Sulla responsabilità per l’infortunio di un lavoratore in miniera
In questa sentenza la Corte di Cassazione, chiamata a confermare la responsabilità per l’infortunio occorso ad un lavoratore in una miniera, ha avuto modo di chiarire il rapporto esistente fra le disposizioni generali in materia di salute e di sicurezza sul lavoro e quelle particolari da applicare nei lavori effettuati in cave o miniere. In tema di prevenzione degli infortuni nelle cave o miniere, ha infatti precisato la suprema Corte, esiste un rapporto di integrazione e non di esclusione fra le specifiche norme antinfortunistiche contenute nel D.P.R. 9/4/1959 n. 128 e quelle generali contenute nel D. Lgs. 19/9/1994 n. 626, atteso che la peculiarità del lavoro svolto nelle cave e nelle miniere non esclude l’applicazione della più generale disciplina antinfortunistica.
La stessa Corte ha avuto modo inoltre di precisare che in tema di prevenzione degli infortuni nei lavori in cave o miniere è il “sorvegliante di cava”, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, che assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro in quanto sovrintende alle attività svolte in tali settori, impartisce istruzioni, dirige gli operai e attua le direttive ricevute e ne controlla la esecuzione per cu è lui che risponde delle lesioni occorse ai lavoratori e a sostegno della propria affermazione cita le conclusioni alle quali la Sezione IV della stessa Corte suprema era pervenuta in una precedente sentenza, la n. 24764 del 17 aprile 2013, nella quale anche era stata individuata la responsabilità del sorvegliante per avere consentito a un dipendente inesperto di movimentare blocchi di marmo la cui caduta ha provocato al lavoratore lo schiacciamento e la successiva amputazione di una gamba.
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Il fatto e l’iter giudiziario
La Corte di Appello, pronunciandosi nei confronti del direttore di una miniera che era ricorso alla stessa, ha rideterminata, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale, la pena inflitta in € 200,00 di multa eliminando il beneficio della sospensione condizionale della pena e confermando nel resto. Il Tribunale, con riferimento a un infortunio occorso a due lavoratori dipendenti di un’impresa che operava in una miniera, aveva assolto il datore di lavoro, perché il fatto non costituisce reato, mentre aveva dichiarato il direttore della miniera stessa responsabile del reato di cui agli articoli 113, 590, commi 2 e 3, C.P., per colpa, generica e specifica, segnatamente per negligenza e per violazione della disciplina di settore (quanto al datore di lavoro degli artt. 9, 17, 26, 36 e 37 del D. Lgs. n. 81/2008, 9, 10, 14, 22 del D. Lgs. n. 624/96 e 7, 148, 152, 167 del D.P.R. n. 128/1959 e, quanto al direttore della miniera degli artt. 20 del D. Lgs. n. 624/96 e 148, 152 e 167 del D.P.R. n. 128/59).
Per quanto riguarda la dinamica dell’accaduto, in particolare, mentre i lavoratori effettuavano un'operazione di costruzione di un'armatura metallica in un tratto di galleria, a causa dell'effettuazione di tali operazioni non a regola d'arte e della carenza di adeguate procedure ed informazioni, si verificava la caduta di una putrella che gli stessi avevano innalzata con una attrezzatura e dei puntelli di sostegno della stessa che cadendo avevano investito i due lavoratori cagionando a uno di essi la frattura della tibia destra, con una conseguente malattia giudicata guaribile in gg. 90 e all’altro la frattura della clavicola destra con una conseguente malattia giudicata guaribile in trenta giorni. Il direttore della miniera era stato condannato in primo grado alla pena di 20 giorni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, pena che è stata poi ridotta in appello.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello il direttore della miniera ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, adducendo diverse motivazioni. Lo stesso ha sostenuto innanzitutto che la sentenza impugnata avrebbe operato un'erronea commistione tra le funzioni del datore di lavoro e quelle del direttore della miniera essendo la valutazione dei rischi, la cui carenza era stata allo stesso contestata, un obbligo posto a carico del datore di lavoro e tra l’altro non delegabile, ai sensi dell'art. 17 comma 1 lett. a) del D. Lgs. n. 81/2008, né derogabile dalla specifica normativa in materia mineraria. Il ricorrente altresì, essendo accaduto l’infortunio per un malfunzionamento dei puntelli idraulici di sostegno della putrella, ha posto in evidenza che anche l'obbligo di fornire ai lavoratori attrezzature idonee è a carico del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 71 del D. Lgs. n. 81/2008.
Lo stesso ricorrente ha ricordato che il D. Lgs. n. 624/1996, in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nelle industrie estrattive, prevede che la predisposizione del documento di sicurezza sul lavoro (DSS) spetti al datore di lavoro, che nel caso di lavori svolti da appaltatori e lavoratori autonomi deve redigere un DSS coordinato. e che la manutenzione e il controllo delle attrezzature, secondo l'art. 32 del D Lgs. n. 624/1996, deve essere affidata a personale competente sempre su incarico del datore di lavoro. Il direttore responsabile, invece, ha tenuto a precisare il ricorrente, ha solo specifici compiti operativi, senza funzioni di carattere generale, occupandosi di osservare e far osservare le disposizioni normative e regolamentari in materia di tutela e salute dei lavoratori nella miniera, secondo l’art. 20, comma 1, del D. Lgs. n. 624/1996). Non potevano quindi imputarsi a lui la mancata valutazione del rischio di caduta dei puntelli idraulici e la mancata previsione dell'obbligo di ancoraggio degli stessi alle pareti della galleria, tanto più che, nel caso in esame era stato designato un autonomo Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, figura con compiti di carattere generale di monitoraggio della sicurezza per la riduzione dei rischi.
La sentenza impugnata, secondo lo stesso inoltre, avrebbe erroneamente interpretato l'art. 6 del D.P.R. n. 128/1959 come norma limitatrice o addirittura derogatoria delle disposizioni generali sugli obblighi del datore di lavoro, attribuendo al direttore responsabile compiti spettanti al datore di lavoro sia secondo la disciplina generale che secondo la normativa speciale prevista per l'industria estrattiva. La corte di Appello inoltre, secondo il ricorrente, avrebbe omesso ogni valutazione sulla figura e sulla responsabilità del sorvegliante, che nella gerarchia aziendale, in conformità a quanto disposto dalle norme del settore, è il soggetto addetto alla sorveglianza dei cantieri e all'assistenza dei minatori ed è tenuto a fornire specifiche indicazioni ai lavoratori sulle modalità di ancoraggio dei puntelli e sul controllo dell'attrezzatura. Alla luce delle considerazioni fatte, il direttore della miniera ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
Le motivazioni addotte dal ricorrente sono state ritenute infondate dalla Corte di Cassazione che ha perciò rigettato il ricorso. La stessa ha ricordato che nel settore minerario si applica la disciplina generale antinfortunistica congiuntamente però alle norme specifiche contenute nel D.P.R. n. 128/1959, tuttora vigenti, che prevede un rafforzamento degli obblighi e dei poteri del direttore della miniera. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle cave e nelle miniere esiste quindi un rapporto di integrazione e non di esclusione tra le specifiche norme antinfortunistiche contenute nel D.P.R. 9/4/1959 n. 128 e la disciplina generale contenuta nel D. Lgs. 19/9/1994 n. 626, atteso che la peculiarità del lavoro svolto nelle cave e nelle miniere, che giustifica la previsione di specifiche norme antinfortunistiche relative alle modalità di svolgimento di quel particolare lavoro, non esclude l'applicazione della più generale disciplina antinfortunistica (sentenza della Sez. IV n. 16620 del 24/03/2016 con la Corte ha affermato che il rispetto della disciplina speciale relativa alle operazioni di disgaggio della parete di una cava, secondo quanto previsto dall'art. 129 del D.P.R. n. 128/1959, non elimina l'obbligo di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori previsto dall'art. 4, comma 5, del D. Lgs. n. 626 del 1994).
“In tema di prevenzione degli infortuni”, ha così proseguito la Sez. IV, “il ‘sorvegliante di cava’, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione, sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti”. L'imprenditore-datore di lavoro è invece destinatario dei precetti relativi alle misure di sicurezza e di prevenzione degli infortuni nelle miniere o cave solo quando, essendo in possesso dei prescritti requisiti, abbia assunto personalmente la direzione dei lavori. Al di fuori di questo caso, quindi, della inosservanza delle stesse norme rispondono penalmente i direttori, i capi servizio e i sorveglianti nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze.
Giuste sono state ritenute dalla Corte di Cassazione, in definitiva, le conclusioni alle quali erano pervenuti i giudici dei due primi gradi di giudizio che avevano condannato il direttore della miniera essendo stato accertato che l’evento infortunistico dei due lavoratori infortunati era stato determinato da una carenza di manutenzione delle attrezzature poste a loro disposizione e da una mancanza di precise direttive procedurali che dovevano essere impartite agli stessi nonché da carenze organizzative di ordine generale ascrivibili allo stesso direttore.
Gerardo Porreca
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