Malattie professionali con obbligo di denuncia: una svista che dura da 50 anni
Lo scorso 13 gennaio in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato un nuovo Decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il Decreto ministeriale del 15 novembre 2023 “Aggiornamento dell'elenco delle malattie professionali” che riporta l’elenco delle malattie professionali che devono essere denunciate dal medico competente con riferimento all’art. 139 del DPR 1124/1965.
Per poter analizzare, commentare e fare emergere eventuali criticità da questa nuova norma, pubblichiamo oggi un nuovo contributo del Prof. Adriano Ossicini - Medico del Lavoro e Medico Legale, già Sovrintendente Medico Generale Inail – dal titolo “Una svista che dura da 50 anni! Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 139, non rispetta le indicazioni puntuali della Raccomandazione Europea”.
Una svista che dura da 50 anni!
Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 139, non rispetta le indicazioni puntuali della Raccomandazione Europea.
“L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare” - Gino Bartali
Storia di come nasce l’elenco di Malattie da denunciare ex. Art.139
Cosa affermava la raccomandazione europea del 1962
L’allegato II non preso nella giusta considerazione
D.lgs. n.38/2000 art,10, comma 4
Riassunto
A gennaio, dopo dieci anni, è stato rinnovato, quarta volta, l’elenco delle malattie da denunciare ai sensi dell’art.139 del T.U. D.P.R. n. 1124 del 1965 che recita al primo comma “È obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca la esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del Ministro per il lavoro e la, previdenza sociale di concerto con quello per la sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità.”, confermato con modifiche dall’art.10 del D.lgs. n.38/2000 comma 4 e, per la prima volta compare nel Decreto, la dizione “Malattia professionale”, mai comparsa nei precedenti decreti.
A differenza dei decreti succedutesi nel tempo - 19731, 20042, 20083 e 20144 - dove sempre si ritrova in testa al decreto la dicitura aggiornamento dell’“Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 139 del testo unico, approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni e integrazioni”, e il primo articolo ribadiva “Approvato il nuovo elenco delle malattie per…” senza ulteriore specificazione, è invece comparsa nell’ultimo decreto appena citato - D.M. 15.11.20235 su Gazzetta Ufficiale del 13.1.2024 - la dicitura nel titolo del decreto come “Elenco delle malattie professionali” ed anche nel primo articolo si legge ancora “Elenco delle malattie professionali” come esplicitazione dell’articolo seguito dalla didascalia “Approvato il nuovo elenco delle malattie per…”, questo cambiamento, da una parte ha condotto a dei gravi errori di comunicazione, dato che alcuni siti hanno confuso le due tabelle ex art. 3 e 211 con quella ex art.139, dall’altra ci ha portato a fare una ricognizione storica dei vari decreti succedutesi nel tempo per meglio comprendere se c’era un motivo e/o dove era la mancanza.
Alla fine crediamo, così sembra emergere, che quanto successo evidenzia che da cinquanta anni ci trasciniamo un errore di interpretazione applicativo nell’art.139 nel D.M.18.4.1973, rispetto alla Raccomandazione Europea del 1962, ed altro misunderstanding nel dar corso all’art.10 comma 4 del D.lgs 38/2000, da parte della Commissione istituita per la formulazione della tabella ex. Art.139 con il terzo Decreto 27.4.2004, mettendo, ancora una volta, insieme sotto l’art.139 i due allegati della raccomandazione, All. I “Lista europea delle malattie professionali” e All. II “Lista annessa indicativa delle malattie da sottoporre all'obbligo di denuncia in vista di una eventuale iscrizione nella lista europea” cosa non prevista, e tenuta invece ben separata, dalla Commissione Europea.
Storia di come nasce l’elenco di Malattie da denunciare ex. Art.139
Il tutto parte dalla Raccomandazione della Commissione Europea (2188/62) rivolta agli stati membri, allora nella CEE solo sei, per l'adozione di una lista europea delle malattie professionali del 23.7.19626 in cui si esortava gli stati membri ad introdurre nelle loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative una lista europea – allegato I - da valere come lista delle malattie professionali che tutti gli stati dovrebbero indennizzare, e di prevedere una lista – allegato II – da valere come lista annessa indicativa delle malattie da sottoporre all'obbligo di denuncia in vista di una eventuale iscrizione nella lista europea.
Ci permettiamo di aggiungere, per estrema chiarezza, che le raccomandazioni, a differenza delle direttive, non sono vincolanti, e sono normalmente rivolte agli Stati membri e contengono un forte invito a conformarsi a un certo modo di agire e nel caso di specie sottolineano la necessità di ridurre il fenomeno delle malattie professionali, raccomandano l’integrazione delle informazioni a disposizione degli organismi preposti con indicazioni funzionali agli interventi stessi ai fini indennitari e di prevenzione.
Il parlamento legiferò in tal senso, due anni dopo, con l’art.139 citato con D.P.R. n.1124/65, e solo nel 1973 (D.M. 18.4.1973), ben undici anni dopo la raccomandazione, uscì il primo elenco cui fare riferimento dove chiaramente si legge “Visto l'art. 139 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, numero 1124; Considerato che la previsione della citata norma corrisponde altresì al principio enunciato dal paragrafo 10 g della raccomandazione C.E.E. del 23 luglio 1962”
Sembrerebbe che tutto filava, ma un dubbio che avevamo e da anni ci tormentava, avendo lavorato per quasi quaranta anni all’Inail; visto che la previsione dell’elenco di cui all’allegato II era per incrementare la lista europea delle malattie professionali, perché nella sua applicazione, l’articolo obbligava a segnalare anche le Malattie professionali tabellate e già riconosciute?
Abbiamo allora riletto con molta attenzione cosa affermava la Raccomandazione CEE del 1962, alla base dell’elenco, e che cosa diceva sia nelle motivazioni che nelle raccomandazioni ed abbiamo avuto non solo delle singolari sorprese che ci hanno stupito in meglio, ma anche la conferma di un errore interpretativo del cosiddetto paragrafo 10 g della raccomandazione, insita nella previsione dell’art. 139, errore interpretativo che risolverà il nostro dubbio nel merito.
Cosa affermava la raccomandazione europea del 1962
Le stimolanti sorprese sono nelle motivazioni che anticipano di ben venticinque anni quanto poi successo in Italia con il sistema misto con sentenza della Corte Costituzionale 179/1988, dopo che la stessa Corte più e più volte aveva ribadito, con forza, la validità della lista chiusa quale vantaggio del lavoratore.
Si legge infatti nelle motivazioni al punto 6 della Raccomandazione Europea del 1962 quanto segue “ il sistema delle liste e stato considerato per lungo tempo una garanzia per i lavoratori, grazie al criterio della presunzione di origine che vi si riconnette ; tuttavia , quando la lista comporta delle condizioni limitative troppo restrittive (lavori svolti, sintomi, termini di tempo) i vantaggi presentati dalla presunzione di origine non giocano più per quei lavoratori che non soddisfano strettamente le condizioni previste dalla legge e che tuttavia innegabilmente hanno contratto una malattia nell'esercizio della loro professione i lavoratori sarebbero garantiti in maniera più completa se la legislazione prevedesse anche un diritto all'indennizzo per malattie non contemplate dalla lista nazionale, ma delle quali fosse accertata in misura sufficiente l'origine professionale.”, il significato è chiarissimo, ma aggiungiamo, come ulteriore segnale di attenzione sulla specifica tematica che la stessa Commissione Europea, quattro anni dopo, su G.U. delle Comunità Europee del 9.8.1966 n.147 - Raccomandazione della Commissione rivolta agli Stati membri relativi alle condizioni di indennizzabilità delle vittime di malattie professionali del 27.6.19667 - successiva al D.P.R. n.1124/65 - ribadiva di introdurre, anche questo come auspicio, nella legislazione degli stati membri “…una disposizione che consenta di assistere, a titolo di indennizzo per le malattie professionali, i lavoratori colpiti da malattia a causa del lavoro, ma che non possono beneficiare della presunzione legale dell’origine della malattia, sia perché quest’ultima non figura nella lista nazionale, sia perché le condizioni previste dalla legislazione non sono, in tutto o in parte, soddisfatte”, che aggiungere se non il fatto che in Italia solo nel 1988, tale auspicio risulterà soddisfatto con sentenza della Corte Costituzionale n.179, cioè ben cinque lustri dopo, con queste indicazioni al “legislatore” italiano, che di fatto hanno consentito l’apertura al sistema misto.
Sempre nelle motivazioni - Rac. 23.7.1962 - si legge al punto 8 quanto segue “Gli studi hanno inoltre consentito di redigere una lista di malattie e agenti che non figurano ancora in nessuna delle liste nazionali, ma che sarebbe auspicabile introdurre in una lista moderna che tenga conto delle più recenti conquiste della medicina e della tecnica tale lista, ANNESSA alla lista europea , dovrebbe venire adottata dagli stati membri come lista delle malattie sottoposte ad obbligo di denuncia; di carattere semplicemente indicativo, essa permetterà di raccogliere una documentazione interessante dal punto di vista medico, statistico ed economico, in vista di un aggiornamento periodico della lista europea; essa stimolerà le ricerche sulle malattie e gli agenti che in essa figurano.” E nella lettera g) delle raccomandazioni si legge “ di rendere obbligatoria la denuncia dei casi di malattia che figurano nella lista annessa , di far svolgere uno studio particolare di questi casi e di comunicarne periodicamente i risultati alla commissione” ed a questo punto si riferisce l’art.139 laddove si legge “Considerato che la previsione della citata norma corrisponde altresì al principio enunciato dal paragrafo 10 g della raccomandazione C.E.E. del 23 luglio 1962”, in verità è sufficiente leggere la Raccomandazione CEE per capire che, da subito, vi è stato un misunderstanding in quanto, in primis, non esiste il paragrafo 10 punto g), come riportato, in quanto la Commissione Europea aveva diviso il testo in due parti; le motivazioni alla base delle decisione in dieci punti, e successivamente la raccomandazione in otto punti che vanno dal punto a) al punto h) come è facilmente evidenziabile nel documento originale.
Si deve inoltre segnalare, o meglio ribadire, visto che è già stato accennato in precedenza, che dalla stessa raccomandazione si evincono, senza ombra di dubbio, ed in maniera incontrovertibile, due elenchi ben differenti, anche per le finalità; un elenco, segnalato come Allegato I, titolato “Lista europea delle malattie professionali” che tutti gli stati membri avrebbero dovuto adottare ed un altro elenco come Allegato II “Lista annessa indicativa delle malattie da sottoporre all'obbligo di denuncia in vista di una eventuale iscrizione nella lista europea”, ed a questo si riferiva il punto g).
E che quest’ultimo elenco era il riferimento imprescindibile e utile per l’implementazione dell’elenco delle malattie da tabellare lo si afferma proprio nella raccomandazione e veniva confermato, se ve ne era bisogno, dalla Circolare INAIL n. 31 del 24 aprile 19768, emanata a seguito del DPR del 9 giugno 1975 n 482 sul nuovo elenco delle malattie professionali, laddove si affermava, correttamente, “che l’ampliamento intervenuto era dovuto, anche ad alcune indicazioni scaturenti dalle Raccomandazioni del 23 luglio 1962 e del 27 luglio 1966 della Comunità Economica Europea” riferimento quindi inequivocabile.
L’allegato II non preso nella giusta considerazione
Orbene nel decreto del 1973, in cui si dice che si fa riferimento al “paragrafo 10 g” - abbiamo sopra specificato che non esiste un paragrafo 10 g, ma semmai il punto g) della raccomandazione - non si dava corso a quanto previsto dal punto g, ma si dava seguito ad errore interpretativo.
Il punto g) ricordato recita quanto segue “…g) di rendere obbligatoria la denuncia dei casi di malattia che figurano nella lista annessa, di far svolgere uno studio particolare di questi casi e di comunicarne periodicamente i risultati alla commissione”.
Ma quale sarebbe la cosiddetta “lista annessa”?
Dalla lettura della raccomandazione si legge chiaramente che, di fatto, come poi risulta, due sono le liste (o meglio allegati con lista) una come lista europea delle malattie professionali che devono essere riconosciute e tutelate dalle diverse nazioni (All. I) , ed un'altra lista (All. II) come si legge nella motivazione n.8 “…che tenga conto delle più recenti conquiste della medicina e della tecnica e tale lista, annessa alla lista europea , dovrebbe venire adottata dagli stati membri come lista delle malattie sottoposte ad obbligo di denuncia; di carattere semplicemente indicativo , essa permetterà di raccogliere una documentazione interessante dal punto di vista medico, statistico ed economico, in vista di un aggiornamento periodico della lista europea; essa stimolerà le ricerche sulle malattie e gli agenti che in essa figurano.”.
Sembra incontrovertibile che a questa seconda lista si riferisce il punto g), cui poi è stato dato il nome nell’allegato II di “Lista annessa indicativa delle malattie da sottoporre all’obbligo di denuncia in vista di una eventuale iscrizione nella lista europea”
Ciò detto l’articolo 139, contrariamente a quanto indicato, sconvolge le indicazioni, denominando tale elenco come “elenco di malattia professionali”. “È obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca la esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del Ministro per il lavoro…” ma, stando a quanto previsto dalla raccomandazione, non di malattia professionale era la denuncia, ma di quelle malattie che l’evoluzione delle medicina poteva portare all’inserimento nella lista delle malattie professionali tutelate e tabellate.
Contrariamente, quindi, alle previsioni della raccomandazione di riferimento il primo Decreto Ministeriale del 1973 invece di riferirsi all’allegato II, mette insieme sia la lista delle malattie professionali già individuate che ogni paese doveva “indennizzare”, sia di quelle della lista annessa da sottoporre all’obbligo di denuncia, ma le indicazioni della Commissione Europea, come abbiamo evidenziato, non erano assolutamente queste, ma di evidenziare le malattie da inserire in una lista “annessa” che sarebbe stata utile, poi, per implementare la lista delle malattie professionali da riconoscere.
L’errore di interpretazione con applicazione sbagliata, a nostro avviso, si perpetuava anche nel 1994, e successivamente, obbligando alla segnalazione di tutte le malattie dell’unica lista, anche quelle già tabellate e successivamente sino ad oggi così è stato fatto.
Tutte le Raccomandazioni Europee di riferimento susseguite nel tempo, 19909, 200310 e 202211, hanno sempre previsto invece due Allegati distinti: l’Allegato I titolato “Elenco europeo delle malattie professionali” e così rimasto anche nelle tre successive raccomandazioni e l’Allegato II che ha cambiato leggermente la dicitura originaria del 1962, “Lista annessa indicativa delle malattie da sottoporre all'obbligo di denuncia in vista di una eventuale iscrizione nella lista europea” in “Elenco complementare delle malattie di sospetta origine professionale che dovrebbero formare oggetto di una dichiarazione e che potrebbero essere inserite in futuro nell’allegato I dell’elenco europeo” nelle successive raccomandazioni dallo stesso identico significato, e cioè che il secondo allegato era utile per implementare, se del caso, il primo allegato.
Aggiungiamo che nella Raccomandazione Europea del 1990 (326/90) si esplicitava in maniera chiara e si si ribadiva “…di fare in modo che venga introdotto nelle loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative il diritto all'indennizzo per malattia professionale al lavoratore che soffre di un'affezione non contenuta nell'elenco dell'allegato I ma di cui si possono determinare l'origine e la natura professionale, in particolare se tale malattia è contenuta nell'allegato II”, più chiaro di così non si poteva essere per far comprendere da una parte che le liste erano due e la stretta interrelazione delle stesse che, però, chiaramente erano e dovevano rimanere separate.
Di fatto, a nostro avviso, nel tempo l’Italia non ha dato corso ad una applicazione corretta al punto g) ed all’allegato II, mischiando le due liste nel dar corso alle previsioni dell’art.139.
D.lgs. n.38/2000 art,10, comma 4
In seguito poi all’emanazione del D.lgs. n. 38/2000, ci si riferisce all’art.10, vi è stata una aggiunta che poi nella sua applicazione ha portato, ancora una volta, ad una non corretta applicazione del dispositivo normativo.
Nell’art. 10 comma 4 si legge, nella parte che interessa che “…l’elenco delle malattie di cui all'articolo 139 del testo unico conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico”, ottima previsione – ai fini della revisione delle malattie professionali tabellate - ma che nulla aggiungeva, semmai precisava, quanto già previsto, sin dal 1962 e ribadito successivamente, laddove si legge che detta lista - allegato II di malattie sottoposte ad obbligo di denuncia - permetterà di raccogliere una documentazione interessante dal punto di vista medico in vista di un aggiornamento periodico della lista europea.
Confermando, se ve ne fosse bisogno, che le liste, per la Commissione Europea da sempre ed anche nell’ultima del 2022, sono due e ben distinte, e quella di cui all’allegato II per una migliore fruibilità poteva dividersi, come disposto dall’articolato, in “probabile” e possibile”, una doverosa graduazione per raggiungere lo scopo, altrimenti non si comprende il reale significato di quanto raccomandato, cioè una implementazione futura seria della lista.
La Commissione scientifica - per l'elaborazione e la revisione periodica dell'elenco delle malattie di cui all'articolo 139 e delle tabelle di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico, prevista dal primo comma dell’art.10 - invece di rimuovere e sanare l’equivoco, ed espungere, le malattie tabellate dalla lista di cui all’art.139, e dar corso a queste due nuove liste di ausilio per la lista delle Tabellate, ha suddiviso l’elenco dividendo la “probabile” in due fattispecie; “origine lavorativa di elevata probabilità “origine lavorativa di limita probabilità” e lasciando “origine lavorativa possibile”, cosa non prevista dalla norma di riferimento, che si limitava ad affermare “probabile e possibile” e aggettivare la probabilità in “elevata” e “limitata”, a nostro avviso ha continuato a mantenere l’errore originario, in quanto la disposizione normativa alla base dell’art.139, come da ricostruzione storica, inequivocabile, doveva fare riferimento solo ed esclusivamente all’allegato II, e non all’elenco della liste delle malattia dell’allegato I.
Per chiarezza le malattie allegato I della Raccomandazione europea corrispondono a quelle di cui all’art. 4 e 211 del T.U. n.1124/1965, e le malattie di cui all’allegato II a quelle di cui all’art.139 dello T.U. n.1124/1965.
Crediamo, ipotizziamo e forse non siamo lontani dalla verità, che la Commissione, visti i precedenti decreti ministeriali che partendo dalla dicitura errata dell’art. 139 “malattie professionali” riportavano ancora nell’elenco anche le malattie già tabellate, e non se l’è sentita di cassarle, ed ha utilizzato detto escamotage, mettendo nella lista di malattie ad “elevata origine professionale” tutte, diconsi tutte, le Malattie già tabellate.
Riportiamo qui di seguito le diverse norme che sono intercorse partendo dalla Raccom. del 1962 facendo chiarezza, una volta per tutte, che “involontariamente” sono state fuse le due liste della raccomandazione europea, e che tale “fusione” persiste.
La spiegazione della Commissione, nel 2004, nella proposta di aggiornamento12 ex art.139, non ci convince laddove afferma che la stessa “…ha pertanto ritenuto opportuno ricorrere al concetto di "elevata probabilità" oltre che a quelli di "limitata probabilità" e di "possibilità", e aggiungendo nel prosieguo che “in relazione a quanto sopra, l’elenco risulta costituito dai seguenti tre gruppi di malattie:
- Malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità che costituiranno la base per la revisione delle tabelle ex artt. 3 e 211 del T.U.;
- Malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità per le quali non sussistono ancora conoscenze sufficientemente approfondite perché siano incluse nel primo gruppo;
- Malattie la cui origine lavorativa si può ritenere possibile e per le quali non è definibile il grado di probabilità per le sporadiche e ancora non precisabili evidenze scientifiche.”
Procedimento poi seguito sempre dalla Commissione, cangiante nel tempo, anche nei successivi aggiornamenti, in considerazione che alla fine, come è facile evidenziare, la quasi totalità delle malattie di cui alla lista “elevata probabilità” sono già nell’elenco di cui alle tabelle ex art.3 e 211 del T.U.
Alla luce di questa ricostruzione documentale, che crediamo difficile da smentire, riteniamo che dovrebbe essere fatta una volta per tutte chiarezza e riportando il valore dell’elenco di cui all’art.139 a quello voluto dal punto g) della raccomandazione europea del 1962 ed anche al comma 4 dell’art.10 del D.lgs. 38/2000 laddove afferma in maniera chiara ed univoca che l’elenco delle malattie dell’art.139 “conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico”; e ribadiamo se le stesse sono già tabellate, come abbiamo visto nei nuovi decreti degli elenchi delle malattie ex art.139, ogni volta dovevano essere rimosse quelle che erano transitate nelle tabellate, e questo non è stato mai fatto, e ci si ritrova un elenco ex.art.139 “misto” con malattie sia già tabellate e malattia da segnalare, e non si comprende la necessità o meglio l’utilità dichiarata della specifica norma, e questo dovuto al fatto che ci si è discostati dall’allegato II della Raccomandazione europea.
Prof. Adriano Ossicini
Specialista in Medicina Legale e in Medicina del Lavoro, Consulente Medico Legale Centrale Patronato ACLI, già Sovrintendente Medico Generale Inail
SITOGRAFIA
- D.M. 18.4.73 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
- D.M. 27.4.2004 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
- D.M. 14.1.2008 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
- D.M. 10.6.2014 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
- D.M. 15.11.2023 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
- Raccomandazione CEE 23.7.1962
- Raccomandazione CEE 27.6.1966
- Circolare Inail n.31 del 1976
- Raccomandazione CEE 1990
- Raccomandazione CEE 2003
- Raccomandazione CEE 2022
- Proposta di aggiornamento dell’elenco delle M.P. di cui all’art. 139 del T.U. DPR. 1124/1965 -Relazione tecnica
Scarica la normativa di riferimento:
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.