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Ancora a proposito dell'abrogazione del registro infortuni
Il meritorio ricorso della CGIL [2] presso la Commissione UE, a denuncia di violazione della direttiva 89/391/Ce per quanto concerne l'abolizione del registro infortuni, sollecita a nuove considerazioni.
Ad un mio precedente intervento sull'abrogazione di detto registro, operata dal D.Lgs. 151/2015, è poi seguito un articolo di Cinzia Frascheri, Responsabile nazionale CISL per Salute e sicurezza sul lavoro.
Il mio intervento ( Abrogazione del registro infortuni: ragioniamoci), cui si rimanda per la personale prospettazione della problematica, chiudeva con la richiesta di un chiarimento urgente, almeno di livello ministeriale.
L'articolo di C. Frascheri condivide nella sostanza le problematiche in quello sollevate. In aggiunta propone alcune considerazioni -che qui si riportano- meritevoli di attenzione:
“...Ma se dal combinato disposto delle novità introdotte [dal Dlgs. 151/2015], il quadro che si delinea a fronte delle modifiche, appare molto semplice e chiaro, meno lo sono le motivazioni alla base.
Ponendo una differenza rilevante tra il registro degli infortuni e gli altri due registri, quelli degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici, comunque tutti ricondotti alla stessa tempistica di vigenza determinata dall’istituzione del SINP, valida fino alla venuta in essere del D.Lgs. 151/2015, è mediante tale decreto che il legislatore ha ritenuto di dover differenziare i percorsi di tali strumenti, dando alla sola tenuta obbligatoria del registro degli infortuni, un termine temporale perentorio.
La data del 23 dicembre 2015 veniva così a segnare il passaggio epocale da una lunga stagione di vigenza dello strumento del registro degli infortuni ad una nuova caratterizzata dalla sua, non spiegabile, totale esclusione dal dettato normativo, ancor più in assenza di altra forma di registrazione e gestione di tali dati di così grande rilevanza.
...Di fatto, pur riconoscendo al Cruscotto [INAIL] una sua funzione, le differenze tra tale strumento e il registro degli infortuni sono più che evidenti, a partire dai limiti che tale modalità di raccolta dati presenta, ancor più se rapportate alla funzioni che il registro degli infortuni aveva nel contesto lavorativo e per gli attori della prevenzione aziendale, e di cui oggi, a fronte della sua eliminazione, si riscontra la rilevante mancanza.
Il quadro infortunistico aziendale che il registro offriva, costituiva senza dubbio una informazione fondamentale ai fini degli interventi di tutela e di gestione del rischio, soprattutto a partire dal datore di lavoro, così come il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, per quanto di competenza, in qualità di figure chiamate a porre in essere la valutazione del rischio complessiva, la quale non può non tenere conto degli eventi accidentali verificatisi nel tempo, all’interno del ciclo lavorativo.
La periodicità degli eventi, le modalità di accadimento e la tempistica degli infortuni sono tutti dati che solo se analizzati complessivamente e incrociati fra loro, possono offrire indicazioni di più ampio utilizzo, in confronto ad una analisi che avvenga caso per caso, dove la visione di insieme viene a perdersi, e con questa l’evidenza di certe dinamiche di causalità, spesso determinati, per poter garantire tutele adeguate ed efficaci.
...L’abrogazione, però, del registro degli infortuni, anche analizzata sul fronte meramente normativo, lascia non poche perplessità. Eliminato lo specifico riferimento all’art. 53 del
D.Lgs. 81/2008, nessun intervento modificativo e di raccordo è stata introdotto nei riguardi delle altre disposizioni previste nell’articolato del decreto, relative a tale strumento. In linea con quanto dettato dalla direttiva 89/391/CEE, difatti, tra gli obblighi a carico del datore di lavoro (ma non meno a carico del dirigente), elencati all’art. 18 del D.Lgs. 81/2008, si legge (ancora) che deve essere consentito al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza di «accedere» ai dati che riguardano gli infortuni sul lavoro (comma 1, lett. o).
Una disposizione questa fondamentale, fino a quando non svuotata dall’abrogazione del registro degli infortuni, e non anch’essa abrogata o, almeno modificata, considerato il precetto comunitario che permane.
L’articolato del D.Lgs. 81/2008 si mostra ad oggi, pertanto, in particolare sul punto in commento, non certo semplificato, come enunciato già solo dal titolo del D.Lgs. 151/2015, ma in una condizione di evidente errore, dove a fronte di un diritto, ancora previsto e pertanto vigente, a favore del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, manca lo strumento per esercitarlo.”
Tutto ciò considerato, vorrei rendere disponibile al dibattito il risultato di un confronto con medici del lavoro con esperienza trentacinque/quarantennale nella funzione ispettiva ( e che qui colgo l'occasione per ringraziare doverosamente).
La conclusione, da un punto di vista della lettura della norma, rende ragione alla considerazione di C. Frascheri nella parte appena sopra evidenziata. Risolvendola però in positivo (per il RLS) e, in ciò, sembrando mostrare una certa qual sua implacabilità:
1. L'art. 18, c. 1, lett. o), D.Lgs 81/08, mantiene l'obbligo per il datore di lavoro di garantire al RLS l'accesso ai dati relativi agli infortuni sul lavoro.
2. la violazione dell'obbligo permane sanzionata con la sanzione alternativa dell'arresto o dell'ammenda (art. 55, c. 5, lett. a). La sua verifica, da parte dell'organo ispettivo, è dunque soggetta alla prescrizione ad adempiere.
3. per adempiere alla prescrizione bisogna che i dati e le informazioni sugli infortuni siano stati conservati in azienda.
La conclusione, a questo punto ovvia, è che i dati conservati in azienda devono essere resi disponibili al RLS. In forma cartacea (in relazione all'<obbligo> di conservazione per 4 anni del “vecchio” registro) o elettronica, decida l'azienda.
Non ha certo valore la considerazione che l'Organo di vigilanza possa accedere a tali dati utilizzando il portale INAIL.
Perché non di informazione all'OdV tratta la prescrizione, ma dell'adempimento all'obbligo posto al datore di lavoro dall' art. 18 del D.Lgs. 81/08, di rendere accessibili al RLS i dati infortunistici.
Se dunque da un lato è ragionevole supporre che l'azienda conservi i dati oggetto della trasmissione all'INAIL, dall'altra il dato normativo consente al RLS di poter comunque (continuare ad) accedere alle informazioni relative agli infortuni sul lavoro accaduti nella propria azienda.
Ciò rende doverosa – e non più solo ragionevole- la conservazione dei dati.
Questa, oltretutto, è la condizione per l'adempimento di cui all'art. 35 del Dlgs. 81/08:
Articolo 35 - Riunione periodica
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti:
b) l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;
(sanzione amministrativa pecuniaria da 2.192,00 a 7.233,60 euro)
Giustamente, dunque, il ricorso della CGIL, al punto 6, richiama come la disposizione comunitaria -nel combinato tra art. 6 e art. 9 della Dir. 89/391- “..si estende a tutti i soggetti che hanno un funzione specifica in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ad es. il medico competente e gli addetti al Servizio di prevenzione..”
Si ricordi infine che, ai sensi dell'art. 18, comma 2, lett. d), del Dlgs. 81/08 il datore di lavoro deve fornire al SPP/RSPP e al medico competente i dati relativi agli infortuni e alle malattie professionali. Obbligo ulteriore e autonomo rispetto alla produzione dei dati per l'esame da svolgersi in sede di riunione periodica.
Anche ciò, ovviamente, rende doverosa la conservazione dei dati in azienda.
Come giustamente considerato da Cinzia Frascheri, permane poi il precetto comunitario, che è fonte primaria e prevalente.
La direttiva quadro in materia di SSL, la 89/391, in ben tre articoli (9, 10 e 11) pone il dovere per i datori di lavoro di tenere documentazione degli infortuni e di renderla accessibile ai RLS “per l'espletamento delle loro funzioni”.
Pietro Ferrari
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Carlo Parducci - likes: 0 | 21/06/2016 (15:01:54) |
In aggiunta a tutte le considerazioni di carattere giuridico che mi lasciano perplesso, ho sin dall'inizio considerato la non più obbligatoria tenuta del Registro Infortuni una topica colossale del legislatore. In molte e frequenti situazioni di cambiamenti nell'organizzazione del SPP o di evoluzione/espansione dell'assetto produttivo e organizzativo aziendale, alla luce di un'esperienza operativa come RSPP di oltre venti anni, ho sempre trovato di importante valenza quanto riportato in quello strumento di registrazione. I dati storici ricavati dai fatti avvenuti e una loro corretta analisi sono pane per la corretta prevenzione applicata alla realtà operativa. |
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0 | 22/06/2016 (07:16:28) |
Non si può non concordare con quanto all'epoca detto da Cinzia Frascheri e quanto considerato da Carlo Parducci. Vorrei anche aggiungere che la "semplificazione" (ma perchè questo termine deve essere così abusato ???) ha introdotto nuove criticità nelle piccole e piccolissime Aziende in cui era pur vero che c'era il peso della registrazione (a mio aviso POSITIVO al fine della tenuta sotto controllo del fenomeno e della sua visibilità immediata) Infatti nelle piccole e piccolissime AZ la registrazione è di solito affidata al commercialista (con password) e pertanto sul DL ricade anche la sorveglianza su quest'ultimo e la richiesta del riscontro cartaceo della registrazione ...per essere sicuri che lui lo abbia fatto !!!. Ma non era una "semplificazione" ?? Ma questi funzionari che "semplificano" sono in grado di riconoscere, entrando in un Luogo di Lavoro quale è la porta carraia e quale è l'acceso pedonale ??? Mi scuso per lo sfogo ma sono RSPP dal 1995 e mi occupo,direttamente o indirettamente di sicurezza sui luoghi di lavoro dal 1967...ma questo è un mio problema.... Buon lavoro a tutti |
Rispondi Autore: Sergio Pagano - likes: 0 | 27/06/2016 (15:50:37) |
Mi unisco ai colleghi Parducci e Scalese nel commentare negativamente i cambiamenti oggetto della discussione. Vorrei che qualcuno di questi "innovatori" spiegasse a me, povero RSPP, quale sia la ratio che guida simili illuminazioni. Forse sarebbe utile che queste persone prendessero seriamente contatto con chi vive queste problematiche, con chi si trova a gestire gli infortuni in stabilimento e con chi è preposto al controllo degli stessi. Usare tempo e risorse per pensare di eliminare uno strumento semplice, veloce ed affidabile quale il registro infortuni, piuttosto che provare a risolvere pecche e discrasie di leggi antiche e moderne, appare un vero spreco. Che si possa e si debba migliorare è certo, questa volta la direzione appare sbagliata. O forse vogliono imboccare la strada fin qui percorsa negli ultimi quarant'anni nel verso contrario? |
Rispondi Autore: pietro ferrari - likes: 0 | 19/07/2016 (08:43:53) |
non si sostiene che l'azienda debba continuare a tenere l'abrogato registro degli infortuni. Ma sì che debba (continuare a) tenere i DATI relativi agli infortuni e alle malattie professionali. cordialmente |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/09/2016 (17:45:16) |
La semplificazione normativa si è rivelata non solo uno slogan privo di ogni contenuto concreto, ma una controproducente retromarcia che ha lasciata intatta la complessità normativa eliminando utili strumenti come il registro infortuni, com'era evidente fin dal primo momento. ora tremano i polsi pensando che voglio SEMPLIFICARE anche la Costituzione con un terrificante e incomprensibile nuovo articolo 70. |