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Sulla responsabilità del direttore dei lavori per la sicurezza sul lavoro

Sulla responsabilità del direttore dei lavori per la sicurezza sul lavoro
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

11/11/2014

Il direttore dei lavori è responsabile di un infortunio quando gli viene affidato il compito di sovrintendere ai lavori con possibilità di impartire ordini alle maestranze o quando si ingerisce concretamente nell’organizzazione dei lavori. Di G.Porreca.

 
Commento a cura di Gerardo Porreca.
 

Si fa sempre più stringente la posizione assunta dalla giurisprudenza nei confronti della figura del direttore dei lavori per quanto riguarda in particolare la determinazione della sua responsabilità o meno in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In questa sentenza la suprema Corte di Cassazione, pur rivestendo l'imputato la funzione di direttore tecnico, ha trovato l'occasione per ribadire la propria posizione, del resto già espressa in precedenti sue sentenze, nei confronti di un’altra figura professionale e cioè quella del direttore dei lavori.
 
Il direttore dei lavori nominato dal committente, si legge testualmente nella sentenza, è responsabile dell'infortunio sul lavoro, quando allo stesso sia affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini alle maestranze e ciò, sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando risulti che egli si sia in concreto ingerito nell'organizzazione del lavoro ( Cass. Sez. IV n. 49462/2003). In tema di prevenzione degli infortuni, aggiunge ancora la suprema Corte, il direttore dei lavori nominato dal committente, mentre svolge normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse dello stesso, risponde invece dell'infortunio subito dal lavoratore là dove sia concretamente accertata una sua effettiva ingerenza nell'organizzazione del cantiere ( Cass. Sez. IV n. 1471/2014)
 
 

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Il fatto e il ricorso in Cassazione
Il Tribunale ha condannato un architetto libero professionista alla pena di tre mesi di reclusione in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni del titolare di una ditta subappaltatrice infortunatosi in un cantiere edile. All'imputato, unitamente ad altri soggetti, era stata originariamente contestata la violazione colposa delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro poiché, in qualità di delegato dalla società appaltante dei lavori, aveva consentito, o comunque non impedito, che il titolare di una ditta subappaltatrice, impegnato nelle operazioni di getto del calcestruzzo per il completamento di un solaio di copertura in cemento armato prefabbricato, cadesse al suolo, provocandosi gravi lesioni personali, a causa del cedimento del solaio stesso, cedimento dovuto all'inadeguatezza delle opere provvisionali di sostegno collocate in assenza di uno specifico calcolo tale da garantire che le armature supportassero, oltre il peso delle strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali nonché le sollecitazioni dinamiche dovute all'esecuzione dei lavori.
 
La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha successivamente disposto la riduzione della pena inflitta all'imputato, determinandola in quella di un mese e quindici giorni di reclusione (pena convertita in quella pecuniaria d'importo corrispondente), confermando, nel resto, la sentenza impugnata.
 
Avverso la sentenza d'appello l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione censurando il provvedimento della corte territoriale per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo i giudici del merito erroneamente ascritto, in capo all'imputato stesso, una posizione di garanzia in relazione all'infortunio in esame, in assenza di alcun presupposto idoneo a giustificarla, attesa l'originaria limitazione del ruolo che lo stesso ricopriva nell'ambito dell'attività dell'impresa dell’infortunato a una mera collaborazione professionale per la predisposizione dell'istruttoria ai fini della partecipazione alla gara d'appalto pubblico, posizione alla quale non faceva riscontro l'attribuzione di alcuna mansione in materia di conduzione del cantiere o di sicurezza dei lavoratori, non disponendo lo stesso né del tempo necessario né delle specifiche competenze indispensabili a tal fine.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La suprema Corte ha fatto osservare che la Corte di Appello aveva riconosciuta una specifica posizione di garanzia in capo all’imputato, in relazione all'infortunio oggetto d'esame, muovendo dall'interpretazione del contratto di prestazione d'opera stipulato tra lo stesso e la società appaltante, dalla quale era emerso come allo stesso erano state attribuite la qualifica e le mansioni di direttore tecnico per la direzione tecnica dei lavori pubblici eseguiti ai sensi del D.P.R. n. 34 del 2000. La stessa Corte di Appello aveva dato atto come, con una missiva inviata dalla società committente al Servizio di prevenzione degli infortuni sul lavoro della Asl si precisava come l'architetto, nell'organizzazione della società, rivestisse la funzione di direttore tecnico, come da attestazione SOA, con competenza sui lavori di carattere edilizio per tutti i contratti di lavori pubblici di cui alla stessa attestazione SOA (e quindi ivi compreso il cantiere in argomento) sulla base della specifica professionalità acquisita dallo stesso.
 
A conferma di quanto sopra detto la Corte distrettuale aveva altresì richiamato le molteplici e convergenti deposizioni testimoniali rese nel corso dell'istruttoria dibattimentale dalle quali era emerso come l’imputato disponesse ed esercitasse effettivamente e concretamente i poteri di gestione e di direzione del cantiere, anche perché spesso presente in loco impegnato ad attendervi, e ciò anche nell'immediatezza dell'infortunio oggetto del giudizio in argomento, prima del quale, pur partecipando all'organizzazione dei lavori, non aveva impartito alcuna direttiva o disposizione ai fini del corretto e sicuro posizionamento dei puntelli di sostegno del solaio successivamente crollato con il titolare della ditta subappaltatrice.
 
Ciò detto la Sez. IV ha fatto rilevare come la Corte territoriale si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della Corte di legittimità, ai sensi del quale va riconosciuto che “il direttore dei lavori nominato dal committente è responsabile dell'infortunio sul lavoro, quando allo stesso sia affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con la possibilità di impartire ordini alle maestranze; e ciò, sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando, per fatti concludenti, risulti che egli si sia in concreto ingerito nell'organizzazione del lavoro”.
 
In tema di prevenzione degli infortuni infatti”, ha così concluso la Corte di Cassazione, “il direttore dei lavori nominato dal committente, mentre svolge normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, risponde invece dell'infortunio subito dal lavoratore là dove sia concretamente accertata, come nel caso di specie, una sua effettiva ingerenza nell'organizzazione del cantiere”.
 
 




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Rispondi Autore: mauro bonetto - likes: 0
10/11/2014 (09:03:31)
IL DIRETTORE TECNICO NON E' IL DIRETTORE DEI LAVORI.

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