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Il rischio lavorativo in Europa
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Per fare chiarezza sui dati relativi all’incidenza degli infortuni sul lavoro in Europa ed inquadrare la situazione Italiana rispetto agli altri Paesi dell’UE, il periodico “Dati Inail”, ha dedicato un breve articolo che delinea la situazione del rischio lavorativo in ambito europeo.
L’unica fonte statistica ufficiale, secondo l’Inail, è l’Istituto Statistico della U.E.
Nel 2001i sono registrati 4,7 milioni di infortuni con inabilità superiore a tre giorni di cui quasi 5.000 mortali.
In base ai tassi di incidenza per 100.000 occupati riferiti al 2001 la maglia nera degli infortuni non spetterebbe all’Italia, bensì alla Spagna seguita dal Portogallo.
“Limitandoci ai casi mortali per i quali la normalizzazione normalizzazione offre un quadro più sicuro, - afferma il dott Ortolani dell’Inail - l’indice di frequenza per 100.000 addetti va dal minimo svedese (1,4) al massimo portoghese (6,1). L’Italia si situa esattamente nella media della zona dell’euro con 3,1 casi. Se invece si guarda al rischio infortunistico complessivo ci si rende conto di come il dato italiano sia migliore delle due medie europee (zona euro e complesso U.E.).”
Le attività a più elevato rischio sono quelle di costruzione, di trasporto e quelle legate all’agricoltura.
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Per fare chiarezza sui dati relativi all’incidenza degli infortuni sul lavoro in Europa ed inquadrare la situazione Italiana rispetto agli altri Paesi dell’UE, il periodico “Dati Inail”, ha dedicato un breve articolo che delinea la situazione del rischio lavorativo in ambito europeo.
L’unica fonte statistica ufficiale, secondo l’Inail, è l’Istituto Statistico della U.E.
Nel 2001i sono registrati 4,7 milioni di infortuni con inabilità superiore a tre giorni di cui quasi 5.000 mortali.
In base ai tassi di incidenza per 100.000 occupati riferiti al 2001 la maglia nera degli infortuni non spetterebbe all’Italia, bensì alla Spagna seguita dal Portogallo.
“Limitandoci ai casi mortali per i quali la normalizzazione normalizzazione offre un quadro più sicuro, - afferma il dott Ortolani dell’Inail - l’indice di frequenza per 100.000 addetti va dal minimo svedese (1,4) al massimo portoghese (6,1). L’Italia si situa esattamente nella media della zona dell’euro con 3,1 casi. Se invece si guarda al rischio infortunistico complessivo ci si rende conto di come il dato italiano sia migliore delle due medie europee (zona euro e complesso U.E.).”
Le attività a più elevato rischio sono quelle di costruzione, di trasporto e quelle legate all’agricoltura.
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