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Operazioni bancarie sul web e sicurezza
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Le operazioni bancarie via web sono una pratica quotidiana per milioni di aziende e privati cittadini. Con username e password è possibile entrare in una “filiale virtuale” e, diversamente da quanto può accadere al cliente di una filiale bancaria “reale”, la sicurezza potrebbe dipendere anche dal cliente stesso, dalla sicurezza del suo sistema e dei dati di accesso…
Ne è un esempio il caso recentemente riportato dall’International Herald Tribune, che ha come protagonista un uomo d’affari della Florida, un certo Joe Lopez.
Nel mese di aprile 2004 Lopez, collegatosi via web alla propria banca, la prestigiosa Bank of America, ha visto che stava avvenendo una transazione di 90.000 dollari dal suo conto a favore di un conto in una banca di Riga, città della Lettonia.
Il sig. Lopez ha cercato di fermare la transazione telefonando immediatamente la bank of America, ma era troppo tardi. La banca lettone ha bloccato il conto, ma non prima che i ladri riuscissero a ritirare 20.000 dollari.
La Bank of America ha rilevato che la transazione era stata effettuata con username e password del cliente.
Una analisi del computer utilizzato da Lopez ha rilevato che era stato colpito dal virus CoreFlood, un "cavallo di Troia" capace si insinuarsi nel sistema, di installare una back door nel computer infettato, dalla quale spiare dati dell’utente e “collezionare” le sue password.
Lopez ha intentato una causa nei confronti della banca, ritenendo che avrebbe dovuto essere avvertito dei possibili rischi.
L’avvertimento della banca è arrivato nei mesi successivi, quando la Bank of America ha inviato a tutti i suoi clienti una lettera nella quale raccomandava di adottare più severe pratiche di sicurezza per il proprio computer.
Le operazioni bancarie via web sono una pratica quotidiana per milioni di aziende e privati cittadini. Con username e password è possibile entrare in una “filiale virtuale” e, diversamente da quanto può accadere al cliente di una filiale bancaria “reale”, la sicurezza potrebbe dipendere anche dal cliente stesso, dalla sicurezza del suo sistema e dei dati di accesso…
Ne è un esempio il caso recentemente riportato dall’International Herald Tribune, che ha come protagonista un uomo d’affari della Florida, un certo Joe Lopez.
Nel mese di aprile 2004 Lopez, collegatosi via web alla propria banca, la prestigiosa Bank of America, ha visto che stava avvenendo una transazione di 90.000 dollari dal suo conto a favore di un conto in una banca di Riga, città della Lettonia.
Il sig. Lopez ha cercato di fermare la transazione telefonando immediatamente la bank of America, ma era troppo tardi. La banca lettone ha bloccato il conto, ma non prima che i ladri riuscissero a ritirare 20.000 dollari.
La Bank of America ha rilevato che la transazione era stata effettuata con username e password del cliente.
Una analisi del computer utilizzato da Lopez ha rilevato che era stato colpito dal virus CoreFlood, un "cavallo di Troia" capace si insinuarsi nel sistema, di installare una back door nel computer infettato, dalla quale spiare dati dell’utente e “collezionare” le sue password.
Lopez ha intentato una causa nei confronti della banca, ritenendo che avrebbe dovuto essere avvertito dei possibili rischi.
L’avvertimento della banca è arrivato nei mesi successivi, quando la Bank of America ha inviato a tutti i suoi clienti una lettera nella quale raccomandava di adottare più severe pratiche di sicurezza per il proprio computer.
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