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Storie di infortunio: quel mattino di nebbia

Storie di infortunio: quel mattino di nebbia
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Valutazione dei rischi

05/09/2017

Due lavoratori vengono investiti da un incendio mentre sono intenti nelle operazioni di travaso di solvente presente in un’autocisterna: come è avvenuto l’incidente, le cause e come si sarebbe potuto evitare.



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Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie storie d'infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.

In questa storia dal titolo “Quel mattino di nebbia” (a cura di Mauro E. Campari, ATS Milano) due lavoratori vengono investiti da un incendio mentre sono intenti nelle operazioni di travaso di solvente presente in un’autocisterna

 

Quel mattino di nebbia

Nel novembre del 2014 all’interno dell’azienda chimica MERGE durante le fasi di scarico di prodotti liquidi da un’autocisterna si è sviluppato un incendio. L’incendio ha coinvolto l’autista del camion e l’operaio addetto allo scarico ustionandoli entrambi in modo grave. Il fuoco prima di essere spento, ha distrutto l’autocisterna e diverse attrezzature dell’azienda.

 

Chi è stato coinvolto

L’incidente alla MERGE ha coinvolto Sergio, 53 anni operaio addetto allo scarico degli automezzi sin dai tempi della sua assunzione avvenuta nel 2003 e Giuseppe 35 anni autista, alla guida da poco più di tre anni, di un’autocisterna della SOLVENT per il trasporto di prodotti chimici per uso industriale.

 

Dove e quando

In quel giorno di novembre il clima era tipicamente autunnale, qualche goccia di pioggia nella notte e al mattino una leggera nebbia. Nebbia frequente in quest’area della provincia di Milano dove le fabbriche confinano con la campagna. La fabbrica dove è avvenuto l’incendio è la MERGE, una media azienda che commercia in prodotti chimici. Questi prodotti, acquistati da fornitori esterni, sono miscelati nei reparti dell’azienda e commercializzati per impieghi speciali.

Da qualche tempo l’azienda acquista prodotti chimici e, senza alcun trattamento, li rivende a marchio MERGE dopo il travaso in contenitori di minore capienza.

 

Che cosa si stava facendo

Quella mattina Giuseppe, autista della SOLVENT, è arrivato con il suo camion fino alla MERGE fermandosi in portineria per la consegna dei documenti di trasporto. Giuseppe, che effettua spesso queste consegne, conosce bene lo stabilimento e, sbrigate rapidamente le formalità di ingresso, guida il suo camion sino all’area di scarico.

Sergio, preavvisato del suo arrivo, lo aspetta per iniziare i travasi nell’area in cui il camion sosterà durante lo scarico. Sergio inizia il lavoro collegando la valvola del rimorchio ad un tubo che porterà il liquido da scaricare in un grande serbatoio. Dopo questo collegamento potrà dedicarsi alla cisterna della motrice dove lo scarico è più complicato. Ci sono diversi scompartimenti e i solventi trasportati devono essere scaricati singolarmente evitando che si inquinino. Il travaso dalla motrice è effettuato da una tubazione collegata all’autocisterna e alle cisternette plastiche da mille litri. Come sempre Sergio e Giuseppe collaborano. Da qualche tempo lo scarico dei solventi era cambiato Nei mesi precedenti si scaricava il contenuto delle autocisterne nei grandi serbatoi del reparto e dopo, su richiesta dei clienti, in un reparto con pompe e aspiratori, si travasavano i prodotti nei fusti per la vendita.

A lato del camion alcuni di questi contenitori sono già pronti per essere riempiti. Mentre Sergio verifica il riempimento delle cisternette Giuseppe apre e chiude la valvola di scarico sul camion per trasferirvi i solventi.

 

Dopo lo svuotamento del primo scomparto dell’autocisterna iniziano un nuovo scarico. Scarico preceduto dal lavaggio del tubo per evitare un inquinamento tra i diversi solventi. Tutto questo solvente che serve per il lavaggio è raccolto in un secchio vicino alla valvola di scarico e Sergio lo verserà al termine in una vasca di raccolta.

Il nuovo scarico inizia, Sergio mette il tubo dentro la cisternetta e Giuseppe apre la valvola di scarico. Dalla tubazione fuoriesce un bel getto di solvente. Cosi riempiono la prima, la seconda ed iniziano a caricarne una terza. Lo scarico procede e mentre Giuseppe manovra la valvola di scarico Sergio ha il tempo per applicare le etichette sulle cisternette che hanno riempito e di dire a Esteban, il mulettista di reparto, di trasferirle nel magazzino

 

A un certo punto

Tutto è come sempre. Sino a che Sergio racconta: “..davo le spalle a Giuseppe mentre applicavo le etichette quando ho sentito un botto ed il rumore di un sibilo e sono stato investito da una fiammata che mi incendiava i vestiti. Immediatamente sono corso verso Esteban il mulettista che con alcuni stracci cercava di soffocare le fiamme sui miei vestiti”.

Anche Angelo, responsabile di reparto che si trova li vicino, ha sentito lo scoppio : “… girandomi vedevo Giuseppe, l’autista, che in fiamme correva sul piazzale e poi a terra che si rotolava nell’aiuola. Intervenivo e dopo essermi tolto la giacca la usavo per spegnerlo”.

Tutti i lavoratori presenti si attivano e con i cannoni ad acqua e gli estintori cercano di contenere l’incendio.

Anche dalla fabbrica vicina gli operai con gli idranti contengono le fiamme e raffreddano l’autocisterna per evitare che scoppi.

L’incendio è violentissimo e solo l’intervento delle squadre dei Vigili del Fuoco, arrivate dopo poche decine di minuti, spegne in modo definitivo l’incendio e mette in sicurezza il reparto della fabbrica.

Giuseppe, ustionato per oltre il 40% della superficie corporea viene trasportato con l’elicottero ad un centro specialistico per il trattamento delle ustioni. Sergio con il corpo ricoperto da ustioni per oltre il 30% dopo un primo ricovero in un grande Ospedale della zona viene trasferito nello stesso centro in cui si trova Giuseppe.

 

Cosa si è appreso dall’inchiesta

La ricerca delle cause doveva spiegare perché, una attività frequente, come lo scarico di una autocisterna, si fosse trasformata in un incidente particolarmente grave.

Avevamo bisogno di ricostruire le premesse di quanto accaduto e di capire che cosa fosse cambiato.

Abbiamo compreso cosa fosse cambiato dalle testimonianze dei lavoratori che ci hanno raccontato di come, nel corso degli ultimi mesi, le operazioni di scarico dei mezzi si fossero modificate. Da uno scarico, prima effettuato con linea fissa nei serbatoi del reparto ora, sempre più frequentemente e per maggiori quantità si ricorreva al travaso per caduta da autocisterna ai contenitori da mille litri.

Sergio l’infortunato racconta: “….Facevamo il travaso nelle cisternette anche tre, quattro volte alla settimana….” Questa operazione fatta con il liquido che sgorga da una tubazione senza alcun sistema di aspirazione rendeva disponibile nell’area di scarico una grande quantità di vapori di solvente che potevano essere infiammati. Questa è la prima premessa.

La seconda premessa riguardava le sorgenti di innesco. E qui il problema era quello di individuare quale sorgente, tra le molte presenti ed individuate, avesse innescato l’incendio. Ne citiamo alcune:

- parti calde del muletto con motore diesel che circolava sul piazzale durante lo scarico dei solventi;

- gli abiti di Sergio e Giuseppe in materiale sintetico che potevano produrre scintille da cariche elettrostatiche;

e diverse altre che sono state escluse non perché impossibili ma solo perché meno probabili.

Commentando gli incidenti il più delle volte si sente dire dalle persone direttamente coinvolte “ ma ho sempre fatto cosi…e non è mai successo nulla. Tutto stava andando come sempre…”dimenticando che, perché si verifichino, gli incidenti hanno bisogno che tutti gli elementi concorrenti siano presenti nello stesso momento.

Come in questo incidente:

- la presenza di una grande quantità di vapori di solvente dovuti al cambio di destinazione dello scarico prima in serbatoi fissi ora in cisternette plastiche;

- le parti calde del carrello elevatore, le scintille elettrostatiche dagli abiti;

Inoltre la nebbia e l’assenza di ventilazione tipica di questa condizione meteorologica davano l’ultimo contributo allo scenario di un incidente. La mancanza di ventilazione naturale non permetteva la dispersione dei vapori di solvente che, presenti in grande concentrazione, erano

infiammati da una delle sorgenti disponibili di innesco.

 

Non sarebbe successo se…..

Sul clima, come suggerito in numerosi proverbi della tradizione popolare, non è possibile intervenire. Ma possiamo farlo su tutti gli altri contributi che hanno determinato l’incendio. Il primo riguarda una variazione delle modalità di scarico che, effettuato direttamente nelle cisternette produceva una grande quantità di vapori di solvente. I rischi che comportava questa nuova modalità di scarico non erano stati valutati. Si tratta di fattori che avevano un forte impatto non solo sul rischio di incendio ma anche sulla esposizione dei lavoratori a sostanze chimiche pericolose. Valutare i rischi voleva inoltre dire prendere in considerazione la presenza di vapori di solvente e di tutte le potenziali sorgenti di accensione.

La valutazione avrebbe dato gli strumenti per poter scegliere se controllare i rischi con misure di prevenzione o forse, dopo la valutazione, si avrebbe avuto la chiara indicazione che questa modalità di scarico non si sarebbe potuta fare in modo sicuro.

In mancanza della valutazione di questi rischi lo sviluppo di un incendio presso la MERGE non era questione di “SE” ma di “QUANDO”.

 

Mauro E. Campari

ATS Milano

 

La  storia completa “Quel mattino di nebbia” (pdf)



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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Pubblica un commento

Rispondi Autore: Diego Cavallero - likes: 0
05/09/2017 (09:17:52)
Per favore, chiamatela atmosfera esplosiva. La genesi dell'infortunio (che poi ha causato incendio) è da Titolo XI. Se simili incidenti si verificano, molto spesso è perchè non abbiamo ancora imparato a riconoscerli per nome. Nell'identificazione dei pericoli.
Rispondi Autore: MF - likes: 0
05/09/2017 (09:43:41)
Ma scusate,
e il sistema di messa a terra? Era presente?
Dalla descrizione sembra di no.
Autore: Diego Cavallero
05/09/2017 (10:12:48)
Per alcuni solventi può non bastare la messa a terra (anche se è più corretto parlare di equipotenzialità), che comunque riguarda solo alcuni degli inneschi elettrostatici. Piuttosto la domanda che farei è "scusate la la valutazione del rischio ATEX era presente?". Ma la risposta sembra ovvia...

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