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Le responsabilità per un infortunio con una macchina a nolo
Commento a cura di Gerardo Porreca.
La Corte di Cassazione si è espressa in questa sentenza in merito alla responsabilità per un infortunio avvenuto durante l’utilizzo di una attrezzatura noleggiata “a caldo” ed occorso ad un lavoratore dipendente dalla ditta noleggiante e per la verità in maniera opposta a quanto aveva già fatto in passato in occasione di altri analoghi infortuni sul lavoro. La responsabilità per l’infortunio occorso ad un lavoratore della ditta noleggiante, ha sostenuto la suprema Corte, è da addebitare non al datore di lavoro della ditta che ha fornito “a caldo” l’attrezzatura stessa ma al titolare dell’impresa che l’ha presa a nolo l’attrezzatura. Come motivazione principale per la decisione presa dalla stessa la Corte ha posto in evidenza che è l’utilizzatore che è in grado di valutare le condizioni di potenziale pericolo in cui possono venire a trovarsi i lavoratori esterni a causa delle concrete modalità di svolgimento dei lavori.
Il fatto e l’iter giudiziario
L’amministratore unico e direttore tecnico di uno studio di progettazione al quale era stato dato l’incarico di progettare, elaborare ed eseguire le prove di carico su un viadotto di un strada statale appena costruito e il direttore dei lavori nominato da un committente sono stati tratti a giudizio davanti al Tribunale per rispondere dei reati di cui agli artt. 443 e 449 c.p. e art. 589, commi 1, 2, 3, art. 590 in relazione all'art. 583 c.p.. Agli imputati era stato contestato di avere cagionato, per colpa generica e specifica, il crollo del viadotto in questione e, in seguito a tale evento, il decesso di un lavoratore nonché lesioni personali gravi ad altri lavoratori che si trovavano a bordo dei loro mezzi durante l'esecuzione della prova i quali erano stati travolti in seguito al collasso della struttura.
Il Tribunale, considerati gli imputati responsabili dei reati a loro ascritti, ritenuto il concorso formale tra gli stessi e concesse le attenuanti generiche equivalenti, ha condannato l’amministratore unico e direttore tecnico dello studio di progettazione alla pena di anni tre di reclusione ed il direttore dei lavori alla pena di anni due, pena interamente condonata per il primo e pena sospesa per il secondo, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni, in solido con il responsabile civile dello Studio, in favore della costituita parte civile.
Avverso la decisione del Tribunale entrambi gli imputati hanno proposto appello tramite i propri difensori. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza emessa dal giudice di primo grado ha ridotta la pena inflitta ad anni 1 e mesi 8 di reclusione per l'amministratore unico e ad anni 1 e mesi 6 di reclusione per il direttore dei lavori.
I ricorsi in cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza della Corte di Appello entrambi gli imputati hanno proposto ricorso in cassazione a mezzo dei loro difensori. L’amministratore unico dello studio e progettista delle prove di carico ha fatto presente, a sua difesa, di non essere mai stato nominato dal committente "coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera" e che pertanto non era titolare di nessuna posizione di garanzia e che inoltre durante l'effettuazione della prova di carico e dell'ingresso degli automezzi sul viadotto si trovava in altro luogo rispetto a quello in cui si era verificato il sinistro mentre sul luogo si trovava il direttore dei lavori il quale manteneva tale sua qualifica anche durante lo svolgimento delle prove di carico. Lo stesso ha inoltre precisato che la prova di carico durante la quale si era verificato l’infortunio era stata conseguente alla stipulazione ed esecuzione di un contratto di " nolo a caldo" (essendo stati messi a disposizione non solo gli automezzi, ma anche gli autisti degli stessi) ed ha sostenuto, altresì, che la responsabilità per gli infortuni derivanti ai lavoratori destinati alla conduzione di un mezzo noleggiato "a caldo" competerebbe al datore di lavoro degli stessi, titolare dell'impresa noleggiante e non comunque a lui che era soltanto il "progettista della prova di carico". Il direttore dei lavori, dal canto suo, ha sostenuto di avere affidato con "verbale di consegna" l'incarico di progettare, eseguire ed elaborare le prove di carico all’amministratore unico e direttore tecnico dello studio di progettazione, che dopo la consegna sarebbe subentrato allo stesso quale direttore dei lavori durante le prove di carico, per cui si è ritenuto non responsabile dell’accaduto.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Entrambi i ricorsi sono stati ritenuti infondati dalla Corte di Cassazione. Con riferimento al ricorso presentato dall’amministratore unico dello studio di progettazione la Corte di Cassazione ha fatto presente che allo studio stesso erano state dal committente appaltate la progettazione, l’esecuzione e l’elaborazione delle prove di carico e che l’imputato, nella sua qualità di appaltatore, aveva provveduto a contattare varie imprese di autotrasporti affinché gli procurassero gli automezzi con i relativi conducenti per il collaudo del viadotto per cui lo studio di cui l’imputato era amministratore unico e direttore tecnico aveva l’obbligo, nel momento in cui si apprestava ad espletare l'opera che le era stata commissionata ed essendo impresa appaltatrice, di adottare sul luogo di lavoro tutte le misure di sicurezza imposte dalla legge a tutela dell'incolumità dei lavoratori, obbligo che incombe al datore di lavoro e su quanti siano preposti alla direzione tecnica dell'azienda e che non può essere annullato da eventuali censure nei confronti di altri soggetti.
Con riferimento alla osservazione fatta a propria difesa dall’amministratore unico e direttore tecnico dello studio di progettazione di non essere stato comunque nominato coordinatore in fase di esecuzione la Corte suprema ha fatto presente che lo stesso rispondeva comunque del reato contestatogli in quanto a lui incombeva, in virtù di uno specifico contratto di appalto, l'obbligo di predisporre non solo la progettazione, ma anche l'organizzazione in fase esecutiva delle prove di carico e che pertanto aveva anche poteri di coordinamento e di direzione nei confronti di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nelle prove di carico.
Assolutamente fuorviante ha ritenuto altresì la Sez. IV la lamentela fatta dall’amministratore unico e direttore tecnico dello studio secondo cui, essendo stato stipulato ed eseguito un contratto di "nolo a caldo" ed essendo quindi stati messi a disposizione non solo gli automezzi ma anche gli autisti degli stessi, la responsabilità per l’infortunio derivante al lavoratore destinato alla conduzione di un mezzo noleggiato "a caldo" competerebbe al datore di lavoro dello stesso, e cioè al titolare dell'impresa noleggiante e non già a colui che ha preso a nolo sia il macchinario che l’operatore. Soltanto il progettista delle prove di carico, infatti, era in grado di valutare le situazioni di potenziale pericolo in cui si potevano trovare, a causa delle concrete modalità che lui stesso aveva progettato e stava mettendo in pratica, i soggetti coinvolti nelle prove di carico. La prospettata censura a proposito della responsabilità nel caso di "nolo a caldo" non è stata quindi considerata pertinente dalla Corte di Cassazione “non potendosi pretendere di addossare esclusivamente al locatore la responsabilità per infortuni occorsi al suo dipendente una volta che questi sia stato impiegato dal locatario con altra forza lavoro da lui diretta, in un'opera dal medesimo organizzata". L’imputato avrebbe quindi dovuto impedire, secondo la Sez. IV, che i conducenti degli automezzi si trattenessero a bordo degli stessi sul viadotto mentre altri vi affluivano ed evitare così una grave situazione di pericolo per l'incolumità delle persone che poi sono state travolte dal crollo.
Anche il ricorso presentato dal direttore dei lavori è stato ritenuto dalla Sez. IV infondato. La Corte di Cassazione ha osservato in merito che se è vero che lo stesso aveva affidato l'espletamento delle prove di carico a un professionista esterno pur tuttavia aveva mantenuto la sua qualifica di direttore dei lavori anche in relazione all'espletamento delle suddette prove, per cui è stato ritenuto giusto l’addebito fatto a suo carico di non avere vigilato affinché fosse adottata quella misura di elementare prudenza consistente nel curare, prima dell'ingresso sul punto di ogni nuovo camion, che i conducenti di quelli che l'avevano preceduto si fossero allontanati dal ponte. Il direttore dei lavori pertanto, ha così concluso la Corte suprema, proprio in considerazione della posizione di garanzia da lui ricoperta anche in funzione della esecuzione delle prove di carico, doveva dirigere le maestranze durante le prove stesse e provvedere ad allontanarle immediatamente dal viadotto, secondo la buona prassi ingegneristica e la normale prudenza, dopo il posizionamento degli autocarri. Egli inoltre avrebbe dovuto essere costantemente presente durante l'espletamento delle prove di carico, né poteva limitarsi a fare affidamento sulla presenza del progettista essendo egli stesso titolare di un'autonoma posizione di garanzia.
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