Sulle responsabilità in caso di infortunio con un trattore inadeguato
Roma, 10 Gen – Più volte nei nostri articoli abbiamo rilevato quanto siano ancora numerosi e spesso con esiti gravi gli infortuni che avvengono durante l’uso di trattori agricoli o forestali. Incidenti che sono spesso determinati non solo da carenze delle attrezzature sotto il profilo della sicurezza, ma anche da carenze nella formazione specifica degli operatori.
E ricordiamo che, come segnalato in un nostro articolo, con il decreto del 20 maggio 2015 che dispone la revisione obbligatoria delle macchine agricole soggette ad immatricolazione sono stabilite le tipologie di macchine che devono essere soggette a revisione nonché la relativa tempistica per l’effettuazione della revisione in relazione al loro grado di vetustà. E una delle prime scadenze (trattori agricoli immatricolati entro il 31 dicembre 1973) era fissata per il 31 dicembre 2017.
La sentenza n. 43499 del 21 settembre 2017
Per avere informazioni sulle dinamiche degli infortuni con i trattori, sulle prevenzioni mancate, sulle responsabilità di datori di lavoro e operatori, possiamo fare riferimento anche ad una recente sentenza della Cassazione che ha trattato un ricorso relativo ad un infortunio avvenuto durante l'uso di una trattrice agricola, la sentenza n. 43499 del 21 settembre 2017.
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Nel testo della sentenza si indica che la Corte di appello di Potenza, con la sentenza impugnata dai ricorrenti, aveva confermato il giudizio con il quale il Tribunale di Matera aveva condannato R.A. (art. 590 commi 2, 3, 5 c.p.) “perché - nella sua qualità di imprenditore agricolo e, quindi, datore di lavoro di P.D., per colpa consistita in negligenza, imprudenza e, specificamente, nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro con deroga alle prescrizione dell'art. 71 commi 1 e 4 d.lgs. 81/2008 - aveva contribuito nel cagionare l'incidente sul lavoro” (occorso in un fondo coltivato ad ulivo il primo maggio 2013), a seguito del quale “il P.D. aveva riportato un trauma cranico-facciale con multiple ferite lacero contuse al volto e al cuoio capelluto, nonché ferita penetrante sclerocorneale, da cui era derivata la perdita della vista dall'occhio sinistro (e, pertanto, l'indebolimento permanente del senso), oltre a ferite lacero contuse all'arto superiore sinistro, plurime contusioni e frattura costale”.
Secondo quanto contestato da entrambi i giudici di merito, era accaduto che il R.A. aveva messo a disposizione del P.D., per l'espletamento del lavoro, una trattrice agricola XXXX “corredata da rimorchio basculante, inadeguata alle difficilissime condizioni dell'ambiente di lavoro”. E la trattrice “era munita di ruote gommate con pneumatici anteriori (delle ruote direttrici) fortemente consumate e tali da non garantire l'aderenza al terreno, dotate di cambio non sincronizzato con riduttore del rapporto di trasmissione azionabile solo a veicolo fermo, con dispositivo di sterzata compromesso in maniera tale da determinare la rotazione a vuoto del manubrio di circa un terzo di giro. D'altra parte, l'ambiente di lavoro consisteva in un versante collinare ad assai ripida pendenza (in alcuni tratti del 65% ed oltre), segnato da gradoni (terrazzamenti a quote diverse con salti anche superiori a due metri e dislivelli quasi verticali) e percorso da un tratturo a fondo non compatto”.
E dunque il P.D., trovandosi alla guida di tale trattrice agricola, “nell'impegnare il tratturo in discesa per raggiungere a valle la sede stradale, all'altezza del più alto dei terrazzamenti, non era riuscito ad operare la manovra di inserimento della marcia idonea per la discesa; aveva, anzi, acquistato velocità per il movimento con il cambio in folle; aveva perso il controllo del veicolo; era fuoriuscito dal percorso tracciato ed era quindi precipitato per i terrazzamenti sul fianco della collina, per un'altezza di circa mt. 16, fino ad arrestarsi su un gradone sottostante, venendo sbalzato all'esterno (il posto di guida non era equipaggiato di cintura di sicurezza) e riportando in tal modo le gravi lesioni sopra indicate”.
Nel ricorso sono due i motivi di “doglianza”:
- nel primo motivo si denuncia “violazione di legge in punto di ritenuta sussistenza del nesso causale tra la condotta a lui contestata e l'evento lesivo verificatosi. Precisamente, il ricorrente deduce che la Corte di appello ha affermato la sua responsabilità sull'erroneo presupposto che lui aveva consentito l'utilizzo al P.D. di una trattrice agricola inidonea a precorrere tratti collinari ripidi (come quello in cui si era verificato l'incidente), mentre tale ritenuta inidoneità non trovava riscontro negli atti del processo: secondo la Corte, il fatto che lui avesse vietato l'utilizzo del mezzo in luoghi non pianeggianti non escludeva il rischio che il mezzo fosse utilizzato, come di fatto poi era avvenuto, anche su percorsi in pendenza presenti nell'azienda agricola. Eccepisce il ricorrente l'abnormità ed esorbitanza del comportamento tenuto dal dipendente P.D., in quanto quest'ultimo, nonostante fosse stato reso edotto del suddetto divieto (impartito da lui e da B.F., fattore delegato alla gestione dell'intera azienda), si era posto alla guida del mezzo per condurlo dalla montagna (ove era stato portato dal B.F.) alla pianura”;
- nel secondo motivo il ricorrente “denuncia vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dei profili di colpa contestatigli. Precisamente, il ricorrente si lamenta che, secondo la Corte territoriale, avendo lui messo a disposizione la trattrice nell'azienda, non poteva ritenersi escluso che la stessa potesse essere utilizzata anche su zone non pianeggianti. In senso contrario il ricorrente rileva che: a) lui aveva adottato tutte le precauzioni idonee ad rimuovere il rischio di utilizzo del mezzo su tratti in pendenza; b) l'iniziativa spontanea ed improvvisa del B.F. di condurre quel giorno il trattore sulla montagna e la decisione del P.D. di porsi successivamente alla guida dello stesso erano circostanze che non potevano da lui essere previste (atteso che non si era mai verificata una simile evenienza durante i 13 anni di lavoro occasionale del P.D. nella sua azienda); c) l'affermazione della sua penale responsabilità contrasterebbe: sia con le acquisite risultanze processuali (e, in particolare, con le dichiarazioni rese dal B.F. e dal P.D.), dalle quali emergerebbe che lui, pur avendo delegato la gestione al B.F., aveva sempre adempiuto al suo obbligo di alta vigilanza circa il rispetto della sicurezza da parte del preposto e del dipendente”.
Rimandando ad una lettura integrale della sentenza per tutti i dettagli del ricorso, veniamo alla risposta della Corte di Cassazione che indica che il ricorso “non è fondato e, pertanto, deve essere rigettato”.
A questo proposito la Corte indica innanzitutto che il vizio di motivazione è deducibile in sede di legittimità, cioè in Cassazione, esclusivamente quando “la motivazione sia manifestamente illogica o contraddittoria, nel senso che non consente l'agevole riscontro delle scansioni e degli sviluppi critici che connotano la decisone in relazione a ciò che è stato oggetto di prova ovvero nel senso che impedisce, per la sua intrinseca oscurità od incongruenza, il controllo sull'affidabilità dell'esito decisorio, sempre avendo riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni formulate dalle parti”. E non c’è nulla di tutto questo nel caso in esame, “nel quale entrambi i giudici di merito hanno ritenuto la sussistenza di una condotta colposa del R.A., nonché la sussistenza del nesso causale tra detta condotta colposa e le lesioni riportate dal P.D. sulla base di argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici”.
E infatti il Giudice di primo grado - dopo aver analiticamente ripercorso le dichiarazioni rese dal lavoratore infortunato, dal teste B.F. e il contenuto dell'elaborato del consulente tecnico d'ufficio e del verbale effettuato dall'Ispettore del Servizio di Medicina del Lavoro - ha “ritenuto che:
a) la condotta del datore di lavoro R.A. era stata colposa (in quanto aveva fornito una trattrice, priva del sistema di ritenzione del conducente, che non era stata sottoposta nel tempo ai necessari ed adeguati interventi manutentivi e controlli meccanici);
b) detta condotta colposa era stata causa dell'evento lesivo occorso al P.D.;
c) quest'ultimo aveva sì tenuto una condotta imprudente (in quanto si era messo alla guida della trattrice, pur conoscendone lo stato, nelle contestate difficili condizioni ambientali; e non era riuscito a controllarne la velocità di discesa, scalando le marce con la necessaria tempestività), ma non abnorme, con la conseguenza che detta sua condotta non aveva interrotto il rapporto causale tra la condotta colposa del datore di lavoro e l'evento”.
E secondo la Corte territoriale, la condotta del R.A. era stata “indubbiamente colpevole, in quanto aveva consentito l'utilizzo di una trattrice agricola non idonea a percorrere tratti collinari ripidi come quello sul quale si era per l'appunto verificato l'incidente in esame” e, come si legge nella sentenza impugnata, inoltre, ‘il divieto di utilizzo della trattrice in luogo non pianeggiati, come prospettato dal datore di lavoro, non appare(iva) precauzione sufficiente ad elidere il prevedibile rischio di utilizzo del mezzo anche su percorsi in pendenza presenti nell'azienda agricola’, presso la quale lavorava il P.D.. E sotto il profilo causale, “la Corte ha precisato che ‘l'iniziativa di saltare giù dalla trattrice, posta in essere dal conducente quando era chiara l'impossibilità di frenare efficacemente e di rallentarne la velocità di discesa lungo il ripido pendio’ aveva ‘verosimilmente’ evitato ‘eventi lesivi più gravi’ e, comunque, a tutto voler concedere, ‘l'ipotizzata imperizia del dipendente’ non aveva interrotto il rapporto causale tra la condotta colposa del R.A. (che aveva consentito l'utilizzo in azienda di un veicolo obsoleto e comunque non ne aveva impedito l'utilizzo) e le lesioni riportate dal P.D. (che, a seguito della perdita del controllo della trattrice, era precipitato per una altezza di circa 16 metri sul fianco della collina)”.
Infine la motivazione dei giudici di appello, oltre che non contraddittoria e non manifestamente illogica, “è conforme a giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale:
a) possono ritenersi cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l'offesa soltanto quelle che diano luogo a una serie causale, sebbene non del tutto autonoma rispetto a quella riferibile all'agente, che si atteggi in termini di assoluta anomalia, eccezionalità e imprevedibilità (Sez. 4, sent. n. 13939 del 30/01/2008, Bauwens, Rv. 239593);
b) e comunque la condotta colposa del lavoratore infortunato non esclude la responsabilità dell'imprenditore, poiché il datore di lavoro è destinatario delle norme antinfortunistiche proprio per evitare che il dipendente compia scelte irrazionali che, se effettuate, possano pregiudicarne l'integrità psico-fisica (Sez. 4, sent. n. 7267 del 10/11/2009, 2010, Iglina, Rv. 246695): in altri termini, l'imprenditore non è esonerato da responsabilità ogniqualvolta, come nella specie, l'irrazionalità della condotta del dipendente era preventivamente immaginabile e controllabile”.
Con la conclusione che, per tali ragioni, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali.
Tiziano Menduto
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