INL: valutazione rischio emergenza da Coronavirus
Pubblichiamo integralmente il testo della nota n. 89 del 13 marzo 2020 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che tratta “Adempimenti datoriali - Valutazione rischio emergenza coronavirus”
La nota è stata inviata ai Dirigenti dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, agli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro, al Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, all'INPS, all’INAIL.
L’INL indica che “ispirandosi ai principi contenuti nel d.lgs. n. 81/2008 e di massima precauzione, discendenti anche dal precetto contenuto nell'art. 2087 c.c. si ritiene utile, per esigenze di natura organizzativa/gestionale, redigere - in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione e con il Medico Competente - un piano di intervento o una procedura per un approccio graduale nell'individuazione e nell'attuazione delle misure di prevenzione, basati sul contesto aziendale, sul profilo del lavoratore - o soggetto a questi equiparato - assicurando al personale anche adeguati DPI.”
E continua a conclusione che “Per la tracciabilità delle azioni così messe in campo è opportuno che dette misure, pur non originando dalla classica valutazione del rischio tipica del datore di lavoro, vengano raccolte per costituire un'appendice del DVR a dimostrazione di aver agito al meglio, anche al di là dei precetti specifici del d.lgs. n. 81/2008.
Ispettorato Nazionale del Lavoro - nota n. 89 del 13 marzo 2020 - Adempimenti datoriali - Valutazione rischio emergenza coronavirus
“Sono pervenute richieste di chiarimenti in ordine agli adempimenti in materia di sicurezza e salute riconducibili alla emergenza coronavirus e che coinvolgono la nostra Amministrazione nell'intero contesto sociale.
Sentita la Direzione centrale vigilanza, affari legali e contenzioso e l'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ferma restando l'autonomia datoriale di ciascun dirigente, si ritiene utile delineare alcuni aspetti che possono essere di supporto nelle decisioni di ciascun datore di lavoro di questa Amministrazione.
Premesso che la questione risulta di evidente importanza e delicatezza operativa, proprio in quanto riferita ad un momento emergenziale, si ritiene tenere in debita considerazione quanto segue ai fini della valutazione del rischio e del Documento di Valutazione del Rischio (DVR).
È indubbio che ci troviamo di fronte ad una emergenza da ascriversi nell'ambito del rischio biologico inteso nel senso più ampio del termine, che investe l'intera popolazione indipendentemente dalla specificità del “rischio lavorativo proprio” di ciascuna attività.
La normativa vigente in materia di lavoro disciplina specifici obblighi datoriali in relazione ad una “esposizione deliberata” ovvero ad una “esposizione potenziale” dei lavoratori ad agenti biologici durante l'attività lavorativa.
In conseguenza di ciò il datore di lavoro ha l'obbligo di effettuare una “valutazione del rischio” ed “elaborare il DVR” e, se del caso, “integrarlo” con quanto previsto dall'art. 271 del d.lgs. n. 81/2008.
Rispetto a tali obblighi si pongono orientamenti applicativi differenziati nei casi in cui l'agente biologico, che origina il rischio, non sia riconducibile all'attività del datore di lavoro ma si concretizzi in una situazione esterna che pur si può riverberare sui propri lavoratori all'interno dell'ambiente di lavoro per effetto delle dinamiche esterne non controllabili dal datore di lavoro.
In tali casi il datore di lavoro non sarebbe tenuto ai suddetti obblighi in quanto trattasi di un rischio non riconducibile all'attività e cicli di lavorazione e, quindi, non rientranti nella concreta possibilità di valutarne con piena consapevolezza tutti gli aspetti gestionali del rischio, in termini di eliminazione alla fonte o riduzione dello stesso, mediante l'attuazione delle più opportune e ragionevoli misure di prevenzione tecniche organizzative e procedurali tecnicamente attuabili.
Lo scenario connesso all'infezione coronavirus vede coinvolti i datori di lavori di questa Amministrazione esclusivamente sotto l'aspetto delle esigenze di tutela della salute pubblica e pertanto, sembra potersi condividere la posizione assunta dalla Regione Veneto nel senso di “non ritenere giustificato l'aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all'infezione” (diverso è il caso degli ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario o qualora il rischio biologico sia un rischio di natura professionale, già presente nel contesto espositivo dell'azienda).
Tuttavia, ispirandosi ai principi contenuti nel d.lgs. n. 81/2008 e di massima precauzione, discendenti anche dal precetto contenuto nell'art. 2087 c.c. si ritiene utile, per esigenze di natura organizzativa/gestionale, redigere - in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione e con il Medico Competente - un piano di intervento o una procedura per un approccio graduale nell'individuazione e nell'attuazione delle misure di prevenzione, basati sul contesto aziendale, sul profilo del lavoratore - o soggetto a questi equiparato - assicurando al personale anche adeguati DPI.
In relazione a quanto sopra esposto, non vi è dubbio che le attività svolte dai nostri Uffici non rientrano tra quelle che espongono i lavoratori ad un rischio, da ricondursi all'uso di agenti biologici, derivante dalla specificità delle lavorazioni e pertanto non si ravvisa una “esposizione deliberata” né tantomeno una “esposizione potenziale”, richiedenti l'obbligo puntuale della valutazione del rischio e l'elaborazione del DVR eventualmente integrato ed aggiornato.
È di tutta evidenza, inoltre, che la situazione emergenziale di carattere sociale, nazionale e non, investendo l'intera popolazione, è connotata da un indice di rischio determinato dalla particolare evoluzione del fenomeno, dalle condizioni soggettive dei singoli, nonché da un'indeterminazione valutativa che non può che essere rimessa alle alte istituzioni, sia per complessità che per entità del rischio nonché per le misure di prevenzione da adottare.
La valutazione del rischio e le relative misure di contenimento, di prevenzione e comportamentali, infatti, sono, per forza di cose, rimesse al Governo, alle Regioni, ai Prefetti, ai Sindaci ed ai Gruppi di esperti chiamati ad indicare in progress le misure ed i provvedimenti che via via si rendono più opportuni in ragione della valutazione evolutiva dell'emergenza.
In tale ottica, il margine di valutazione e determinazione dei datori di lavoro di questa Amministrazione, appare evidentemente limitato all'attuazione attenta e responsabile delle misure che le predette Autorità stanno adottando, assicurando che tutto il personale vi si attenga, regolamentando le attività svolte in una prospettiva di sano ed attivo coinvolgimento consapevole del personale medesimo, all'interno ed all'esterno degli Uffici, in una logica di accompagnamento alle indicazioni nazionali.
In ragione di quanto esposto e del pilastro normativo come norma di chiusura del sistema prevenzionistico di cui all'art. 2087 c.c. è consigliabile formalizzare l'azione del datore di lavoro con atti che diano conto dell'attenzione posta al problema in termini di misure, comunque adottate ed adottabili dal punto di vista tecnico, organizzativo e procedurale, nonché dei DPI ritenuti necessari, in attuazione delle indicazioni nazionali, regionali e locali delle istituzioni a ciò preposte. Per la tracciabilità delle azioni così messe in campo è opportuno che dette misure, pur non originando dalla classica valutazione del rischio tipica del datore di lavoro, vengano raccolte per costituire un'appendice del DVR a dimostrazione di aver agito al meglio, anche al di là dei precetti specifici del d.lgs. n. 81/2008.
Ovviamente, data la natura squisitamente medico-sanitaria, le misure attuate e da attuarsi devono essere calate nella struttura con il supporto del Medico competente oltre che con la consulenza del RSPP e con la consultazione del RLS.”
Nota n. 89 del 13 marzo 2020 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro - Adempimenti datoriali - Valutazione rischio emergenza coronavirus (formato PDF, 364 kB).
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Rispondi Autore: Cristiano - likes: 0 | 01/04/2020 (02:06:37) |
Con questa crociata per aggiornare i DVR solo per difendere Dubini, vi state allontanando da una parte enorme di quelli che finora vi hanno seguito con grandissimo affetto |
Rispondi Autore: Feralpi - likes: 0 | 01/04/2020 (08:24:15) |
Cristiano, mi scusi ma il documento giunge a ben altra conclusione rispetto all'aggiornamento del DVR. Tra le altre cose, tra la marea di documenti, documentini, allegati, integrazioni, note ecc. questo è di gran lunga il documento meglio scritto e la cui posizione è più che condivisibile e ragionevole. La valutazione del rischio trattandosi di una pandemia globale è rimessa alle autorità competenti che attuano misure precauzionali e di contenimento alla quale tutta la popolazione deve adeguarsi. Il DL in questa ottica deve impegnarsi perchè le misure di contenimento siano rispettate dai lavoratori e mette in campo una serie di azioni volte a favorirne l'applicazione. Formalizzare queste azioni in un documento da allegare al DVR è doveroso e ragionevole |
Rispondi Autore: Andrea Gobbi - likes: 0 | 01/04/2020 (08:32:55) |
Dato che l'INL indica chiaramente di “non ritenere giustificato l'aggiornamento del DVR in relazione al rischio associato all'infezione” (escluso il caso delle attività sanitarie o socio-sanitarie, che peraltro hanno già valutato tale rischio indipendentemente dall'attuale emergenza), e data la necessità di adottare un protocollo aziendale basato sui contenuti del successivo Protocollo Condiviso del 14/03/20, sinceramente non capisco il vostro accanimento nel voler interpretare diversamente quanto così chiaramente esplicitato dalle fonti che voi stessi citate, tra l'altro alimentando un "mercato" di "consulenti allo sbaraglio", che stanno inutilmente vessando le imprese, così già duramente provate, nel produrre carta inutile e non dovuta (e parlo da consulente). La strada corretta è solo ed esclusivamente quella di applicare concretamente le disposizioni previste nel Protocollo Condiviso del 14/03/20 e di dare evidenza di quanto previsto, allegando le evidenza al DVR (che non di deve toccare). |
Rispondi Autore: Alessandro Casetta - likes: 0 | 01/04/2020 (08:43:13) |
Interpretazione corretta (non aggiornare la VdR, bensì redigere una specifica procedura che "cali" il Protocollo 14/03/2020 nella specifica realtà aziendale), ma che nel finale, nuovamente, cade in inutili formalismi fini a sè stessi: se la procedura/istruzione/protocollo che ho redatto è datata, firmata e facilmente recuperabile all'occorrenza (ad esempio dotata di un numero di protocollo interno ed archiviata di conseguenza), qual è l'utilità di allegarla al DVR (dovendo quindi, modificare la data dello stesso, ridare data certa, ecc.)? Dove sta l'utilità pratica? Dove sta il valore aggiunto nel "fare prevenzione"? |
Rispondi Autore: Andrea Quaranta - likes: 0 | 01/04/2020 (08:51:43) |
Personalmente ritengo questa nota dell'INL scritta veramente male, con un linguaggio politichese, con una poca chiarezza delle cose. E' estramamente equivoco e poco chiaro sulla loro posizione. |
Rispondi Autore: Fabio Rosito - likes: 0 | 01/04/2020 (08:51:56) |
La nota è chiara e lucida nella sua trattazione. Evidenzia tutti gli elementi opportuni addivenendo alla conclusione che non sia necessario aggiornare il DVR. Questo, non l'ho colto con altrettanto chiarezza nell'articolo. Ho inteso male io? |
Rispondi Autore: Fabio Novi - likes: 0 | 01/04/2020 (09:01:24) |
A me onestamente sembra che sia stato completamente stravolto il contenuto della nota, affermando il contrario di quanto la nota stessa affermi. E non ne capisco la ragione. Ma ritengo sia un fatto grave, da parte di un sito di informazione tecnica come il vostro |
Rispondi Autore: Andrea - likes: 0 | 01/04/2020 (09:06:45) |
Quakcuno sopra ha scritto: "Formalizzare queste azioni in un documento da allegare al DVR è doveroso e ragionevole" Da adesso quindi andare contro la norma cogente è doveroso e ragionevole? |
Rispondi Autore: Cristian Capuani - likes: 0 | 01/04/2020 (09:09:00) |
Una nota "istituzionale" solitamente, anche qui, viene pubblicata dalla redazione senza commento. Come dice Rosito, infatti, la nota è chiara e assolutamente condivisibile. La introduzione che la precede confonde le idee estrapolando dalla nota stessa dei singoli passaggi. Ma c'è Dubini in redazione? Se fosse così, credo sarebbe corretto dichiararlo. |
Rispondi Autore: Roberto - likes: 0 | 01/04/2020 (09:36:01) |
La nota INL è chiara: no DVR L'articolo invece no: inserisce stravolgimenti al senso della nota ed è molto grave, perché confonde i lettori. Credo a questo punto che sia il caso di cancellare il mio abbonamento a punto Sicuro e lo stesso proporrò ad altri miei amici. |
Rispondi Autore: Francesco Morittu - likes: 0 | 01/04/2020 (10:04:38) |
Si continua a parlare di carta, quando in realtà l'attenzione dovrebbe focalizzarsi sull'attuazione dei protocolli emanati dal ministero della salute. La nota del INL come altri pareri autorevoli in materia escludono l'aggiornamento del DVR. Rigirare la frittata serve solo a creare confusione tra addetti ai lavori e sopratutto tra datori di lavoro, i quali finiscono nelle fauci degli squali di questo settore. Come redazione dovreste contrastare questi fenomeni non fomentarli. Un saluto |
Rispondi Autore: Marco Grossi - likes: 0 | 01/04/2020 (10:22:30) |
Mah.. mi permetto di dissentire con alcuni commenti di chi mi ha preceduto. A me il contributo sembra chiaro e condivisibile, a conferma di ciò che in molti ci aspettavamo di sentire, ovvero: “NO” all'aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi ad eccezione dei settori a rischio (sanitario, ecc.); “SI” al coinvolgimento del Servizio Prevenzione e Protezione nella produzione di protocolli anti contagio. E se questi protocolli devono essere declinati alla specifica realtà aziendale, chiaramente devono essere coerenti con il DVR aziendale costituendone un allegato, una “appendice”. |
Rispondi Autore: Pietro Caridi - likes: 0 | 01/04/2020 (10:30:59) |
L'articolo 42 del decreto Cura Italia dice un'altra cosa invece, cita testualmente che per tutto il periodo dell'emergenza "nei casi accertati di contagio in occasione di lavoro" l'inail deve consideralo come infortunio sul lavoro, a voi le dovute conclusioni. |
Rispondi Autore: Luca - likes: 0 | 01/04/2020 (10:50:36) |
Buongiorno, mi inserisco solo per allacciarmi all'intervento del Sig. Pietro ed anche se forse con un argomento non propriamente in tema con l'articolo. Quanto affermato dal Sig. Pietro in merito al riconoscimento della patologia da lavoro è assolutamente vero ma ci tengo a sottolineare che non essendo una malattia tabellata l'onere della prova rimane in capo al lavoratore. Questo probabilmente significa che a parte per i lavoratori del settore ospedaliero-RSA-laboratori, ecc., tutti gli altri colpiti dal virus dovranno dimostrare di averlo contratto sul lavoro invece che durante La vita privata. In pratica c'è il rischio che i casi riconosciuti siano davvero pochi (dipenderà dell'approccio dell'INAIL). Se poi pensiamo che in molte case di cura i DVR, specialmente per le Operatrici OSS e ASA valutano il rischio biologico "basso" si rischia di fare dei gran danni. |
Autore: Francesco Addriso | 02/04/2020 (04:47:37) |
Buongiorno, al Sig. Luca: infortunio = infortunio; il nesso eziologico lo stabilisce il referto di primo soccorso. Tutto l'Inter per dimostrare di aver contratto il virus in ambiente di lavoro, lo stabilirà il Giudice. Riconosciuto l'infortunio, l'INAIL risarcirà il soggetto infortunato e di conseguenza applicherà le maggiorazioni sul premio assicurativo all'Azienda. Per la malattia professionale si può parlare di tabella. Ma questo non centra nulla con un infortunio. O no? |
Autore: luca | 15/04/2020 (10:10:11) |
Scusatemi se torno nuovamente un poco fuori tema... Come ho già detto ho fatto un poco di confusione e me ne scuso. Ho parlato erroneamente di malattia tabellata, intendevo dire solo che a parte alcune categorie di lavoratori (ospedalieri, prot. civile, ecc.) per molti altri non sarà affatto facile dimostrare di essere stati contagiati sul luogo di lavoro. Forse se la caveranno quelli che avranno la possibilità di dimostrare che un proprio collega li ha infettati ma dovranno fare i conti anche con la privacy per la quale ad oggi nessuno sa nulla dello stato di salute degli altri. Insomma, la vedo grigia su questo aspetto non affatto secondario in quanto il virus, degenerando in polmonite, rischia di lasciare gravi danni permanenti ai polmoni. Lavorare a contatto con la gente, senza o con pochi DPI spessissimo usati, spostati, rimessi, ripuliti, riutilizzati, è oggi la prassi e di conseguenza il rischio si eleva. Ritrovarsi infettati a causa del lavoro e magari in forma grave e con danni permanenti che possono anche portare al licenziamento per impossibilità di effettuare la propria prestazione senza poter fare nulla o quasi per dimostrare il nesso penso che sia un qualcosa di socialmente devastante. |
Rispondi Autore: Redazione PS - likes: 0 | 01/04/2020 (10:51:46) |
Gentili lettori, vi ringraziamo per l'attenzione e per l'affetto che da sempre dimostrate al nostro giornale. Ci dispiace molto leggere i commenti che ci accusano di pubblicare articoli a difesa di questa o quella parte, e di stravolgere il contenuto di documenti ufficiali, che non siamo noi a scrivere. Dall'inizio di questa emergenza, che ci mette tutti di fronte a realtà e problematiche nuove, abbiamo pensato che il nostro compito non sia quello di prendere posizione sui vari temi controversi, tra cui quello relativo alla valutazione dei rischi, ma di fornire ai lettori il maggior numero di indicazioni, opinioni, prese di posizione da parte di enti istituzionali, ATS, Regioni, tecnici, collaboratori ed esperti. Riguardo alla nota abbiamo scelto, come spesso facciamo, di pubblicarla per intero proprio per consentire a ciascuno di voi di leggerla completamente per comprenderne a pieno il significato. Ci dispiace anche che molti commenti, invece di attenersi ad un intervento ragionato sui temi dell’articolo, si concentrino, in modo spesso poco educato o aggressivo, sulle singole persone e sulle posizioni espresse da qualche professionista su questo giornale.Vi ricordiamo che chi scrive su Puntosicuro lo fa con l'obiettivo primario di informare e condividere pensiero e conoscenza. Ed è naturale avere opinioni diverse: qui possono essere espresse in modo libero ed educato, nel rispetto degli altri. Senza offese e provocazioni, senza creare nemici immaginari. L’eventuale confusione data da prese di posizioni differenti, anche da parte di enti locali e aziende sanitarie, sono un fatto che noi rileviamo e che cerchiamo di mostrare proprio per spingere in un futuro, che speriamo sarà prossimo, ad una sintesi e ad indicazioni univoche e chiare. Auguriamoci che tutto quanto possa chiarirsi il prima possibile. Grazie per l'attenzione |
Rispondi Autore: Giovanni Vincenzo - likes: 0 | 01/04/2020 (10:59:05) |
Come spesso accade si fa confusione tra i concetti, sia nella nota che nell'articolo. Acquisito che non deve essere ovviamente aggiornata la valutazione dei rischi, è sufficiente rilevare che le procedure sono già state fornite a più riprese sia dai DPCM che dal protocollo Governo Sindacati. Una eventuale procedura interna ad una organizzazione sarebbe solo un copia / incolla di tali documenti in uno specifico con logo aziendale, Quello che manca sempre è il dover dare evidenza del "fare", del controllo operativo e del monitoraggio delle azioni. Di questo è necessario dare evidenza operativa. Non ha alcun senso, quindi, che ci sia qualcosa di allegato al DVR. |
Rispondi Autore: Piero - likes: 0 | 01/04/2020 (11:03:55) |
Un testo scritto malissimo che si contraddice in continuazione. Bastava scrivere una nota in cui si indicava l'obbligo per i datori di lavoro delle aziende operanti "non sanitarie", ove il covid 19 non è individuabile come rischio professionale, di applicare e vigilare sull'applicazione delle procedure anti contagio indicate dai vari DPCM, ISS, OMS, ecc. individuando l'obbligo di redigere procedure scritte, senza indicare agli addetti del settore un nuovo obbligo/non obbligo che domani potrebbe essere interpretato in chissà quale modo dall'ennesimo giudice che sentenzierà responsabilità per obblighi non descritti dal D.Lgs. 81/08. Coinvolgere il Servizio di Prevenzione e Protezione per non valutare il Rischio e e non Modificare il DVR? Bah !!!! Una procedura appendice del DVR? Bah. Una appendice come un allegato ne è parte integrante! Le procedure le deve redigere il datore di lavoro, servendosi nell'eventualità di un tecnico specializzato (non per forza facente parte del SPP) nel rispetto dei DPCM, OMS, ISS, ecc. Le leggi, gli interpelli ed i chiarimenti andrebbero scritti in poche righe leggibili. Ecco |
Rispondi Autore: Andrea RSPP - likes: 0 | 01/04/2020 (11:20:37) |
I commenti di alcuni confermano il detto "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". A mio avviso la nota è chiarissima, finalmente un documento che stabilisce come dobbiamo agire. Ed è molto semplice quanto indicato: - si prende il protocollo stabilito dal Governo - lo si adegua alla realtà aziendale (es. quanti DPI servono, a chi darli, con che frequenza cambiarli; come applicare le distanze fra le persone, i turni di accesso in azienda, le distanze fra le varie persone etcc) - si prende questo elenco adattato all'azienda (procedura) e si allega al DVR Discorso chiuso |
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 1 | 01/04/2020 (12:37:10) |
La nota INAIL dice sostanzialmente questo: Lo scenario connesso all’infezione coronavirus vede coinvolti i datori di lavori di questa Amministrazione esclusivamente sotto l’aspetto delle esigenze di tutela della salute pubblica e pertanto, sembra potersi condividere la posizione assunta dalla Regione Veneto nel senso di “non ritenere giustificato l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all’infezione” (diverso è il caso degli ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario o qualora il rischio biologico sia un rischio di natura professionale, già presente nel contesto espositivo dell’azienda). Tuttavia, ispirandosi ai principi contenuti nel d.lgs. n. 81/2008 e di massima precauzione, discendenti anche dal precetto contenuto nell’art. 2087 c.c. si ritiene utile, per esigenze di natura organizzativa/gestionale, redigere – in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione e con il Medico Competente – un piano di intervento o una procedura per un approccio graduale nell’individuazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione, basati sul contesto aziendale, sul profilo del lavoratore – o soggetto a questi equiparato – assicurando al personale anche adeguati DPI La valutazione del rischio e le relative misure di contenimento, di prevenzione e comportamentali, infatti, sono, per forza di cose, rimesse al Governo, alle Regioni, ai Prefetti, ai Sindaci ed ai Gruppi di esperti chiamati ad indicare in progress le misure ed i provvedimenti che via via si rendono più opportuni in ragione della valutazione evolutiva dell’emergenza. Ogni altra interpretazione è superflua. In sintesi: NO MODIFICHE DEL DVR, SI PROCEDURA. Che poi la procedura sia un appendice documentale, SEPARATA, alla cartellina aziendale sulla sicurezza sul lavoro, mi pare lapalissiano. MA DISTINTA. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 01/04/2020 (12:46:22) |
La nota è stata inviata ai Dirigenti dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, agli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro, al Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, all'INPS, all’INAIL. Non è indirizzata ai datori di lavoro. Non ha alcun valore giuridica dico per ATS e ASL. Ed è contraria a quanto prevede il D.lgs. 81/2008. Datore di lavoro, obbligo di redigere ed aggiornare all'occorrenza, e comunque periodicamente, il documento di valutazione rischi Corte di Cassazione -III sez. pen. - sentenza n. 30173 del 5-07-2018 In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (per tutti, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, omissis, Rv. 261109) precisandosi altresì, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite, che il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016 – dep. 16/05/2016, omissis, Rv. 267253). |
Rispondi Autore: Damiano Guerra - likes: 0 | 01/04/2020 (14:27:04) |
Ritengo la nota chiarissima e la condivido appieno. L'avvocato riporta una sentenza emessa da un giudice della Corte di Cassazione. Sottolinea UNA e UN: in Italia le sentenze non costituiscono un precedente. I datori di lavoro lo sanno che, in caso di giudizio, potrebbero incorrere in un giudice che non conosce il mondo del lavoro, il vivere quotidiano delle aziende. Lo sanno che, in caso di giudizio, un giudice può sempre interpretare le leggi a suo piacimento, anche ribaltandone il senso. Per fortuna UNA sentenza non costituisce un precedente. E' giusto che l'avvocato ci ricordi che ALCUNI giudici la pensano così. Buona fortuna a tutti i datori di lavoro |
Rispondi Autore: ambrogio - likes: 0 | 01/04/2020 (14:53:54) |
certo che Dubini non si arrende neppure di fronte all'evidenza. Dicendo che la nota è stata inviata ai Dirigenti dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, agli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro, al Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, all'INPS, all’INAIL sottintende forse che non hanno un datore di lavoro? Inoltre, cortesemente, potrebbe farci l'elenco delle ASL che chiedono l'aggiornamento del DVR? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 01/04/2020 (15:33:46) |
Obbligo di valutare il rischio biologico virale per tutti i lavoratori comunque esposti al contagio durante il lavoro. Giova ricapitolare la disciplina del rischio biologico. La valutazione del rischio biologico di cui all'articolo 271 del D.Lgs. n. 81/2008 è obbligatoria in cinque casi: 1) esposizione intenzionale in caso di uso deliberato dell'agente virale (es. laboratorio biologico); 2) esposizione intenzionale in mancanza di uso deliberato dell'agente virale (es. reparti ospedalieri); 3) esposizione non intenzionale aggravata (c.f. rischio generico aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa) durante il lavoro in luoghi dove è impossibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. supermercati, sanificazione, trasporto pubblico, reparti produttivi, open space, front office, sportellisti, farmacie); 4) esposizione non intenzionale non aggravata (c.d. rischio generico non aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività) perché è possibile e spettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. uffici non aperti al pubblico di dimensioni idonee); 5) rischio occasionale. In tutti questi casi è indiscutibile l'obbligo di valutare il rischio per le lavoratrici e i lavoratori esposti, o di aggiornare il DVR alle nuove forme di rischio virale che di anno in anno si possono manifestare durante il lavoro. Una cosa è certa, sul rischio COVID valutare o aggiornare il DVR non ha alcuna conseguenza negativa, ne per il datore ne per i lavoratori e gli RLS, anzi dimostra una preziosa attenzione alla salute della comunità lavorativa e non. Non farlo è l'esatto contrario Difatti le ASL di Rieti e Frosinone, nonché la Regione Emilia Romagna con i due decreti ordinanza di marzo 2020 per Rimini e Piacenza prevedono l'obbligo di redigere il DVR sul rischio Covid-19, per dirla alla buona. Documenti pubblicati recentemente qui su Punto Sicuro. |
Rispondi Autore: RAFFAELE Giovanni - likes: 0 | 01/04/2020 (15:38:08) |
Alla redazione pur gradendo le proprie esortazioni alla calma, non sempre però si riscontrano posizioni equidistanti dai vari soggetti partecipanti. La nota INL del mio ex ufficio giunge seppur arzigolando (poteva usare meno politichese) alla conclusione che il DVR NON VA AGGIORNATO . PUNTO. Poi in quanto a qualcuno che il documento sarebbe valido solo per gli uffici in indirizzo (INL-INPS-INAIL) mi viene spontaneo dire ….. “allora che stiamo discutendo a fare” ?? Perché è stato proposto ? Quel qualcuno, o pochissimi alcuni, dovrebbe/dovrebbero mettersi l’animo in pace non solo per la schiacciante minorità di pensiero finora riscontrata, ma soprattutto di non mischiare situazioni scontate (tipo per un rischio endogeno e relativo obbligo di legge) con quelle dettate dalle sentenze per situazioni diverse e che andrebbero lette per intero (sentenze) e non essere buttate lì solo in parte a sostegno della propria tesi. Buon pomeriggio e buon DVR a tutti |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 01/04/2020 (16:20:14) |
Certo che non capire che la valutazione del rischio biologico è obbligatoria non solo in caso di esposizione intenzionale, ma anche in caso di esposizione non deliberata, qualora emerga un rischio aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa, e perfino in caso di esposizione occasionale ma prevedibile dimostra una incomprensione totale del dettato normativo del Dlgs n. 81/2008, che alla lettera a) dell'articolo 28 fa un preciso riferimento all'obbligo di valutare TUTTI i rischi presenti DURANTE l'attività lavorativa. Perciò in presenza di rischio durante l'attività lavorativa o il datore di lavoro valuta questo rischio, e l'attività prosegue, o può decidere di non valutare nulla, ma deve immediatamente sospendere l'attività lavorativa. Per non dire del ricorso massiccio allo smart working, che come dice giustamente il documento di Assolombarda del 2015, implica un obbligo inderogabile di valutare il rischio di questa modalità particolare di lavoro, con aggiornamento del DVR. |
Rispondi Autore: Anonimo tecnico - likes: 0 | 01/04/2020 (16:49:47) |
Egregio avvocato, ci dica, lei quanto chiede per fare un aggiornamento al dvr. A proposito, ma lei sa fare una valutazione del rischio biologico? Inoltre confessi. Come mai tutto questo accanimento in questo periodo sul dover aggiornare il dvr, quando, come tutti gli anni, non ci ha mai rappresentato tale obbligo davanti ad una semplice influenza che, da come parla, costituirebbe fonte di aggiornamento. Ci dica: lei lo fa l'aggiornamento per l'influenza? Io credo proprio di no! Non aggiungo altro. Ai posteri l'ardua sentenza. |
Rispondi Autore: Claudio Forghieri - likes: 0 | 01/04/2020 (17:26:58) |
in tutto questo bailamme vedo che nessuno ha toccato un argomento, come dire, a margine. Se la mia azienda (mia in senso lato) rientra tra quelle il cui codice ATECO prevede la chiusura, seguendo la logica dell'avv. Dubini, cosa faccio, la valutazione di un rischio ad azienda chiusa? seguendo poi il senso della circolare del INL il DdL che è costretto a chiudere cosa fa? mette un post-it al DVR con "chiuso per disposizioni del governo dal ... al ...?" Non pare si stia rasentando il ridicolo? (o forse ci siamo già nel ridicolo?) |
Rispondi Autore: Roberto - likes: 0 | 01/04/2020 (21:03:33) |
Dubini, lei scrive della sentenza quanto segue "il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008" Cosa non le è chiaro? Si parla di specificità, di fattori interni e concretamente presenti, a singole lavorazioni, all'ambiente di lavoro... insomma tutto quanto riguarda qualcosa di ENDOGENO al processo lavorativo, certamente non derivante da fattori ESOGENI come quelli di una pandemia mondiale. Mi perdoni ma è italiano, cosa esattamente non riesce a comprendere di quello che lei stesso copia incolla? |
Rispondi Autore: Fabio - likes: 0 | 01/04/2020 (22:14:24) |
E’ chiaro che non si può andare contro l’evidenza. Il documento è palese. Chi è veramente convinto che è necessario, in ogni caso, aggiornare il DVR, elenchi esattamente tutte le ATS che lo richiedono. E dica a chiare lettere che Regione Veneto e ATS Bergamo stanno sbagliando. |
Rispondi Autore: luca - likes: 0 | 02/04/2020 (10:31:08) |
Buongiorno Sig. Francesco, concordo pienamente col suo discorso, in questo caso si tratterebbe di infortunio e quindi nulla centra con le malattie tabellate. Mia colpa, ho fatto un ragionamento senza pensarci troppo, mi spiace. |
Rispondi Autore: Pietro - likes: 0 | 02/04/2020 (10:42:26) |
Scusate, ma io la vedo molto chiara su quanto scritto nella nota. 1) è un documento interno per le sedi INL; 2) il DVR in sé, se presente, non è da aggiornare in toto ma bensì solo la parte relativa al rischio biologico, o, come ancora meglio specificato nella nota, da INTEGRARE con quanto fornito dagli organi competenti. Significa che se un Datore di Lavoro ha già fatto la sua valutazione del rischio biologico deve solo integrare con un'appendice quanto fatto |
Rispondi Autore: Andrea - likes: 0 | 02/04/2020 (10:59:29) |
rimango perplesso nel vedere che si giustifichi l'obbligo di aggiornamento del dvr segnalando che siamo in presenza di "un rischio aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa"... si dovrebbe fare più attenzione a quanto esplicitamente riportato nella norma... dovremmo impegnarci principalmente a portare norme e protocolli di gestione della pandemia nell'operatività di tutte le aziende. Comunque ritengo non sia sterile ribadire che il dvr NON va aggiornato in modo specifico quando il rischio non è professionale altrimenti, come spesso in Italia, SPISAL, ASL o GIUDICI potrebbero trovarsi disorientati.... |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 04/04/2020 (10:20:49) |
Tutti i lavoratori di tutti i settori tutelati dall'Inail dal contagio Covid-19 sul luogo di lavoro. Circolare Inail n. 13 del. 3 aprile 2020 Covid-19, per i contagi sul lavoro garantite le stesse prestazioni degli infortuni ROMA - Le infezioni da nuovo Coronavirus avvenute nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa sono tutelate a tutti gli effetti come infortuni sul lavoro. A precisarlo è la circolare n. 13 del 3 aprile, 2020, con cui l’Istituto fornisce indicazioni in merito alle tutele garantite ai propri assicurati. “Tutti i casi accertati di infezione sul lavoro – spiega il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – faranno scattare la piena tutela dell’Istituto, come per gli altri infortuni o malattie, già a partire dal periodo di quarantena. Ci siamo già attivati, inoltre, per codificare il Covid-19 come nuova malattia-infortunio, per una corretta rilevazione dei casi a fini statistico-epidemiologici”. “Questa emergenza – aggiunge Bettoni – ha riportato in primo piano anche la necessità di garantire le stesse tutele ai milioni di lavoratori che non sono assicurati con l’Inail e non possono quindi accedere a rendite e indennizzi in caso di contagio. La recente estensione ai rider è solo il primo passo di un ampliamento della platea dei nostri assicurati, che dovrà includere le professioni che si collocano a metà strada tra subordinazione e autonomia, che oggi sono molto più vulnerabili di fronte alla minaccia del virus”. L’ambito della tutela Inail riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico, considerata l’alta probabilità che questi lavoratori vengano a contatto con il virus. Lo stesso principio si applica anche ad altre categorie che operano in costante contatto con l’utenza, come i lavoratori impiegati in front-office e alla cassa, gli addetti alle vendite/banconisti, il personale non sanitario degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, e gli operatori del trasporto infermi. La tutela assicurativa si estende anche ai casi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti più difficoltosa. In tali casi la circolare spiega che si dovrà fare ricorso agli elementi epidemiologici, clinici, anamnestici e circostanziali, al fine di garantire la piena tutela. Il termine iniziale della tutela decorre dal primo giorno di astensione dal lavoro, attestato dalla certificazione medica per avvenuto contagio, ovvero dal primo giorno di astensione dal lavoro coincidente con l’inizio della quarantena, sempre per contagio da nuovo Coronavirus. Il medico certificatore deve predisporre e trasmettere telematicamente all’Inail il certificato medico d’infortunio. Permane inoltre l’obbligo di denuncia/comunicazione di infortunio per il datore di lavoro, quando viene a conoscenza del contagio occorso al lavoratore. In caso di decesso, ai familiari spetta anche la prestazione economica una tantum del Fondo delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, prevista anche per i lavoratori non assicurati con l’Inail. Sono tutelati dall’Istituto, inoltre, anche i casi di contagio da nuovo Coronavirus avvenuti nel percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro, che si configurano come infortuni in itinere. Poiché il rischio di contagio è molto più probabile a bordo di mezzi pubblici affollati, per tutti i lavoratori addetti allo svolgimento di prestazioni da rendere in presenza è considerato necessitato l’uso del mezzo privato, in deroga alla normativa vigente e fino al termine dell’emergenza epidemiologica. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 04/04/2020 (17:18:30) |
l fatto che l'INAIL, ente notoriamente con le casse piene rispetto all'INPS, abbia deciso di coprire economicamente il costo delle assenze per contagio da COVID-19 anche categorie di lavoratori come quelli indicati, non vuol automaticamente dire che i loro datori di lavoro abbiamo l'obbligo di "aggiornare il DVR". I loro datori di lavoro, hanno sempre l'obbligo di applicare il protocollo contestualizzandolo alle specificità dell'azienda le cui misure forniscono le vere misure di tutela della loro salute e non perdere tempo con gli aspetti formali. Inoltre, come scritto nella Circolare: "Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus. Lo stesso principio si applica anche ad altre categorie che operano in costante contatto con l’utenza, come i lavoratori impiegati in front-office e alla cassa, gli addetti alle vendite/banconisti, il personale non sanitario degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, e gli operatori del trasporto infermi. In base alle istruzioni per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, la tutela assicurativa si estende, infatti, anche alle ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne discende che, ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale". Mi pare che quanto scrive l'INAIL sia chiaro. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 05/04/2020 (11:13:11) |
ABC della Sicurezza sul lavoro Rischio generico: è rappresentato da un situazione di pericolo che grava in eguale misura sul lavoratore intento alla propria opera come su ogni altro individuo (ad esempio rischio che ci sia un terremoto). Rischio generico aggravato: è quello che incombe su ogni cittadino ma grava in misura maggiore, per frequenza o entità, su coloro che disimpegnano determinate attività lavorative (ad esempio, la cassiera del supermercato durante la pandemia Covid-19). Rischio specifico: è quello strettamente inerente alle condizioni fisiche di determinate attività lavorative e incombe in modo esclusivo o nettamente preponderante su coloro che esplicano mansioni peculiari. |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (17:48:57) |
Continua con il copia - incolla di definizioni ampiamente conosciute da chi ha un minimo di competenza. La questione che continui a non capire è che in una pandemia, la valutazione anche per la cassiera, la farmacista, la portinaia, il muratore, l'autista di bus, il saldatore, ecc., l'ha già fatta l'Autorità Sanitaria e ci ha imposto quali misure adottare. Il datore di lavoro di questi lavoratori deve adattare il Protocollo contestualizzandolo alle proprie specificità. Il concetto è semplice, semplice……... Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 05/04/2020 (20:33:12) |
È obbligatorio vellutate i rischi generici aggravato di natura sanitaria (Commissione Interpelli) Con Interpello n.11/2016 il Ministero del Lavoro fornisce una precisazione in merito all’art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 che prevede, per il datore di lavoro, l’obbligo di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari ed adottare, conseguentemente, le misure di prevenzione e protezione che reputi idonee allo scopo. In particolare, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 05/04/2020 (20:44:28) |
Dubini, questo l'hai già scritto una settimana fa e ti è stato spiegato che quell'interpello riguarda il caso particolare di coloro che vengono inviati per lavoro in aree geografiche a rischio. Stavolta ti re-incollo quanto già scritto. Allora, l'Interpello n° 11/2016 era stato proposto dalla UIL Trasporti: "La UILTRASPORTI ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione relativamente alla sussistenza dell’obbligo, in capo al datore di lavoro, di considerare, nell’ambito della valutazione dei rischi, anche i rischi legati alla situazione ambientale (soprattutto nei paesi esteri) per il personale navigante delle compagnie aeree. In particolare, l’istante chiede di sapere: “… se nell’obbligo giuridico in capo al datore di lavoro della valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR), così come disciplinato dagli artt. 15, 17 e 28 del D.Lgs. n. 81/2008 sia ricompresa anche la valutazione della situazione ambientale e di sicurezza intesa anche come security, in particolare in paesi esteri ma non solo, legata a titolo esemplificativo ma non esaustivo ad eventi di natura geo politica, atti criminali di terzi, belligeranza e più in generale di tutti quei fattori potenzialmente pericolosi per l’integrità psicofisica dagli equipaggi nei luoghi (tipicamente aeroporti, alberghi, percorso da e per gli stessi e loro immediate vicinanze) dove il personale navigante si trovi ad operare/alloggiare quando comandati in servizio”. La risposta era stata la seguente: "Sulla base di quanto espresso in premessa, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta." Come si vede, appare evidente che l'aggravamento del rischio è dovuto ad una situazione specifica in un determinato contesto geografico in cui un lavoratore è inviato per svolgere l'attività. Per questo motivo il DVR lo devo aggiornare prevedendo le misure per tutelare l'integrità psicofisica di un equipaggio inviato in un Paese a rischio guerra, attentato, epidemia, ecc. (ma questo l'avevo già spiegato nei precedenti post). Una pandemia, invece, permea tutti gli ambienti di lavoro e di vita e, per questo, il rischio è considerato "rischio generico". In merito a ciò che afferma colui a cui si ispira Dubini, va ricordato che il "rischio Corona Virus" non si manifesta SOLO durante il lavoro ma è presente anche negli ambienti di vita proprio perché si è davanti ad una pandemia. Questa è la differenza sostanziale tra l'inviare i lavoratori in un particolare contesto ambientale dove c'è il virus e c'è SOLO lì e avere una pandemia diffusa a livello mondiale dove il rischio di contagio è diffuso ovunque e cioè sia negli ambienti di lavoro che in quelli di vita. Non è difficile da capire. Pertanto, negli ambienti di lavoro delle aziende (aziende che NON fanno uso deliberato di agenti biologici e in allegato XLIV), senza toccare il DVR che riguarda i rischi professionali, si deve tassativamente contestualizzare il Protocollo alle specificità dell'azienda per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Ricordo, infine, che l'Interpello era stato fatto a seguito di ciò che era successo ai dipendenti della Bonatti rapiti in Libia tra il luglio 2015 e il marzo 2016. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: Massimo Zucchiatti - likes: 0 | 06/04/2020 (09:44:36) |
DVR si,,,DVR no...forse.. Qualcuno mi vuole spiegare perchè si deve fare la VdR FULMINAZIONE, VdR SISMICA quando fulmini e sisma non sono rischi "professionali" (come in tanti casi il covid-19 per tante aziende "non sanitarie") ?? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (10:00:49) |
Come scrive con acuta intelligenza giuridica su Giustizia Civile il professor Francesco Bacchini, "occorre sottolineare, per un verso, che il Protocollo d'intesa non ha rango di fonte di legge, nemmeno secondaria, rappresentando tutt'al più una regolamentazione cosiddetta di soft law e, per altro verso, che tali obblighi nemmeno discendono dalla suddetta già intervenuta decretazione (sulla quale molte parole potrebbero spendersi, ma non è questa la sede, in termini di rilevante distinzione tra raccomandazione e/o promozione e prescrizione, tra obbligo e relativa sanzione e persuasione e assenza di sanzione, tra norma e provvedimento). Pertanto, la natura di obbligo giuridico dei citati adempimenti in capo al datore di lavoro appare derivare dall'art. 2087 c.c., nonché dall'obbligo di valutare, a norma dell'art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008 (innanzi, TUSL), tutti i rischi che espongono i dipendenti a pericoli per la loro salute e sicurezza, eliminandoli o, comunque, riducendone per quanto possibile l'esposizione, incluso il rischio biologico da Covid-19 all'interno dei luoghi di lavoro (ex art. 266 TUSL) giacché, da un lato, il Covid-19 è definito “rischio biologico generico” nell'incipit del Protocollo d'intesa e, dall'altro, nell'allegato XLVI del TUSL è presente, fra gli altri, anche il Coronaviridae, ossia l'aggregazione (o famiglia) di virus i cui componenti sono noti come “coronavirus”. Infatti, sebbene il tenore letterale dell'art. 267 TUSL possa indurre a non ritenerlo applicabile alla fattispecie in discussione, la quale non riguarda aspetti ambientali connessi all'uso delle specifiche sostanze nelle lavorazioni proprie del processo produttivo, tuttavia, in virtù di un'interpretazione estensiva della norma in esame, non pare possibile escluderne l'applicabilità anche in relazione alla diffusione del coronavirus, soprattutto nel caso in cui sussista la probabilità di contagio all'interno dell'azienda". |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 06/04/2020 (17:41:09) |
Dice Bacchini: "Infatti, sebbene il tenore letterale dell'art. 267 TUSL possa indurre a non ritenerlo applicabile alla fattispecie in discussione, la quale non riguarda aspetti ambientali connessi all'uso delle specifiche sostanze nelle lavorazioni proprie del processo produttivo, tuttavia, in virtù di un'INTERPRETAZIONE ESTENSIVA della norma in esame, non pare possibile escluderne l'applicabilità anche in relazione alla diffusione del coronavirus, soprattutto nel caso in cui sussista la probabilità di contagio all'interno dell'azienda". Ci sono altre interpretazioni che dicono il contrario: Pascucci, Lepore, Fantini, Pelusi, Regione Veneto, Marche, Umbria, ecc., ecc. Quindi, la prendiamo per quella che è: una interpretazione estensiva …….. peraltro anche facilmente smontabile se il discriminante è inteso essere rappresentato dall'allegato XLVI dove vi è l'elenco degli agenti biologici suddivisi tra batteri e virus …….. visto che la famiglia dei Coronaviridae si presenta alla porta ogni autunno con un suo rappresentante. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (18:21:58) |
Mi preme sottolineare con forza che nell’individuazione e prevenzione dei potenziali pericoli per la salute (“rischi generici aggravati” come definiti nell’Interpello n. 11/2016 ai sensi art.12, D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i.) si devono considerare molteplici fattori quali: località geografica, contesti macroclimatici complessi e relativa stagionalità, qualità delle infrastrutture, agenti fisici, agenti chimici, agenti biologici e agenti psicosociali. Per impostare le linee di azione e stabilire gli strumenti preventivi, il Datore di Lavoro, l’RSPP ed il Medico Competente devono effettuare un’attenta valutazione del rischio e conseguenti azioni di prevenzione e protezione come normato dal D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i. attraverso il Titolo X, rischio biologico, art. 278 Informazione sulle malattie che possono essere contratte e art. 279 Prevenzione e controllo. Questo vale non solo per l'attuale pandemia da polmonite interstiziale Covid-19, ma anche per le influenze stagionali. D'ora in poi le larghissime omissioni della valutazione del rischio biologico non saranno mai più tollerabili. Mi sono capitate in cantiere aziende che sostengono la tesi balzana della necessità di non aggiornare il DVR al rischio Covid-19. Il Committente ha chiesto loro una dichiarazione scritta firmata da datore di lavoro ed RSPP nella quale dichiarino sotto la loro responsabilità che non aggiornano il DVR al rischio Covid-19 ... |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 06/04/2020 (19:38:30) |
Dubini, non siamo in Uganda dove c'è una epidemia di dengue che c'è lì e solo lì. Quindi, se io per lavoro vengo mandato in Uganda, il mio datore di lavoro deve attuare tutto ciò che deve essere fatto per tutelarmi: valutare il rischio dell'epidemia, profilassi da seguire, informazione, misure organizzative, ecc.. A questo si riferisce l'Interpello che continui a copia-incollare senza comprenderne il contesto a cui si riferisce ed i contenuti. Se invece sono in Italia, e non lavoro in un ambiente sanitario o in una azienda di cui all'allegato XLIV, il rischio di contrarre il virus è lo stesso sia dentro che fuori casa che al lavoro. Questo ci hanno detto le Autorità Pubbliche. E' un concetto semplice da comprendere. Poi, il legislatore Dubini ha stabilito che d'ora in poi, anche le influenze non saranno tollerate e diverranno parte integrante del DVR. Ne prendiamo atto …. ma mi domando: - il morbillo? - la varicella? - la rosolia? - la gastroenterite? E ……. Tutte con un R ben più alto di 3,8 (Covid 19) come il morbillo che è 18. In merito alle aziende, quelle con cui ho a che fare io invece sono state apprezzate dal committente per la procedura che hanno scritto e messo in atto per l'applicazione contestualizzata del Protocollo. Ti ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 06/04/2020 (21:44:13) |
È interessante osservare che gli enti di certificazione dei sistemi di gestione della sicurezza (ISO 45001) non hanno alcun dubbio sull'obbligo inderogabile di aggiornare la valutazione dei rischi al rischio biologico Covid-19. Ovviamente gli escamotages per evitare gli obblighi di legge non hanno mai molte prospettive. "VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO Monitoraggio biologico per la tutela della salute dei lavoratori SCENARIO A seguito del propagarsi dell'epidemia di COVID-19, tutti i datori di lavoro e gli RSPP hanno dovuto aggiornare o effettuare una valutazione del rischio biologico o aggiornare le misure di prevenzione e protezione specifiche. In un ambiente di lavoro possono essere presenti differenti agenti biologici responsabili di infezioni o allergie. Le manifestazioni cliniche possono presentarsi con diversa intensità in relazione a diversi fattori, anche sinergici, tra i quali le condizioni ambientali e la suscettibilità individuale. Attualmente gli scenari espositivi sono divisi in due categorie: uso deliberato di agenti biologici ed esposizione potenziale. Il datore di lavoro deve tutelare la salute dei lavoratori valutando tutti i rischi, compreso quello biologico. Per far fronte a tale dovere, il D.lgs. 81/08 (All. XLVI) fornisce gli strumenti per l’identificazione, valutazione, gestione e controllo del rischio. Bureau Veritas Nexta" |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 07/04/2020 (13:00:05) |
Scusa ma Bureau Veritas è il nostro nuovo legislatore? Mi sono perso qualcosa? Ti ripropongo, questa volta da Lead Auditor OHSAS18001 e UNI ISO 45001, le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 07/04/2020 (13:01:19) |
Il Documento di valutazione dei rischi riguarda tutte le tipologie di rischio, nessuna escluda. Cassazione Penale, Sez. III, 30 settembre 2015 n. 39363 ricorda che “il documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è applicabile a tutte le tipologie di rischio e a tutti i settori pubblici o privati (cfr. Sez. 3, Sentenza n.33567 del 04/07/2012 Ud. dep. 31/08/2012 Rv. 253171) |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 07/04/2020 (13:14:15) |
Ricomincia con il loop. Per l'ennesima volta prova a capire con il tuo mentore che quel "durante" è sempre da inquadrare nell'alveo dei "RISCHI PROFESSIONALI" come previsto dalla direttiva 89/391/CEE come già spiegato giorni fa nei commenti ai tuoi copia-incolla. Fai uno piccolo sforzo e rispondi alle domande che ti propongo da un mese e che sono formulate in lingua italiana corretta invece di proporre delle pronunce della cassazione che non hanno nulla a che vedere con il caso specifico. "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 08/04/2020 (10:00:35) |
Omessa valutazione del rischio, mancata individuazione della zona sicura e responsabilità penale del datore di lavoro. Cassazione Penale, Sez. IV, 2 ottobre 2015 n. 39765 ha confermato la condanna per omicidio colposo dell’amministratore delegato di un S.r.l. e del responsabile di un deposito della stessa poiché “non aveva valutato, tra gli altri, il rischio particolare cui era esposto il lavoratore, ...nel documento di valutazione rischi della s.r.l. mancava ogni riferimento a tale specifico rischio, con conseguente omessa individuazione delle misure preordinate a fronteggiarlo (individuazione di una zona che consentisse di operare in sicurezza ed indicazione delle modalità operative).” |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 08/04/2020 (18:37:26) |
Continuiamo con il copia-incolla. Cassazione Penale, Sez. 4, 02 ottobre 2015, n. 39765 - Lavoratore rimane schiacciato tra la motrice ed il rimorchio. Omessa valutazione del rischio e mancata formazione. "In particolare, gli imputati non avevano valutato, tra gli altri, il rischio particolare cui era esposto il lavoratore P.T., il quale, addetto a mansioni di autotrasportatore, provvedeva al periodico prelievo di rottami in vetro presso lo stabilimento della It...; in detta occasione, il giorno 5\4\2006, si era venuto a trovarsi nella necessità di sganciare l'autocarro dal rimorchio per l'impossibilità di accedere al punto di prelievo con l'intero veicolo, data la ridotta dimensione del tratto di strada antistante; nel documento di valutazione rischi della E. s.r.l., mancava ogni riferimento a tale specifico rischio, con conseguente omessa individuazione delle misure preordinate a fronteggiarlo (individuazione di una zona che consentisse di operare in sicurezza ed indicazione delle modalità operative); inoltre il lavoratore non era stato adeguatamente informato sui rischi specifici a cui era esposto in relazione all'attività svolta, con particolare riferimento al rischio presente durante le operazioni di sganciamento e successivo riaggancio autotreno-rimorchio e, dunque, sulle misure di sicurezza del caso; non gli era stata assicurata una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, avuto riguardo alle proprie mansioni, con particolare riferimento allo svolgimento delle operazioni di cui sopra. Qualcuno mi spiega quale attinenza ha questa pronuncia con ciò su cui stiamo discutendo? Il rischio non valutato era quello di schiacciamento durante l'aggancio/sgancio della motrice che, per un autista di un autocarro è palesemente un rischio professionale. Qui ci sono le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 08/04/2020 (18:47:18) |
Valutazione del rischio Covid-19 e INL Premesso che il documento INL è sempre citato a sproposito, poiché è destinato esclusivamente a uffici e organi dell'INL e non ai datori di lavoro delle aziende, e dunque è del tutto privo di valore legale per le imprese, Vi prendiamo in parola e vi chiediamo di produrre esattamente quanto previsto alla fine del documento interno INL che citate a sproposito, che afferma testualmente: "In ragione di quanto esposto e del pilastro normativo come norma di chiusura del sistema prevenzionistico di cui all’art. 2087 c.c. è consigliabile formalizzare l’azione del datore di lavoro con atti che diano conto dell’attenzione posta al problema in termini di misure, comunque adottate ed adottabili dal punto di vista tecnico, organizzativo e procedurale, nonché dei DPI ritenuti necessari, in attuazione delle indicazioni nazionali, regionali e locali delle istituzioni a ciò preposte. Per la tracciabilità delle azioni così messe in campo è opportuno che dette misure, pur non originando dalla classica valutazione del rischio tipica del datore di lavoro, vengano raccolte per costituire un’appendice del DVR a dimostrazione di aver agito al meglio, anche aldilà dei precetti specifici del d.lgs. n. 81/2008". |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 08/04/2020 (18:59:10) |
Cosa scrive l'INL per le attività nei suoi uffici a me non interessa anche se, palesemente, l'appendice citata altro non è che una procedura per l'applicazione del Protocollo. Io mi attengo a cosa dice la direttiva 89/391/CEE e il D. Lgs. n° 81/2008 che fanno riferimento ai RISCHI PROFESSIONALI. Qui ci sono le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 08/04/2020 (19:29:02) |
Ma perché chi non lo sa, e non sa di non sapere, commenta le sentenze della Suprema Corte di Cassazione senza sapere che tale organo è un grado di giurisdizione di legittimità, non giudica le caratteristiche del fatto in quanto tali, già decise nei giudizi di merito, ma si limita a verificare la corretta applicazione della norma di legge generale, ed esprime principi giuridici generali espressi dalle massime della Cassazione, che sono elaborate dai magistrati di Cassazione dell'ufficio del massimario. Nelle massime non si cita mai il fatto dettagliato ma solo le regole generali di diritto, che si applicano a molti fatti diversi. Difatti che è giurista nota che in una stessa sentenza della Cassazione vengono citate molte altre sentenze della stessa corte che riguardano fatti diversissimi, proprio perché a livello di Cassazione contano i principi generali di diritto. Ma chi non è un professionista del diritto non lo sa. E ciò nonostante si ritiene autorizzato a dire cose prive di fondamento sulle leggi vigenti o sulle sentenze di Cassazione. Il metodo spannometrico all'attacco sempre e a prescindere |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 09/04/2020 (12:03:56) |
Suvvia, questo lo sanno tutti quelli che hanno anche un minimo di esperienza oppure pensi che il sottoscritto dopo quasi 30 anni di consulenze tecniche di parte solo per le difese (dove non ho mai avuto modo di incontrarti - peccato), non abbia chiari questi concetti. Nelle ultime due sentenze che hai citato la Cassazione Penale ha verificato la corretta applicazione della legge da parte dei giudici che avevano accertato, senza dubbio alcuno, che in entrambi casi la valutazione dei rischi era incompleta / inadeguata ma non in riferimento a rischi generici ma a quelli professionali come si può notare leggendo il testo delle pronunce. Quello che cerco di spiegarti è che è proprio il principio giuridico della valutazione dei rischi che tu estendi impropriamente a rischi che sono totalmente fuori dalla sfera di azione e di controllo del datore di lavoro e sono, quindi, gestibili, e neanche tutti, solo nell'ambito emergenziale. Questo è il caso del rischio da contagio da COVID-19 dove l'Autorità Pubblica è intervenuta definendo le misure da attuare ed alle quali tutti i datori di lavoro si devono adeguare. Per far questo, nelle aziende che non fanno uso deliberato di A.B. o non in allegato XLIV, bisogna applicare, contestualizzandolo, il Protocollo dello scorso 14 marzo. E' indubbio che si debbano valutare tutti i rischi ma sono tutti i rischi professionali e cioè quelli che sono intrinseci all'esecuzione della prestazione lavorativa. Ce lo dice da più di 30 anni la direttiva 89/391/CEE che fa riferimento ai soli RISCHI PROFESSIONALI. Ieri è crollato un ponte ad Aulla. Sul ponte transitava un furgone della BRT. Il conducente è rimasto ferito ed è stato ricoverato in codice giallo. Il suo datore di lavoro avrà sicuramente valutato il rischio di incidente stradale ed attuato le misure conseguenti (mezzo efficiente, sensibilizzazione del conducente, bilanciamento carichi di lavoro, ecc.). Però, non penso proprio che abbia valutato il rischio conseguente al crollo di un ponte mentre il proprio dipendente ci transitava sopra. Se passasse il concetto che i rischi da valutare sono "tutti i rischi" e cioè qualunque tipo di rischio che si può manifestare durante la prestazione lavorativa prescindendo dalla sua origine, allora anche nel caso del corriere caduto giù dal ponte ci troveremmo di fronte ad una inadeguata / incompleta valutazione dei rischi. E' seriamente sostenibile una cosa nel genere? Qui ci sono le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 09/04/2020 (12:40:32) |
E niente. Non ce la facciamo proprio. La lingua italiana questa sconosciuta. Il testo unico di sicurezza del lavoro dice chiaramente che tutti i rischi vanno valutati. Se vi fosse stato un limite lo avrebbe scritto. In effetti per l'ing. Catanoso i rischi da valutare sono tutti meno quelli che di volta in volta lui decide che non devono essere valutari. Io capisco che il suo imperativo categorico è ridurre al minimo possibile i costi per la sicurezza delle imprese, ma forse l'intenzione del legislatore che ha scritto io D.Lgs. n. 81/2008 era un'altra. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 09/04/2020 (19:24:40) |
Veramente sei tu quello che non vuole capire che vanno certamente valutati tutti i rischi ma tutti i RISCHI PROFESSIONALI e cioè quelli che nascono durante l'esecuzione della prestazione lavorativa e la cui origine è nei processi, nei materiali, nelle sostanze, ecc., ecc., impiegate durante il lavoro all'interno dell'azienda. Basta leggersi la fonte primaria della normativa prevenzionale e cioè la direttiva 89/391/CEE (e comprendere gli obiettivi ed il campo di applicazione). Visto che è un mese che ti si cerca di spiegare che nessuno sta dicendo che non si devono tutelare i lavoratori, ti chiedo in merito ai costi che hai citato, se l'applicazione del protocollo contestualizzato alle specificità delle aziende, non comporta gli stessi costi per le aziende di quelli derivanti dall'applicazione delle stesse misure ma etichettate con "Aggiornamento del DVR"? Qui ci sono le solite due domande . Te le ripropongo anche se ormai hanno capito tutti perché continui a non rispondere. "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 09/04/2020 (21:02:09) |
Le fonti legislative dell'obbligo datoriale della valutazione del rischio Covid-19 L'articolo 28 del decreto legislativo n. 81/2008 fa riferimento a tutti i rischi, e ne esemplifica molti che esulano dalla specifica mansione lavorativa, perché , la cosa ad alcuni non piace, i rischi da valutare sono proprio tutti, nessuno escluso. La legge usa un aggettivo inequivocabile, tutti, non tutti meno quelli che questo o quell'esperto decide a sua discrezione di non valutare. D. Lgs. n. 81/2008 SEZIONE II - VALUTAZIONE DEI RISCHI Articolo 28 - Oggetto della valutazione dei rischi 1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegate, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall’articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo. 1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata. ... 2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 53 del decreto, su supporto informatico e, deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all’articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato e contenere: a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri ... art. 2 Definizioni q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;... TITOLO X - ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI CIRCOLARI Articolo 266 - Campo di applicazione 1. Le norme del presente Titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici. CAPO II - OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO Articolo 271 - Valutazione del rischio 1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare: a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’ALLEGATO XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2; b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte; ... d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta [infortunio da contagio Covid-19 sul luogo di lavoro, art. 42 D.L. n. 18 del 17.3.2020]; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio ... 3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro ... Nelle attività ... che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 10/04/2020 (12:35:02) |
Niente da fare. Più che l'ennesimo copia incolla non va. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: Avv Rolando Dubini - likes: 0 | 10/04/2020 (14:21:47) |
Valutazione del rischio COVID-19 e polizia di Stato. Si segnala che una Circolare del 16 Marzo 2020 del Ministero dell’Interno - Direzione Centrale Sanità e avente come oggetto: “Infezione COVID-19. Dispositivi di protezione individuale. Utilizzo razionale ed omogeneo sul territorio”, afferma che “sono state diramate da tempo a tutte le articolazioni territoriali specifiche indicazioni (…) ha provveduto anche ad analizzare i contenuti di servizio onde individuare tutte quelle attività meritevoli di una peculiare valutazione del rischio”. E al penultimo capoverso recita che “tali valutazioni ed indicazioni possono e devono essere fatte proprie dai datori di lavoro e dai medici competenti senza necessità di una rivalutazione territoriale del rischio considerato pure l’impegno straordinario profuso da tutte le componenti dell’amministrazione (…)”.… La comunicazione sottoscritta dai Segretari generali provinciali di alcune organizzazioni sindacali (SILP, FSP, COISP-MOSAP, SAP, SIULP) alla Questura di Bari e ai datori di lavoro di vari reparti della Polizia di Stato della provincia di Bari indica che tali direttive non tengono in debita considerazione il fatto che la valutazione del rischio “è una prerogativa unica e solo del datore di lavoro il quale risponde personalmente del suo operato” e non menzionano, “escludendoli di fatto, gli R.L.S. in nessuna circolare emanata in merito al fenomeno coronavirus”. Ciò premesso e “considerata anche la mancata consultazione preventiva”, si chiede di conoscere se è stata effettuata la valutazione dei rischi prodotti dal fenomeno “Coronavirus” e quali siano i criteri metodologici impiegati”. Si ricorda poi che l’art. 28, comma 2, lett. a) del TUSL, prevede l’obbligo di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa” specificando quelli indicati nei titoli successivi. Un’espressione altamente significativa, in quanto “fa intendere che debbono essere valutati tutti rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come appunto il coronavirus”. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 11/04/2020 (13:02:18) |
La valutazione, posta a carico del datore di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori “senza limitazione ad alcune specifiche fattispecie”. G. Porcellana e M. Montrano (ASL TO 3). Il precetto contenuto nell’art. 6 paragrafo 3 della Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, che impone al datore di lavoro l’obbligo di “valutare i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici e nella sistemazione dei luoghi di lavoro”, ha trovato dapprima recepimento nell’articolo 4, comma 1, del D.Lgs 626/94 e ora negli articoli 17, comma 1 lettera a) e nell’articolo 28, comma 1 del D.Lgs 81/08. Sul contenuto di quest’obbligo era già intervenuta la Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea n. 49/00 del 15/11/2001 che aveva sottolineato come la valutazione, posta a carico del datore di lavoro, dovesse riguardare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori “senza limitazione ad alcune specifiche fattispecie”. Punto Sicuro 15/01/2009 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 11/04/2020 (13:59:44) |
Questa storia della Condanna della Corte di Giustizia UE l'hai già postata lo scorso 24 marzo. Stiamo finendo i copia incolla e si ricomincia? Puoi condividere tutte le opinioni che vuoi. Il discorso non cambia. Poi tu e gli autori andatevi a rileggere il punto 13 della Sentenza della Corte di Giustizia CE, Sez. 5, 15 novembre 2001 - C-49/00 dove potrete trovare scritto: 13. Inoltre, è importante precisare che i RISCHI PROFESSIONALI che devono essere oggetto di una valutazione da parte dei datori di lavoro non sono stabiliti una volta per tutte, ma si evolvono costantemente in funzione, in particolare, del progressivo sviluppo delle condizioni di lavoro e delle ricerche scientifiche in materia di RISCHI PROFESSIONALI. Il problema era che con il 626, recepimento della direttiva 89/391/CEE, avevano circoscritto solo ai rischi derivanti dalle attrezzature di lavoro e dalle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute. Palesemente lo Stato italiano non poteva circoscrivere a queste sole tipologie di rischi professionali la valutazione. Per questo l'Italia era stata giustamente condannata. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 11/04/2020 (16:02:40) |
La sentenza del 15.11.2001 della Corte di Giustizia Europea ha chiarito in modo definitivo il significato profondo dell'obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro, obbligo già previsto dalla direttiva 89/391/CEE, non correttamente recepita con d.lgs. n. 626/1994 e s.m.i. A seguito di tale sentenza e per adeguarsi alla stessa, la l. n. 39/2002, ha modificato l'art. 4 del d.lgs. n. 626/1994, sostituendo il co. 1, aggiungendo l'aggettivo "tutti" con riferimento ai rischi da valutare e lasciando invariato l'elenco esemplificativo dei "rischi particolari". Il d.lgs. n. 81/2008 e s.m.i, all'art. 28, co. 1, riproduce l'art. 4, co. 1, d.lgs. n. 626/1994 e s.m.i. e ne completa la previsione indicando, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alcune nuove tipologie di "rischi particolari", i criteri di individuazione/valutazione dei quali sono rimessi alla diligenza professionale del datore di lavoro e del suo servizio di prevenzione e protezione. È davvero triste constatare che A19 anni di quella sentenza di condanna c'è chi sostiene che i lavoratori non vanno tutelati da tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro, ma solo da alcuni (ovviamente quelli che dicono loro). |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 11/04/2020 (17:23:09) |
Continua con il copia-incolla ossessivo compulsivo. Quello che non comprendi dopo 19 anni dalla sentenza ed a 31 anni dalla direttiva 89/391/CEE è che la tutela dei lavoratori riguarda TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI. Rileggiti il punto 13 della sentenza. Si parla di Rischi Professionali. Puoi continuare a copia incollare più volte quello che ti pare ma il discorso non cambia. Te lo riscrivo (repetita juvant). Punto 13 della Sentenza della Corte di Giustizia CE, Sez. 5, 15 novembre 2001 - C-49/00 dove potrete trovare scritto: 13. Inoltre, è importante precisare che i RISCHI PROFESSIONALI che devono essere oggetto di una valutazione da parte dei datori di lavoro non sono stabiliti una volta per tutte, ma si evolvono costantemente in funzione, in particolare, del progressivo sviluppo delle condizioni di lavoro e delle ricerche scientifiche in materia di RISCHI PROFESSIONALI. Il problema era che con il 626, recepimento della direttiva 89/391/CEE, avevano circoscritto solo ai rischi derivanti dalle attrezzature di lavoro e dalle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute. Palesemente lo Stato italiano non poteva circoscrivere a queste sole tipologie di rischi professionali la valutazione. Per questo l'Italia era stata giustamente condannata. Ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 12/04/2020 (00:05:54) |
Virus A/H1N1: le misure di prevenzione per i luoghi di lavoro [tuttora attuali, in epoca di Coronavirus]. Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - Settore Salute - Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro”- aggiornato all'11 settembre 2009. Nel documento, che indica che “nella attuale situazione pandemica, si può presumere che un caso di sindrome simil influenzale (ILI) sia attribuibile al nuovo virus A(H1N1), anche in assenza di conferma di laboratorio”, si ricorda l’importanza in ogni luogo di lavoro del “rispetto di elementari norme igieniche quali l’igiene delle mani e l’adozione di comportamenti di buona educazione igienica”. ... Le azioni che i datori di lavoro e i dirigenti possono mettere in atto per la riduzione della diffusione del virus influenzale: ... rendere disponibili sul luogo di lavoro, in relazione alla valutazione di rischi legati a particolare affollamento o esposizione, un adeguato numero di mascherine respiratorie, fornendo le opportune indicazioni per il loro utilizzo da parte dei soggetti con sintomi di influenza, o anche da parte degli addetti al primo soccorso o di altre persone che potrebbero occasionalmente dover assistere temporaneamente il dipendente con sintomi di sospetta influenza”. ... Infine per una corretta risposta delle imprese all’impatto dell’influenza sulle loro attività e sui loro addetti i datori di lavoro dovranno: - “provvedere all’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi in relazione al rischio espositivo ad agenti biologici in collaborazione con il medico competente, se presente, prevedendo protocolli per la gestione di dipendenti con sintomi di influenza manifestati sul posto di lavoro; - verificare che vi sia corretta informazione per l’uso di mascherine (in ambiti lavorativi non sanitari); - identificare in collaborazione con il medico competente i dipendenti essenziali al ciclo produttivo da sottoporre a vaccinazione , per garantire il mantenimento delle attività di servizi pubblici di primario interesse o in altre attività socialmente utili”; Punto Sicuro 14.10.2009 https://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/tipologie-di-contenuto-C-6/informazione-formazione-addestramento-C-56/virus-a/h1n1-le-misure-di-prevenzione-per-i-luoghi-di-lavoro-AR-9322/ |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 12/04/2020 (10:31:48) |
Dubini, ti faccio una domanda: prima di scrivere i tuoi copia-incolla, leggi quello che riporti o no? In merito a quanto riportato in questo tuo ultimo post, le possibilità sono due: 1) non leggi quello che riporti; 2) riporti in modo parziale le informazioni per supportare le tue tesi. Comunque, nelle "Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro" del 1 dicembre 2009, pubblicato sul sito del Ministero della salute (per trovarlo basta digitare il titolo Raccomandazioni generali ad interim per la riduzione del rischio espositivo in corso di pandemia influenzale nei luoghi di lavoro) a pag. 4, par. 2.1, secondo capoverso, c'è scritto quanto segue: "I datori di lavoro di aziende in cui il rischio biologico da virus è già contemplato nella valutazione dei rischi (come ad esempio per le aziende sanitarie che erogano servizi di diagnosi e cura), verificheranno che le misure di prevenzione previste, compreso l’uso dei DPI, sia adeguato a quanto previsto dalle indicazioni scientifiche e circolari ministeriali specifiche relative al virus A/H1N1 causa dell’attuale evento pandemico, adeguando se necessario, le azioni di prevenzione da porre in atto in particolare sul versante della informazione, formazione, procedure ed organizzazione del lavoro, utilizzo dei DPI." Per tutte le altre, sono previste le "Raccomandazioni" citate che altro non sono quelle ampiamente note. Non solo. All'inizio del par. 2.1 "Azioni dei datori di lavoro e dei dirigenti utili per la riduzione della diffusione del virus influenzale nei luoghi di lavoro", c'è scritto: "Le raccomandazioni che seguono tendono a favorire la corretta gestione degli eventi connessi con la pandemia influenzale in atto che va affrontata con misure di sanità pubblica anche nei luoghi di lavoro. Si raccomanda a tutti i datori di lavoro, anche attraverso il proprio responsabile del servizio prevenzione e protezione ed il medico competente, di aggiornarsi sulle corrette misure di prevenzione e profilassi che la comunità scientifica e le autorità internazionali, nazionali e regionali indicano ed indicheranno sulla base della evoluzione dell’evento pandemico in atto". In altre parole, già 11 anni fa ci dicevano le stesse cose che ci dicono oggi. Fattene una ragione. Pertanto, evita di copia-incollare senza prima leggere ciò che si invia in modo da evitare clamorosi autogol. Ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 12/04/2020 (11:03:55) |
Il buon senso e la corretta applicazione delle norme di legge nelle preziose indicazioni della Asl di Rieti. Covid-19: prime indicazioni per le Aziende non sanitarie attive sul territorio della ASL del SSR Rieti (14.3.2020) Indicazioni per il datore di lavoro: Come prima misura il datore di lavoro deve: - ridurre la presenza dei lavoratori sul luogo di lavoro ... - aggiornare, in collaborazione con il Medico Competente aziendale, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, il documento di valutazione dei rischi (DVR) per quanto riguarda la protezione dall’infezione da COVID.19 dei lavoratori che proseguono l’attività e solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale - mettere in campo misure tese ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro e alla fornitura al personale di DPI idonei secondo anche quanto riportato all’art. 7, lettera d) del DPCM 11/03/2020, e per quanto previsto dal titolo X-Esposizione ad agenti biologici- del D.Lgs 81/08, in seguito all’aggiornamento della valutazione del rischio - portare adeguatamente ed efficacemente a conoscenza dei lavoratori interessati dettagliate informazioni ... Si veda Punto Sicuro del 30.3.2020 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 12/04/2020 (19:06:21) |
Ormai siamo ai copia-incolla con il "taglia e ricuci". Per sostenere le proprie tesi taglia di qua, aggiunge di là, copia di qua, incolla di là; il tutto per provare a convincere quelli che non hanno condiviso il Dubini-pensiero. Pubblica stralci di documenti che confutano le sue stesse tesi. La ASL di Rieti, a pag. 1 e 2 dice: L’epidemia di COVID-19 è un’emergenza di sanità pubblica verso la quale anche il mondo del lavoro deve adottare le misure di prevenzione e protezione dettate dalle Autorità sanitarie locali sulla base dei decreti del Ministero della Salute, della Regione Lazio e Presidenza del Consiglio dei Ministri. Poi prosegue dicendo: Indicazioni per il datore di lavoro: "aggiornare, in collaborazione con il Medico Competente aziendale, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, il documento di valutazione dei rischi (DVR) per quanto riguarda la protezione dall’infezione da COVID.19 dei lavoratori che proseguono l’attività e SOLO PER I RISCHI SPECIFICI CONNESSI ALLA PECULIARITA' DELLO SVOLGIMENTO DELL'ATTIVITA' LAVORATIVA, OVVERO LADDOVE VI SIA UN PERICOLO DI CONTAGIO DA COVID-19 AGGIUNTIVO E DIFFERENTE DA QUELLO DELLA POPOLAZIONE IN GENERALE" "nelle situazioni lavorative in cui non si ravvisa un pericolo di contagio aggiuntivo e differente rispetto alla popolazione generale risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute e dai DPCM, in particolare dal DPCM del 11/03/2020 (art. 1 commi 7 e 8) e dal protocollo condiviso del 14/03/2020, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative e in particolare qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza impersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è necessario l’utilizzo di DPI conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie." Prendiamola a ridere, è Pasqua. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 12/04/2020 (23:45:25) |
Suggerisco la massima cautela a RSPP e consulenti che sconsigliano di valutare questo o quel rischio. Cassazione Penale sentenza n. 2814 del 21/12/2010, Di Mascio della Sezione IV Il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il datore di lavoro ad omettere l'adozione di misure prevenzionali doverose. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 13/04/2020 (10:45:10) |
Certamente il RSPP risponde della mancata segnalazione dei rischi ma dei RISCHI PROFESSIONALI come già ampiamente spiegato nei post precedenti. Dubini non si è accorto che nel nostro caso, invece, la segnalazione del rischio di contagio da COVID-19, l'ha già fatta a TUTTI, compresi i datori di lavoro, l'Autorità Pubblica che ha imposto l'adozione delle misure del Protocollo in forza dell'emanazione di norme di Igiene Pubblica che, come noto a tutti eccetto qualcuno, sono sovraordinate alle norme di Igiene Occupazionale. Misure che devono essere adottate in ogni azienda contestualizzandole in funzione delle specificità di ciascuna di esse come anche anche ribadito dall'art. 2 comma 10 del DPCM 10 aprile 2020 (altro argomento sfuggito a Dubini). I RSPP si dovranno preoccupare di supportare il datore di lavoro nella verifica della concreta e completa attuazione di quanto previsto nel Protocollo segnalandogli prontamente le eventuali difformità nell'applicazione affinché questi intervenga immediatamente per tutelare la salute dei propri lavoratori. Su questo si devono impegnare i RSPP e i consulenti per poter affermare di fare professionalmente il loro lavoro ai fini della tutela della salute dei lavoratori e non di altro. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 13/04/2020 (10:58:11) |
Il RSPP ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa (incluso quello sanitario) e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, Cassazione Penale Sezioni Unite sentenza n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri Il RSPP, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 13/04/2020 (18:17:48) |
Ormai siamo al cabaret con le esibizioni dei copia-incolla riproposte come in una tournée. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 13/04/2020 (18:30:03) |
La valutazione del rischio biologico di cui all'articolo 271 commi 1 e4 del D.Lgs. n. 81/2008 è obbligatoria in cinque casi: 1) esposizione intenzionale in caso di uso deliberato dell'agente virale (es. laboratorio biologico); 2) esposizione intenzionale in mancanza di uso deliberato dell'agente virale (es. reparti ospedalieri); 3) esposizione non intenzionale aggravata (c.f. rischio generico aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa) durante il lavoro in luoghi dove è impossibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. supermercati, sanificazione, trasporto pubblico, reparti produttivi, open space, front office, sportellisti, farmacie); 4) esposizione non intenzionale non aggravata (c.d. rischio generico non aggravato dalle modalità di svolgimento dell'attività) perché è im possibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. uffici non aperti al pubblico di dimensioni idonee); 5) rischio occasionale che impone una modifica dell'organizzazione del lavoro In tutti questi casi è indiscutibile l'obbligo di valutare il rischio per le lavoratrici e i lavoratori esposti, o di aggiornare il DVR alle nuove forme di rischio virale che di anno in anno si possono manifestare durante il lavoro, anche in relazione alle nuove modalità di organizzazione del lavoro necessarie per rispettare i vincoli igienici, incluso lo Smart working, che non implica rischi biologici, ma che autonomamente obbliga il datore di lavoro ad aggiornare la valutazione dei rischi . Una cosa è certa, sul rischio COVID valutare o aggiornare il DVR non ha alcuna conseguenza negativa, ne per il datore ne per i lavoratori e gli RLS, anzi dimostra una preziosa attenzione alla salute della comunità lavorativa e non. Non farlo è l'esatto contrario |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 14/04/2020 (11:16:48) |
Ormai è rimasto solo il copia-incolla ossessivo compulsivo delle N pronunce della Cassazione Penale sull'argomento ma tutte riguardanti situazioni che nulla hanno a che vedere con quella emergenziale attuale. Comprendere che l'applicazione del Protocollo contestualizzato in funzione delle specificità dell'impresa è il modo per tutelare i lavoratori delle aziende che non fanno uso deliberato di A.B. e non svolgono attività di cui all'allegato XLIV, così come più volte ribadito dalle Autorità Pubbliche, le uniche competenti in caso di emergenza sanitaria, è troppo difficile. E' più facile riproporre sempre le stesse cose. Comprendere che i "tutti i rischi" sono TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI, come palesemente ribadito da tutta la normativa prevenzionale, è troppo difficile. E' più facile riproporre sempre le stesse cose. Quando un soggetto, di fronte all'evidenza ed alla posizione delle Autorità Pubbliche, non può o non vuole accettare che le sue interpretazioni non stanno né in cielo e né in terra, non si può che prenderla a ridere come quando si assiste ad una gag comica in TV. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 14/04/2020 (12:19:05) |
Il datore di lavoro è obbligato a valutare il rischio Covid-19 sul luogo di lavoro (Osha Agenzia Statunitense della sicurezza sul lavoro) Some OSHA-Related Issues Raised by COVID-19 Assessing New Hazards In fulfilling their obligation to provide a safe workplace for employees, employers need to assess potential hazards in the workplace. Given the current pandemic, OSHA emphasizes that this responsibility includes considering whether workers may encounter someone infected with COVID-19 in the course of their duties, and if they will be exposed to environments or materials contaminated with the virus. In its guidance on COVID-19, OSHA divided job tasks into four risk exposure levels: very high, high, medium, and lower risk. “The level of risk depends in part on the industry type, need for contact within 6 feet of people known to be, or suspected of being, infected with SARS-CoV-2, or requirement for repeated or extended contact with persons known to be, or suspected of being, infected with SARS-CoV-2.” (Guidance, at 18.) |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 14/04/2020 (19:58:36) |
Finiti i copia incolla in italiano, passiamo a quelli stranieri. Per adesso siamo in USA. Aspettiamo HSE (Gran Bretagna), Germania, Svizzera, ecc.. Per risparmiarti la fatica, posso darti io i riferimenti. Come al solito, Dubini riporta stralci di documenti per cercare di supportare le proprie tesi. Però i documenti vanno letti tutti. Per questo invito chi legge a digitare su un motore di ricerca "OSHA 3990" e leggersi la Guida e, in particolare, le pagine da 18 a 20. Peccato che in USA l'approccio "regolatorio" sia completamente diverso dal nostro e neanche lontanamente comparabile. Questo Dubini non lo sa, perché preferisce andare in Cina. La guida che ha scoperto oggi, è stata pubblicata ai primi di marzo. Questa guida (OSHA3990) definisce, a priori, le 4 tipologie di esposizioni al rischio e, si badi bene, è stata espressamente scritta per spiegare cosa deve fare il datore di lavoro in funzione della entità del rischio già definita dall'OSHA per varie tipologie di attività. Anche qui la valutazione sul rischio da COVID-19 è stata fatta da un ente pubblico (leggere pag. 18). "To help employers determine appropriate precautions, OSHA has divided job tasks into four risk exposure levels: very high, high, medium, and lower risk. The Occupational Risk Pyramid shows the four exposure risk levels in the shape of a pyramid to represent probable distribution of risk." L'OSHA ha definito a priori quali sono le attività che rientrano nei 4 livelli di rischio: Very high exposure risk jobs are those with high potential for exposure to known or suspected sources of COVID-19 during specific medical, postmortem, or laboratory procedures. Workers in this category include: - Healthcare workers (e.g., doctors, nurses, dentists, paramedics, emergency medical technicians) - Healthcare or laboratory personnel collecting or handling specimens from known or suspected COVID-19 patients - Morgue workers performing autopsies High exposure risk jobs are those with high potential for exposure to known or suspected sources of COVID-19. Workers in this category include: - Healthcare delivery and support staff (e.g., doctors, nurses, and other hospital staff who must enter patients’ rooms) exposed to known or suspected COVID-19 patients; - Medical transport workers (e.g., ambulance vehicle operators) ; - Mortuary workers involved in preparing (e.g., for burial or cremation); Medium Exposure Risk Medium exposure risk jobs include those that require frequent and/or close contact with (i.e., within 6 feet of) people who may be infected with SARS-CoV-2, but who are not known or suspected COVID-19 patients. Lower exposure risk (caution) jobs are those that do not require contact with people known to be, or suspected of being, infected with SARS-CoV-2 nor frequent close contact with (i.e., within 6 feet of) the general public. In funzione del livello di esposizione, l'OSHA indica le misure da applicare. Quindi, quale è la differenza che Dubini vuole evidenziare? Nei primi tre livelli di rischio valutati da OSHA ci sono, praticamente le stesse mansioni che qui in Italia e in EU, sono considerati esposti a RISCHI PROFESSIONALI. Quindi, in concreto nessuna differenza nell'approccio. Cosa ben diversa, invece, nella legislazione che, solo chi ci ha lavorato, conosce. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 14/04/2020 (20:29:40) |
Un'altro pezzo da novanta del diritto di è pronunciato con chiarezza cristallina. Aggiornamento della valutazione dei rischi ed effettività del Protocollo Marco Lai Docente a contratto di Diritto e sicurezza del lavoro presso l’Università di Firenze Diritto e Pratica del Lavoro n. 13/2020 pag. 811 Venendo a brevi spunti conclusivi su questioni controverse, non del tutto convincente pare innanzitutto la distinzione, accolta negli indirizzi operativi emanati da alcune Regioni (6), tra obblighi prevenzionistici, di cui al D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. e obbligo di attuazione delle misure anti contagio dettate dalla pubblica autorità. Per cui, secondo tale interpretazione, non si dovrebbe procedere, per i settori non sanitari, ad un’integrazione/aggiornamento del Dvr (documento di valutazione dei rischi) in presenza di coronavirus. Sul punto è da sottolineare che l’art. 28, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 (norma sanzionata a carico del datore di lavoro) stabilisce che il Dvr deve contenere “una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”, e non necessariamente causati dall’attività lavorativa. Del resto le interazioni tra i due nuclei prevenzio- nistici sono evidenti. Si pensi, ad esempio, alle misure generali di tutela (art. 15), là dove si prevede “l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progressotecnico” (comma 1, lett. c ) o “la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio” (comma 1, lett. g ); all’obbligo a carico del datore di lavoro e dei dirigenti di “adottare le misure per il controllodelle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa” (art. 18, comma 1, lett. h); e soprattutto alle disposizioni in materia di gestione delle emergenze, con particolare riguardo al primo soccorso e alla evacuazione dei lavoratori (artt.43/45). È da ritenere pertanto che, fermo restando per le realtà aziendali già esposte a rischio biologico (titolo X, D.Lgs. n. 81/2008), a partire da quelle del settore socio-sanitario, l’obbligo di procedere ad una nuova valutazione dei rischi, dovendo il datore di lavoro elaborare specifiche procedure di prevenzione e protezione (7), anche in tutte le altre attività il Dvr non potrà non tener conto delle misure anti contagio da adottare nel particolare contesto lavorativo. Le indicazioni operative contenute nel Protocollo condiviso vengono a rappresentare, a nostro avvi- so, un utile riferimento per l’integrazione, se non per un vero e proprio aggiornamento del Dvr. Rispetto ai profili di effettività (e di sanzionabilità) del Protocollo in esame, è da ritenere che le misure cautelari ivi contenute, pur non avendo di per sé carattere cogente, tuttavia vengano ad integrare la portata “aperta” dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c., improntata, come noto, sui criteri della particolarità del lavoro, dell’esperienza e della tecnica. In particolare, una volta che il Protocollo sarà recepito nei contesti lavorativi, il criterio dell’esperienza potrà risultare funzionale al riguardo. Per cui se il datore (anche non aderente alle asso- ciazioni datoriali firmatarie) non dimostra di aver adottato misure proprie equivalenti a quelle indicate nel Protocollo contravviene al suo generale obbligo di sicurezza derivante dall’art. 2087, Codice civile. Nota 6 Cfr. Regione Veneto, COVID-19: indicazioni per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari, 5 marzo 2020; Regione Marche, Nota informativa per le aziende del territorio marchigiano, nel periodo di epidemia da nuovo coronavirus, 10 marzo 2020. Per l’Ausl di Bologna, Prime indicazioni per le aziende ai fini dell’adozione di misure per il contenimento del contagiodaSARS-CoV-2neiluoghidilavoro,6marzo2020,il medico competente, quale collaboratore del datore di lavoro, deveprovvederealla“messa in atto delle misure igieniche universali all’interno dell’azienda e per l’aggiornamento del Dvr, ove ciò si renda necessario”. Nota 7 Ivi compresa la revisione del protocollo sanitario ad opera del medico competente. |
Rispondi Autore: Luca - likes: 0 | 15/04/2020 (10:35:08) |
Mi intrufolo nella discussione.... Premetto che conosco il Prof. Lai e lo ammiro come del resto ammiro voi due che state dibattendo animatamente su differenti posizioni che di intervento in intervento hanno sempre una utilità in quanto rispolverano concetti che a volte si dimenticano. Magari sbagliando ma voglio dire la mia. Forse sarò troppo rude ma come ai tempi della discussione DUVRI si o no nei cantieri ove già presente un PSC tagliavo corto e affermavo che non mi interessava molto la forma o il titolo da dare ad un documento ma ciò che c'era scritto dentro e se per elaborarlo erano state coinvolte tutte le figure compresi i responsabili della azienda committente, oggi credo si possa dire un poco la stessa cosa. Che si tratti di aggiornamento o integrazione o allegato al DVR o protocollo interno o manifesto il succo è che da qualche parte devo scrivere (per poi dare il via alle azioni decise) cosa intendo fare per contestualizzare il rischio alla mia realtà. Farlo con una forma o l'altra non mi cambia la vita ed una volta fatto penso che nessun giudice mi contesterà la forma se la sostanza c'è. Quasi cambiando discorso mi sorgono dei dubbi riguardo le imprese edili che si occupano di allacciamenti fognari, queste hanno già il rischio biologico professionale e forse hanno anche l'obbligo di effettuare una vera e propria integrazione al DVR. Cosa ne pensate? |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 15/04/2020 (13:14:28) |
Vediamo un po'. Chi scrive qualcosa che sembra sostenere le tue tesi è un pezzo da 90. Quando lo scrivono altri pezzi da 90 ma contrari alla tua tesi, divengono "Opinionisti" come li hai definiti. Ne prendo atto. Innanzi tutto, Lai dimentica che in allegato XLIV non ci sono solo aziende sanitarie ma anche le industrie alimentari, le imprese agricole, gli allevamenti, gli impianti di smaltimento rifiuti e gli impianti di depurazione. In queste aziende, ho sempre detto che l'aggiornamento del DVR doveva essere eseguito. In merito a quel che scrive Lai, io leggo: "È da ritenere pertanto che, fermo restando per le realtà aziendali già esposte a rischio biologico (titolo X, D.Lgs. n. 81/2008), a partire da quelle del settore socio-sanitario, l’obbligo di procedere ad una nuova valutazione dei rischi, dovendo il datore di lavoro elaborare specifiche procedure di prevenzione e protezione, anche in tutte le altre attività il Dvr non potrà non tener conto delle misure anti contagio da adottare nel particolare contesto lavorativo. Le indicazioni operative contenute nel Protocollo condiviso vengono a rappresentare, a nostro avviso, un utile riferimento per l’integrazione, se non per un vero e proprio aggiornamento del Dvr. " Non specifica a quali aziende si riferisca: - a quelle in allegato XLIV oppure - a tutte le aziende non sanitarie. Se fa riferimento al secondo caso, pezzo da '90 o meno, "fa di tutta l'erba un fascio" dimenticandosi che ci sono delle sostanziali differenze, in termini di tipologia di rischio, tra un'impresa agricola che alleva mucche o un laboratorio d'analisi e un'azienda metalmeccanica. Le prime sono esposte al rischio biologico quale rischio professionale e dovevano, già prima dell'emergenza, aver contemplato nel DVR, il rischio biologico. Con il Corona Virus, il loro DVR va aggiornato. Quindi, prova a scrivere a Lai chiedendogli di spiegargli il suo pensiero senza dimenticare che la Frascheri (entrambi riferimenti per lo stesso sindacato) ha ben precisato, proprio su Puntosicuro, il pensiero suo e del sindacato al riguardo. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 15/04/2020 (13:23:57) |
Per Luca. Conta la sostanza. L'applicazione del Protocollo è la sostanza. E' anche il "top" delle attuali conoscenze visto che chi ha scritto è l'ISS. Come datore di lavoro, non ho e non posso aggiungere nulla. Da un mese sto dietro alle affermazioni di Dubini perché questo approccio che propone estende ingiustificatamente l'obbligo di valutazione di rischi che sono totalmente al di fuori della sfera di controllo del datore di lavoro. Ciò significa che il RSPP e il CSP/CSE possono venire coinvolti in concorso in qualunque reato d'evento la cui origine sia un rischio non professionale e quindi non segnalato dal RSPP e non gestito dal CSP/CSE. Nel caso del Corona Virus, la valutazione è stata già effettuata da chi ha, oggi, la maggiore competenza sull'argomento. In concreto, non ci sarebbe da aggiornare nulla ma applicare, contestualizzandolo alle specificità dell'azienda, il Protocollo che, ad oggi, rappresenta, come detto prima, il condensato delle conoscenze riguardo il rischio e, soprattutto, le misure da attuare . Sono queste ultime che contano e non i pezzi di carta. In merito alle aziende che operano sui sistemi fognari, ho già risposto nel post precedente commentando quanto riportato da Dubini a proposito di Lai: dovevano già avere il DVR con il rischio biologico e, formalmente, adesso devono aggiornarlo. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (00:59:01) |
La Cassazione IV Pen., 8 febbraio 2018 n.6121ci ricorda che il Documento di Valutazione dei Rischi “è uno strumento duttile, che deve essere adeguato e attualizzato, in relazione ai mutamenti sopravvenuti nell’azienda che sono potenzialmente suscettibili di determinare nuove e diverse esposizioni a rischio dei lavoratori. Incombe sul datore di lavoro l’onere di provvedere, non solo ad individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, ai fini della redazione del suddetto documento, ma anche di provvedere al suo aggiornamento (così Sez. U., n.38343 del 24/04/2014, Rv.261109).” |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 16/04/2020 (09:45:15) |
Niente. Più di questo non riesce a fare. Copia incolla pronunce della cassazione che nulla hanno a che vedere con la situazione attuale. Prendiamola a ridere. E' troppo complicato comprendere che la valutazione dei rischi l'ha già fatta l'Autorità Pubblica, decidendo le misure che dobbiamo adottare negli ambienti di lavoro tramite la contestualizzazione del Protocollo, divenuto cogente con l'art. 2 comma 10 del DPCM 10 aprile 2020, in ogni azienda. Protocollo che rappresenta la sintesi delle migliori conoscenze scientifiche oggi disponibili per la lotta al Corona Virus. Misure a cui il datore di lavoro, con il RSPP e il MC, sentiti i RLS, deve dare concreta e completa attuazione. Ripropongo le solite due domande a cui Dubini continua a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (10:02:23) |
La responsabilità penale concorsuale o perfino esclusiva del RSPP per mancata individuazione dei rischi connessi con l'attività lavorativa Corte di Cassazione sez. 4 pen. 20 luglio 2018, n. 34311 Il Rspp «(… ) pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo e gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente all’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri”. E ancora, “… pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro o anche a titolo esclusivo, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa, che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione». |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 16/04/2020 (12:51:25) |
Dubini, continui a copia-incollare pronunce della cassazione che nulla hanno a che vedere con la situazione attuale. Pensa che quello che mi riporti con questa sentenza, riguardo i compiti e le responsabilità del RSPP, l'avevo già scritto in un mio libro nel novembre 1995. La situazione pericolosa è nota. L'ha segnalata a tutti l'Autorità Pubblica. Sempre l'Autorità Pubblica, con le sue norme di Igiene Pubblica, ha detto cosa fare. Le norme di Igiene Pubblica sono sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale . Il RSPP supporterà il datore di lavoro per l'applicazione del Protocollo contestualizzandolo alle specificità dell'impresa. La salute dei lavoratori la garantisci con l'applicazione di queste misure e non con i formalismi. Semplice da capire. In merito alle domande che ti faccio ed a cui non vuoi rispondere ed alla ridicola sparata della "Manleva" di ieri (con giustificazioni ridicole fatte dopo richiesta della Redazione), chiunque legga si è fatto un'idea. Ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere: "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (14:15:57) |
Consulenti che invitano i loro colleghi a violare la legge sanzionata penalmente solo per il datore di lavoro, se non si verifica un infortunio da contagio Covid-19 come indica la Circolare 13/2020 dell'Inail. Sanzione penale possibile anche per il RSPP se si accerta il contagio sul luogo di lavoro. Straordinario. Il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio che abbiano indotto lo stesso a omettere l’adozione delle doverose misure precauzionali. Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 11708 del 18/03/2019 (u.p. 21 dicembre 2018) - Pres. Izzo – Est. Ranaldi - P.M. Pratola - Ric. M.D.. La suprema Corte ha precisato che “la più avveduta giurisprudenza della Corte regolatrice ritiene ormai pacificamente configurabile, nella materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro, la colpa professionale specifica del RSPP - in cooperazione con quella del datore di lavoro - ogni qual volta l'infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare”. “Al riguardo è stato più volte ribadito”, ha così proseguito la Sez. IV, “che il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l'adozione di misure prevenzionali doverose”. “Ciò sul presupposto che tale figura, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri”. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 16/04/2020 (19:25:42) |
Constato che, oltre l'ennesimo copia incolla, non riesce ad andare. Continua a proporre pronunce della cassazione che non hanno nulla a che vedere con l'attuale situazione. Capire che sono i rischi professionali, TUTTI I RISCHI PROFESSIONALI e non altri, oggetto della valutazione, è un concetto difficile da far proprio. Chi aveva già il rischio biologico aggiornerà il proprio DVR, integrando in esso il Protocollo che, come noto, è cogente dal 10/04/2020 (art. 2 comma 10 del DPCM 10/04/2020) stranamente mai citato dal giurista Dubini. Le altre aziende dovranno applicare il Protocollo. Ormai siamo al ridicolo. Ma ancora non hai capito che la valutazione del rischio da COVID-19 l'ha già fatta l'Autorità Sanitaria emanando appositi provvedimenti legislativi e che le misure che ha deciso di far attuare a tutte le aziende rappresentano il massimo delle conoscenze scientifiche oggi disponibili. Questo è il Protocollo. Ogni azienda lo deve contestualizzare in funzione delle proprie specificità. La sua concreta e completa applicazione è quella che garantisce la tutela della salute dei lavoratori. Provare a far capire che un'azienda metalmeccanica che applica puntualmente il Protocollo sta adempiendo concretamente agli obblighi di tutela della salute dei propri lavoratori, è come provare a spiegare un'equazione differenziale alle derivate parziali o la Trasformata di Fourier ad un bimbo delle scuole elementari. Tanto per non perdere l'abitudine, ripropongo le solite due domande a cui continui a non rispondere, aggiungendotene un'altra: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 16/04/2020 (20:55:07) |
L’omissione di condotte doverose in relazione alla funzione di rspp/aspp realizza la violazione dell’intero sistema antinfortunistico né ha alcuna rilevanza la mancanza della previsione di una sanzione per la violazione del sistema stesso. Corte di Cassazione - Penale Sezione IV - Sentenza n. 37334 del 27 settembre 2012 (u. p. 26 giugno 2012) - Pres. Marzano – Est. D’Isa – P.M. Fodaroni - Ric. omissis. - “Se dunque”, ha sostenuto la Sez. IV. “la configurazione della mappazione dei rischi come strumento essenziale dell'intero sistema antinfortunistico, l'omissione di condotte doverose in relazione alla funzione di responsabile o di addetto al servizio di prevenzione e protezione ( Cass. Pen. Sez. 4A 15/2/2007 n. 15226) realizza la violazione dell'intero sistema antinfortunistico, senza che abbia alcuna rilevanza il mancato apprestamento di una specifica sanzione penale per la violazione di sistema” e “invero, ove da tale violazione discendano lesioni o morte non solo sarà configurabile un concorso in quei delitti ma sarà configurabile la specifica aggravante della loro commissione configurata all'articolo 590 c.p., comma 5 e articolo 589 c.p., comma 2”. |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0 | 17/04/2020 (09:58:23) |
Avv. Dubini, con rispetto parlando, lei continua all'infinito a dare delle "non-risposte". Invocare per l'ennesima volta "l'omissione di condotte doverose" NON è il punto di quanto si sta discutendo. E lei è un avvocato, non può far finta di non saperlo o di non capire quel che le stanno ripetendo altri qui e in altre pagine del sito da varie settimane. Nessuno infatti ha messo in dubbio l'applicazione delle misure quali quelle indicate dal Protocollo ecc. (che quindi è pacifico che siano "condotte doverose" in analogia a quelle da lei citate in sentenza). Da settimane le stiamo dicendo che per la maggior parte delle aziende un 'formale' aggiornamento del DVR sul Covid-19 non è strettamente dovuto (al di là del fatto che adottare il Protocollo e dire che è un nuovo allegato al DVR... per molte realtà aziendali è banale, ma la questione per alcune grandi aziende può non essere così banale e quindi ragionarci su non è tempo perso, anche perché è un caso-studio interessante che può servire a non appesantire e ingarbugliare altre occasioni future). Davvero, anche per la Redazione di Puntosicuro, sostenere che qui si deve dare spazio al dibattito, cosa normalmente giusta, mi pare ormai difficile. E' davvero un dispiacere umano e professionale. Ringrazio comunque la redazione per tutti gli altri articoli di questo periodo, sempre molto interessanti e utili. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 17/04/2020 (10:00:30) |
Emergenza Covid-19 e valutazione dei rischi Marco Masi In questi giorni così drammatici per il nostro Paese, assisto con una certa “curiosità” al vivace dibattito che sta coinvolgendo studiosi ed operatori della sicurezza su allegati, integrazioni, aggiornamenti della valutazione del rischio. Come sa, ho avuto l’onore di partecipare ai lavori del D.lgs 81/08 in qualità di coordinatore del Comitato Tecnico Interregionale Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro nell’ambito della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, quindi conosco come soprattutto il Titolo I sia stato il frutto di riflessioni, confronti ed approfondimenti. L’articolo 28 [del D.Lgs. n. 81/2008] ha ripreso ed ampliato le previsioni dell’articolo 4 del d.lgs. 626/94, articolo già oggetto di modifica a seguito della condanna da parte della Corte di Giustizia Europea proprio per non aver chiaramente indicato che il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza. Inoltre, l’articolo 3, comma 1, in maniera chiara prevede “il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, pubblici e privati, e a tutte le tipologie di rischio”, dunque non ai soli rischi individuati nei Titoli successivi al primo. Mi dispiace dirlo ma quello che dovrebbe essere chiarissimo diventa incerto anche a causa del silenzio da parte del Sistema Istituzionale, in particolare del Comitato ex art. 5 e del coordinamento delle Regioni e Province autonome, che facilita il proliferare di indicazioni incoerenti a volte provenienti dalle Regioni stesse... Nello scorso mese di marzo, la Regione Veneto ha dato indicazioni operative per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari secondo le quali non si ritiene giustificato l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all’infezione da SARS-CoV-2. Il 9 aprile, la Regione Toscana ha preannunciato l’apertura di un tavolo specifico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro con le Parti sociali per definire linee guida sulle misure di prevenzione per la riapertura delle aziende, precisando che dovranno essere recepite nei nuovi documenti aggiornati di valutazione dei rischi che le imprese saranno chiamate a elaborare in base all’emergenza Covid-19. È evidente come posizioni così discordanti non siano di aiuto né ai datori di lavoro né ai lavoratori i quali, oltre a combattere una crisi economica senza precedenti, si trovano totalmente privi di indicazioni coerenti a livello nazionale con conseguenze imprevedibili. Ing. Marco Masi, coordinatore del Gruppo di Lavoro “Sicurezza Appalti” in ITACA, l’Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale, nonché dirigente della Regione Toscana ed ex coordinatore del Coordinamento Tecnico delle Regioni e Province Autonome. da Punto Sicuro del 15/04/2020 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 17/04/2020 (11:41:49) |
empre il solito copia-incolla ossessivo-compulsivo. Questo è un parere come un altro. Francamente do molto più peso ai pareri di Pascucci, Lepore, Fantini, Pelusi, ecc. Comunque, anche lui non si è letto il punto 13 della citata sentenza della Corte di Giustizia UE che parla di RISCHI PROFESSIONALI. Quindi, il suo discorso fila solo per le aziende che fanno uso deliberato di A.B. e per quelle in allegato XLIV ma non per le altre. Per le altre si applicano le misure del Protocollo che, essendo stato definito in base alle migliori conoscenze scientifiche sull'argomento, che non sono certo quelle del sottoscritto o di Masi o di Dubini e del suo mentore, garantisce, contestualizzandole, la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro per i lavoratori. Non solo. Essendo il "top" delle misure oggi applicabili in base alle conoscenze scientifiche disponibili e definite dalle Autorità Pubbliche , ad un'azienda che le applica correttamente e completamente , nessuna censura può esserle mossa. Tanto per non perdere l'abitudine, ripropongo le solite tre domande a cui Dubini continua a non rispondere: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 17/04/2020 (11:57:59) |
L'omessa valutazione di tutti i rischi durante il lavoro (artt. 17, 28, 29, 266 e 271 commi 2 e 4 del D.Lgs. n. 81/2008) comporta presenti responsabilità penali per il RSPP in caso di infortunio sul lavoro conseguente ad omessa o insufficiente individuazione del rischio e delle conseguenti misure di prevenzione e protezione. SICUREZZA DEL LAVORO - Responsabilità prevenzionali e responsabilità per reati colposi di evento - Corresponsabilità del RSPP con il datore di lavoro - Presupposti e limiti - D. L.vo n. 81/2008. Anche il RSPP, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione. Il RSPP, quindi, non può essere chiamato a rispondere per il solo fatto di non avere svolto adeguatamente le proprie funzioni di verifica delle condizioni di sicurezza, proprio perché, difetta una espressa sanzione nel sistema normativo. Il fatto, che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione, non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell'ambito dell'incarico ricevuto. Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. Ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell'evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo. (conferma sentenza n. 11004 del 09/11/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI) Pres. Marzano, Est. Piccialli - Ric. Di. Ma. Al.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 27/01/2011 Sentenza n. 2814 |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 18/04/2020 (09:57:54) |
Guarda che queste pronunce che non c'entrano nulla con l'attuale scenario. Inoltre, le conosciamo perché ognuno di noi se le va a leggere sul sito, piuttosto noto, che le pubblica. Quindi, questo tuo copia-incolla è inutile e forse può fare presa su quei pochi che non sono "strutturati" in termini di competenze per comprendere la differenza tra queste pronunce e l'attuale situazione. Prova a fare uno sforzo e rispondere alle domande che ti faccio da due mesi: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: Avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 18/04/2020 (12:27:35) |
Il solito parere aureo di Raffaele Guariniello è di conforto per chi mette al primo posto la tutela dei lavoratori da tutti i rischi presenti durante il lavoro, ai sensi degli articoli 17, 28, 29, 266 e 171 commi 1 e 4 del D. Lgs. n. 81/2008. Proprio l’eccezionalità di questi giorni potrebbe indurre a un appannamento magari velato delle garanzie previste a tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Non sembra questa la scelta operata dal nostro legislatore, attento a coinvolgere le stesse imprese nelladelicata opera di contenimento del virus, a tutela dei lavoratori e per conseguenza delle stesse popolazioni, anche attraverso le misure di sostegno stabilite nel D.L. n. 18/2020. TUTTI SI STANNO chiedendo se il datore di lavoro debba valutare il rischio coronavirus e individuare le misure di prevenzione contro tale rischio nel documento di valutazione dei rischi. A dare la risposta è, a ben vedere, l’art. 28, comma 2, lett. a), TUSL, ove si usa l’espressione “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”. Un’espressione altamente volutamente significativa, in quanto fa intendere che debbono essere valutati tutti rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come appunto il coronavirus. Proprio quel “durante” induce a condividere la linea interpretativa accolta dalla Commissione per gli Interpelli nell’attualissimo Interpello n. 11 del 25 ottobre 2016: “il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi, compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i rischi legati alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento”. Tra le misure anti-coronavirus a tutela della salute nei luoghi di lavoro, ha assunto un particolare rilievo il lavoro agile, anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi. È tutt’altro che agevole coglierne le implicazioni sul terreno della sicurezza sul lavoro. Anzitutto, perché sono rimasti irrisolti i dubbi interpretativi e applicativi sollevati dalla Legge n. 81/2017 sul lavoro agile. E inoltre perché il D.P.C.M. 8 marzo 2020 impone comunque il rispetto dei principi dettati dagli articoli da 18 a 23 di questa legge. E non si pensi che gli obblighi del datore di lavoro siano circoscritti a una mera individuazione dei rischi connessi alla prestazione del lavoro agile, quasi che la predisposizione e l’attuazione delle misure di prevenzione fossero esclusivamente rimesse alla discrezione e alla sapienza del lavoratore agile destinatario dell’informativa sui rischi. P.s. Questo è uno spazio libero al commento. Non rispondo agli anonimi. A chi ripete sempre gli stessi inutili commenti copia e incolla che non conosce il significato dell'obbligo di valutare tutti i rischi durante il lavoro E a chi personalizza la discussione per mancanza di argomenti giuridicamente fondati. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 19/04/2020 (10:24:48) |
Io non sono anonimo e quindi potresti rispondere alle domande che ti faccio da due mesi. Quelli che sono inutili, sono i tuoi copia-incolla. Questo di Guariniello, ad esempio, è terza o la quarta volta che lo copi-incolli in ciascuna delle 5-6 discussioni sul Corona Virus. Se ti si fanno delle domande, come sto facendo io da due mesi, non rispondi ma incolli il parere di questo o di quello (ovviamente, sempre i soli due o tre pareri che sposano la tua linea) o incolli pronunce della cassazione che non hanno nulla a che vedere con le particolarità della situazione che stiamo vivendo. Figuriamoci, poi, se mi copia incolla per l'ennesima volta uno dei pareri di un soggetto che per 40 anni ha rappresentato la Pubblica Accusa……. Uno che non ha mai, dico mai, fatto un commento su una pronuncia della cassazione che, invece, accoglieva il ricorso di un RSPP, di un CSE, ecc., coinvolti in un procedimento penale. Quindi, per cortesia, lasciamo perdere certi personaggi e la loro visione. Se io scrivessi articoli dove il 98% dei commenti sconfessa le mie "interpretazioni", mi porrei almeno due domande: 1) scrivo sciocchezze visto che il 98% di chi legge non concorda con quanto ho scritto oppure 2) scrivo su un periodico dove il 98% dei lettori non è in grado di comprendere il mio pensiero. In entrambi i casi, le conseguenze, sarebbero logiche. Visto che non sono anonimo e ci conosciamo dal 1989, e cioè da quando al Cedis di MilanoFiori preparavi checklist con gli articoli dei decreti presidenziali, ti ripropongo le solite tre domande a cui continua a non rispondere: - Quali devono essere i contenuti di un aggiornamento di un DVR per il COVID-19? "Quale è la differenza tra un aggiornamento di un DVR integrando quello che mi impongono le Autorità Pubbliche (non posso come datore di lavoro attuare misure diverse) e l'applicazione del Protocollo con le stesse misure contestualizzate in funzione dell'attività dell'azienda e delle specificità della stessa?" "Quando un ente di vigilanza andrà in un'azienda cosa verificherà? Se il Protocollo è concretamente applicato oppure il nome dell'evidenza documentale in cui la contestualizzazione del Protocollo è stata descritta? |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 21/04/2020 (00:18:33) |
. Il DVR è il documento fondamentale di salute e sicurezza e chi di fronte al rischio biologico COVID-19 che trasforma radicalmente l'organizzazione del lavoro aziendale non aggiorna il documento aziendale di valutazione dei rischi sta violando il D.Lgs. n. 81/2008 articoli 17, 28, 29, 266, 271 commi 1 e 4 del D. Lgs. n. 81/2008. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 21/04/2020 (09:33:34) |
Mi stavo preoccupando perché per ben un giorno e mezzo non era prevenuto l'ennesimo copia incolla di Dubini riguardante, ovviamente, le solite pronunce della Cassazione che nulla hanno a che vedere con l'odierno scenario. Ricordo che la task forze sta già suddividendo in 4 classi di rischio le attività, facendo lei la ri-valutazione del rischio per le varie tipologie di attività. Come datore di lavoro, a fronte dell'entità del rischio in cui la mia azienda verrà collocata', dovrò attuare le misure conseguenti che saranno indicate dalla Task Force. Quindi, sia la valutazione dei rischi che le misure da adottare saranno, così sembra, definite dalla Task Force. Se invece la Task Force lascerà, come hanno fatto alcuni altri Stati (pochissimi, in verità), l'onere della valutazione dei rischi al singolo datore di lavoro, chiedendogli di classificare la propria azienda in base all'attività eseguita, allora dovrà essere questi a definire cosa fare, come farlo, ecc., per tutelare i propri lavoratori e formalizzare il tutto in un nuovo DVR. Cosa che non credo avverrà in Italia in quanto verrebbe smentito tutto quanto deciso ed attuato fino ad oggi dalle Autorità Pubbliche. Personalmente penso che si manterrà la stessa linea seguita fino ad oggi e cioè quella in cui la valutazione del rischio da COVID-19 e le conseguenti misure da attuare sono state definite dal Protocollo delle Autorità Pubbliche lasciando ai singoli datori di lavoro con RSPP, RLS e MC, il compito di contestualizzarle in funzione delle specificità dell'azienda. Leggendo alcuni interventi , mi continuo a domandare quando si capirà che, essendo le norme di Igiene Pubblica sovraordinate a quelle di Igiene Occupazionale in una situazione emergenziale , non vi è alcun bisogno di rimettere mano al DVR , riguardante la gestione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro non certo nelle condizioni di epidemia, ma gestire le attività con le nuove procedure emergenziali imposte dalle Autorità Pubbliche e contestualizzate per la specifica azienda. Tutto quello indicato dalla Frascheri nell'articolo può esser tranquillamente trattato nella citata Procedura Aziendale per il contenimento del contagio da COVID-19. In altre parole, con una Procedura specifica in cui sono contestualizzate tutte le misure tecniche ed organizzative per la concreta applicazione delle cautele anticontagio definite dal Protocollo e dalla Task Force, si è tranquillamente in grado di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Questa procedura, rispetto, al DVR, viaggerà ad un livello superiore ma parallelo per il contenimento di questo specifico rischio e terrà conto di tutti gli aspetti ad essa correlati. Se non terremo distinta la gestione del rischio da contagio da COVID-19 dalla gestione dei rischi professionali, la conseguenza, come continuo a ripetere, è che come Datori di lavoro, dirigenti, Preposti, MC, RSPP, appaltatori, Fornitori vari, CSP /CSE, ecc., saremo sistematicamente coinvolti nei procedimenti penali per non aver segnalato / gestito qualunque tipo di rischio esogeno. Ovviamente, tutto questo farà comodo e fornirà un nuovo business (in termini economici, di immagine, ecc.) a chi strumentalmente continua a sostenere la necessità di aggiornare il DVR anche per le aziende in cui questo rischio biologico non è presente, neanche a livello potenziale, durante le normali attività. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 21/04/2020 (10:12:21) |
La Valutazione dei rischi (DVR) precede e determina i contenuti di tutte le procedure e i protocolli di sicurezza vigenti in azienda e nell'ente. di Rolando Dubini, avvocato penalista del Foro di Milano, cassazionista. La valutazione dei rischi è primo e fondamentale obbligo legale sanzionato penalmente (in generale) ai sensi degli articoli 17, 28, 29 del D.Lgs. n. 81/2008 del datore di lavoro per proteggere la propria forza lavoro dagli infortuni lievi, gravi o mortali o malattie professionali che siano. Consiste nell’analisi scrupolosa, specifica e dettagliata di tutto ciò che all’interno dell’unità lavorativa, o comunque durante il lavoro ovunque esso si svolga, può rappresentare un potenziale danno per le persone che lavorano (o che sono comunque, anche occasionalmente presenti), includendovi anche i materiali, le apparecchiature, i metodi e le normali prassi, gli agenti fisici, le sostanze pericolose, gli agenti biologici presenti anche occasionalmente. Conclusa la fase dell’”Individuazione dei pericoli“, il datore di lavoro dovrà procedere con la fase vera e propria relativa alla valutazione del rischio, quantificando con una valutazione sintetica di ogni rischio il grado alto-medio-basso di ognuno di essi, e quindi alla individuazione di tutte le opportune misure procedurali e di tutti i protocolli di prevenzione e protezione per tutelare i lavoratori. Le procedure e i protocolli di sicurezza concretamente adottati in azienda sono il risultato finale di una specifica valutazione delle modalità con le quali il singolo pericolo si manifesta potenzialmente come rischio rilevante in azienda. Prima la valutazione del rischio, DOPO la singola procedura, o protocollo, AZIENDALE di salute e sicurezza La valutazione “di tutti i rischi” per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività lavorativa, costituisce uno degli aspetti più rilevanti nell’impostazione del decreto legislativo 81/08, assumendo il valore di criterio metodologico della prevenzione. Essa, come recita il decreto, deve essere “globale e documentata” e con ciò vengono a seguire specificati i più importanti rischi. Tra questi quelli fisici, chimico, biologico, movimentazione manuale dei carichi, videoterminali, stress lavoro-correlato, etc. Da valutare sono anche quelli non esplicitamente nominati dal legislatore, perché, recita l'articolo 28 del D.Ogs. n. 81/2008, sono tutti i rischi che si manifesta restano durante il lavoro,nessuno escluso. Nessun tipo di classificazione adottata per classificare i rischi può essere opportunisticamente strumentalizzata per evitare di proteggere i lavoratori da rischi che comunque non nacciano l'integrità fisica del lavoratore durante il lavoro. Non è ammesso l'utilizzo di una nozione intenzionalmente ristretta di rischio professionale, che poi è banalmente il rischio che si manifesta durante il lavoro in ragione della professione svolta che costringe il lavoratore a stare a contattarmi con tutta una lunga serie di rischi, al fine di consentire al datore di lavoro di violare il proprio obbligo incondizionato di proteggere lavoratrici e lavoratori da tutti i rischi che si manifestano durante il lavoro. Non proteggere i lavoratori da tutti o rischi che si manifestano durante il lavoro è un comportamento illecito finalizzato a ridurre in modo illegale i costi di sicurezza aziendale per la prevenzione e protezione della salute e sicurezza durante il lavoro. In tal senso " in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (per tutti, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, omissis, Rv. 261109) precisandosi altresì, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite, che il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016 – dep. 16/05/2016, omissis, Rv. 267253)" [Corte di Cassazione -III sez. pen. - sentenza n. 30173 del 5-07-2018]. |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 21/04/2020 (11:23:06) |
Evidentemente nel subconscio di chi invita perniciosamente a violare l'obbligo penalmente sanzionato di valutare tutti i rischi durante il lavoro, incluso quello biologico da COVID-19 con tutta la conseguente radicale riorganizzazione aziendale del lavoro, opera un piccolo campanello d'allarme e di cui il fascino dei miei argomenti, che raccolgono un numero sempre più crescente di adesioni. Ma la brutta sorpresa per chi non ha capito l'obbligo fondamentale in materia di salute e sicurezza sul lavoro deve ancora arrivare. Come si dice, ride bene chi ride ultimo. E rivendico il ruolo di artefice di una discussione di grande spessore. Il fatto che i miei articoli suscitano tali discussioni vuol dire che c'è sotto qualcosa. Non c'è fumo senza arrosto. |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0 | 21/04/2020 (11:40:11) |
Premessa: tutti quelli che non concordiamo con lei NON stiamo omettendo di valutare il rischio Covid o di facilitare la riorganizzazione aziendale (alla luce del Protocollo del 14 marzo e di Linee Guida autorevoli ecc. ecc. in attesa di prossime indicazioni ufficiali). Se lei Dubini non avesse ancora capito questo... siamo davvero messi male perché è il nocciolo di tutte queste pagine qui sopra. Detto ciò, finalmente APPREZZO una sua risposta non da copia e incolla. E secondo me ormai non ci sarebbe altro da dire se non augurarsi reciprocamente fra tutti un buon lavoro, ciascuno nel suo ambito. Con la speranza che questa discussione non abbia lo scopo di 'vincere' alcunché (autostima, l'opinione altrui, soldi per futuri lavori...) ma solo favorire la ricerca di ciò che sia giusto, come dovrebbe essere sempre ed è, mi pare, nello spirito del sito. Grazie e saluti. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 22/04/2020 (09:47:35) |
E' inutile. Non si riesce a capire che nessuno sta dicendo che i lavoratori non devono essere tutelati ma che la tutela va attuata attraverso la contestualizzazione, in ogni singola azienda, delle misure previste dal Protocollo che oggi rappresentano le migliori conoscenze scientifiche disponibili per la tutela della salute dei lavoratori. In merito "alla brutta sorpresa per chi non ha capito l'obbligo fondamentale …." restiamo in attesa. Se verrà pubblicata una norma specifica che ci dirà che in tutte le aziende, a prescindere da ciò che fanno e da ciò con cui hanno a che fare, dovrà essere redatto un DVR specifico per il Corona Virus, ne prenderemo atto e applicheremo la norma. Ad oggi, però, non è così ed è il Protocollo che va applicato, contestualizzandolo, in quanto norma di Igiene Pubblica sovraordinata alle norme di Igiene Occupazionale. Per quanto riguarda le adesioni al "Dubini-pensiero" non metto in dubbio che ci siano ….. ma non certo su Puntosicuro, visto che solo 2 o 3 commentatori si sono allineati con tale pensiero su qualche centinaio di commenti. Infine, in merito "vuol dire che c'è sotto qualcosa…", Dubini può star tranquillo. Coloro che non condividono la sua visione, non credo siano cyberbulli organizzati o guidati da qualcuno che voglia fare gli interessi di una certa Parte Sociale e non tutelare la salute dei lavoratori. Penso siano dei professionisti che, come il sottoscritto, ragionano con il proprio cervello, analizzano la situazione in base alle proprie competenze ed alle regole vigenti e prendano le decisioni, in scienza coscienza, per dare il miglior supporto alle aziende ed ai lavoratori per la tutela della salute di questi ultimi. Il tutto sempre nel rispetto delle opinioni altrui e di un confronto dialettico secondo le regole d'educazione e civiltà. |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0 | 22/04/2020 (10:47:28) |
Catanoso esprime e sintetizza benissimo il tutto. Un'unica cosa: penso che abbia frainteso il "vuol dire che c'è sotto qualcosa..." che Dubini non riferiva alla marea di persone non concordi con lui, bensì al valore e al "fascino" (sic) delle proprie argomentazioni. Intende dire di aver suscitato una "discussione di grande spessore" che implicherebbe una sostanza ("arrosto" dice, appunto, non solo fumo). A me pare che il grande spessore sia dovuto al suo reiterare all'infinito le proprie argomentazioni senza intendere le risposte degli altri utenti (come ben detto qui sopra e nelle decine di interventi) ma comunque è pur sempre un suo buon diritto, e noi ne abbiamo approfittato per ragionarci su più e più volte. Per quanto riguarda il fumo, che sarebbe segno di arrosto, mi permetto di dire che il fumo è stato talmente tanto che l'arrosto parrebbe bruciato (se mi si concede il "fascino" di questa battuta...). Buon lavoro a tutti |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 22/04/2020 (13:21:05) |
L'eccellente documento Inail del 21.4.2020, frutto del lavoro della parte ex Ispesl dell'Istituto, che finalmente fa chiarezza facendo piazza pulita di fallaci note e indicazioni amministrative di questo o quel funzionario totalmente fuorvianti, fallaci e in violazione di legge, che invitavano incredibilmente a non valutare tutti i rischi durante il lavoro conseguenti al COVID-19. Come già in passato, per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'Inail individua anche questa volta un eccellente metodo di valutazione di una tipologia di rischio fondamentale nell'ambito dell'aggiornamento obbligatorio del DVR in relazione al rischio biologico da COVID-19. Rischio che, a cascata, obbliga a valutare il rischio di prossimità in relazione alle distanze di sicurezza interpersonale, il rischio legato alla riorganizzazione del lavoro produttivo e alla massiccia adozione del lavoro agile, a distanza, ecc. ecc. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 23/04/2020 (11:12:09) |
Qualcuno può spiegare a Dubini che questo documento è destinato come suggerimento alla Task Force e non alle aziende. Sarà la Task Force a dire cosa e come fare con i contenuti che saranno formalizzati in un DPCM o in un DL da convertire successivamente. |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 23/04/2020 (11:46:13) |
La Valutazione del rischio da contagio COVID-19 in TUTTI i luoghi di lavoro secondo l'INAIL Documento tecnico INAIL, 21 Aprile 2020 sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione Il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili: - Esposizione : la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.); - Prossimità : le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità; - Aggregazione : la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.). Tali profili di rischio possono assumere una diversa entità ma allo stesso tempo modularità in considerazione delle aree in cui operano gli insediamenti produttivi, delle modalità di organizzazione del lavoro e delle specifiche misure preventive adottate. Il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili: - Esposizione : la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.); - Prossimità : le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità; - Aggregazione : la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.). Tali profili di rischio possono assumere una diversa entità ma allo stesso tempo modularità in considerazione delle aree in cui operano gli insediamenti produttivi, delle modalità di organizzazione del lavoro e delle specifiche misure preventive adottate. In una analisi di prioritizzazione della modulazione delle misure contenitive, va tenuto conto anche dell’impatto che la riattivazione di uno o più settori comporta nell’aumento di occasioni di aggregazioni sociali per la popolazione. È evidente, infatti, che nell’ambito della tipologia di lavoro che prevede contatti con soggetti “terzi”, ve ne sono alcuni che determinano necessariamente la riattivazione di mobilità di popolazione e in alcuni casi grandi aggregazioni. Al fine di sintetizzare in maniera integrata gli ambiti di rischio suddetti, è stata messa a punto una metodologia basata sul modello sviluppato sulla base dati O’NET del Bureau of Labor of Statistics statunitense (fonte O*NET 24.2 Database, U.S. Department of Labor, Employment and Training Administration) adattato al contesto lavorativo nazionale integrando i dati delle indagini INAIL e ISTAT (fonti Indagine INSuLa 2 e dati ISTAT degli occupati al 2019) e gli aspetti connessi all’impatto sull’aggregazione sociale. Metodologia di valutazione integrata Viene di seguito illustrata una matrice di rischio elaborata sulla base del confronto di scoring attribuibili per ciascun settore produttivo per le prime due variabili con le relative scale: - esposizione - 0 = probabilità bassa (es. lavoratore agricolo); - 1 = probabilità medio-bassa; - 2 = probabilità media; - 3 = probabilità medio-alta; - 4 = probabilità alta (es. operatore sanitario). - prossimità - 0 = lavoro effettuato da solo per la quasi totalità del tempo; - 1 = lavoro con altri ma non in prossimità (es. ufficio privato); - 2 = lavoro con altri in spazi condivisi ma con adeguato distanziamento (es. ufficio condiviso); - 3 = lavoro che prevede compiti condivisi in prossimità con altri per parte non predominante del tempo (es. catena di montaggio); - 4 = lavoro effettuato in stretta prossimità con altri per la maggior parte del tempo (es. studio dentistico). Il punteggio risultante da tale combinazione viene corretto con un fattore che tiene conto della terza scala: - aggregazione - 1.00 = presenza di terzi limitata o nulla (es. settori manifatturiero, industria, uffici non aperti al pubblico); - 1.15 (+15%) = presenza intrinseca di terzi ma controllabile organizzativamente (es. commercio al dettaglio, servizi alla persona, uffici aperti al pubblico, bar, ristoranti); - 1.30 (+30%) = aggregazioni controllabili con procedure (es. sanità, scuole, carceri, forze armate, trasporti pubblici); - 1.50 (+50%) = aggregazioni intrinseche controllabili con procedure in maniera molto limitata (es. spettacoli, manifestazioni di massa). Il risultato finale determina l’attribuzione del livello di rischio con relativo codice colore per ciascun settore produttivo all’interno della matrice seguente. Continua nel Testo integrale del Documento Tecnico Inail 21.4.2020 |
Rispondi Autore: Avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 23/04/2020 (11:48:22) |
Qualcuno può spiegare a Catanoso che il documento INL è destinato ai funzionari INL e non ai datori di lavoro? |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0 | 23/04/2020 (15:57:03) |
Così come infatti la Nota dell'ispettorato Nazionale del Lavoro rivolta ai propri ispettori (INL.REGISTRO UFFICIALE.U.0000149.20-04-2020) a pag.48 di 63 dice: "Il rischio, non è riconducibile al titolo X del D.Lgs. 9 aprile 2008, n.81, non attenendo ordinariamente il ciclo produttivo aziendale". E' inutile, non ci sono pronunciamenti ufficiali e fino a tal momento ogni azienda utilizza il Protocollo 14 marzo con le conseguenti misure adattate alla propria organizzazione. Se in futuro ci saranno nuovi riferimenti cogenti (non come le attuali Linee guida o indicazioni di Enti autorevoli ma non rientranti nell'obbligo D.Lgs.81/08) ognuno si adeguerà. Indipendentemente da tutte le citazioni di sentenze o altro che il buon Dubini può scrivere in questo momento, con maggiore o minore pertinenza. |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0 | 23/04/2020 (16:01:01) |
PS: aggiungo che nel documento appena citato, che serve per i CONTROLLI ispettivi nelle aziende, NON è presente la richiesta di DVR aggiornato, ma la verifica delle misure applicative rispetto al Protocollo 14 marzo. Questo è un fatto, al di là che possa essere un errore dell'Ispettorato Nazionale (secondo il Dubini-pensiero) oppure un'applicazione corretta dell'attuale situazione normativa (secondo il pensiero della maggioranza degli esperti). Amen |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 23/04/2020 (16:38:39) |
Mi si deve spiegare quali controlli sta facendo l'INL quando i dipendenti, mi dice un loro direttore, sono tutti in smart working. Non esistono i controlli INL. Evitiamo di inventare informazioni destituito di ogni fondamento. |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0 | 23/04/2020 (17:53:08) |
Ma che cosa importa se fanno i controlli o no? Quindi lei Dubini intenderebbe dire che siccome non hanno modo di fare controlli (oggi, vediamo 'domani'...) allora è carta straccia? Addirittura mi dice che "invento informazioni destituite di ogni fondamento?". Eh no eh.. qui lei passa il limite. Va bene avere interpretazioni personali diverse, ma qui lei mi offende proprio. Mi scusi ma si deve vergognare. Le ricopio l'inizio del documento: "Oggetto: Covid19 – disposizioni per la prevenzione del contagio sui luoghi di lavoro – chiarimenti. Seguito nota prot. n. 131 del 10.04. u.s. Alla luce della casistica sino ad allora verificatasi, con la nota a seguito si è – tra l’altro – raccomandato agli Uffici in indirizzo di aderire alle richieste che giungessero loro dai Prefetti di contribuire alle necessarie verifiche circa la ricorrenza delle condizioni previste per la prosecuzione (ove consentita) delle attività produttive, industriali e commerciali, in un’ottica di doverosa collaborazione alla gestione della emergenza epidemiologica in corso." |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 23/04/2020 (19:33:28) |
Bersani, con Dubini è tempo perso. Tengo a dire a Dubini che il sottoscritto in questa discussione non ha mai detto che il documento INL riguardasse i datori di lavoro delle aziende e, quindi, oltre al copia-incolla adesso s'inventa anche prese di posizione che non ci sono state. Pazienza, c'è solo da prenderla a ridere. Riguardo l'INL, neanche se lei gli inviasse le presentazioni che sono state fatte qualche giorno fa agli ispettori tecnici in un webinar dal Ministero, dove c'è espressamente scritto quello che lei ha riportato, accetterebbe la sua versione. Pensi che qui su Puntosicuro, a differenza di altri gruppi di discussione tecnica sui social e su cui è perennemente presente, non può "bannare" nessuno di quelli non si allineano alla sua visione (il sottoscritto è da lui "bannato" ovunque) e deve accettare, a malincuore, il confronto. Da qui la sparata nei suoi confronti accusandola di "inventare informazioni destituite di ogni fondamento". |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0 | 23/04/2020 (19:57:37) |
Grazie Catanoso per il chiarimento. Non seguo i social e ne avevo solo sentito parlare vagamente da alcuni colleghi del mio Ordine professionale. Chissà se Puntosicuro stavolta prenderà una posizione, io in ogni caso tenterò di chiudere qui. Cordiali saluti |
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0 | 23/04/2020 (20:01:39) |
Strategie di Prevenzione COVID-19 INAIL "Sulla base di tale approccio di matrice di rischio si possono adottare una serie di misure atte a prevenire/mitigare il rischio di contagio per i lavoratori. Il sistema di prevenzione nazionale ed aziendale realizzatosi nel tempo, con il consolidamento dell’assetto normativo operato dal D.Lgs 81/08 e s.m.i., offre la naturale infrastruttura per l’adozione di un approccio integrato alla valutazione e gestione del rischio connesso all’attuale emergenza pandemica. C’è la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) atte a prevenire il rischio di infezione SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro contribuendo, altresì, alla prevenzione della diffusione dell’epidemia. Tali misure posso essere cosi classificate: - Misure organizzative - Misure di prevenzione e protezione - Misure specifiche per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici Tratto dal Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione". |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 28/04/2020 (14:11:56) |
SCELTA DELLE PROTEZIONI Nella declinazione delle misure di salute e sicurezza del lavoro che implicano l’utilizzo di mascherine all’interno dei luoghi di lavoro sulla base del complesso dei rischi valutati e, a partire dalla mappatura delle diverse attività dell’azienda, si adotteranno i DPI idonei (Protocollo Condiviso 24.4.2020 in allegato 6 al DPCM 26.4.2020). E’ previsto, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal Decreto Legge n. 9 (art. 34) in combinato con il Decreto Legge n. 18 (art 16 c. 1) Vanno mappate tutte le attività, prevedendo di norma, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal DL n. 9 (art. 34) in combinato con il DL n. 18 (art 16 c. 1). La valutazione dei rischi nelle singole realtà aziendali è lo strumento adeguato per la determinazione di specifici DPI anche in relazione al complesso dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori. Indicazioni più specifiche sono state definite per gli operatori della sanità con il documento pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità in materia. (Documento Tecnico INAIL aprile 2020 fase 2 - Utilizzo di mascherine e dispositivi di protezione individuali (DPI) per le vie respiratorie - Pagina 14) |
Rispondi Autore: Luca - likes: 0 | 30/12/2020 (16:45:20) |
Ma alla fine Dubini & co. avranno aggiornato i loro DVR? |