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Lavoro da remoto e valutazione: un percorso in evoluzione

Lavoro da remoto e valutazione: un percorso in evoluzione
Massimo Servadio

Autore: Massimo Servadio

Categoria: Smart working e telelavoro

08/06/2021

Un modello di valutazione che si incentra sulle soft skills quali cardini di competenza indispensabili per agire con efficacia nel modello di lavoro agile.

L’obiettivo di questa riflessione è evidenziare come le forme di lavoro da remoto, a cui molte aziende hanno forzatamente fatto ricorso durante le prime fasi della pandemia, si vada sempre più strutturando come modalità di lavoro “usuale”, andando ad impattare sulla gestione delle Risorse Umane e, per conseguenza, anche sui processi di valutazione delle stesse tanto nelle fasi di entrata quanto nel percorso di carriera.

 

Si va così configurando un percorso che, a partire dall’abbandono dell’oramai obsoleto “ufficio personale” apre ad un modello di gestione delle Risorse Umane basato sul principio e sulla pratica del talent management, proponendo un modello di valutazione che si incentra sulle soft skills quali cardini di competenza indispensabili per agire con efficacia nel modello di lavoro agile.

 

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Da emergenza a normalità

Come i dati dimostrano in maniera inequivocabile, a seguito alla pandemia milioni di aziende in tutto il mondo hanno, giocoforza, abbracciato il cosiddetto smart working di massa o, dal punto di vista più squisitamente contrattuale, il cosiddetto “Smart working di emergenza”. Intere divisioni aziendali, ad eccezione delle aree produttive, si sono trovate a lavorare da remoto.

 

Prima del Covid-19 il lavoro agile era un fenomeno di nicchia, reso disponibile dalle aziende in base a specifiche necessità organizzative o di welfare policy. Secondo i dati riportati da Nomisma e dagli studi dell’ Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2019 i lavoratori in smart working (così definito a livello contrattuale senza distinguere tra lavoro agile o altre forme di lavoro da remoto) nelle imprese private in Italia erano circa 1 milione; dal lockdown in poi, con i provvedimenti emergenziali che lo hanno promosso, la percentuale di lavoratori “agili” ha raggiunto il 34% sul totale degli occupati, coinvolgendo circa 7 milioni di lavoratori, tra settore pubblico e settore privato. Anche per il 2021, sempre complice la pandemia ma anche la progressiva integrazione di questa modalità di lavoro nelle “abitudini” organizzative, gli smart workers saranno tra i 3 e i 4 milioni e il lavoro da remoto si avvierà ad esser strutturale.

 

Questo passaggio ha importati implicazioni tanto sulle persone, in relazione alla loro qualità di vita, alla loro possibilità di conciliare efficacemente il contesto lavorativo e quello privato, quanto sulle organizzazioni per le quali, dunque, diventa cruciale riuscire a stimare l’efficacia dei nuovi metodi di lavoro destinati a diventare parte integrante e caratterizzante di quel “new normal” in cui si manifesta tanto il futuro del lavoro quanto il lavoro del futuro.

 

Competenze delle persone e competenze dell’organizzazione

Come evidenziato nell’introduzione, dunque, prima di offrire in maniera diffusa lavoro in remoto e smart working, le imprese dovrebbero, da un lato, poter valutare candidati e dipendenti in organico (employee) in termini di potenziale competitivo spendibile nel futuro strategico ed organizzativo e, dall’altro, saper valutare anche loro stesse in termini di “capacità di reggere” un sistema di lavoro che si sposta in remoto e, in molti casi, ambisce a diventare propriamente smart.

 

Le cosiddette soft skills allora, una volta fatti certi sia i livelli di competenza specifica per la mansione sia le conoscenze informatiche necessarie per il corretto e proficuo uso delle risorse digitali, si evidenziano come i “talenti” capaci di fare la differenza, fondamentali perché connesse con i migliori livelli di performance. Tutta l’attività smart, infatti, sarà valutata in termini di risultati e sui risultati incidono profondamente le soft skill. Va rilevato che le soft skill sono indipendenti dalla mansione, ma diventano profondamente caratterizzanti il ruolo, in un modo in cui l‘aspetto relazionale si trova ad essere sottoposto a condizioni nuove e le aspettative di comportamento richiedono di essere soddisfate in un ambito spazio/tempo compresso e rinnovato.

 

Va pertanto ricordato che le soft skill vanno lette nelle fasi di valutazione in quanto:

  1. Presenti in ogni persona, impresa, organizzazione
  2. Collegate alla vision, mission, strategia d’impresa
  3. Variabili in funzione dell’evoluzione del mercato e del business
  4. Influenzano i risultati economici d’impresa
  5. Sono le fondamenta dell’employer branding
  6. Sono indicative del livello di agilità dell’organizzazione e possono essere misurate e allenate

 

Dal lato dell’organizzazione, invece, vi sono una serie di aspetti da tenere il adeguato conto per capire se essa sia o meno pronta a funzionare con un modalità di lavoro che prevede la modalità agile in una forma che comprende tanto lo smart working vero e proprio, quanto il lavoro da casa, quanto il più classico telelavoro, il più delle volte commisti ad una percentuale di lavoro “classico” in forma “one man one desk”, a dare vita a una configurazione “blended” in cui devono trovare equilibrio spinte e bisogni che, pur di natura quasi contrapposta, devono essere all’unisono orientati verso quel sistema di valori, obiettivi e strategie di mercato che definiscono la competitività dell’azienda.

 

Ogni organizzazione, affrontando la sfida del lavoro in remoto, deve dunque necessariamente porsi con molta attenzione alcuni quesititi fondamentali dalla cui capacità di soluzione può dipendere il suo futuro.

 

Per concludere, dunque, affinché il percorso di adattamento ad un modello che include remoto, smart e blended possa essere efficace occorre che, con riferimento alle persone, le soft skills vengano individuate nel loro valore collegandole al lavoro da svolgere. Con riferimento alle aziende, vale lo stesso discorso ma con una cornice di riferimento diversa: si tratta, da parte loro, di rendere l’ambiente di lavoro organizzato e favorevole, di favorire e condurre una leadership adeguata, di essere capaci di gestire le incertezze e dare la giusta attenzione agli stakeholders, magari adottano modalità attente anche al benessere personale e familiare dei lavoratori, producendo un risultato concreto anche in termini di salute e sicurezza sui loghi di lavoro.

 

 

Massimo Servadio

Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni

 

 

Riferimenti bibliografici

Macheda D. (2020) La valutazione agile - Centro Universitario Editore – Arezzo

Matrone M. a cura di – (2020) Il lavoro da remoto – Quaderni di argomenti di diritto del lavoro n. 18



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