La green economy e le conseguenze sulla sicurezza e sulla pandemia
Brescia, 23 Feb – Si parla ormai da molti anni della necessità di ripensare in una nuova ottica le politiche industriali, la questione energetica e ambientale, la gestione delle città e della tutela del territorio. E sicuramente anche la nascita in Italia di uno specifico Ministero della transizione ecologica, per la trasformazione del sistema produttivo verso un modello più sostenibile, rende ancora più urgente riflettere sulle conseguenze e l’impatto di questi nuovi modelli e indirizzi economici.
Compito del nostro giornale, che i nostri lettori conoscono attento alla sostenibilità e ai temi che possono incidere sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è tuttavia quello di chiedersi in particolare quali potrebbero essere le potenziali ricadute della “Green economy” nell’ambito della sicurezza, ad esempio con specifico riferimento alla sicurezza delle macchine, alla cosiddetta quarta rivoluzione industriale e in relazione all’attuale emergenza COVID-19 e alla gestione di una pandemia.
Per approfondire tale questione abbiamo realizzato un’intervista a Laura Tomassini (Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici - Dit) che era uno dei referenti scientifici, insieme a Daniela Freda, del workshop Inail “La sicurezza delle macchine ai tempi del Covid e della Green economy” che si è tenuto – online a causa dell’emergenza COVID-19 – il 3 dicembre 2020 durante la manifestazione Ambiente Lavoro 2020.
A Laura Tomassini, che durante il workshop ha tenuto una relazione su “Green economy e sicurezza sul lavoro”, abbiamo rivolto varie domande.
Cosa si intende oggi per green economy? Come cambierà il mondo del lavoro e la sicurezza con lo sviluppo e diffusione di queste nuove economie? La tecnologia e la sostenibilità possono avere un ruolo importante nella prevenzione e gestione di un’emergenza biologica? E cosa possiamo fare per favorire un’adeguata transizione ecologica?
Questi gli argomenti trattati nell’intervista:
- La green economy e le 3 P: planet, people, profit
- Le ricadute della green economy in materia di salute e sicurezza
- La transizione ecologica, l’innovazione tecnologica e l’emergenza COVID-19
La green economy e le 3 P: planet, people, profit
Nel suo intervento al convegno di Ambiente Lavoro lei sottolineava come la rivoluzione “green” possa essere un’occasione anche per la sicurezza delle macchine. Prima di addentrarci sul tema della sicurezza le chiederei tuttavia di fornirci qualche chiarimento preliminare. Cosa possiamo intendere per rivoluzione “green”? E cosa si intende oggi per Green economy?
Laura Tomassini: La ringrazio per questa domanda preliminare perché di Green Economy ne sentiamo parlare sempre più spesso, e sicuramente abbiamo tutti un’idea di cosa sia e di come si rapporti alle tematiche ecologiche. Ritengo però che possa essere interessante ricordare la definizione che ne danno la Commissione Europea, nel 2011 e, successivamente, l’ UNEP (United Nations Environment Programme), ovvero:
“Un’economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la povertà investendo e salvaguardando le risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del nostro pianeta” (la Commissione europea)
“Un’economia che produce benessere umano ed equità sociale, riducendo allo stesso tempo i rischi ambientali e le scarsità ecologiche. Nella sua espressione più semplice, un’economia verde può essere pensata come un’economia a basse emissioni di anidride carbonica, efficiente nell’utilizzo delle risorse e socialmente inclusiva” (l’Unep)
In entrambe si pone quindi l’attenzione sulla sopravvivenza del pianeta, e quindi sull’economia a basse emissioni di CO2 e sull’utilizzo efficiente delle risorse, ma, al contempo, si enfatizzano anche temi di natura sociale - quali la crescita, il lavoro, la povertà, il benessere umano, l’equità sociale, l’inclusività sociale.
È evidente, quindi, che fra gli obiettivi dichiarati della Green economy non è immediatamente rilevabile la relazione con la sicurezza del macchinario, di cui ci occupiamo al Laboratorio Macchine e attrezzature di lavoro dell’Inail. Tuttavia, pur nascendo con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente, la Green economy si configura come un nuovo modello socio/economico che pone un’attenzione paritaria anche alla crescita economica, così come al sociale e quindi al mondo produttivo.
Non possiamo quindi negare che la sicurezza del lavoro, segnatamente delle macchine ed attrezzature di lavoro, essendo socialmente rilevante, rientri a pieno titolo fra i temi che il nuovo modello sarà chiamato ad affrontare. Non ci si può limitare a garantire un lavoro, ma occorre anche adoperarsi affinché esso possa essere svolto dignitosamente e in piena sicurezza. Ed ecco quindi come, la sicurezza, non potrà più essere considerata come un mero obbligo normativo ma dovrà entrare a far parte del grande progetto di rinnovamento Green.
Per concludere questa breve premessa con un’immagine ideale, il modello della Green economy viene spesso sintetizzato con l’immagine/slogan, cosiddetta delle 3P: Planet, People, Profit (o, per dirla in italiano, Pianeta, Persone, Profitto).
Da tale slogan appare inequivocabile che il rispetto dell’ambiente debba passare attraverso la riduzione degli “sprechi” energetici (es. riduzione delle dispersioni, riciclo dei rifiuti), la riduzione dei consumi energetici (es. miglioramento dei rendimenti, efficientamento dei processi produttivi) e il rafforzamento della produzione di energia da fonti rinnovabili, mentre il rispetto della persona non possa prescindere dal considerare anche la sua veste di lavoratore. Ed infine, è indubbio che gli effetti di entrambi questi temi influenzino il sistema impresa e quindi il profitto.
Le ricadute della green economy in materia di salute e sicurezza
Prima ancora di parlare specificatamente di sicurezza come cambierà, a suo parere, il mondo del lavoro con lo sviluppo e diffusione della Green economy? La Green economy è strettamente legata anche all’evoluzione tecnologica? E che ricadute ci saranno sulla sicurezza e sulla prevenzione dei rischi?
L.T.: La riduzione degli sprechi energetici, la spinta verso un uso responsabile delle fonti non rinnovabili di cui abbiamo appena parlato passano inevitabilmente attraverso una nuova sfida tecnologica. È in atto una rivoluzione culturale che si muove proprio sul cammino della conoscenza scientifica e tecnologica. Dobbiamo essere consapevoli di questo e raccogliere questa come sfida per migliorare la vita sociale e lavorativa.
La smart tech ci consentirà, ad esempio, di rendere gli impianti e le macchine intelligenti; tocca a noi cogliere l’occasione per far sì che sia strumento di crescita culturale.
Ed è evidente che questo processo di rinnovamento, su cui si stanno concentrando anche le recenti vicende politiche, avrà un impatto enorme sul mondo del lavoro, e quindi sulle questioni legate alla sicurezza dei lavoratori.
All’imprenditore, che dovrà riconvertire la propria azienda in prospettiva Green o che vorrà aprire una nuova attività, sarà richiesto un notevole impegno organizzativo ed economico, ma soprattutto sarà richiesta una grande responsabilità ambientale e sociale.
Il lavoratore sarà invece chiamato a riconvertirsi a nuovi lavori (cd lavori verdi), a nuove metodologie organizzative, all’impiego delle nuove tecnologie, di nuovi materiali, di nuove attrezzature. Sarà quindi esposto a nuovi rischi, in alcuni casi caratterizzati da livelli inferiori di quelli correlati ai rischi tradizionali, ma comunque diversi, e dovrà quindi essere formato per poterli affrontare consapevolmente.
In questo saremo impegnati nel prossimo futuro e a partire da ora. E anche noi che ci occupiamo di sicurezza delle macchine dobbiamo essere pronti. Non dovremo inseguire il cambiamento ma procedere al suo fianco, e quando possibile, sulle questioni più importanti, addirittura anticiparlo.
Parliamo di sicurezza, con particolare riferimento alla sicurezza delle macchine. Può farmi degli esempi rilevanti per la Green economy?
L.T.: In effetti, questo è il vero tema del Workshop che il Laboratorio Macchine e attrezzature di lavoro dell’Inail ha proposto nell’ambito di Ambiente Lavoro 2020, tenutosi per la prima volta online; in una forma quindi irrituale -per necessità-, ma al tempo stesso innovativa essa stessa. L’obiettivo è stato quello di focalizzare l’attenzione sugli aspetti di sicurezza legati alle attività e alle tecnologie di maggiore impatto nella transizione alla Green economy, ovvero: la sicurezza nella produzione di energia rinnovabile, la sicurezza negli edifici e nelle città sostenibili e tutte quelle tecnologie innovative necessarie a supportare a 360 gradi la sostenibilità.
Considerati i tempi in cui si svolge un workshop, non siamo riusciti ad approfondire tutti i temi che avremmo voluto. Con riferimento alle fonti di energia rinnovabile l’ing. Luciano Di Donato ha fatto un focus sulla trasformazione dell’energia cinetica del vento e dell’energia solare in energia elettrica. Gli aerogeneratori, ad esempio, sono macchine, e peraltro molto “speciali” in quanto alla caratterizzazione dei rischi. Esiste il grande eolico (i cosiddetti megawatt installati nei parchi eolici). Ma esiste anche il minieolico (con potenze dai circa 3 kw in su) e il microeolico (con potenze addirittura inferiori, per il fabbisogno del singolo apparecchio utilizzatore) che sono destinati ad essere integrati in piccole realtà (l’edificio o l’azienda o un loro raggruppamento, la cui progettazione dovrà quindi tenere conto della loro presenza). Anche gli impianti ad energia solare, siano essi pannelli solari o pannelli fotovoltaici, sono frequentemente integrati nell’edificio. Uno dei problemi che si pone quindi, oltre ai rischi strettamente legati alla tecnologia, è quello di ripensare l’edificio per integrarli e per garantire anche la loro manutenzione in sicurezza, tenendo conto della frequenza e dalle modalità di accesso previste dai loro fabbricanti.
Se pensiamo agli smart building o alle smart city non possiamo non prendere in considerazione le ricadute sulla sicurezza per i lavoratori che vi interagiranno durante l’attività di costruzione, trasformazione, manutenzione, o semplicemente come semplici fruitori dell’ambiente di lavoro. Le macchine, gli impianti e le tecnologie saranno sempre più integrati nella nuova realtà edilizia e urbana. Man mano che si diffonderà la “smartizzazione” dell’edificio o della città seguendo l’evoluzione 4.0, essi stessi (edificio o città) diventeranno sempre più parte di un insieme integrato in un unico sistema regolato da sensori di varia natura. E nell’ambito del workshop, questi aspetti sono stati affrontati dall’arch. Daniela Freda.
Sulle tecnologie innovative per la sostenibilità e sulle loro ricadute in termini di sicurezza si sono soffermati invece l’ing. Marco Pirozzi e l’ing. Alessandra Ferraro, nella prospettiva che sono proprio la scienza e la tecnologia innovativa a fornire gli strumenti per il raggiungimento dell’obiettivo Green, ma al tempo stesso possono introdurre rischi non presenti precedentemente.
Oltre alla produzione di energia da fonti rinnovabili, i processi di cambiamento riguarderanno ad esempio: la transizione ai motori elettrici, l’efficientamento dei sistemi produttivi, la più efficace gestione dei rifiuti, la digitalizzazione, ecc.. E la nuova fabbrica digitale sarà caratterizzata da un flusso di comunicazione in tempo reale, dalla capacità autodiagnostica e dal controllo a distanza della produzione, dalla personalizzazione dei prodotti in funzione della domanda, dalla simulazione della produzione in ambiente virtuale e così via.
Mentre all’uomo resterà il compito di progettare i sistemi, di controllare e migliorare i processi produttivi (e quindi i prodotti e i servizi), più in generale di governare le tecnologie e di garantire la creatività che le macchine non hanno. Insomma, di cambiamenti ce ne saranno davvero tanti, e ci dobbiamo preparare.
La transizione ecologica, l’innovazione tecnologica e l’emergenza COVID-19
Nel workshop, di cui lei era responsabile scientifica insieme all’arch. Freda, si è anche parlato di sicurezza delle macchine in relazione all’emergenza COVID-19. A suo parere tecnologia e sostenibilità possono avere un ruolo importante nella prevenzione e gestione di un’emergenza biologica?
L.T.: Le confesso che, quando è nata l’idea del workshop, il titolo era solo “Sicurezza delle macchine ai tempi della Green economy”, ed eravamo convinti di tenere l’evento in fiera, come sempre. Poi il Covid è entrato in maniera dirompente nelle nostre vite, private e lavorative, e non lo abbiamo potuto ignorare. Il titolo definitivo è diventato quindi “La sicurezza delle macchine ai tempi del Covid e della Green economy”.
Innanzitutto, l’innovazione tecnologica di cui abbiamo parlato è stata ed è determinante anche nella gestione della pandemia. Poter gestire processi da remoto consente ad esempio di continuare molte attività, riducendo l’esposizione del lavoratore al contagio. Tanto per non introdurci in “casa” di altri le faccio un piccolo esempio interno all’Inail, dove le attività che non richiedevano di essere svolte necessariamente in presenza (es. servizi medici) sono state svolte in smartworking -grazie ad un’organizzazione digitale che era già partita negli anni precedenti-, ma dove sono state anche messe a punto delle procedure ad hoc per garantire lo svolgimento anche da remoto delle verifiche per la sicurezza delle attrezzature di lavoro. Ma di esempi del genere ce ne sono tantissimi da fare anche in molti settori.
È innegabile quindi che il Covid abbia accelerato un processo di cambiamento, che sarebbe comunque avvenuto, ma in tempi molto più lunghi. E i processi, più sono rapidi e più impegno richiedono per governarli e indirizzarli.
Infine, come Laboratorio, ci è anche capitato di essere interpellati per codificare/classificare le operazioni che l’operatore o il manutentore deve eseguire sulle macchine al fine di definirne più efficacemente le procedure di sicurezza anti Covid che tengano conto non solo della sanificazione ma anche del distanziamento, dove possibile, e dei DPI aggiuntivi per la protezione da rischio biologico che vanno ad integrare quelli richiesti per la protezione da infortuni.
Tornando alla Green economy ricordiamo, brevemente, gli impegni presi dal nostro Paese e quelli che saranno gli obiettivi per il futuro…
L.T.: A partire dal 1992, data in cui è stato siglato il primo accordo sul clima sotto l’egida delle Nazioni Unite, si sono susseguiti diversi accordi, fino a quello importantissimo di Parigi del 2016, integrato l’anno successivo da quello di Bonn, a seguito dei quali si è potuto contare anche sull’adesione di Cina e India, con i loro quasi 3 miliardi di persone.
L’EU, perfettamente allineata rispetto a questo programma di cambiamento mondiale, aveva già fissato il primo traguardo 2020, il cosiddetto 20-20-20. Ovvero: -20% emissioni CO2 (rispetto ai valori del 1990), +20% energie rinnovabili, +20% efficienza energetica. In realtà, però, l’EU lo ha superato prima, perché già nel 2018 le emissioni di gas serra erano state ridotte al 23%.
Il secondo traguardo era previsto per il 2030, entro il quale l'EU si era impegnata a ridurre le emissioni al 40% (sempre rispetto a quelle del 1990). Ma, a dicembre 2019 un ulteriore accordo ha posto il traguardo della “neutralità climatica”, ovvero dell’impatto climatico zero, entro il 2050.
Questo progetto ambizioso richiederà uno sforzo economico notevole e quindi l’UE ha programmato un piano di finanziamento straordinario altrettanto “notevole”.
Nel Green deal e nella Next generation EU è infatti confluita l’attuazione economica degli accordi internazionali sul clima, soprattutto l’ultimo sulla neutralità climatica. Inizialmente nati per il Green, essi sono diventati poi anche scialuppa di salvataggio di un’economia alla deriva post-Covid. Ne sentiamo parlare tutti i giorni sui media e non è nei nostri obiettivi parlarne, vorrei solo richiamare l’attenzione su due aspetti.
Primo, sulle cifre in gioco: si parla di centinaia di miliardi di € (non mi riferisco solo agli stanziamenti UE ma anche all’indotto che ne dovrà derivare in Italia e in Europa).
Secondo, sul fatto che la concessione dei finanziamenti agli Stati membri non sarà affatto scontata ma sarà conseguenza di seri ed organici progetti: non potranno essere piccoli interventi per ottenere qualche finanziamento qua e là, ma si dovrà ripensare la società e il mondo produttivo secondo l’impostazione descritta. Ognuno per la sua parte dovrà dare il suo contributo, piccolo o grande che sia.
Nel suo intervento lei indica, in conclusione, che in questa transizione da un’economia basata sul profitto ad un’economia che mette al centro l’ambiente e l’uomo, anche noi dovremo fare la nostra parte per aggiungere al progetto della green economy l’obiettivo di affrancare, per quanto possibile, i lavoratori dal rischio infortuni. Lei pensa che avverrà effettivamente questa transizione? In che tempi? E come possiamo fare la “nostra parte” per favorirla?
L.T.: La mia opinione è che il processo sia già ampiamente avviato e che, seppur con le difficoltà, i rallentamenti e i balzi in avanti che caratterizzano tutti i grandi cambiamenti, ormai la quarta rivoluzione industriale non sia più arrestabile. La sfida appunto, come dicevo in premessa, è che non sia inseguita ma governata. Meglio ancora se governata secondo i principi della Green economy, che mettono al centro l’ambiente e l’uomo, per un futuro sostenibile; ma anche questo mi sembra inevitabile, pena l’implosione del nostro sistema sociale e del nostro habitat. Sui tempi, lascio ad altri la previsione, ma per quanto mi riguarda ho una percezione di grande accelerazione dei processi, siano essi dipendenti dall’uomo, dalla tecnologia o dalla natura.
In conclusione, anche a nome dei colleghi che hanno reso possibile l’evento di cui abbiamo parlato, mi consenta di ringraziarla per l’attenzione che con questa intervista ha dedicato al tema. Spero che si sia colto il messaggio che abbiamo voluto lanciare, ovvero, da una parte l’importanza di partecipare attivamente a questa transizione, dall’altra la rassicurazione che l’Inail, e in particolare il Laboratorio macchine e attrezzature di lavoro, sta lavorando affinché si possa aggiungere al grande progetto organico della Green economy anche l’obiettivo di affrancare, sempre di più, i lavoratori dal rischio infortuni: favorendo lo sviluppo e l’impiego di nuove tecnologie per migliorare la sicurezza dei lavoratori, individuando i rischi emergenti dall’impiego delle nuove tecnologie e contribuendo di conseguenza alla loro standardizzazione.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
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Rispondi Autore: Cristina - likes: 0 | 20/05/2021 (05:57:37) |
Sono d’accordo, questa pandemia ha accelerato i cambiamenti necessari |