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Lavoratore autonomo o dipendente? Le novità in materia di sicurezza

 
Autonomi o collaboratori a progetto: le presunzioni di legge
È entrata in vigore il 18 luglio 2012 la Riforma del mercato del lavoro, legge 28 giugno 2012, n.92 (G.U. 3 luglio 2012, n.153) che è intervenuta su numerose tipologie del rapporto di lavoro.
Non vi è dubbio che il corretto inquadramento giuslavoristico delle figure dei collaboratori professionali di un datore di lavoro può determinare l’applicazione di obblighi in materia di sicurezza sul lavoro del tutto diversi.
Infatti un conto è avere a che fare con lavoratori autonomi, verso i quali non si applicano gli obblighi datoriali dei lavoratori dipendenti ed equiparati, un conto è avere a che fare con collaboratori a progetto o collaboratori coordinati e continuativi.
Quindi sapere quali siano le disposizioni che possono essere oggetto di contestazione sul reale profilo di autonomia del collaboratore appare decisivo.
 
Se si tratta di lavoratori autonomi che prestano servizi o opere di cui all’art. 2222 c.c., per questi si applica l’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008, ovvero sono loro che devono: a) utilizzare le attrezzature di lavoro in modo conforme a quanto prevede il Titolo III del D.Lgs. n. 81/2008 (uso delle attrezzature di lavoro e D.P.I.); b) munirsi di dispositivi di protezione individuale e utilizzarli in modo conforme. Sono gli autonomi poi che possono in autonomia, con oneri a loro carico, beneficiare della sorveglianza sanitaria o partecipare ai corsi di formazione incentrati sui rischi propri delle loro attività.
 
Se al contrario si tratta di collaboratori a progetto si deve applicare in modo compiuto l’art. 17 e 18 del D.Lgs. n. 81/2008.
 
Ma quando il profilo dell’autonomia è messo a rischio, con l’evidente effetto di far ricadere sul committente il rischio di vedersi contestare il mancato rispetto degli obblighi che si hanno verso i lavoratori dipendenti ed i loro equiparati (contratti a progetto, soci lavoratori, tirocinanti e stagisti ecc..)?
 
I commi 26 e 27 dell’art.1 legge 28 giugno 2012, n.92 si occupano delle partite Iva ma con una lettura assai relativizzante. Il legislatore, ancora una volta, non ha dimostrato un serio interesse di regolazione organica della fattispecie: del lavoro autonomo.
Tuttavia le norme intervengono sulle caratteristiche che deve avere la “persona titolare di diposizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.
A questo riguardo, le prestazioni di lavoro autonomo, svolte da titolare di partita Iva, sono considerate dalla Riforma Fornero, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quando ricorrono almeno 2 dei seguenti presupposti:
- durata della prestazione superiore a 8 mesi nell’arco dell’anno solare;
- corrispettivo derivante da tale collaborazione pari almeno all’80% dei corrispettivi complessivamente percepiti nell’arco dello stesso anno solare;
- esistenza di una postazione di lavoro fissa a disposizione del lavoratore.

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Sono tuttavia escluse da tali presunzioni:
a) le prestazioni connotate da competenze teoriche e tecnico/pratiche di grado elevato,
b) le prestazioni rese da soggetti titolari di un reddito annuo di lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il minimale contributivo (circa 18.662 euro per il 2012),
c) le prestazioni svolte nell’esercizio di professioni per cui è richiesta l’iscrizione a un ordine professionale, ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati.
 
Alla ricognizione delle predette attività provvederà con decreto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e dovrà emanarlo, in fase di prima applicazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentite le parti sociali.
La presunzione si applica comunque solo ai rapporti instaurati dopo l’entrata in vigore della Riforma del Lavoro, oppure, per i contratti stipulati prima, una volta decorsi 12 mesi dall’entrata in vigore della Riforma.
Non è chiaro – tuttavia da una mera lettura della norma – se queste ultime condizioni di esclusione debbano operare congiuntamente o separatamente.
A favore della valenza separata (ovvero che ne basti solo una per escludere l’operatività della presunzione)possono essere introdotte alcune considerazioni. Innanzitutto le condizioni sono diverse profondamente: nel primo caso il soggetto della condizione è la prestazione, nel secondo e caso il soggetto è il lavoratore autonomo che potrebbe conseguire un reddito annuo di lavoro autonomo anche per ulteriori attività assolutamente distinte da quelle in oggetto.
L’esclusione della presunzione opera, altresì, con riferimento a prestazioni lavorative che siano svolte nell’ambito di attività professionali per le quali è richiesta l’iscrizione a ordini professionali, albi, registri o ruoli, subordinatamente a specifici requisiti e condizioni (professioni che saranno individuate da decreto del Ministero del Lavoro, da emanarsi, in prima applicazione, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge).
 
L’ultima presunzione si applica da subito soltanto ai rapporti instaurati dopo l’entrata in vigore della Riforma, mentre per gli altri è previsto un periodo transitorio di 12 mesi prima di essere che le disposizioni producano effetto.
Le nuove disposizioni si applicano quindi ai contratti stipulati dal 18 luglio 2012.
Per i contratti in corso si applicano a decorrere dal 18 luglio 2013.
 
Va poi tenuta ben presente la norma di interpretazione autentica, che chiarisce il primo periodo del co. 3 dell’art.61 del D.Lgs. n.276/06, nel senso che l’esclusione dalla normativa sul lavoro a
progetto e sulle collaborazioni, opera esclusivamente per le prestazioni professionali il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali specificate. In caso contrario, la mera iscrizione di un soggetto agli albi professionali non determina l’automatica esclusione delle prestazioni dall’applicazione delle norme.
 
Il tema tuttavia che rimane sul tappeto è che sul lavoro autonomo e professionale, in costante ed irrefrenabile crescita, le inadeguate norme del Codice Civile, comprese negli artt. da 2222 a 2238 non riescono a dar conto della pluralità di forme in cui le attività autonome si sono manifestate e della necessità di regolamentazione che esse hanno, non solo sul versante antielusivo, ma anche rispetto agli inquadramenti contributivi e assicurativi, alle condizioni di esercizio delle attività, alla regolamentazione e uniformità sotto il profilo fiscale.
La strada imboccata dal legislatore di prevedere in prospettiva una aliquota del 33% nella Gestione Separata entro il 2018 denota per la verità ad oggi prevalentemente l’intendimento di produrre un deterrente oneroso all’utilizzo di questa fattispecie come alternativa al lavoro subordinato. Ciò senza tenere in considerazione che gli effetti si scaricheranno soprattutto su reali e non fasulli lavoratori autonomi (come le professioni non regolamentate e prive di una propria Cassa previdenziale).
 
Lavoratori autonomi nei cantieri
Sul fronte invece della elusione della norma di grande interesse è la Circolare del Ministero del Lavoro n. 16 del 4 luglio 2012 relativa alla presenza dei lavori autonomi nei cantieri.
La Circolare partendo da una anomalia rilevata da uno studio dell’ANCE-ISTAT, ovvero che nei cantieri oggetto di analisi risultavano impiegati più autonomi (1.039.000) che dipendenti (986.000), ha impartito per il personale ispettivo indicazioni definite “presunzioni oggettive”.
 
La Circolare invita ad osservare come elementi “problematici”:
1. la mancata disponibilità giuridica o il possesso dell’attrezzatura necessaria per l’esecuzione dei lavori rilevabile dal registro dei beni ammortizzabili (ponteggi, macchine edili, motocarri, escavatori, apparecchi di sollevamento);
Questo anche sulla scorta della definizione della “idoneità tecnico-professionale” che si evince dal D.Lgs. n. 81/2008 (Allegato VII) ove si fa esplicito riferimento a “disponibilità di macchine, attrezzature e opere provvisionali la cui conformità deve essere documentata.
2. la condizione di monocommitenza in capo al lavoratore autonomo;
3. affidamento al lavoratore autonomo di “realizzazione di opere strutturali del manufatto, legate allo sbancamento, costruzione fondamenta, opere di cemento armato e strutture di elevazioni in genere”. Infatti lo svolgimento di queste mansioni sono difficilmente compatibili con prestazione dotata di carattere di autonomia, a differenza di altre con oggetto finitura o realizzazione impiantistica.
 
In conclusione la Circolare invita a contestare il profilo di autonomia ai prestatori d’opera la cui attività sia assimilata a: mera manovalanza; muratura; carpenteria; rimozione amianto; posizionamento di ferri e ponti; gestione di macchine edili fornite dall’impresa committente o dall’appaltatore.
In relazione ai provvedimenti sanzionatori da irrogare, il personale ispettivo in caso di contestazione non deve fermarsi all’inquadramento giuslavoristico, ma deve contestare anche “quegli illeciti riscontrabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro in materia di sorveglianza sanitaria e mancata formazione ed informazione” di cui al D.Lgs. n. 81/2008.
 
 
Emilio Del Bono


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