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Imparare dagli errori: incidenti e infortuni con i serbatoi

Imparare dagli errori: incidenti e infortuni con i serbatoi
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Spazi confinati

26/09/2013

Esempi di infortuni correlati ad attività nei pressi di serbatoi e cisterne. L’ispezione e le bonifiche dei serbatoi, i travasi e le modifiche degli sfiati. Focus sulle condizioni per entrare e lavorare negli ambienti confinati.

 
Brescia, 26 Set – Cisterne e serbatoi sono sicuramente alcuni dei luoghi di lavoro più spesso funestati da incidenti gravi e mortali.
Dopo aver parlato di infortuni nelle vasche, nelle  reti fognarie e nelle cisterne, “Imparare dagli errori” non può che tornare su questi due ambienti con particolare, ma non esclusivo, riferimento ai serbatoi.
 
Come sempre gli incidenti presentati sono tratti dalle schede di  INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al  sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

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I casi
Il primo caso è relativo all’ispezione di un serbatoio.
Un lavoratore è trovato all’interno di un pozzo di accesso al deposito interrato di biocombustibile (gusci di noci) che alimenta la centrale termica di una casa di riposo. L’infortunato, ispezionando il serbatoio, aveva deciso di agevolare la caduta del materiale accumulato sui fianchi della cisterna verso la coclea centrale utilizzando un badile. Mentre effettuava l’operazione perdeva conoscenza e decedeva per asfissia.
Nell’ambiente sotterraneo “era presente un’elevata concentrazione di monossido di carbonio dovuto ad un ritorno di fumi dalla caldaia verso il deposito della biomassa attraverso la coclea di carico. Questo fenomeno è imputabile alla modifica dell’impianto realizzata qualche anno prima che ha introdotto un tratto della tubatura ‘a sifone’ tra caldaia e camino. La mancata pulitura periodica del tubo ha determinato il malfunzionamento dell’impianto di scarico dei fumi”.
Dunque tra i fattori determinanti dell’incidente sono indicati:
- l’impianto di tiraggio fumi poco efficace;
- la presenza di un ambiente saturo di monossido di carbonio.
 
Il secondo caso è relativo ad attività di modifica dello sfiato del serbatoio di raccolta dell’impianto di trattamento dell’acqua prelevata da un pozzo sotterraneo.
Un lavoratore deve realizzare un tubo – un tubo “di troppo pieno” - che dovrebbe far defluire l’acqua del serbatoio a livello del pavimento.
A tale scopo fissa con due punti di saldatura un coperchio circolare metallico sopra il tronchetto di sfiato del serbatoio. Dopo qualche minuto riprende il lavoro per completare la saldatura.
In tal modo si è tuttavia innescata un’esplosione e il serbatoio d’acqua si è staccato dalla sua base e ha scaraventato il lavoratore a una distanza di 15 metri. Il lavoratore muore  all’istante. Le analisi successive hanno indicato che “è esploso il gas naturale (metano) che usciva direttamente dal pozzo mescolato all’acqua ed è stato innescato dalla scintilla della saldatrice. La presenza di metano nell’acqua del pozzo era sconosciuta a tutti”.
 
Un terzo caso è relativo alla bonifica di un serbatoio di metano.
Durante la bonifica del serbatoio per conto dell'azienda distributrice un lavoratore rimane all'interno (a causa di asfissia da azoto) di un pozzetto usato per espellere il metano residuo.
In lavoratore era entrato nel pozzetto di ispezione senza averne preliminarmente verificato le condizioni di aereazione e senza usare un idoneo autorespiratore.
 
Concludiamo con un quarto caso relativo ad un travaso di HCL da serbatoio di stoccaggio, posto all'interno del reparto, in cisternette da 1000 L, situate esternamente al capannone, utilizzando un tubo collegato ad una pompa ad aria compressa.
Per il travaso viene richiesto l’aiuto di un lavoratore. “Tale attività non rientrava fra le sue mansioni e non era comunque mai stata effettuata in quel reparto”.
Tale operazione “era stata autorizzata dal caporeparto che ricopriva tale ruolo sia nel reparto dove era posizionata la cisterna dell'HCL che nel reparto dove erano collocate le cisternette che normalmente contenevano INSOL-MF/S (NaHS), come risultava dalla etichettatura posta esternamente alle stesse. Inizialmente parteciparono all'operazione di travaso due operai di una ditta esterna, il vice caporeparto e l'infortunato. Nessuno aveva a disposizione DPI per l'apparato respiratorio. Verificato il passaggio di HCL dal serbatoio alla prima cisternetta, l'infortunato fu lasciato da solo a svolgere l'operazione di riempimento delle altre. Durante il travaso nella seconda cisterna si sprigionava una nube densa di gas (acido solfidrico H2S) a causa della presenza nel recipiente di residui di NaHS (solfidrato di sodio) che a contatto con l'HCL provocavano una reazione chimica con formazione di H2S. Dalla ricostruzione dei fatti risulta che l'infortunato tentò di chiudere l'apertura superiore della cisterna con degli stracci e chiuse la pompa ad aria compressa bloccando l'uscita dell'HCL. Il cadavere è stato ritrovato a circa due metri dalla porta da due colleghi che passavano con un automezzo”.
Alcune indicazioni degli errori:
- “non è stata verificata l'avvenuta bonifica delle cisterne normalmente adibite a contenere NaHS;
- il compito di travasare l'HCL è stato affidato ad un lavoratore che normalmente era adibito ad altra mansione e quindi non formato;
- il travaso è stato eseguito senza l'utilizzo di DPI respiratori”.
 
La prevenzione
Nelle scorse puntate abbiamo offerto diverse indicazioni per la prevenzione degli incidenti relativi agli ambienti confinati o comunque in ambienti sospetti di inquinamento, ad esempio in relazione ai pericoli di asfissia e all’utilizzo di dispositivi di protezione personale.
 
Ricordando l’importanza di elaborare, nelle attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specifiche e idonee procedure di sicurezza,  riprendiamo ora alcune indicazioni tratte dal “ Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del dpr 177/2011”.
 
Abbiamo già detto che il personale che accede in ambiente sospetto di inquinamento o confinato deve essere provvisto di DPI idonei, secondo le valutazioni e le verifiche effettuate.
Ed è inoltre necessaria una informazione, formazione e addestramento dei lavoratori coinvolti nell’attività con particolare riferimento all’applicazione delle procedure e all’uso dei DPI, della strumentazione e delle attrezzature di lavoro sulla base delle attività da svolgere e dei rischi presenti.
 
Tuttavia, con particolare riferimento alla dinamica del primo e del terzo incidente, ci soffermiamo su alcune delle condizioni necessarie per i lavoratori che devono entrare nell’ambiente confinato:
- “avere l’idoneità sanitaria per la mansione specifica;
- conoscere i pericoli presenti e la procedura di lavoro;
- conoscere le caratteristiche tecniche dei DPI ed utilizzarli in modo appropriato secondo l’addestramento ricevuto;
- laddove necessario, indossare i DPI idonei per consentire una rapida estrazione in caso di condizioni anomale e/o impreviste (ad esempio una imbragatura completa, collegata mediante una fune ad apposito argano o treppiede);
- mantenersi in costante comunicazione (vocale e/o visiva) con l’addetto esterno e nel caso in cui la comunicazione avvenga con apparecchi trasmittenti deve essere assicurata la non schermatura di tali trasmissioni dagli stessi ambienti di natura metallica;
- conoscere le procedure di emergenza;
- laddove necessario, munirsi di apparecchio portatile, dotato di dispositivo di allarme, per la misurazione in continuo della percentuale di ossigeno o di altre sostanze;
- laddove necessario, munirsi di apparecchio portatile, dotato di dispositivo di allarme, per la misurazione in continuo della concentrazione in aria di sostanze infiammabili (in % del limite inferiore di esplodibilità LEL);
- laddove necessario, dotarsi di sistemi a funzionamento elettrico o a batteria rispondenti ai requisiti di sicurezza del DPR 126/98 (recepimento della Direttiva ATEX);
- evacuare immediatamente l’ambiente confinato e comunicare al proprio responsabile ogni condizione anomala e/o imprevista riscontrata all’interno dell’ambiente;
- evacuare immediatamente l’ambiente confinato quando ordinato dall’operatore esterno e/o all’attivazione di qualche segnale codificato di allarme e/o al riconoscimento di qualche sintomo di malessere fisico”.
 
E gli operatori esterni devono:
- “avere l’idoneità sanitaria per la mansione specifica;
- conoscere i pericoli presenti e la procedura di lavoro;
- assicurare la presenza per tutta la durata dei lavori. Se per qualunque motivo ci si deve allontanare, deve essere richiesto il cambio ad un altro operatore, anche esso in possesso di competenze e formazione specifiche e dotato di idonei DPI;
- mantenere una comunicazione costante con il lavoratore/i all’interno;
- proibire l’ingresso a chiunque non sia stato autorizzato;
- controllare che le condizioni di sicurezza non mutino e/o non sopraggiungano pericoli dall’esterno; 
- conoscere le procedure di emergenza;
- far evacuare immediatamente l’ ambiente confinato se si verifica una condizione anomala e/o imprevista (ad esempio riconducibile alle modalità di lavoro e/o alle condizioni del lavoratore);
- essere specificatamente equipaggiato ed addestrato al primo soccorso per l’assistenza e il recupero del lavoratore”.
Si ricorda che prima di entrare per prestare assistenza i soccorritori devono indossare i previsti DPI.
 
Concludiamo segnalando che quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, “devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose”.
 
 
 
Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 2798, 3140, 1769 e 2580 (archivio incidenti 2002/2010).
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 

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