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Italia in ritardo sull’ambiente

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Ambiente

20/01/2005

La Commissione europea contesta 15 casi di violazione della normativa ambientale UE.

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Una lunga serie di violazioni è stata contestata all’Italia da parte della Commissione europea per violazioni della normativa ambientale, in materia di trattamento delle acque reflue, emissioni industriali, prevenzione degli incidenti industriali, valutazioni di impatto ambientale, conservazione di importanti habitat naturali, protezione di risorse idriche, controllo dell’inquinamento atmosferico, scambio delle quote di emissioni e giardini zoologici.

L’Italia ha ricevuto un parere motivato concernente il rispetto della pronuncia della Corte sulla insufficiente designazione da parte dell’Italia di Zone di Protezione Speciale per gli uccelli.
Per il mancato rispetto della pronuncia della Corte concernente i giardini zoologici è stata invece inviata al nostro Paese una lettera di costituzione in mora.

In tre casi, la Commissione ha inviato all’Italia degli “avvertimenti scritti finali”, detti pareri motivati. In assenza di un’adeguata risposta, la Commissione può decidere di deferire alla Corte.
In particolare l’Italia, pur avendo recepito la direttiva sullo scambio di emissioni, non ha tuttavia presentato un piano nazionale di assegnazione completo. Nel luglio 2004 l’Italia ha presentato un piano incompleto che non soddisfaceva i requisiti della direttiva.
Il secondo parere motivato riguarda la mancata trasmissione da parte dell’Italia, ai sensi delle direttive 96/62/CE, di dati sull’inquinamento atmosferico per il 2002 per quanto riguarda la Calabria.
Il terzo parere motivato concerne un progetto di strada a scorrimento veloce a Imola per il quale è stato deciso che la valutazione di impatto ambientale (VIA) era superflua, senza tenere conto dei suoi effetti cumulativi.

Per dieci delle violazioni riscontrate la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

La prima riguarda la costruzione della terza linea di un megainceneritore a Brescia; si tratta di uno de più grandi d’Europa, con una capacità di trattamento di circa 700 000 tonnellate l’anno. Sebbene i progetti di questo tipo e di queste dimensioni abbiano un considerevole impatto sull’ambiente e siano quindi soggetti obbligatoriamente ad una valutazione d’impatto ambientale (VIA) conformemente alla direttiva comunitaria VIA, per questo specifico progetto non è stata effettuata nessuna valutazione. Oltre a violare la direttiva VIA, il progetto contravviene anche ad una disposizione, relativa alla consultazione del pubblico, della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti che prevede condizioni operative particolari e requisiti tecnici rigorosi e stabilisce valori massimi delle emissioni per gli impianti di incenerimento dei rifiuti e di coincenerimento di rifiuti e altri combustibili.

La seconda riguarda l’assenza di impianti per il trattamento delle acque reflue in un’agglomerato di comuni della provincia di Varese. Il mancato trattamento delle acque reflue ha provocato il grave inquinamento del fiume Olona, con conseguenze anche per il mare Adriatico.. Le autorità italiane avrebbero dovuto garantire l’adeguato trattamento delle acque reflue già dalla fine del 1998, ai sensi della direttiva 91/271/CEE.

Tre decisioni riguardano la legislazione comunitaria sulla conservazione della natura, in particolare la direttiva “Habitat” [Direttiva 92/43/CEE] che tutela una serie di animali e di piante rari e un insieme di habitat tipo mediante il loro inserimento nella rete comunitaria delle zone protette nota come “Natura 2000”. La direttiva impone, tra l’altro, la valutazione, prima della loro realizzazione, di piani e progetti potenzialmente dannosi che possono esercitare un impatto sui siti di Natura 2000. L’Italia non ha rispettato queste disposizioni concedendo l'autorizzazione di costruzione malgrado l'esito negativo di tale valutazione , per (i) una strada forestale (“Koferalm”, comune di Campo Tures, Parco naturale Vedrette di Ries-Aurina) e (ii) una via ferrata tra Vallelunga e Alpe Stevia (comune di Selva di Val Gardena, nel Parco naturale Puez-Odle) entrambe situate nelle Dolomiti, in provincia di Bolzano (Trentino-Alto Adige).
Tale valutazione non è stata fatta neanche (iii) per la nuova infrastruttura sciistica in fase di costruzione per il campionato mondiale di sci alpino del 2005, a Santa Caterina Valfurva (Sondrio), nel cuore del Parco nazionale dello Stelvio.

La sesta decisione riguarda il mancato rispetto dei requisiti della direttiva Severo II [Direttiva 96/82/CE del Consiglio]. La legislazione italiana in materia non è ritenuta dalla Commissione europea sufficientemente rigorosa. “La direttiva - precisa la Commissione - impone infatti agli Stati membri di vietare l’avvio dell’attività degli impianti nel caso in cui le misure adottate per la prevenzione e la riduzione di incidenti gravi siano nettamente insufficienti, mentre la legislazione italiana lascia alle autorità competenti la facoltà di vietare o meno l’avvio dell’attività.”

La settima decisione riguarda il mancato rispetto, da parte dell’Italia, del regolamento (CE) n.2037/2000 che limita l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono. L’Italia non ha rispettato l’obbligo di indicare in quali zone e in che modo le sostanze che riducono lo strato di ozono (CFC–clorofluorocarburi, HCFC–idrobromofluorocarburi, halon e bromurodimetile) sono impiegati e quali provvedimenti siano stati presi per ridurre il loro impiego.

L’ottava decisione riguarda la mancata attuazione da parte dell’Italia della direttiva IPPC [ Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996] che disciplina il funzionamento di un gran numero di grossi impianti industriali agricoli che presentano un elevato potenziale inquinante.

La nona decisione per la quale l’Italia sarà deferita alla Corte europea riguarda il mancato recepimento nel proprio ordinamento della direttiva quadro sulle acque [Direttiva 2000/60/CE] .

L’ultima decisione riguarda il mancato recepimento completo nell’ordinamento italiano della direttiva sullo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra [Direttiva 2003/87/CE]; il termine ultimo per il recepimento di tale direttiva era il 31 dicembre 2003.

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