Sulla responsabilità di un CSE per la mancata sospensione dei lavori
Con riferimento all’infortunio mortale di un lavoratore in un cantiere edile caduto da un impalcato privo di protezioni e nel decidere su di un ricorso presentato da un CSE condannato dal Tribunale per omicidio colposo con sentenza confermata dalla Corte di Appello, la suprema Corte, richiamando i compiti di alta vigilanza di tale figura professionale e pur tenendo presente che lo stesso non è tenuto a un puntuale controllo delle condizioni di sicurezza in cantiere da effettuare momento per momento, essendo questo compito destinato ad altri soggetti obbligati quali il datore di lavoro e il preposto, ha messo in evidenza che il CSE ha il potere dovere di intervenire a sospendere i lavori nel caso abbia contezza della presenza di gravi pericoli, cosa che se nella circostanza fosse stato fatto non si sarebbe verificato il gravissimo evento infortunistico.
Il fatto, le sentenze di condanna e il ricorso in cassazione
La Corte di Appello ha confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale nei confronti di un coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione in relazione al reato di omicidio colposo. Lo stesso era stato ritenuto responsabile del decesso in un cantiere edile di un lavoratore che, mentre operava con il comando a distanza di una gru, era precipitato da un impalcato, privo di protezione, cadendo sul solaio sottostante posto a circa due metri e mezzo e riportando lesioni mortali. L'addebito ascritto al coordinatore, in cooperazione colposa con altri, aveva riguardato la mancata segnalazione alla committente della reiterata inosservanza delle disposizioni relative all'adeguamento delle misure di sicurezza comprendenti il pericolo di caduta dall'alto ed il fatto di non avere sospeso i lavori, a fronte della condizione di pericolo grave ed imminente, constatata anche il giorno del sinistro.
La Corte di merito aveva confermata l'affermazione di responsabilità penale dell'imputato osservando che la specificità della funzione di coordinatore dallo stesso rivestita implicava peculiari compiti di alta vigilanza e che il cantiere era caratterizzato da criticità note all'imputato, quali la presenza del ghiaccio che aggravava il rischio di cadute dall'alto, a fronte di impalcati privi di protezioni.
Avverso la sentenza della Corte di Appello il coordinatore ha proposto ricorso per cassazione a mezzo dei propri difensori. Lo stesso si è lamentato innanzitutto della contestazione mossagli di non avere sospeso i lavori in cantiere in quanto esso non presentava condizioni di pericolo grave ed imminente e del fatto altresì che la stessa Corte non aveva tenuto presente che il cantiere, a conforto dell'assunto circa l'insussistenza di una situazione di pericolo, non era stato sottoposto a sequestro successivamente al tragico evento.
Con un secondo motivo il ricorrente ha osservato che la Corte di Appello aveva erroneamente ritenuto sussistente un nesso causale tra la condotta omissiva dell'imputato e l'evento essendo in realtà risultata la condotta del lavoratore infortunato del tutto eccentrica, posto che l'utilizzo della gru gli era pure inibito. Ha ritenuta altresì illogica la pretesa di sospendere i lavori in cantiere posto che le attività erano già state sospese, come dimostrato dal fatto che i lavoratori presenti in esso stavano effettuando unicamente attività di pulizia e sistemazione. Il ricorrente ha osservato ancora che la caduta dall'alto del lavoratore era stato un evento assolutamente imprevedibile, posto che gli altri lavoratori si trovavano al piano terra e stavano per andarsene dal cantiere.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso formulando alcuni rilievi sulle motivazioni addotte dall’imputato. Secondo la stessa la Corte di merito aveva bene chiarito le ragioni per le quali aveva ritenuto di confermare la valutazione espressa dal primo giudice adducendo delle argomentazioni che sono risultate immuni da censure. La Corte territoriale infatti aveva precisato che l'uso da parte di più persone della gru rispondeva ad una prassi di cui l'imputato era a piena conoscenza per la sua presenza in cantiere e che dai verbali sopralluogo era risultato che lo stesso si era reso conto della mancanza di parapetti nei solai e che a fronte di tale evenienza si era limitato ad effettuare generiche raccomandazioni, senza attivarsi per l'eliminazione della fonte di pericolo. La Corte di Appello, inoltre, aveva chiarito che il cantiere era certamente in attività il giorno del sinistro e che l’imputato era pienamente consapevole del grave pericolo aggravato anche dalla presenza di ghiaccio, tanto che aveva raccomandato genericamente ai lavoratori di procedere con cautela. Lo stesso aveva pertanto colposamente omesso di sospendere i lavori, come avrebbe dovuto per la qualità rivestita, a fronte della accertata situazione di fatto.
La giurisprudenza di legittimità, ha affermato la Sez. IV, interpretando la disposizione di cui all'art. 92, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 81 del 2008, ha chiarito che “in tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori è pure titolare di un potere dovere di intervento diretto, proprio nei casi in cui abbia contezza di gravi pericoli presenti in cantiere, come avvenuto nel caso di specie”. Lo stesso coordinatore per l'esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dalle disposizioni di legge, “ha una autonoma funzione di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, ma non è tenuto anche ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è invece demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo, previsto dal citato art. 92, lett. f), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate”.
Con riferimento, infine, al mancato apprezzamento, contenuto nel ricorso, del carattere abnorme della condotta posta in essere dal lavoratore deceduto, la suprema Corte ha sottolineato che l'operazione effettuata dallo stesso era necessitata al fine di espletare il lavoro di sua competenza evidenziando che comunque, ove il ricorrente avesse imposto l'adozione dei presidi di sicurezza funzionali ad evitare le cadute dall'alto ovvero avesse sospeso l'esecuzione dei lavori, la rovinosa caduta del lavoratore non si sarebbe verificata.
Le norme antinfortunistiche, ha così concluso la Corte di Cassazione, sono comunque destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Nel campo della sicurezza sul lavoro, infatti, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore stesso si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità e che può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento.
Gerardo Porreca
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