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Quando internet non...dimentica

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Ambiente

13/04/2005

I motori di ricerca possono negare il “diritto all’oblio”. Il Garante, esaminando un ricorso, individua una soluzione tecnica per evitare le “gogne” elettroniche.

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Scripta manent. E nell’era di Internet quanto di noi è stato inserito in rete, associato al nostro nome, è a disposizione e facilmente rintracciabile, tramite i motori di ricerca, anche dopo molti anni.
Alzi la mano chi non ha mai cercato sui motori di ricerca il proprio nome, anche solo per curiosità, oppure il nome di persone con le quali si appresta ad intraprendere un rapporto di lavoro, per avere maggiori informazioni…

Quando ad essere riportate in internet sono fatti negativi, quali una condanna, il cittadino deve rassegnarsi a vedere associato indelebilmente, mediante la ricerca per parole chiave, il suo nome a quel fatto?
E’ legittimo che una sanzione, una condanna o un altro precedente “pregiudizievole” lontani nel tempo siano per sempre disponibili a tutti e a chiunque in Internet tramite i comuni motori di ricerca?
Trascorso un congruo periodo di tempo, si ha il diritto di “uscire” da questo spazio di Internet, nel senso che i documenti ufficiali che non hanno più attinenza con l’attualità siano resi trasparenti, anche sul web, ma in modo più selettivo, dando a quei precedenti la giusta dimensione che contenga danni e pregiudizi ?

Della delicata materia si è occupato il Garante della privacy, affrontando il ricorso presentato da un operatore pubblicitario che, appellandosi al diritto all’oblio, riconosciuto dal Codice in materia di protezione dei dati personali, aveva chiesto di disporre nei confronti di un ente pubblico gli opportuni accorgimenti per interrompere quella che riteneva una perpetua “gogna” elettronica.

Il Garante gli ha dato in parte ragione e ha previsto che l’ente continui a divulgare sul proprio sito istituzionale le decisioni sanzionatorie riguardanti l’interessato e la sua società, ma - trascorso un congruo periodo di tempo - collochi quelle di vari anni or sono in una pagina del sito accessibile solo dall’indirizzo web. Tale pagina, ricercabile nel motore di ricerca interno al sito, dovrà essere esclusa, invece, dalla diretta reperibilità nel caso si consulti un comune motore di ricerca, anziché il sito stesso.

Il caso è stato illustrato nella newsletter settimanale dell’Autorità.
Il ricorrente lamentava il fatto che chiunque effettuasse in rete una normale ricerca nominativa a nome suo e della società, tramite uno dei comuni motori di ricerca in Internet, ricevesse sempre e in primo luogo non le notizie riguardanti la sua attuale o più recente attività professionale, ma due provvedimenti con i quali gli erano state a suo tempo applicate due sanzioni amministrative, una delle quali risalenti al 1996 e l’altra al 2002. Ciò, sosteneva l’interessato, pregiudicava l’immagine che la clientela poteva farsi dell’ attività da lui svolta.
Il ricorrente e la sua società non contestavano né le sanzioni, né il fatto che l’ente dovesse pubblicarle ufficialmente anche sul sito istituzionale. Si opponevano, invece, a che i provvedimenti stessi fossero reperibili indiscriminatamente in Internet sempre e da chiunque, anche da persone che non avessero consultato il sito dell’ente e fossero semplicemente intente a contattare la società. Si chiedeva, quindi, l’adozione di opportune cautele, quali potevano essere, in alternativa all’oscuramento del nominativo, un accesso meno “diretto” alle pagine web in questione.

L’ente pubblico ha fatto presente i propri obblighi nel pubblicizzare le decisioni adottate nel proprio Bollettino Ufficiale e sul sito, rappresentando l’interesse pubblico alla piena conoscibilità, anche nel tempo, delle sue decisioni: omettendo invece le generalità del ricorrente e della sua società, sarebbe stato pressoché inutile per i cittadini interessati consultare le decisioni che mirano proprio ad informare specificamente sulle violazioni amministrative. L’ente ha dato la sua immediata disponibilità a ricercare gli opportuni accorgimenti e, su questa base, è stato avviato un delicato accertamento tecnico. Diverse ipotesi non risultavano tecnicamente praticabili o soddisfacenti. Né si poteva ignorare la circostanza che per le decisioni dei soggetti pubblici non è obbligatoria la cautela di omettere i nominativi nelle decisioni pubblicate, ipotesi prevista dal Codice in materia di protezione dei dati personali solo per le sentenze dell’autorità giudiziaria accessibili in Internet.

Il Garante ha disposto, dunque, che l’ente pubblico continui a pubblicare sul proprio sito le proprie decisioni, anche a distanza di tempo, predisponendo però nell’ambito del proprio sito web, entro un trimestre, una sezione per i vecchi provvedimenti (dove collocare ad esempio la predetta decisione del 1996) consultabile da tutti tramite il sito, ma attraverso l’indirizzo dell’ente, anziché mediante una domanda a tappeto tramite i motori esterni di ricerca.
Entro lo stesso termine, l’ente individuerà altresì il periodo temporale, proporzionato al raggiungimento delle proprie finalità durante il quale i propri provvedimenti saranno liberamente reperibili in Internet anche tramite motori di ricerca (come ancora avviene per la predetta decisione del 2002).

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