Rapporto Symbola: entro il 2030, 540mila nuovi posti di lavoro nelle rinnovabili in Italia
“Da questo lavoro si evince come le rinnovabili abbiano vinto la battaglia del prezzo con i combustibili fossili e sono oggi la forma più economica per generare energia”. Così esordisce il rapporto “ Le Filiere del futuro” di Fondazione Symbola e Italian exhibition group, panoramica dettagliata sulle prospettive delle rinnovabiliin Italia e i casi virtuosi che stanno nascendo nel settore.
Nel 2022, avverte il Rapporto, tutto il mondo si è mosso nella direzione delle energie pulite: l’80% di nuova potenza elettrica installata sul pianeta (300 Gw su 360 Gw) proveniva infatti da fonti rinnovabili e il 44% dell’elettricità prodotta nell’Unione europea nel 2023 è stata generata sempre dalle energie pulite. “Nei prossimi anni le tecnologie per la produzione di energia eolica e solare sono destinate a costituire l’ossatura della decarbonizzazione e rappresenteranno il 95% della crescita mondiale delle rinnovabili”.
E l’Italia non è da meno. Anche se siamo ancora distanti dall’obiettivo di circa 12 Gw/annui necessario a raggiungere i target previsti al 2030, nel 2023 la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 5.677 Mw (+87% rispetto all’anno precedente), e la potenza installata si è suddivisa tra fotovoltaico (30,28 Gw), idroelettrico (21,73 Gw), eolico (12,34 Gw), bioenergie e geotermico (4,95 Gw).
Fondamentali per permettere un ulteriore passo in avanti sono le tecnologie di settore. Nell’introduzione al documento, co-firmata da Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, e Alessandra Astolfi, direttrice globale divisione Green & Technology di Italian exhibition group, si sottolinea che “l’Italia è pioniera nello sviluppo di pannelli fotovoltaici ad alta efficienza”, come dimostra il caso dello stabilimento Enel 3Sun di Catania, dove è stata prodotta la cella fotovoltaica più performante a livello mondiale. Molto incoraggianti anche i risultati provenienti dalla ricerca sulle celle fotovoltaiche in perovskite, un minerale che attualmente dimostra un’efficienza di poco inferiore al silicio e potrebbe ridurre la dipendenza dell’Unione europea dalla Cina.
Andando sulla ricerca nelle altre fonti rinnovabili, il documento sottolinea le “difficoltà tecnologiche” emerse sull’energia proveniente dai moti ondosi del mare, mentre invece consiglia di accelerare sugli impianti di solare termico a concentrazione (in grado di convertire l'energia solare in energia termica attraverso la riflessione dei raggi solari) e sull’eolico offshore che, nonostante abbia risentito dell’apprezzamento dei tassi d’interesse, “promette grandi sviluppi”.
“Da qui al 2030 assisteremo a un’integrazione sempre più stretta delle fonti rinnovabili con prodotti finora impensabili”, hanno aggiunto Realacci e Astolfi. Come?
Ad esempio, integrando le celle fotovoltaiche nelle finestre e nelle pareti orizzontali degli edifici, ma anche nell’arredamento e negli elettrodomestici. Oppure, spostandoci nel settore dei trasporti, promuovendo le soluzioni vehicle to grid, in cui le batterie delle auto elettriche serviranno per stabilizzare la rete nazionale (immagazzinando l'energia in eccesso e restituendola nel momento del bisogno). In fermento anche la ricerca nel settore agricolo, dove i pannelli solari sono molto utili a quelle colture che richiedono un quantitativo minore di luce solare.
In questo contesto di forte sviluppo un ruolo cruciale lo gioca la transizione digitale: l’intelligenza artificiale potrà fornire un grande contributo alla gestione della rete elettrica, mentre i big data, la sensoristica, la gestione virtuale dei servizi garantiranno una maggiore affidabilità e resilienza del funzionamento delle reti, attraverso un’attenta analisi dei dati.
Cambierà anche il nostro rapporto con il mercato energetico: “Dalla convergenza tra energia e digitale nasceranno nuovi attori economici, sia sul lato imprenditoriale, sia dei singoli cittadini, che da acquirenti di energia si trasformeranno in produttori autonomi grazie agli impianti fotovoltaici domestici, stravolgendo il mercato dell’energia come lo abbiamo conosciuto nell’era dei combustibili fossili”.
Da un lato si affermeranno quindi modelli di business focalizzati sulla sicurezza energetica e sul fine vita dei prodotti di settore, e dall’altro i grandi player energetici, sullo stimolo delle nuove forme di autoproduzione (come le Comunità energetiche rinnovabili), “dovranno orientare l’offerta più sui servizi rispetto alla semplice vendita di energia”.
Questa rivoluzione sta influenzando (e influenzerà sempre di più) anche il mercato del lavoro. “Serviranno operai specializzati, ingegneri, elettricisti, ma anche economisti ed esperti di finanza, informatici ambientali, esperti di diritto, manager di progetti di sostenibilità, esperti di marketing e comunicazione ambientale, commerciali e consulenti vendite di impianti rinnovabili, data analyst, certificatori della qualità ambientale, esperti di edilizia green”. A fianco a queste professioni ne nasceranno di nuove, come il data miner (ovvero l’esperto che si occupa di estrazione di dati) applicato alle reti elettriche, il promoter di comunità energetiche e tutte quei lavori legati al riutilizzo e all’economia circolare per produrre energia. Questo percorso, superate le resistenze e i vincoli burocratici (che rallentano le installazioni) potrebbe generare, da qui al 2030, oltre 360 miliardi di euro di valore aggiunto e 540mila nuovi posti di lavoro nel settore elettrico e nella sua filiera industriale. Non male, per delle energie pulite.
Flavio Natale
Fonte: Futuranetwork