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Passato, presente e futuro della valutazione dei rischi

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Industria

28/06/2011

Il punto sullo sviluppo normativo in materia di valutazione del rischio. Le prime forme di tutela dei lavoratori, dalla Direttiva 89/391/CEE al D.Lgs. 81/2008, la valutazione dei rischi globali e la responsabilità amministrativa.

 
Torino, 28 Giu – PuntoSicuro ha presentato nelle scorse settimane gli atti del convegno « La centralità della Valutazione dei rischi nella prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali»; convegno che - organizzato dalla ASL TO3 – si è tenuto ad Avigliana (TO) il 28 aprile 2011.
 
In questo incontro il Dott. Mario Marchio (Ispettore Sicurezza Lavoro ASLTO 3)  ha presentato una relazione, dal titolo “ L’obbligo di valutazione dei rischi: dalla Direttiva 391/89/CEE al DLgs 81/08” che ha fatto il punto sullo sviluppo normativo in materia di valutazione del rischio.
 
Sviluppo normativo che sembra preannunciato da una frase contenuta addirittura nel Deuteronomio, libro dell’Antico Testamento: “quando si costruisce una casa nuova, farai un parapetto per il vostro tetto, in modo che non porterà la colpa di sangue sulla tua casa, se qualcuno cade da esso”.
Dopo una breve analisi della rivoluzione industriale del XIX secolo, il relatore sottolinea che in questo periodo in Inghilterra nascono le prime forme di resistenza e di tutela dei lavoratori dell’industria. E l’ attenzione alla prevenzione si evidenzia in Italia nel 1888 “quando fu fondato con l'acronimo Ancc (Associazione nazionale per il controllo della combustione), il primo istituto per la sicurezza e la prevenzione”.
Sotto “l'influenza del contesto sociale e dell'impatto morale prodotto dall'enciclica del 1891 Rerum novarum di papa Leone XIII che concerneva i diritti degli operai, nel 1894 si assistette alla formazione di un'organizzazione senza fini di lucro, formata da industriali lombardi denominata Api, Associazione per la prevenzione infortuni sul lavoro”. 
La relazione si sofferma sul Bollettino dell'Associazione degli industriali d'Italia per prevenire gli infortuni sul lavoro (1914), sulla costituzione prima dell’Anpi (Associazione nazionale per la prevenzione degli infortuni sul lavoro: “ne facevano parte tutte le imprese agricole e industriali che per legge dovevano assicurare i loro operai contro gli infortuni del lavoro”) e poi, nel 1932, dell’Enpi (Ente nazionale per la propaganda contro gli infortuni), tra le cui attività “furono introdotti anche i servizi di medicina del lavoro e di igiene industriale”.
L'Enpi “non svolgeva tale attività secondo i moderni strumenti della formazione e informazione, ma si avvaleva di un'attività propagandistica” rivolta a “far emergere le responsabilità soggettive degli infortuni”. 
 


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Neglianni ’50 si svilupparono nuove linee di pensiero e attraverso l'evoluzione del movimento sindacale si cominciò a porre “l'attenzione sui diritti del lavoratore, primo tra tutti la salvaguardia della salute”.
Nel 1952, “venne creata un’associazione con lo stesso acronimo Enpi, ma con nome diverso: Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni, nome che, almeno formalmente, ne dichiarava gli intenti preventivi, contrapposti a quelli precedenti propagandistici”.
Dopo la fondazione del Sistema sanitario nazionale (Ssn) nel 1978, “l'Enpi fu definitivamente soppresso e venne creato un nuovo istituto: l' Istituto sicurezza prevenzione e sicurezza sul lavoro, l'lspesl”. 
Per spiegare l’evolversi della normativa sulla sicurezza, il relatore riporta alcune frasi ricorrenti nei decreti degli anni '50. Si parla, ad esempio di “eliminazione dei pericoli (…) per quanto tecnicamente possibile” o che “qualora non sia possibile rimuovere completamente (…) il pericolo devono essere adottate misure alternative per ridurlo (…) al minimo”.
 
Si arriva poi all'Atto unico europeo (AUE) firmato a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 e entrato in vigore il 1° luglio 1987. L'articolo 118A del trattato CE “autorizza il Consiglio (…) ad adottare prescrizioni minime per promuovere il miglioramento (…) dell'ambiente di lavoro, per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Arriviamo così alla Direttiva 89/391/CEE del 12 giugno 1989 concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, recepita in Italia con Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626. 
Aumentano i destinatari di obblighi di prevenzione e migliora la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia l’Italia viene condannata dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee ad esempio per non aver prescritto che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza esistenti sul luogo di lavoro o per non aver definito le capacità e le attitudini di cui devono essere in possesso le persone responsabili delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Viene fatta poi menzione della Legge 1 marzo 2002, n. 39, che opera correzioni nel D.Lgs. 626/94, e del D.Lgs. 276/2003 (Decreto Biagi).
 
Arriviamo così al Decreto legislativo 81/2008. Un decreto che, ad esempio, aumenta le tutele per i lavoratori “atipici”.
È interessante confrontare, a questo proposito, la definizione di “lavoratore” nei vari decreti:
- secondo i decreti degli anni ’50: per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un’arte o una professione;
- secondo il decreto legislativo 626/94: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale;
 - secondo il D.Lgs. 81/2008: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell‘organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari.
 
Ora si parla di valutazione dei rischi “globale”.
La valutazione dei rischi è ora (art.2) la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza
Inoltre all’articolo 28 si ricorda che la valutazione riguarda anche gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, ad esempio i rischi collegati allo stress lavoro correlato, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere, di età e di provenienza da altri paesi.
Questi alcuni elementi nuovi dell’articolo 28 (Oggetto della Valutazione dei Rischi) rispetto al D.Lgs. 626/94:
- “le procedure per l'attuazione delle misure da realizzare;
- i ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
- i nomi di RSPP, RLS o RLST, medico competente;
- le mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento”.
 
L’autore accenna poi ai riferimenti tecnici per la valutazione dei rischi, norma tecnica e buona prassi, e agli obblighi di vigilanza sui sottoposti:
- “il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19 (preposto), 20 (lavoratore), 22 (progettista), 23 (fabbricante e fornitore), 24 (installatore) e 25 (medico competente);
- ferma restando l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti”.
Anche la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.
Tuttavia tale obbligo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'articolo 30, c 4”.
 
Arriviamo dunque all’Art.30 e ai modelli di organizzazione e di gestione ricordando che un modello organizzativo deve prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.
Modelli di organizzazione e di gestione che possono avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al D.Lvo 8/06/01, n. 231.
Il relatore riporta l’Art. 30 del Decreto legislativo 81/2008 e le caratteristiche dei modelli di gestione, anche in riferimento alle linee guida UNI-INAIL e al British Standard OHSAS 18001:2007.
 
L’intervento si conclude con la citazione di alcune sentenze che evidenziano anche gli sviluppi futuri dell’applicazione della normativa.
Ad esempio si ricorda che il Tribunale di Novara con la sentenza del 26 ottobre 2010 ha applicato la normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro “a due società i cui amministratori sono stati ritenuti responsabili per un infortunio mortale sul lavoro avvenuto presso il piazzale del Centro Interportuale Merci di Novara” (sanzione amministrativa pecuniaria di euro 120.000 e 140.000).
 
Senza dimenticare, in conclusione, la “ condanna epocale” della sentenza ThyssenKrupp.
La multinazionale è stata “chiamata in causa come persona giuridica e condannata:
- a un milione di euro di sanzione pecuniaria;
- all'esclusione da contributi e sovvenzioni pubbliche per sei mesi;
- al divieto di farsi pubblicità per sei mesi;
- la sentenza dovrà essere pubblicata su una serie di quotidiani e affissa nel Comune di Terni, dove c'è la principale sede italiana del gruppo”. 
 
 
L’obbligo di valutazione dei rischi: dalla Direttiva 391/89/CEE al DLgs 81/08”, a cura di Mario Marchio (Ispettore Sicurezza Lavoro ASLTO 3), intervento al convegno «La centralità della Valutazione dei rischi nella prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali»  (formato PDF, 2.28 MB).
 
 


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