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Rischio esplosione: analisi ATEX e valutazione del rischio

Rischio esplosione: analisi ATEX e valutazione del rischio
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio esplosione, Atex

20/06/2016

Una tesi di laurea affronta il tema delle atmosfere potenzialmente esplosive e della nuova direttiva 2014/34/UE. Focus sull’analisi Atex e sul processo di valutazione del rischio di esplosione.

Padova, 20 Giu – Un’atmosfera che può trasformarsi in atmosfera esplosiva a causa delle condizioni locali e operative viene definita come “atmosfera potenzialmente esplosiva” ed è a questo tipo di atmosfera potenzialmente esplosiva che sono destinati i prodotti e le indicazioni correlate alla  direttiva 2014/34/UE - concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva - che dal 20 aprile 2016 ha abrogato la precedente direttiva 94/9/CE.
 
Come verificare se un prodotto rientra nel campo di applicazione della direttiva Atex? E come valutare i rischi di esplosione?

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Per rispondere a queste domande possiamo riprendere la presentazione della tesi di laurea di Paolo Federle, dal titolo “ Macchine e apparecchiature in ambienti ATEX”, elaborata per il corso di laurea in ingegneria meccatronica, dipartimento di tecnica e gestione dei sistemi industriali dell’ Università degli Studi di Padova.
 
In un precedente articolo ci eravamo soffermati sulla presentazione della nuova direttiva 2014/34/UE e sui sistemi di protezione, ma la tesi dedica un capitolo anche all’analisi ATEX e alla valutazione del rischio.
 
Si indica ad esempio che l’analisi ATEX è un procedimento con cui si valuta se un prodotto rientra nel campo di applicazione della stessa, una valutazione che “non è sempre agevole, in quanto la realtà operativa è molto variegata e complessa”.
 
Si segnala, a questo proposito, che i sistemi di protezione “rientrano sempre per definizione nel campo di applicazione della direttiva 2014/34/UE e 94/9/CE come anche i dispositivi di sicurezza e controllo. I componenti possono essere invece costruiti senza avere la specifica destinazione d’uso, per esempio un diodo od un cuscinetto; in tal caso la loro valutazione rientrerà nella valutazione di conformità dell’apparecchio in cui sono stati inglobati. Se viceversa sono specificatamente destinati ad ambienti pericolosi, devono essere corredati da un attestato di conformità adeguato e da indicazioni per l’uso”.
 
In particolare – continua la tesi – gli apparecchi ricadono sotto la direttiva ATEX se si verificano tutte le seguenti condizioni:
- “l’apparecchio deve trovarsi in tutto o in parte all’interno di un’atmosfera esplosiva; l’atmosfera esplosiva può anche essere generata dall’apparecchio stesso;
-  l’atmosfera esplosiva deve essere costituita da una miscela in aria di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapore, nebbia o polveri;
- tale miscela deve essere in condizioni atmosferiche”, in genere 0,8 ≤ p (bar) ≤ 1,1 e -20 °C ≤ T ≤ 60 °C;
- “l’apparecchio deve avere una o più sorgenti d’innesco dell’ atmosfera esplosiva”.
 
In attesa delle nuove linee guida Atex che sostituiranno le precedenti “Linee guida per l’applicazione della direttiva 94/9/CE”, vediamo di dare qualche breve informazione generale sulla valutazione del rischio.
 
Il documento universitario indica che il processo di valutazione del rischio di esplosione va innanzitutto “effettuato caso per caso, non presentando una soluzione aprioristicamente valida”. E si ricorda che l’art. 290 del D.Lgs. 81/2008 impone al datore di lavoro una valutazione che “tenga conto almeno dei seguenti elementi:
- “probabilità e durata di atmosfere esplosive;
- probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
- caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processi e possibili interazioni;
- entità degli effetti prevedibili”.
 
E dunque se, in definitiva, si vuole analizzare un attività sotto l’aspetto del rischio di esplosione, la valutazione “dovrà essere svolta considerando la probabilità di accadimento dell’evento esplosivo (ovvero la sua frequenza) e le conseguenze dell’incidente prevedibile”.
 
Per effettuare la valutazione del rischio di esplosione occorre poi “individuare i relativi pericoli” e “a tal scopo occorre:
- “verificare se sono presenti sostanze infiammabili (sotto forma di gas, vapori, nebbie, liquidi, polveri e fibre);
- valutare se i processi produttivi possono dar luogo ad atmosfere potenzialmente esplosive”.
Successivamente, una volta individuati i pericoli, “si deve:
- “individuare le sorgenti di emissione;
- valutare la probabilità che si formi un’atmosfera esplosiva e la sua durata;
- valutare se i volumi di atmosfera esplosiva sono pericolosi;
- valutare se esistono sorgenti di accensione efficaci e con quale probabilità;
- valutare i possibili effetti di una esplosione (onda di pressione, fiamme e gradiente di temperatura, proiezione di materiale e sostanze pericolose) ed i danni ad essi connessi (relativi alla presenza di persone)”.
 
In conseguenza di questa fase di valutazione si procede, infine, alla realizzazione di misure finalizzate a:
- “evitare la formazione di atmosfere esplosive e se questo non è possibile: sostituzione delle sostanze pericolose; limitazione delle concentrazioni; costruzione idonea, inertizzazione, utilizzo di sistemi chiusi, ventilazione, monitoraggio, pulizia; ed infine si procede alla classificazione delle aree che può essere considerata una misura protettiva;
- evitare le sorgenti efficaci: mediante la scelta delle apparecchiature (es. modi di protezione) e delle loro caratteristiche;
- adottare misure di tipo tecnico (es. sistemi di soppressione dell’esplosione, costruzioni resistenti all’esplosione...);
- adottare misure di tipo organizzativo (segnalazione, permessi di lavoro, procedure scritte, manutenzione programmata...).
 
Nella tesi, che vi invitiamo a leggere integralmente, è poi illustrata, a scopo esemplificativo, un’ipotesi di “metodologia di valutazione del rischio non vincolante, semplice, applicabile a situazioni non complesse, riconducibile a procedimenti più o meno simili, adottati nella pratica e reperibili in letteratura, in grado di fornire una visione del processo da effettuare e dei parametri che possono essere considerati”. La metodologia illustrata è di tipo qualitativo e prevede la “determinazione del rischio in funzione della probabilità di accadimento dell’esplosione e dell’eventuale danno procurato sia sotto il profilo della salute che della sicurezza dei lavoratori”. Si ricorda infatti che “l’entità del rischio R è definita come prodotto tra la probabilità P che si verifichi un determinato evento e la magnitudo del danno D che tale evento, una volta verificatosi, può determinare”. E il fattore di probabilità P “racchiude al suo interno tutta una serie di parametri che influiscono sul possibile verificarsi di una esplosione”.
 
Concludiamo ricordando che “il metodo di analisi e valutazione, che porta alla definizione dei livelli di rischio R, va attuato tenendo sempre in debita considerazione tutti gli elementi di contesto del sito produttivo e dei singoli aspetti produttivi”. E le misure di prevenzione e protezione “non vanno predisposte in relazione solo al rischio determinato, ma anche agli eventuali effetti di danno che potrebbero verificarsi a seguito di incidenti”.
 
 
 
Macchine e apparecchiature in ambienti ATEX”, tesi di laurea di Paolo Federle (anno accademico 2013-2014), per il corso di laurea in ingegneria meccatronica, dipartimento di tecnica e gestione dei sistemi industriali dell’Università degli Studi di Padova (formato PDF, 2.69 MB).
 
 
 
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