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La responsabilità del venditore di un macchinario per l’infortunio

La responsabilità del venditore di un macchinario per l’infortunio
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

22/04/2024

Per l’infortunio di un lavoratore presso una macchina riconducibile a una inadeguatezza dei suoi congegni antinfortunistici risponde anche il venditore senza che possa rilevare, a sua discolpa, la presenza di una formale certificazione di regolarità.

Il principio richiamato dalla Corte di Cassazione in questa sentenza e già espresso in sue precedenti pronunce è quello secondo cui per l’infortunio accaduto a un lavoratore durante l’utilizzo di un macchinario risponde anche il venditore allorquando lo stesso, pur essendo a conoscenza della sua non conformità alle disposizioni in materia di sicurezza, non si sia attivato per eliminare la difformità stessa prima della sua vendita. Vittima dell’infortunio nel caso di cui alla sentenza della Corte suprema in commento, è stato proprio l’acquirente di una terna che, nel fare manutenzione sul mezzo, è stato colpito mortalmente a seguito della caduta improvvisa del braccio della benna, risultato mancante della barra di sicurezza la cui presenza ne avrebbe impedita la discesa.   

 

Accusato. processato e condannato il venditore del mezzo nei due primi gradi di giudizio, lo stesso ha ricorso per cassazione sostenendo che l’evento era accaduto perché determinato proprio dall’acquirente per avere lo stesso tagliato erroneamente un tubo dell’olio del circuito idraulico; essendo a conoscenza della mancanza del dispositivo di sicurezza contro la caduta del braccio, l’acquirente stava infatti provvedendo, al momento dell’infortunio, ad effettuare una modifica costruttiva per cui la responsabilità di quanto avvenuto, secondo il venditore, era da attribuire proprio a lui e al suo comportamento scorretto. La Corte di Cassazione ha però rigettato il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali richiamando il consolidato principio della giurisprudenza di legittimità sopra indicato e sostenendo che, al di là comunque del comportamento dell’acquirente, l’infortunio si era verificato in conseguenza dell’impiego di un macchinario ad uso lavorativo non conforme alle norme antinfortunistiche.


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Il fatto e l’iter giudiziario.

La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, con la quale il venditore di una terna, priva del dispositivo di sicurezza previsto dal costruttore (barra anti bloccaggio e anti discesa), era stato condannato per omicidio colposo ai danni di un acquirente il quale, mentre era intento in operazioni di manutenzione, era stato colpito violentemente dal braccio e dalla benna del macchinario, riportando un politrauma dal quale era derivata la morte immediata, riconosciute le generiche, ha ridotto la pena, con il beneficio della sospensione condizionale, subordinata al pagamento della provvisionale, confermando nel resto la sentenza del Tribunale.

 

Secondo la ricostruzione dell’evento fatta dai giudici di merito era emerso che la vittima, di professione marmista, aveva acquistato il trattore stradale dopo aver vinto una gara d'appalto comunale per la rimozione della neve dalle strade. Secondo inoltre il riferito testimoniale, il giorno dell'infortunio mortale, egli doveva effettuare alcuni interventi di manutenzione sul macchinario (riparazione di un tubo dell'olio). Era emerso altresì che il macchinario era certamente privo della barra di sicurezza che avrebbe impedito la discesa improvvisa del braccio e della benna, che il macchinario era lo stesso che l'imputato aveva messo in vendita on line e che era stato consegnato a una ditta che, però, si era limitata a custodire la macchina per il tempo necessario a verificare la copertura dell'assegno emesso dall’acquirente, che anche nella foto pubblicata per l'offerta in vendita, il macchinario era privo del dispositivo di sicurezza che, del resto, non era stato rinvenuto presso la vittima e che la ditta alla quale era stato consegnato il macchinario quindi aveva fatto solo da tramite tra venditore e acquirente, senza assumere alcun onere di verifica della regolarità del macchinario.

 

I consulenti avevano concordato sulla causa del sinistro anche se, a parere di quello del PM, la vittima aveva causato una discesa più repentina della benna tagliando un tubo dell'olio sbagliato mentre, secondo il consulente della difesa, la vittima sarebbe stata intenta ad apportare una modifica strutturale al macchinario e non a effettuare una semplice riparazione, conoscendo l’acquirente il difetto del macchinario, come dimostrato dalla predisposizione di un trespolo per frenare la eventuale caduta della benna e dal cerchio disegnato sul manuale d'uso, proprio in corrispondenza della dicitura relativa al dispositivo di sicurezza mancante. Secondo il primo giudice, comunque, era stata irrilevante la circostanza che l’acquirente sapesse o meno dell'assenza del dispositivo di sicurezza, ciò non esimendo da responsabilità il venditore che aveva messo in circolazione un macchinario pericoloso.

 

La Corte territoriale, da parte sua e in risposta ai motivi del ricorso presentato dall’imputato (mancato accertamento che il macchinario fosse stato venduto senza il dispositivo di sicurezza; qualità di professionista e non di consumatore dell’acquirente), li ha ritenuti infondati alla stregua anche delle prove acquisite. Era stato lo stesso venditore, infatti, a consegnare le fatture di acquisto e di vendita e i documenti di trasporto del mezzo; la foto pubblicata su internet era relativa a un macchinario senza dispositivo di sicurezza, ritratto su uno sfondo che corrispondeva ai dintorni della ditta dell'imputato e il macchinario inoltre era privo del dispositivo di sicurezza, non rinvenuto presso la vittima che, peraltro, non aveva avuto motivo alcuno di smontarlo, non essendo d'intralcio per le lavorazioni che doveva eseguire.

 

Quanto, poi, al ruolo della ditta alla quale era stato consegnato il macchinario, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che la documentazione acquisita avesse confermato che la terna era stata venduta direttamente dall'imputato e che l’intervento dell’intermediario era stato solo di comodo. Gli stessi, inoltre, hanno sostenuto che la manovra della vittima sul macchinario e la sua imprudenza per aver fatto affidamento su un sistema di blocco artigianale non avevano interrotto, comunque, il nesso di causa tra la condotta contestata al venditore e l'evento morte, derivato direttamente dalla difformità dello stesso rispetto alla normativa di sicurezza, il cui scopo e anche quello di prevenire infortuni dovuti a errori o imprudenze degli utilizzatori. L’imputato era tenuto a non commercializzare un bene oggettivamente pericoloso, in quanto privo di un requisito di sicurezza. La Corte territoriale ha ritenuto infine che il venditore non era esonerato dall'osservanza della regola cautelare di cui all'art. 1490, cod. civ. e all'art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 626/94, regola valevole per qualsiasi venditore e, a maggior ragione, per quelli professionisti come l'imputato.

 

Il ricorso per cassazione e le motivazioni.

La difesa ha proposto ricorso, formulando alcuni motivi. Come primo motivo ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto all'affermazione della penale responsabilità, avuto riguardo alla mancata considerazione degli interventi della vittima sul macchinario, tali da aver interrotto il nesso causale tra la condotta contestata e l'evento, essendo rimasto il relativo punto del tutto incerto, situazione che avrebbe dunque imposto un verdetto assolutorio.

 

Con un secondo motivo, ha dedotto violazione di legge, quanto alla posizione di garanzia, avuto riguardo alla circostanza che l'acquirente non poteva considerarsi un consumatore e che, comunque, la garanzia è limitata, secondo la volontà delle parti contraenti, nell'ipotesi di conoscenza dei vizi da parte dell'acquirente. Quest’ultimo sapeva all’atto dell’acquisto della mancanza del dispositivo di sicurezza; aveva, infatti, segnato sul manuale d'uso un cerchio sulla dicitura relativa a tale dispositivo, aveva acquistato il bene a un prezzo "vile" e aveva cercato di realizzare un meccanismo di sicurezza artigianale (un piccolo telaio per frenare la discesa della benna).

 

Con un terzo motivo, infine, la difesa ha dedotto analogo vizio quanto alla individuazione della regola cautelare violata, rilevando l'erroneo riferimento all'art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 626/94, abrogato dall'art. 304 del D. Lgs. n. 81/2008 e oggi sostituito dall'art. 23 dello stesso D. Lgs. n. 81/2008.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Secondo la difesa, ha sostenuto la stessa, i giudici di merito nelle loro decisioni non avevano tenuto conto del comportamento imprudente della vittima, non considerando invece che gli stessi avevano ritenuto che tale comportamento fosse stato del tutto irrilevante dal momento che la condotta contestata era stata quella di aver venduto e messo in circolazione un bene intrinsecamente pericoloso in quanto non dotato di un presidio di sicurezza basilare.

 

Nel caso in esame, ha sottolineato la Sez. IV, a prescindere dal rinvio alle norme del codice civile sulla vendita del macchinario, la morte dell’acquirente è stata conseguenza dell'impiego di un macchinario ad uso lavorativo per cui va applicato il principio consolidato secondo cui, ove un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi. Tale principio è stato anche successivamente ripreso, riconoscendosi la responsabilità del venditore allorquando, pur essendo conoscibile la non conformità del macchinario alle prescrizioni in tema di sicurezza, egli non si sia attivato per eliminare la difformità prima della vendita e ha citato in merito, fra le altre, come sentenza di riferimento, la sentenza n.. 18139 del 14/5/2012, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “La responsabilità del venditore per la mancata sicurezza di una macchina nella quale era stato affermato che risponde del reato di lesioni derivanti da infortunio sul lavoro per effetto dell'uso di un macchinario anche il venditore del macchinario medesimo “ove l'infortunio sia riconducibile alla inadeguatezza dei congegni antinfortunistici, senza che possa rilevare, a discolpa del venditore stesso, la presenza di una formale certificazione attestante la rispondenza del macchinario alle prescritte misure di sicurezza”.

 

Al rigetto del ricorso è conseguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

 

Corte di Cassazione Sezione IV penale - Sentenza n. 1959 del 17 gennaio 2024 (u. p. 13 dicembre 2023) - Pres. Ciampi – Est. Cappello – PM Costantini - Ric. omissis.  - Per l’infortunio di un lavoratore presso una macchina riconducibile a una inadeguatezza dei suoi congegni antinfortunistici risponde anche il venditore senza che possa rilevare, a sua discolpa, la presenza di una formale certificazione di regolarità.




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