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Il punto sul ruolo, le funzioni e le responsabilità del capocantiere

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Edilizia

21/03/2011

Secondo la Cassazione il capocantiere, anche in assenza di una formale delega, è destinatario diretto dell’obbligo di verificare che i lavori in cantiere vengano svolti in applicazione delle norme antinfortunistiche. A cura di G. Porreca.

 
 
Commento a cura di Gerardo Porreca
 
È il capocantiere questa volta al centro delle attenzioni della Corte di Cassazione.
La suprema Corte in questa sentenza coglie l’occasione per fare il punto sul ruolo, sulle funzioni e sulle responsabilità che questa figura assume nell’ambito della organizzazione di un cantiere richiamando alcune precedenti espressioni emanate in precedenza dalla stessa Corte.
Il capocantiere, infatti, anche in assenza di una formale delega in materia di sicurezza sul lavoro, è destinatario dell’obbligo di verificare che le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all’interno del cantiere rispettino le norme antinfortunistiche (Cass. Sez. IV n. 12673 del 4/3/2009).
Lo stesso, d’altra parte in via di principio generale, è certamente persona adatta ad individuare la corretta applicazione delle norme antinfortunistiche, o quanto meno di quelle di comune prudenza, per la prevenzione di incidenti in cui possono essere coinvolti dipendenti ovvero terze persone estranee ai lavori. In tema di infortuni sul lavoro, peraltro, sostiene ancora la suprema Corte, chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto una posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori così da poter impartire a loro ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato tenuto automaticamente, ai sensi delle disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ad attuare le prescritte misure di sicurezza ed a disporre ed esigere che esse siano rispettate.
 
La Corte di Cassazione richiama, altresì, in questa sentenza un principio che vige nel caso in cui possano esservi più garanti della sicurezza dei lavoratori  e cioè quello in base al quale se ci sono più persone che sono titolari dell’obbligo di impedire un evento infortunistico ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge (Cass. Sez. IV n. 46515 del 19/5/2004) per cui la omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso ed autonomo titolo ( Cass. Sez. IV n. 3948 del 19/2/1998).
In caso di concorso di persone in un reato, inoltre, la circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p. è configurabile a condizione che sia possibile, attraverso l’esame delle modalità di commissione del fatto, stabilire che l’imputato abbia svolto un ruolo assolutamente marginale di efficacia causale così lieve nella determinazione dell’evento criminoso da risultare del tutto trascurabile (Cass. Sez. II n. 38492 del 23/9/2008).


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L’evento infortunistico, le imputazioni e l’iter giudiziario.
 
L’amministratore di una società che aveva ricevuto in appalto dei lavori di ristrutturazione ambientale ed il capocantiere dell’impresa della stessa società sono stati tratti a giudizio dinanzi ad un Tribunale per rispondere del reato di cui all'articolo 589 c.p. per aver cagionato la morte di un lavoratore dipendente della società medesima il quale, mentre stava eseguendo lavori di completamento della stuccatura di alcuni pilastri con mattoni a vista ad un'altezza superiore a due metri, è caduto al suolo riportando gravi lesioni cranio - cerebrali alle quali è seguito il decesso.
Agli imputati sono stati addebitati i seguenti profili di colpa: negligenza e violazione della normativa antinfortunistica per non aver predisposto adeguate precauzioni idonee ad eliminare i pericoli di caduta dei lavoratori consentendo l'utilizzo di un ponteggio privo dei necessari dispositivi di sicurezza ( parapetto, tavole fermapiedi). Il Tribunale ha dichiarato il capocantiere colpevole del reato ascrittogli e lo ha condannato alla pena di due anni di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
 
La Corte d'Appello, condividendo le considerazioni svolte dal primo giudice, ha confermata la sentenza di condanna dell’imputato. Contro la tesi difensiva sostenuta dallo stesso imputato, in base alla quale il lavoratore infortunato lavorava in collaborazione con un’altra impresa che aveva assunto dall’appaltatore alcuni lavori in subappalto, la Corte di merito ha tenuto a precisare che, al di là del fatto che quello con cui collaborava l’infortunato non era una impresa ma un lavoratore autonomo non dotato di reali mezzi propri, l’imputato ricopriva comunque una funzione, quella di capocantiere, né contestata né contestabile.
Infatti dalle indagini era emerso che lo stesso dava in concreto in cantiere le disposizioni circa i lavori da eseguire, redigeva inoltre il giornale di cantiere e si recava nello stesso anche allorquando era infortunato.
 
Il capocantiere ha fatto quindi ricorso alla Corte di Cassazione lamentando che la Corte di Appello non aveva tenuto conto della presenza del subappaltatore in collaborazione del quale lavorava l’infortunato  e sottolineando, altresì, che egli nel periodo dell’infortunio era assente dal cantiere per malattia.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione.
 
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso per l’infondatezza delle lamentele addotte ed ha confermata la condanna dell’imputato rammentando, a proposito delle decisioni concordi assunte sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello, che “è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione”.
 
La suprema Corte comunque, pur condividendo le argomentazioni contenute nei precedenti giudizi, ha fornito per completezza argomentativa alcune ulteriori precisazioni in relazione alle tesi difensive prospettate dal ricorrente. “In materia di prevenzione degli incidenti sul lavoro”, ha sostenuto la Sez. IV, “il ‘capo cantiere’, anche in assenza di una formale delega in materia di sicurezza sul lavoro, è destinatario diretto dell'obbligo di verificare che le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all'interno del cantiere rispettino le norme antinfortunistiche" (in termini, Sez. 4, n. 12673 del 04/03/2009 Ud. - dep. 20/03/2009 - Rv. 243216)”. “D'altra parte”, ha proseguito la stessa Sez. IV, “in via di principio generale, il capo cantiere - ruolo che ricopriva (l’imputato) - è certamente persona adatta ad individuare la corretta applicazione delle norme antinfortunistiche, o quanto meno di quelle di comune prudenza, per la prevenzione di incidenti in cui possono essere coinvolti i dipendenti ovvero terze persone estranee ai lavori. Né ha alcun rilievo che potessero esservi ulteriori garanti della sicurezza dei lavoratori, in quanto, come condivisibilmente già ritenuto da questa Corte, se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge (Cass. sez. 4, 19.5.2004 n. 46515 riv. 230398) fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione”.
 Quindi anche se il lavoratore che aveva subito l'infortunio, volendo seguire la tesi difensiva dell’imputato, fosse stato dipendente della ditta subappaltatrice non sarebbe venuta meno, secondo la suprema Corte, la posizione di garanzia dell’imputato con la conseguente responsabilità penale per l'accaduto proprio in ragione della qualifica di capocantiere che lo stesso ricopriva nei lavori in corso.
 
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro”, ha proseguito la Sez. IV, “chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato automaticamente tenuto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4, ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo (in termini, ex plurimis, Sez. 4, 19 febbraio 1998, n. 3948)”.
Per quanto riguarda, infine, il mancato riconoscimento di un concorso di colpa e delle attenuanti previste dal codice penale la suprema Corte ha tenuto a precisare che “in tema di concorso di persone nel reato, la circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p., è configurabile a condizione che sia possibile, attraverso l'esame delle modalità di commissione del fatto, stabilire che l'imputato abbia svolto un ruolo assolutamente marginale di efficacia causale così lieve nella determinazione dell'evento criminoso da risultare del tutto trascurabile (in termini, ex plurimis, Sez. 2, n. 38492 del 23/09/2008 Ud. - dep. 09/10/2008 - Rv. 241461)”.
 
 
 
 
 

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