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Come interpretare la figura di RSPP “interno”?

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: RSPP, ASPP

07/07/2008

Ancora un contributo sull’interpretazione del termine di “RSPP interno”: come comportarsi nella scelta del ruolo di RSPP interno, nei casi in cui il Testo Unico ne prevede l'obbligo? I quesiti di un lettore e la risposta dell’ing. Porreca.

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Continuiamo ad approfondire la corretta l’interpretazione da dare al termine di “RSPP interno”: in particolare per quei casi in cui il Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81 lo prevede in modo obbligatorio (si veda in fondo alla pagina l’estratto dell’articolo 31).
Dopo il quesito di un lettore (riportato in fondo all’articolo) e la prima risposta dell’avvocato Dubini, riportiamo il commento espresso dall’ing. Gerardo Porreca, già dirigente dal 1975 dell'Area Tecnica dell'Ispettorato Provinciale del Lavoro di Bari.
 
 A parere dello scrivente (Ing. Porreca, ndr) il legislatore con l’art. 31 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 ha voluto ribadire e precisare, in merito al servizio di prevenzione e protezione nei casi indicati nel comma 5 dell’articolo 8 medesimo, quello che già emergeva dalla lettura dell’art. 8 del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 e cioè che lo stesso servizio deve essere interno all’azienda e che l’RSPP deve essere alle dipendenze del datore di lavoro e non anche esterno. In altre parole si ritiene che, secondo quanto deriva da una interpretazione logica delle disposizioni di legge, all’espressione “interno all’azienda”, che compariva nel comma 2 dello stesso articolo 8 e che ora è riportata nell’art. 31 del Testo Unico, vada attribuito il significato di “dipendente dell’azienda”.
 
 Se esaminiamo con attenzione la sequenza delle disposizioni già dettate dal D. Lgs. n. 626/1994 si osserva che con il comma 1 dell’art. 8 il legislatore esordisce stabilendo che il datore di lavoro, salvo quanto previsto dall'art. 10 relativo alla facoltà di svolgimento diretto, deve organizzare il servizio di prevenzione e protezione e lo può fare o all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, oppure incaricando persone o servizi esterni all'azienda medesima secondo le regole di cui all’articolo stesso.
 
 Per far ciò quindi il datore di lavoro (comma 2) designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti assegnati al servizio di prevenzione e protezione tra le quali persone (e quindi alle sue dipendenze) annovera il responsabile del servizio che deve essere in possesso delle capacità e dei requisiti professionali fissati dall’'articolo 8-bis, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza e rimarca ancora il legislatore con il comma 3 che i dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati e non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico..
 
 In base al comma 4, poi, il datore di lavoro, allo scopo di integrare l'azione di prevenzione e protezione del servizio interno, può avvalersi di persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie e anzi secondo il comma 6 lo stesso datore di lavoro, se la capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sono insufficienti, deve, con un obbligo inserito successivamente a seguito della nota sentenza di condanna della Corte di Giustizia europea essendo stato indicato nel testo originario del D. Lgs. n. 626/1994 la sola possibilità, far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
 
 Si osservi che il legislatore sia nel D. Lgs. n. 626/1994 che nel D. Lgs. n. 81/2008 quando fa riferimento ad una organizzazione interna del servizio di prevenzione e protezione parla di “dipendenti” mentre quando fa riferimento ad una struttura di prevenzione e protezione esterna parla di “persone o servizi esterni”.
 
 Lo stesso comma 6 comunque, nel fissare l’obbligo di servirsi di persone aventi capacità e requisiti professionali adeguati, faceva salvo quanto indicato nel comma 5 dello stesso articolo 8 il quale nel caso di aziende comportanti particolari rischi ed in particolare:
 
a) nelle aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
 
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre duecento lavoratori dipendenti;
f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private,
 
imponeva che il servizio di prevenzione e protezione fosse comunque interno all'azienda, ovvero all'unità produttiva e quindi di conseguenza che fosse costituito integralmente, compreso ovviamente il RSPP, da personale dipendente dall’azienda medesima. Rimaneva salvo, evidentemente, che anche in tal caso il datore di lavoro potesse servirsi di persone e servizi esterni all’azienda per integrare l’azione del servizio di prevenzione e protezione interno.
 
 Ora con l’art. 31 del D. Lgs. n. 81/2008 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro il legislatore ha confermato tutto quanto già indicato nell’art. 8 del D. Lgs. n. 626/1994 aggiungendo volutamente, con il comma 7, che nel caso delle aziende particolari sopracitate “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno” e dando, altresì, con il comma 4 una interpretazione dell’espressione “servizio interno” nella direzione che è stata già sopra indicata allorquando precisa che “Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32”.
 
 Tutte le considerazioni fatte dal lettore circa le capacità professionali del RSPP, i tempi, la disponibilità, la reperibilità, il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, l’efficacia del ruolo, la garanzia della presenza assidua ecc e che il lettore medesimo ha individuato erroneamente e un po’ presuntuosamente come peculiari del tecnico esterno a sfavore di quello interno dipendente dall’azienda, hanno messo in evidenza tutte quelle caratteristiche che normalmente vengono richieste a qualsiasi RSPP e che lo stesso deve garantire sia che sia interno o esterno in quanto sono strettamente legate alla natura dei compiti che lo stesso è chiamato a svolgere. La caratteristica in più che il legislatore chiedeva con il comma 5 del D. Lgs. n. 626/1994 ed ora chiede con il comma 7 dell’art. 31 del D. Lgs. n. 81/2008 per quelle attività particolari specificate negli stessi commi è proprio quella di una dipendenza interna di tutti i componenti del SPP il che non può che voler dire che gli stessi debbano far parte obbligatoriamente dell’organico interno all’azienda. Sarà cura poi del datore di lavoro, ovviamente, considerati i vari tipi di rapporto di lavoro che oggi si possono riscontrare, di rendere comunque compatibile la natura del rapporto di lavoro stesso con le esigenze che il RSPP ha per lo svolgimento dei compiti che è chiamato a svolgere.
 
 Se si vuol dare una lettura delle disposizioni di legge diversa da quella sopraindicata e nel senso che solo per l’incarico del RSPP il datore di lavoro possa far ricorso a collaboratori esterni, quale può essere un co.co.pro., e se si parte dal presupposto che, così come deve essere, qualunque sia il RSPP questi debba offrire comunque tutte le garanzie e le caratteristiche sopraindicate che gli vengono richieste per adempiere compiutamente a tutti i compiti affidatigli, quale differenza ci sarebbe allora fra un RSPP interno ed uno esterno e perché mai il legislatore avrebbe fatta la esplicita richiesta di avere un RSPP interno?
 
Ing. Gerardo Porreca (www.porreca.it).
 

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Il quesito del lettore.
 
Si chiede una interpretazione del termine “interno” riferita alla figura del RSPP, nei casi per i quali il Testo Unico prevede l'obbligo di avere un RSPP “interno”.
 
Finora autorevoli interpreti hanno ritenuto che non si dovesse obbligatoriamente ricorrere ad un RSPP dipendente, anche nei casi in cui era obbligatorio un SPP interno, dando prevalenza all'esigenza di disporre di un RSPP con le competenze e capacità adeguate all'azienda, anche se non dipendente, rispetto a quella di avere un RSPP dipendente.
 
Ora il Testo Unico parla espressamente di RSPP interno (non più solo di SPP interno), senza dare peraltro indicazioni su cosa debba intendersi per interno. Il testo non parla di “dipendente”, né dà altri riferimenti alla forma del contratto o rapporto di lavoro.
Sembrerebbe limitante e formalistico ridurre la questione al fatto di avere un contratto di lavoro dipendente. Oltre tutto sembrerebbe in contrasto con lo spirito della norma e con la sua lettera, nei punti in cui dà espolicito risalto al “principio di effettività” (es. tra l'altro, per il ruolo di preposto e per l'attività di formazione). E' molto più efficace ed effettivo un SPP con RSPP che garantiscano presenza, capacità, competenza, rispondenza funzionale al Datore di Lavoro e capacità di evidenziare i problemi, valutare i rischi e proporre le soluzioni, che un RSPP dipendente, magari impegnato su altri fronti, con altri incarichi, poco “libero” o poco efficace.
Naturalmente non si sostiene che “esterno è meglio” ma non si vorrebbe nemmeno che si riducesse l'importanza di avere un RSPP interno al solo contratto da dipendente.
 
Oltre tutto, un rapporto di dipendenza formale può esistere anche part time (in questo caso, è meglio un RSPP assunto part time per 2 ore alla settimana o un consulente con un contratto da 2 giorni alla settimana?) o con altre forme di contratto, tipo co.co.pro.
 
Riteniamo che interno debba essere inteso con riferimento non tanto alla forma del contratto, ma ad altri aspetti, decisamente più importanti:
- presenza (non una presenza sporadica ma consistente)
- dipendenza funzionale dal datore di lavoro (deve rispondere a lui, deve essere utilizzato, ci deve essere un rapporto fiduciario)
- efficacia di ruolo (deve sapere e potere effettuare sopralluoghi, verifiche, valutazioni, proporre soluzioni, elaborare misure di sicurezza e procedure, etc.)
- possibilità di essere velocemente raggiunto e di garantire una rapida presenza in caso di necessità impreviste
- disponibilità di efficaci canali di comunicazione (telefono, mail, presenza fisica) secondo necessità
 
La stessa definizione di lavoratore, nel Testo Unico, non ha più alcun riferimento alla forma del rapporto di lavoro ma alla sua sostanza; sembrerebbe in grave controtendenza che solo per il RSPP fosse ritenuto prevalente l'aspetto formale (rapporto di lavoro dipendente) rispetto a criteri di sostanza.
 
ing. Alberto Cuomo
 
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L'articolo 31 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 in cui è specificato l'obbligo di istituire un Servizio di Prevenzione e Protezione interno.
 
Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
 
Art. 31.
Servizio di prevenzione e protezione
 
 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all'interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo.
 2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all'articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
 3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
 4. Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32.
 5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia.
 6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
 a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
 b) nelle centrali termoelettriche;
 c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
 d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
 e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
 f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
 7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
 8. Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile.
 

 

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Rispondi Autore: ing Domenico Bioschi - likes: 0
07/07/2008 (17:55)
Ritengo che questa volta il validissimo ing. Porreca non abbia ragione.
Infatti ritengo che se il legislatore ha usato la parola "interno" e non "dipendente" lo ha voluto fare conoscendo bene la molteplicità delle situazioni di relazione lavorativa che esistono, oggi e ieri, nel nostro paese.
Ci sono per esempio situazioni dove il rapporto di dipendenza dipende da strutture gerarchiche territorialmente complesse (dove per esempio un RSPP di tutta la organizzazione è da considerare interno anche per una unità territoriale che non lo vede come "dipendente") oppure il rapporto di "interno" si può prefigurare per la funzione svolta per es. da personale religioso che può non essere "dipendente". Per non parlare di forme di collaborazione più "moderne" rispetto alla "dipendenza" tradizionale. In molte strutture sanitarie non pubbliche per esempio neppure il direttore sanitario è un "dipendente".
In questo senso e non a caso il legislatore ha voluto determinare una rosa più ampia di "internità".

Per inciso faccio notare che tra le "strutture di cura e ricovero" penso non vadano considerate le case di riposo. Infatti mentre la attività tipica della cura e ricovero sta nella "diagnosi, terapia e riabilitazione" niente di tutto questo avviene nelle case di riposo, tant'è che nelle case di ricovero quando uno si ammala viene portato all'ospedale.
Rispondi Autore: Renato Azzoni - likes: 0
15/07/2008 (12:01)
Rispetto ma non condivido l'interpretazione dell'Ing. Bioschi.
In Regione lombardia, su indicazione regionale, nelle strutture di ricovero e cura si richiede un RSPP che abbia un contratto di dipendenza con la struttura (non necessariamente di dipendenza a tempo indeterminato: può essere un CoCoPro, un tempo determinato, ecc. ma non un libero professionista esterno, con altre x ditte da seguire ...). Nella struttura SPP gli ASPP (personale del Servizio) possono anche non essere tutti dipendenti (classico il caso di professionalità necessarie ma che non richiedono una presenza continuativa nella struttura come esperti in radioprotezione, in acustica, in radiazioni non ionizzanti, ecc.).
Preciso infine che le "Strutture di ricovero" sono proprio le RSA, le "Strutture di cura" sono gli Ospedali ed assimilati. La "e" va intesa (così almeno in Regione Lombardia) non come l'antico "aut" ma come "vel" e quindi in senso aggiuntivo ...
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
03/12/2013 (09:07:05)
La norma di legge parla di servizio prevenzione e protezione interno, ndice composta esclusivamente da "lavoratori dipendenti". L'interretazione della Regione Lombardia non trova alcuna giustificazione legale, è illegittima, e quindi non vincolante. La legge è dello stato e i principi generali li decide lo stato, non la Regione Lombardia, che non di rado esprime con i proprio atti normativi una concezione ai limiti della costituzionalità del regionalismo, e non è un caso se vi sono stati e vi sono centinaia di contestazioni dello stato contro i provvedimenti lombardi, anche avanti la Corte Costituzionale. Interno vuol dire che deve essere garantita una presenza all'internod ella struttura continuativa in maniera ragionevolmente ampia, quindi ad esempio un contratto di collaborazione, assai frequente negli ospedali addirittura con i medici, il cuore della struttura, va benissimo anche con un rspp, che sarà interno se garantisce una presenza nella struttura tale da garantirna l'internità, ad esempi almeno 20 ore settimanali, e magari coadiuvato da altra figura interna.

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