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ACQUA, SUOLO E SICUREZZA ALIMENTARE NELLE REGIONI ARIDE E SEMIARIDE

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Ambiente

09/09/2005

Conferenza a Bari dal 6 all'11 Settembre sulle conseguenze della scarsità di acqua sulla produzione agroalimentare

Pubblicità

La preoccupazione del mondo scientifico per le conseguenze della scarsità di acqua sulla produzione agroalimentare è emersa con forza già nella prima giornata della conferenza internazionale su “Acqua, suolo e sicurezza alimentare nelle regioni aride e semiaride” che l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari del Ciheam, ha organizzato in collaborazione con il Consiglio Arabo dell’Acqua (AWC) e la canadese IWRA (Associazione Internazionale delle Risorse Idriche) e con il patrocinio dei ministeri italiani degli Esteri e delle Politiche Agricole e Forestali. Preoccupazione accresciuta dalla constatazione che tra i governi nazionali prevale tuttora l’orientamento a percorrere la strada, sempre più impervia, dell’incremento delle disponibilità idriche, anziché imboccare quella della gestione razionale e dell’uso efficiente delle risorse disponibili. Il benvenuto ai circa 150 rappresentanti di una ventina di organismi internazionali, dei governi nazionali e delle istituzioni scientifiche di una trentina di Paesi europei, africani, mediorientali ed americani è stato dato dal direttore dell’Iam di Bari, Cosimo Lacirignola.

 

Il direttore della ricerca dell’Iam, Atef Hamdy, e la vice presidente del Ciheam, Giuliana Trisorio Liuzzi, hanno presentato, rispettivamente, i temi della conferenza ed il contemporaneo workshop del MedCoastLand, il progetto per la lotta alla desertificazione nel bacino mediterraneo al quale partecipano 36 istituzioni di 13 Paesi. Il segretario generale del Ciheam, Bertrand Hervieu, ha sottolineato l’importanza della ricerca scientifica per la soluzione dei problemi vitali per l’agricoltura mediterranea. Il vice sindaco di Valenzano, Innocenzo Carriero, l’assessore comunale di Bari, Pasquale Martino, e l’assessore provinciale, Anna Paladino, hanno insistito sull’importanza delle iniziative dell’Iam per la collaborazione pacifica dei popoli mediterranei.

 

L’apprezzamento della Regione Puglia per il ruolo di catalizzatore degli organismi internazionali e delle istituzioni politiche e scientifiche dei Paesi mediterranei che svolge l’Iam è stato espresso dall’assessore al Mediterraneo Silvia Godelli. La cerimonia inaugurale è stata conclusa dal presidente del Ciheam, Mouin Hamzé, dal ministro plenipotenziario Guido Scalici, e dal sottosegretario al ministero delle Politiche agricole e forestali, Paolo Scarpa Bonazza. Hamzé ha auspicato che i decisori politici accolgano le indicazioni che emergeranno dalla conferenza ed ha annunziato che nel prossimo febbraio si terrà al Cairo, per inziativa del Ciheam, un convegno sulle problematiche della sviluppo rurale. Scalici ha ricordato l’impegno del Ministero degli Esteri nella cooperazione internazionale, in particolare per la lotta alla desertificazione, la gestione delle risorse idriche e la tutela del patrimonio forestale.

 

Scarpa Bonazza ha insistito sulla gravità della crisi idrica nella regione mediterranea e del pericolo che le conseguenze sulla salute umana e la sicurezza alimentare finiscano col provocare conflitti tra popoli che si alimentano dal medesimo bacino idrico. I lavori scientifici sono cominciati con le sessioni “Acqua suolo e sicurezza alimentare” (relazioni del Plan Bleu, dell’UNESCO, della Malta Foundation, della FAO e dell’ONU) e “Gestione delle risorse idriche” (relazioni dell’IAM di Bari, dell’Università di Giordania e della Scuola Nazionale Superiore di Idraulica di Blida). Nelle giornate di giovedì e venerdì si svolgeranno le sessioni su “Gestione nazionale della qualità e della disponibilità di acqua”, “Gestione dell’acqua irrigua”, “Degrado del territorio e tutela del suolo”, “Agricoltura in asciutto”, “Gestione delle risorse idriche non convenzionali”, “Gestione delle acque sotterranee”, “Prospettive della desalinizzazione nelle regioni aride e semiaride “, “Cambiamenti climatici e regime delle precipitazioni atmosferiche”, “Aspetti socioeconomici e ambientali della gestione delle risorse naturali”.


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Rispondi Autore: Marcelo Fagioli - likes: 0
29/10/2011 (00:22:21)
Anales Academia de Agronomia Argentina: 57:98 - 105. 2003

SENIGAGLIESI, Carlos A. Desarrollo de la siembra directa en la Argentina. 57:98-105. 2003



DESARROLLO DE LA SIEMBRA DIRECTA EN ARGENTINA

Ing. Agr. CARLOS SENIGAGLIESI

En primer lugar, deseo agradecer a las autoridades de la Cámara Arbitral de la Bolsa de Cereales por haber instituido este premio y muy especialmente, a los miembros del Jurado por habérmelo otorgado. Quiero hacer extensivo el reconocimiento por este premio al INTA, donde me inicié profesionalmente y donde trabajé toda la vida. Lo poco o mucho que pude hacer, se lo debe a su organización, que facilitó mi formación y capacitación y me dio todas las posibilidades para trabajar y a la participación y colaboración de una gran cantidad de personas, colegas y colaboradores con los que trabajamos juntos. Sin ellos, nada hubiera sido posible.

Por otra parte, lo realizado en agricultura conservacionista y siembra directa no es el trabajo de una persona, sino el producto del esfuerzo de mucha gente que durante mucho tiempo y en forma silenciosa fueron aportando resultados que a lo largo del tiempo posibilitó la difusión exitosa de esta tecnología en el país.

Fue en 1968 cuando tuve contacto por primera vez con la Siembra Directa, que por supuesto en aquellos años no se la llamaba de esa manera. En la EEA de Pergamino, trabajaba el Dr. Marcelo Fagioli, oriundo de Italia. Estudiaba el sistema radicular del maíz, en particular, el efecto de las labranzas(superficial y profunda) sobre el crecimiento de las raíces. Como buen investigador, quería para contrastar con las parcelas aradas un testigo absoluto, sin arar, para lo cual controlaba las malezas con atrazina y 2,4 D, y sembraba el maíz con un palo puntiagudo, como lo hacían los Aztecas y los Incas. Por varios años venía encontrando que las raíces crecían casi igual y los rendimientos no eran muy diferente entre arar o sembrar directamente sin arar, controlando malezas.

La anécdota es que cuando llegué a la EEA para incorporarme a trabajar, me organizaron una recorrida para que conociera a los distintos equipos de trabajo y me advirtieron que cuando estuviese con el Dr. Fagioli, no tomara muy en cuenta sus comentarios sobre esos resultados. No podía ser que se contradijera de esa manera el paradigma básico de la agricultura, esto era que para hacer crecer un cultivo había que arar el suelo y sobre todo en maíz, donde la primer recomendación pasaba por "preparar una cama de siembra profunda y bien mullida". Decían que algo equivocado debía haber en el procedimiento experimental del Dr. Fagioli . Pero ciertamente que sus investigaciones eran validas y contemporáneas de las primeras que se estaban realizando en USA. Si se le hubiera prestado la debida atención hubiéramos ganado mucho tiempo en el desarrollo y difusión de la Siembra Directa.....





RITORNO ALLA PREISTORIA.

NASCITA DELLA “SEMINA DIRETTA”

L’uomo divenne agricoltore quando imparò a fare piccoli buchi nel terreno ed

a riporvi i semi. Poi qualcuno costruì una specie di aratro capace di aprire un

piccolo solco superficiale. Poi furono inventati gli aratri veri, prima di legno,

poi d’acciaio.

E Newton e Leibniz insegnarono a calcolare le forze ed i movimenti delle zolle

che si rovesciano su se stesse, coprendo di terra la vegetazione spontanea.

Aumentò così, enormemente, la produzione agricola ma aumentò anche l’erosione

del suolo.

Nel 1964, io stavo già lavorando in una Stazione Sperimentale Agricola, in

Argentina ed avevo disegnato alcuni esperimenti per approfondire la conoscenza

della dinamica dell’acqua nel suolo. Il disegno sperimentale comprendeva

anche parcelle con colture seminate su terreno arato e non arato. Secondo

quanto previsto le piante coltivate avrebbero dovuto crescere bene, nelle

parcelle arate e male, in quelle non arate. Ricordo ancora la mattina quando

l’incaricato del campo, con una faccia molto preoccupata, si precipitò nel mio

ufficio e mi chiese:

- “Dottore, come faccio io a seminare in un suolo non arato?” - Lo rassicurai

spiegandogli lo scopo e la maniera di procedere e dicendogli che avremmo controllato

la crescita della vegetazione spontanea mediante l’uso di prodotti chimici.

Le cose andarono, all’inizio, come avevamo previsto. Le piantine nacquero

stentatamente nelle parcelle non arate. Lo sviluppo della vegetazione

migliorava sensibilmente man mano che aumentava la profondità della rimozione

del suolo.

Alcuni professionisti, dipendenti di grandi società dedicate all’agricoltura, si

mostrarono interessati a questa ricerca. Venivano a visitarmi di quando in

quando ed io li guidavo sino al campo sperimentale. Non portavo con me il

disegno dello stesso perché i trattamenti si potevano intuire dalla differenza in

altezza della vegetazione. Ma un giorno, dopo qualche tempo dalla semina, una

volta arrivato con alcuni ospiti al campo sperimentale, non fui più in grado di

distinguere le parcelle con e senza rimozione del terreno. Rimanemmo tutti

molto meravigliati. Ancor più io lo fui, quando ottenni i rendimenti in grano

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corrispondenti ai diversi trattamenti. Non c’erano differenze apprezzabili tra

il rendimento delle parcelle arate e non arate. Meglio non riportare i commenti

del personale della Stazione Sperimentale. Il più benevolo era quello che mi

consigliava d’andare in manicomio, se credevo davvero di poter seminare in

quella maniera i campi della zona.

L’esperimento fu ripetuto negli anni seguenti, ma era molto difficile far accettare

la filosofia di “questa nuova” e “preistorica”, tecnica colturale. É naturale…

dopo i millenni nei quali era stato usato l’aratro!

Ora la semina su terreno non arato è molto diffusa nella “Pampa” e, per quanto

ne so, anche in Africa e in altre parti del mondo.

Si chiama “siembra directa”, “no till”, “no tillage”, “labranza cero”.

Aiuta molto a risolvere il problema della conservazione del suolo, specialmente

nei paesi nei quali è rimasto qualcosa da conservare.

Non ha avuto molta diffusione in zone dell’Asia e dell’Europa, dove l’uso millenario

dell’aratro ha causato già tutta l’erosione che era possibile provocare.

Ora si parla molto di desertificazione ed erosione. Ma non bisogna dimenticare

che, quando gli spartani difendevano le Termopili, la larghezza del passaggio

occupato da quei trecento eroi, non era molto grande. Ora, tra un lato e

l’altro del valico delle Termopili, ci sono chilometri.

Questa è l’erosione.

Preso da: Ricordi di un emigrato dei nostri tempi" Marcello Fagioli (Vedi Google)
Rispondi Autore: Marcello Fagioli - likes: 0
16/12/2011 (22:36:54)


Breve storia dell'aratro.

L'agricoltura è nata tanto tempo fa. Forse 10.000 anni. Per prima cosa l'uomo riuscì a domesticare animali selvaggi e questo aiutò a renderlo sedentario. L'uomo, più o meno sedentario, iniziò ad osservare il ciclo delle piante, la loro crescita, la formazione dei fiori e dei semi, la risemina ed il nascere delle nuove piante, ed un uomo di genio se la ingegnò per raccogliere semi e nasconderli nel suolo ed aspettare la formazione di nuove foglie, semi e tuberi che in tal modo poteva ottenere nella quantità a lui necessaria e che poteva inoltre conservare per il resto dell'anno. Era nata la prima era dell'agricoltura.

Poi, un bel giorno, un altro genio immaginò di usare un residuo del tronco di un albero per aprire un solco e, per lavorare meno, fece trainare il tronco da uno dei suoi animali domestici o quasi. Era nato l'aratro di legno, che poi fu modificato in mille modi, col passare dei secoli.

Nell'età del bronzo si fecero aratri di metallo, che duravano più tempo ed erano qualcosa di simile a ganci che raschiavano la superficie della terra e, sempre col passare dei secoli, si unirono altre parti di legno, poi di metallo che rovesciavano il pane di terra, eliminando in tal modo le erbe spontanee dannose al raccolto. Passarono millenni e nel 1600-1700 DC gli aratri erano già quasi tutti di metallo e per di più potevano essere trainati da macchine a vapore e poi da trattori simili ai nostri moderni. Era la seconda era dell'agricoltura.

Poi, nei due secoli seguenti, l'agricoltura si sviluppò in maniera impensabile. Forse dobbiamo al genio di Mendel e di Pasteur, alle nuove specie vegetali venute dall'America, l'essere riusciti a rendere bugiarde le ipotesi di Malthus che promettevano fame, dovuta alle crescita in maniera geometrica della popolazione umana.

Oggi abbiamo l'ingegneria genetica e, presto, potremo fabbricare in laboratorio piante, o meglio organismi capaci di produrre gli alimenti a noi necessari, con le qualità che riterremo più opportune.

E l'aratro accompagnò sempre la crescita delle civilizzazioni. All'inizio realizzava un graffio sulla superficie del suolo, appena sufficiente a ricevere i semi. Poi l'uomo costruì aratri che lavoravano sempre a maggiore profondità, sino ad ottenere il taglio di una zolla sufficientemente profonda per essere rovesciata e seppellire così la vegetazione spontanea. Poi si volle ottenere una profondità di lavoro sempre maggiore per modificare la struttura naturale del suolo ed ottenere la penetrazione e conservazione delle piogge in profondità ed esporre all'aria, all'ossigeno e al calore dell'estate le zolle ed ottenere la loro disgregazione e la solubilizzazione delle sostanze nutritive. E In tal modo aumentava l'erosione del suolo e si andava verso la desertificazione e desertizzazione di sempre maggiori superfici.

Quanto accadde nella prima metà del '900, in America del Nord, generò un allarme mondiale e maggiore interesse per l'erosione eolica e finalmente si cominciò ad intendere che forse era meglio non modificare la naturale struttura del suolo e che le piogge potevano essere conservate in profondità mantenendo la superficie coperta con residui vegetali .

E si parlò di riduzione delle rimozioni del suolo con un minimo di lavori, e si usarono aratri di nuove forme, aratri a disco, erpici ed altri attrezzi, sempre con l'idea che il suolo doveva essere rimosso dall'uomo per fare infiltrare l'acqua della pioggia ed aumentare la fertilità.

Ma alcune semplici esperienze e l'uso di erbicidi per controllare la vegetazione spontanea, dimostrarono quanto fossero sbagliate quelle idee che dominarono per millenni l'agricoltura. La migliore struttura del suolo è la naturale, che permette, inoltre, la facile penetrazione delle radici. La migliore infiltrazione e conservazione dall'acqua di pioggia si ottiene lasciando in superficie i residui delle coltivazioni, come avviene nei boschi.

E nacque la semina diretta o labranza cero o no tillage o sod seeding che, con la fitotecnica, l'ingegneria genetica e la fitochimica domina l'attuale agricoltura.

E l'aratro fu abbandonato, arrugginito ed ormai inutile, in un angolo del campo.

Marcelo Fagioli.

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