agenti chimici pericolosi, e tutti gli altri obblighi previsti dal D. Lgs. n. 626 e s.m.i. relativi all’uso dei dispositivi di protezione individuale, alla movimentazione manuale dei carichi, all’uso di attrezzature munite di videoterminali ed all’uso di agenti chimici pericolosi in genere fisici e biologici nei vari altri Titoli ed Allegati relativi di cui si compone la bozza del nuovo Testo Unico.

Ciò detto, al di là delle modifiche, delle precisazioni, delle integrazioni indicate nel corso della esposizione e che si ritiene opportuno siano apportate, viene con maggior forza ora da ripetere la domanda: come si fa a sostenere che con il nuovo Testo Unico le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro verranno in gran parte depenalizzate?

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