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Amianto e malattie professionali

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Sono trascorsi 12 anni dall’entrata in vigore dlla Legge 257/1992 che ha dettato le norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto, tuttavia, in considerazione delle lunghe latenze di alcune neoplasie da esso causate, non si è ancora arrestata l’insorgenza di malatte professionali amianto-correlate.
L’Inail della Valle d’Aosta ha voluto, quindi, dedicare una monografia del Rapporto annuale Regionale 2003 al tema amianto-malattie professionali, confrontando i dati rilevati sul territorio regionale con quelli nazionali nel decennio 1994-2003.

La Valle d’Aosta è una regione cui l’amianto non è estraneo, sia perché utilizzato ampiamente nei cicli lavorativi fino al 1992, sia per la struttura geologica del suo territorio dove il minerale è presente in varie località, una delle quali, la miniera Emarese, è stata oggetto di sfruttamento minerario.

Lo studio ha voluto in particolare individuare i cicli lavorativi nei quali il fenomeno delle patologie amianto-correlate è maturato e dai quali ci si può attendere, quindi, che in un futuro pervengano nuove denunce di malattia professionale.

Sul territorio nazionale le malattie connesse all’esposizione all’amianto rappresentano il 4% delle malattie professionali denunciate, in Valle d’Aosta rappresentano invece l’1% delle malattie professionali denunciate sul territorio regionale.

In Valle d’Aosta il comparto produttivo in cui sono maturate maggiormente le malattie professionali amianto-correlate nel periodo 1994-2003 è la siderurgia. Nell’80% dei casi denunciati l’ambiente lavorativo in cui è stata probabile, o accertata, la manipolazione di amianto va identificata nel comparto della produzione e prima lavorazione dell’acciaio.
Circa il 10% dei casi è stato invece denunciato da lavoratori del comparto riparazione autoveicoli, mentre il rimanente 10% da lavoratori del comparto della manutenzione stradale.

Per le malattie professionali maturate nel comparto dell’acciaieria l’esposizione a fibre di amianto è stata individuata nelle operazioni di manutenzione di reti coibentate, nella conduzione di caldaie, nelle operazioni di taglio con fiamma e di imbracatura.
Per quelle invece provenienti dal comparto manutenzione automobili, l’esposizione ad amianto è stata individuata nella classica manutenzione di freni e frizioni. Non ci sono state invece evidenze di esposizione lavorativa ad amianto per le malattie provenienti dal comparto manutenzione stradale.
Nel 2003, invece, quasi la totalità delle 1457 domande (95%) è pervenuta dalla siderurgia; solo il 3% delle domande proviene dai più svariati settori produttivi e il rimanente 2% dai comparti di monetazione e di seconda fusione dei metalli.

Riguardo ai comparti produttivi che hanno comportato una maggiore esposizione all’amianto, a livello nazionale si individuano invece la cantieristica navale, le attività di costruzione, riparazione e manutenzione di materiale ferroviario, riparazione e trasformazione di motori elettrici, oltre che la siderurgia. Settori che non fanno parte del tessuto produttivo valdostano.

Non tutte le malattie amianto-correlate devono essere imputate in via esclusiva alla manipolazione diretta dell’amianto, o di materiali che lo contengono, in occasione lavorativa. “Infatti – rileva il rapporto – non va sottovalutata la presenza dell’agente di rischio nella dimensione domestica (feltri coibentati negli asciugacapelli, mollettoni per le assi da stiro ecc.) e nelle strutture, sia abitative che lavorative (stucchi per pareti, tubazioni per la distribuzione idrica, pavimenti in vinile-amianto, alimenti di coibentazione per controsoffitti, coperture in cemento amianto, ecc).

Lo studio ha inoltre evidenziato la necessità di approfondire le indagini sul fattore ambientale, relativo alla particolare struttura geologica del territorio valdostano.
“Solo uno studio mirato, da un lato all’individuazione della presenza in affioramento di mineralizzazione in amianto e dall’altro alla presenza di amianto e del suo stato di conservazione nelle costruzioni, sia civili che industriali, consentirà di valutare quanto rischio ambientale possa essere stato, e potrà essere, causa esclusiva o concausa dell’insorgenza di malattie correlate all’amianto.”

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