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Regioni e formazione

Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Ambiente

22/12/2004

Articolo a cura di Rocco Vitale. Una riflessione sul ruolo, competenze e principi delle Regioni nella formazione.

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Con sentenza della Corte di giustizia della Comunità Europea del 15 novembre 2001 si avvia il processo di modifica sostanziale dei requisiti e delle capacità che devono avere i Responsabili e gli Addetti del Servizio di Prevenzione e Protezione per svolgere i rispettivi ruoli.
A quattro anni di distanza siamo ancora in alto mare. C’è stato lo scorso anno il decreto n. 195 del 23 giugno 2003 che modificando introducendo il nuovo art. 8 bis al D. Lgs. 626/94 dava chiare indicazioni del percorso da seguire.
Ma, giustamente, viste le competenze delle Regioni in materia, nuovo capitolo V della Costituzione, il decreto si limita a dare indicazioni di base demandando alla Conferenza Stato Regioni la definizione dei requisiti minimi, ovvero lo svolgimento dei corsi, per svolgere il ruolo di RSPP.

Il Comitato Tecnico, ormai da mesi, ha elaborato una proposta ampiamente condivisa e chiara ma, l’approvazione ufficiale della Conferenza non arriva. Anzi si procede, mese per mese con sistematici rinvii togliendo, all’ultimo minuto, l’argomento dall’ordine del giorno.
Non è dato sapere con certezza i motivi di questi rinvii perenni ma, come abbiamo già avuto occasione di scrivere, pare che il contenzioso sia sugli enti che possono effettuare i corsi.
A questo proposito il D.Lgs. 195/03 è chiaro. Possono svolgere i corsi per RSPP e Addetti, rilasciandone il regolare attestato le Regioni, le università ed una serie di enti nazionali: Inail, Ispesl, Iims, Dipartimento dei Vigili del fuoco, amministrazione della Difesa, Scuola superiore della PA e le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Oltre a questi enti le Regioni possono individuare altri soggetti.

Le Regioni, di fatto, hanno già individuato gli altri soggetti nei cosiddetti “enti accreditati”. Questa attività viene già applicata da ciascuna Regione che individua i requisiti minimi richiesti per l’iscrizione nell'elenco regionale nonché ulteriori criteri applicativi, anche sulla base degli standard definiti dal Ministero del lavoro in attuazione dell’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196 e dell’articolo 142, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Pare tutto chiaro e semplice. Le Regioni individuano i soggetti che possono erogare corsi negli enti già da esse accreditate e poi vi sono gli enti previsti dal D.Lgs. 195/03.

Perché allora non si va avanti e tutto e sempre fermo.
A dar credito ad alcune “voci” che circolano vi sono alcuni enti esclusi , compresi organismi periferici dello stato, che protestano e vogliono essere inseriti “de facto” tra i soggetti che possono erogare la formazione. Ad esempio, tra gli esclusi, ci sono sicuramente gli ordini professionali. Orbene, forti dell’art. 10 del D.Lgs. 494/96, che consentiva loro di fare i corsi per coordinatori si chiedono come mai dell’esclusione. A costoro hanno risposto a quale titolo un ordine od un collegio può vantare capacità per fare corsi di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. Del resto l’esperienza del 494 non è molto gratificante: a fronte di molti ordini seri e capaci si sono visti ordini e collegi appaltare, subappaltare a organismi validi o non validi l’organizzazione completa dei corsi per coordinatore.
La formazione non si fa in questo modo. Se un ente è delegato deve fare e non subappaltare la formazione, concedendo il marchio sull’attestato.
Questo è quanto semplicemente dicono e chiedono le Regioni. Poi se un ordine vuole fare corsi sulla sicurezza basta che abbia i requisiti dell’accreditamento, presenti richiesta, e, se in regola, verrà accreditato. Molti ordini hanno già seguito questa prassi.

Non si vede dunque seria materia del contendere se non la solita alzata di scudi corporativa che chiede per legge, e non per merito e capacità, attestazioni che la legge regolamenta e che, guarda caso, fa capo alle Regioni e non allo Stato.
E intanto, con buona pace della sicurezza e della prevenzione, si continuano a fare corsi per RSPP di 30 o 40 ore al posto di 80 o 100, si prosegue nella illusione di creare un precedente pensando sempre ad una bella sanatoria che aggiusti il tutto. Alla faccia della sicurezza e della preparazione che devono avere i Responsabili che, giustamente sono i capisaldi della gestione della sicurezza sul lavoro e devono avere la preparazione e le capacità previste dopo la condanna europea del 2001.

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