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Valutare il rischio correlato al lavoro: contesto e fattore umano

Valutare il rischio correlato al lavoro: contesto e fattore umano

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Categoria: Valutazione dei rischi

14/07/2015

Una valutazione meccanicistica del rischio basata su elementi di probabilità e danno appare sempre più un esercizio accademico lontano dalla realtà lavorativa: occorre tenere maggiormente presenti gli elementi di contesto e il fattore umano. Di R. Reni.

 
 
Il d. lgs. 81/08 definisce il rischio come la probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno. Una valutazione meccanicistica del rischio basata sugli elementi di probabilità e di danno tuttavia appare sempre più un esercizio accademico lontano dalla attuale realtà lavorativa. Occorre invece tenere maggiormente presenti gli elementi di contesto e il fattore umano.
 


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Quella di investigatori della sicurezza sul lavoro, identificabili principalmente con gli addetti al Servizio di salute e sicurezza ai sensi del d. lgs. 81/08, è una professione molto attuale e il cui esercizio si basa inequivocabilmente sui concetti di pericolo e di rischio.
Il pericolo è una categoria prevalentemente antropica perché legata alla presenza dell'uomo. Innanzitutto perché l'habitat in cui vive ha da sempre rappresentato per l'uomo anche un pericolo e, secondariamente, perché da alcuni secoli l'uomo a sua volta può rappresentare un pericolo per l'ambiente in cui vive e quindi indirettamente diviene anche un pericolo per se stesso.
 
Se il pericolo è una generica caratteristica di talune situazioni e rappresenta la potenzialità di un determinato elemento di arrecare danno, il rischio è una misura del pericolo e ne definisce l'entità a fronte di una certa esposizione.
Il d. lgs. 81/08 prevede che il datore di lavoro predisponga un documento di valutazione del rischio ma non specifica, per ciascun pericolo identificato, come il rischio debba essere valutato limitandosi ad accennare a due componenti che convivono nel concetto di rischio: la frequenza con cui il fatto dannoso può manifestarsi (probabilità) e l’entità del danno che ne può derivare (magnitudo).
 
Tuttavia la probabilità di accadimento e l'entità del danno sono entrambe grandezze non sempre pre-determinabili e per lo più stimate in una scala a grana molto larga (3 - 5 intervalli); il rischio così determinato risulta essere individuato in una scala di valori o con un valore numerico. Ciò in linea di principio appare accettabile in quanto tale valore non è fine a se stesso ma è funzionale alla definizione di una scala di gravità e di conseguenza la priorità assegnata alle misure da adottare per abbattere il rischio.
L'insieme di dette misure, pur se a ciascuna è associato un livello di priorità, entrerà nel complesso iter della pianificazione aziendale che deve necessariamente tenere conto dei fattori di tempi e costi e che quindi può anche ribaltare la suddetta priorità per il semplice fatto che interventi semplici e a basso costo possono realizzarsi in tempi brevi e interventi a costo elevato, presumibilmente di tipo strutturale, richiedono una attenta progettazione e tempi di realizzazione anche molto lunghi.
Tale impostazione apparentemente potrebbe apparire soddisfacente e tale da appagare quanto richiesto in capo al RSPP e al datore di lavoro.
 
Un primo ragionevole dubbio però nasce dalla considerazione che per taluni pericoli “normati”, cioè per i quali è presente una norma o una regola che definisce le modalità di determinazione del relativo rischio quali il rumore, il radon, la movimentazione manuale dei carichi, e altri, gli elementi probabilità di accadimento e entità del danno non intervengono affatto nel calcolo del relativo rischio, o nella determinazione dei livelli di attenzione e delle soglie di accettabilità.
In aggiunta è lecito domandarsi fino a che punto tale impostazione probabilità per danno, basata su un approccio meccanicistico di stampo ottocentesco, risulti applicabile e in quali circostanze o per quali tipi di pericoli essa risulti corrispondere allo scopo per la quale è richiesta, oppure se non sia più corretta, ai nostri fini, una valutazione più allargata che tenga in debita considerazione anche ulteriori circostanze e fattori contingenti che possono intervenite nel contesto lavorativo preso in considerazione.
 
L'attuale mondo del lavoro delinea un quadro di notevole complessità che rende impegnativa l'investigazione sulle ragioni e sugli effetti del rischio. Vi sono tra l'altro particolari filoni di indagine che riguardano in primo luogo i luoghi chiusi sicuramente preponderanti rispetto agli spazi aperti dove un tempo si svolgeva tanta attività lavorativa. Altrettanto rilevanti sono diventati ora i mezzi di trasporto e quei non-luoghi rappresentati dalle stazioni, aeroporti, centri congressi, etc.
Tale contesto operativo è notevolmente più allargato che non in passato e i rapporti tra le persone si sono amplificati. Un datore di lavoro è responsabile della sicurezza non solo dell’ambito delle proprie mura ma ovunque i propri dipendenti operino e non solo dei propri dipendenti ma anche di tutti gli attori che sono funzionalmente coinvolti nella propria attività.
A margine della considerazione che l'apporto del benessere sociale ha come obiettivo il miglioramento delle qualità della vita includendo una maggior disponibilità di tempo libero, si constata risulta in realtà le fasce di lavoratori più benestanti sono anche quelle che dichiarano di aver meno tempo libero. Ma questo avviene perché il tempo lavorativo sempre maggiormente si sovrappone con il tempo libero: lo svolgimento del lavoro avviene in contatto con le questioni di casa e anche a casa si viene raggiunti dai problemi di lavoro. È pertanto inevitabile che anche i relativi rischi in qualche modo arrivino ad intersecarsi.
 
La nuova realtà muta gli assetti delle responsabilità nei luoghi di lavoro, i compiti del responsabile di una attività divengono molto più complessi e non esercitabili senza una adeguata formazione e sensibilizzazione. Occorre non limitarsi ad una verifica di rispondenza alle norme e di rispetto delle procedure. È l'intero ambiente di lavoro che deve agevolare, in ogni situazione, le scelte che garantiscano la sicurezza dei lavoratori. Teniamo poi conto che lo svolgimento dell'attività lavorative ormai non avviene per passi codificati ma è spesso imprevedibile non sempre perfettamente pianificabile; è condizionato dagli eventi esterni e necessita quindi di reattività e capacità di operate in multi-tasking senza perdita di concentrazione.
 
La safety appare sempre più trasversale e meno disciplina isolata, mantiene uno stretto legame con gli aspetti di security e estende il proprio campo d’azione nell’ambito della psicologia del lavoro. La valutazione del rischio richiesta al Servizio prevenzione e protezione non appare certo codificabile in una formula e non può basarsi su un'analisi grossolana delle due sole componenti di probabilità di accadimento ed entità del danno temuto.
 
Già se consideriamo la valutazione del rischio incendio definita dal d.m. 10 marzo 1998 tali componenti intervengono in modo del tutto generico a catalogare macroscopicamente l’attività nell’ambito dei livelli basso, medio o rilevante. Tutta la valutazione del rischio si gioca nella verifica di adeguatezza delle misure di prevenzione, protezione e di gestione dell’emergenza e, non da ultimo, sulla consistenza della formazione.
 
Un passo importante per contestualizzare la valutazione dovrebbe quindi partire da una attenta attività conoscitiva, comprendente un’analisi dettagliata degli eventi in analogia di contesto e un'indagine sulle eventuali cause che hanno scatenato conseguenze indesiderate, soprattutto al fine di valutare l’efficacia delle procedure da adottare e di verificare le condizioni migliori per evitare di commettere errori.
 
Sappiamo che il fattore umano rappresenta un elemento di complicazione nel regolare flusso di informazioni e nella corretta esecuzione delle azioni: l’uomo è imperfetto, difettoso e commette errori. Il solo modo conosciuto per fronteggiare il rischio rappresentato dal fattore umano consiste nel realizzare un ambiente lavorativo che favorisca la comunicazione, il confronto e la cooperazione un modo tale da ridurre la possibilità di sbagliare.
 
Sussiste la diffusa convinzione che quando si tratta di sicurezza del lavoro sia bene prodigarsi solo per adempiere alle misure imposte e specificate dalla legge, in particolare laddove c’è la possibilità di un risvolto penale. Dobbiamo prendere atto che questa impostazione risalente alle prime leggi sulla sicurezza degli anni 50 del secolo scorso è oggi del tutto superata. È invece necessario valutare se, oltre alla ricerca della conformità sotto il profilo prettamente tecnico, anche il sistema delle competenze, le condizioni organizzative e gestionali siano presenti in modo adeguato e ottimale per garantire la massima sicurezza dei lavoratori.
 
Alla sistematica valorizzazione della normativa tecnica va affiancato l’approfondimento trasversale della valutazione che tenga in debito conto ogni aspetto collaterale. Un buon esempio è rappresentato dalle linee guida per la valutazione dello stress lavoro correlato. Tali linee prevedono una verifica preliminare circa il comportamento del personale volta ad accertare la presenza, in una determinata realtà, di alcuni eventi sentinella. A seguire esaminano ulteriori dati per giudicare se l’ambiente di lavoro, in termini di contenuti e di contesto, favorisca o meno il manifestarsi di stress. Infine una verifica guidata da check-list può essere predisposta per valutare quanto l’habitat lavorativo agevoli lo svolgimento delle corrette prassi lavorative e se consenta di affrontare correttamente eventi e situazioni impreviste.
 
È importante quindi che la valutazione del rischio non si limiti ad elencare una serie di pericoli codificati assegnando meccanicamente un voto al relativo rischio ma, al contrario, che indaghi sulla presenza di un ambiente favorevole alla partecipazione, alla cooperazione e al contributo di tutti verso la sicurezza limitando le possibili conseguenze sfavorevoli indotte dal fattore umano. Questo è tanto più vero in contesti  riconosciuti particolarmente difficili come la cabina di comando di un velivolo, una sala operatoria o la sala controllo di una grande centrale.
 
Ragionando su larga scala, tenere in debito conto il fattore umano significa che ai fini della sicurezza dell’umanità sia da considerare più probabile una sua distruzione per effetto di una guerra nucleare che non per la caduta di un grosso meteorite. In tale prospettiva ha poca importanza cercare di calcolare il rischio sulla base di questa probabilità, mentre occorre indagare sui fattori che possono evitare lo scatenarsi di una guerra e prodigarsi per metterli in atto.
 
Conclusioni
Alla società l'uomo ha sempre richiesto una riduzione del rischio e in questo senso l'allontanamento da situazioni pericolose e la protezione da eventuali conseguenze sono sempre state le motivazioni di base della costruzione stessa del sistema sociale.
Gli addetti al Servizio prevenzione e protezione si trovano ad affrontare il compito non facile di individuare quali siano in azienda le condizioni migliori per assicurare la sicurezza e il benessere dei lavoratori.
 
Il contesto lavorativo allargato e l'aumentato ricorso a tecnologie specialistiche presuppone la necessità di mettere a norma tutte le situazioni che risultano essere ben codificate, ma ciò da solo non appare una misura sufficiente.
Risulta invece necessario una valutazione più approfondita e in ciò vengono in aiuto le molteplici linee guida presenti o in elaborazione che delineano le migliori condizioni in molti contesti, anche non completamente codificati.
È poi fondamentale la verifica delle condizioni operative generali e delle capacità personali dei preposti in grado di far fronte a situazioni impreviste e capaci di prendere decisioni in condizioni di incertezza.
 
Rinaldo Reni



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