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Frane e alluvioni: prevenzione insufficiente
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Tra i comuni considerati ad elevato rischio idrogeologico, uno su tre non svolge adeguate azioni di prevenzione, informazione e pianificazione per contrastare questo rischio. Lo afferma la prima edizione dell’indagine “Ecosistema Rischio”, realizzata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile per conoscere la situazione dei comuni italiani a rischio idrogeologico.
L’indagine è stata condotta nell’ambito della campagna di informazione “Operazione Fiumi 2004”, nella quale sono state monitorate le azioni che le oltre 1.100 amministrazioni comunali, classificate nel 2000 dal Ministero dell’Ambiente a rischio idrogeologico molto elevato, svolgono per la mitigazione del rischio in tutta Italia.
Le azioni che i Comuni hanno a disposizione per contrastare il rischio idrogeologico sono riconducibili essenzialmente a due ambiti: le attività ordinarie legate alle gestione del territorio e la redazione dei piani di emergenza, aggiornati e conosciuti dalla popolazione.
Nell’indagine sono state prese in considerazione quattro diverse tipologie di attività considerate fondamentali per un buon lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico da parte dei comuni:
-manutenzione ordinaria degli alvei e delle opere idrauliche e rispetto delle norme dettate dai Piani di bacino;
-presenza, validità , struttura del piano di emergenza comunale o intercomunale;
-iniziative di formazione ed informazione alla popolazione;
-supporto alle associazioni locali di volontariato di protezione civile.
Tra le amministrazioni comunali italiane intervistate, sono 870 quelle che hanno risposto in maniera completa al questionario di Ecosistema rischio, ben il 67% hanno nel proprio territorio abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana . Nel 26% dei casi vi sono fabbricati industriali che sorgono in aree a rischio.
“Complessivamente sono ancora molte le Amministrazioni comunali italiane che non svolgono una efficace ed adeguata politica di prevenzione, informazione e pianificazione d emergenza. – afferma Legambiente - Un comune su tre risulta infatti svolgere un lavoro negativo (nel senso di attività scarse o inesistenti) di mitigazione del rischio idrogeologico. Quasi il 10% addirittura non fa praticamente nulla per prevenire alluvioni e frane.”
Riguardo alla gestione del territorio, un Comune su 3 non svolge attività di manutenzione ordinaria dei corsi d acqua e delle opere di difesa idraulica.
Carenze sono rilevate anche nel sistema di gestione dell’emergenza, infatti benché il 76% dei comuni sia dotato di un piano da mettere in atto in caso di frana o alluvione, solo il 29% dei Comuni ha realizzato attività di informazione alla popolazione su quali sono i rischi, sui comportamenti individuali e collettivi da adottare in caso di calamità e sui contenuti del piano comunale di emergenza.
Analizzando i dati raccolti su base geografica, particolarmente grave risulta l azione dei comuni per la mitigazione del rischio nelle isole, dove il 74% delle amministrazioni comunali svolge un lavoro negativo in tal senso
Al Comune di Magliano Alfieri (CN) in Piemonte va il primato nazionale nella mitigazione del rischio idrogeologico. E' l'unico che assicura una manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua e delle opere di difesa idraulica, che non vede sorgere in aree a rischio nè abitazioni nè aree industriali, che rispetta le indicazioni del Piano di Bacino; si è dotato di un piano di emergenza per il rischio idrogeologico aggiornato, realizza attività di informazione ed esercitazioni rivolte ai suoi cittadini, corsi di formazione per i propri dipendenti e per i volontari; ha un albo delle associazioni di protezione civile presenti sul territorio ed ha realizzato un'apposita cartellonistica lungo le vie di fuga da utilizzare in caso di calamità.
La maglia nera spetta invece al comune di Trivento (CB) che, pur avendo abitazioni e aree industriali in zone a rischio, non ha messo in campo nessuna azione di mitigazione del rischio idrogeologico.
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Tra i comuni considerati ad elevato rischio idrogeologico, uno su tre non svolge adeguate azioni di prevenzione, informazione e pianificazione per contrastare questo rischio. Lo afferma la prima edizione dell’indagine “Ecosistema Rischio”, realizzata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile per conoscere la situazione dei comuni italiani a rischio idrogeologico.
L’indagine è stata condotta nell’ambito della campagna di informazione “Operazione Fiumi 2004”, nella quale sono state monitorate le azioni che le oltre 1.100 amministrazioni comunali, classificate nel 2000 dal Ministero dell’Ambiente a rischio idrogeologico molto elevato, svolgono per la mitigazione del rischio in tutta Italia.
Le azioni che i Comuni hanno a disposizione per contrastare il rischio idrogeologico sono riconducibili essenzialmente a due ambiti: le attività ordinarie legate alle gestione del territorio e la redazione dei piani di emergenza, aggiornati e conosciuti dalla popolazione.
Nell’indagine sono state prese in considerazione quattro diverse tipologie di attività considerate fondamentali per un buon lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico da parte dei comuni:
-manutenzione ordinaria degli alvei e delle opere idrauliche e rispetto delle norme dettate dai Piani di bacino;
-presenza, validità , struttura del piano di emergenza comunale o intercomunale;
-iniziative di formazione ed informazione alla popolazione;
-supporto alle associazioni locali di volontariato di protezione civile.
Tra le amministrazioni comunali italiane intervistate, sono 870 quelle che hanno risposto in maniera completa al questionario di Ecosistema rischio, ben il 67% hanno nel proprio territorio abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana . Nel 26% dei casi vi sono fabbricati industriali che sorgono in aree a rischio.
“Complessivamente sono ancora molte le Amministrazioni comunali italiane che non svolgono una efficace ed adeguata politica di prevenzione, informazione e pianificazione d emergenza. – afferma Legambiente - Un comune su tre risulta infatti svolgere un lavoro negativo (nel senso di attività scarse o inesistenti) di mitigazione del rischio idrogeologico. Quasi il 10% addirittura non fa praticamente nulla per prevenire alluvioni e frane.”
Riguardo alla gestione del territorio, un Comune su 3 non svolge attività di manutenzione ordinaria dei corsi d acqua e delle opere di difesa idraulica.
Carenze sono rilevate anche nel sistema di gestione dell’emergenza, infatti benché il 76% dei comuni sia dotato di un piano da mettere in atto in caso di frana o alluvione, solo il 29% dei Comuni ha realizzato attività di informazione alla popolazione su quali sono i rischi, sui comportamenti individuali e collettivi da adottare in caso di calamità e sui contenuti del piano comunale di emergenza.
Analizzando i dati raccolti su base geografica, particolarmente grave risulta l azione dei comuni per la mitigazione del rischio nelle isole, dove il 74% delle amministrazioni comunali svolge un lavoro negativo in tal senso
Al Comune di Magliano Alfieri (CN) in Piemonte va il primato nazionale nella mitigazione del rischio idrogeologico. E' l'unico che assicura una manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua e delle opere di difesa idraulica, che non vede sorgere in aree a rischio nè abitazioni nè aree industriali, che rispetta le indicazioni del Piano di Bacino; si è dotato di un piano di emergenza per il rischio idrogeologico aggiornato, realizza attività di informazione ed esercitazioni rivolte ai suoi cittadini, corsi di formazione per i propri dipendenti e per i volontari; ha un albo delle associazioni di protezione civile presenti sul territorio ed ha realizzato un'apposita cartellonistica lungo le vie di fuga da utilizzare in caso di calamità.
La maglia nera spetta invece al comune di Trivento (CB) che, pur avendo abitazioni e aree industriali in zone a rischio, non ha messo in campo nessuna azione di mitigazione del rischio idrogeologico.
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