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L’aggiornamento periodico della valutazione dei rischi e del DVR

L’aggiornamento periodico della valutazione dei rischi e del DVR
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

10/10/2022

Sul datore di lavoro grava l'obbligo giuridico di analizzare secondo la migliore evoluzione della scienza tecnica tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, di redigere il DVR e di sottoporlo ad aggiornamenti periodici.

Emerge dalla lettura di questa recentissima sentenza della IV Sezione penale della Corte di Cassazione quanto si è sempre sostenuto in merito alla fondamentale importanza di effettuare la valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, prevista dall'art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008, e di elaborare il relativo documento di valutazione dei rischi (DVR), nonché in merito alla necessità di aggiornar lo stesso periodicamente quando si verificano le condizioni indicate dal legislatore nel successivo articolo 29.

 

Lo ha ricordato la suprema Corte chiamata a decidere su di un ricorso presentato dall’amministratore delegato di una società condannato, quale datore di lavoro, per avere cagionato delle lesioni gravi a una lavoratrice dipendente a seguito di un infortunio accaduto durante alcune operazioni di taglio per avere toccato con la sua mano sinistra il disco di una taglierina in movimento risultata priva delle protezioni previste dalle disposizioni di sicurezza sulla utilizzazione delle attrezzature.

 

L’imputato aveva basata la sua difesa sul fatto che aveva avuto alcuni anni prima una visita ispettiva da parte dell’Organo di vigilanza e di avere ottemperato alle prescrizioni di sicurezza dallo stesso impartite. La Cassazione ha invece rigettato il ricorso non avendo il ricorrente provveduto ad effettuare una nuova valutazione dei rischi e ad aggiornare il relativo documento nonché ad adeguare i macchinari in dotazione ai lavoratori. Ha richiamato altresì, come spesso fa, l’importante insegnamento disceso dalla famosa sentenza emanata dalle Sezioni Unite, la n. 38343 del 24/04/2014, riguardante i fatti accaduti nella Thyssenkrupp, secondo la quale “Sul datore di lavoro, grava l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, dovendo, all'esito, redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 d.lgs. n. 81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori”.

 

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Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni

La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale ha confermata la penale responsabilità dell’amministratore delegato di una società in ordine al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., in relazione all'art. 583, comma 1, n. 1 e 2, cod. pen.. L'imputato, in particolare, era stato accusato di avere cagionato, nella sua qualità di datore di lavoro, a una lavoratrice dipendente, per colpa generica e per violazione della normativa in materia di infortuni sul lavoro, lesioni personali gravi consistenti in una profonda ferita da taglio alla terza falange del dito indice della mano sinistra, con conseguenti lesioni del tendine estensore e di un ramo nervoso del dito, tali da determinare una incapacità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni per un tempo superiore a sei mesi ed un indebolimento permanente della funzione prensile della mano sinistra.

 

Era accaduto che la lavoratrice, addetta, quale operaia specializzata, al taglio dii tubi in ceramica prodotti nell’azienda presso la quale lavorava da trent'anni, nel mentre utilizzava una macchina denominata "taglierina media", composta da un disco da taglio e da una culla oscillante su cui veniva appoggiato un tubo da sezionare in più parti, e nel mentre prelevava con la mano sinistra una parte del tubo appena tagliata, presumibilmente a causa di una maggiore ed inusuale resistenza opposta dal pezzo in lavorazione, si è infortunata per essere finita la mano stessa verso il disco in movimento. I giudici del merito avevano fondato la responsabilità dell'imputato sul fatto che era stato dimostrato, con certezza, il mancato adempimento dell'obbligo stabilito dall'art. 71, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2008, in relazione alla messa a disposizione della lavoratrice di un'attrezzatura da lavoro conforme ai requisiti generali di sicurezza.

Avverso la sentenza della Corte di Appello ha ricorso pe cassazione il difensore dell'imputato sostenendo fondamentalmente che lo stesso aveva fatto affidamento sulle prescrizioni impartite quattro anni prima dallo Spresal e aveva adeguata la taglierina secondo le indicazioni dallo stesso ricevute; non aveva effettuato, sulla stessa, ulteriori interventi anche perché risultava del tutto sicura.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. Con riferimento alla contestazione avanzata dal ricorrente relativa alla dinamica dell’accaduto e all’asserita impossibilità che si verificasse un contatto tra la mano sinistra della lavoratrice e il disco tagliente, la Sezione IV ha evidenziato che la Corte di Appello era pervenuta alla conclusione, sulla base dell'osservazione dei fotogrammi predisposti dallo stesso consulente tecnico della difesa, che la lavorazione dei pezzi mediante la taglierina implicasse la collocazione di entrambe le mani in prossimità della lama, con conseguente possibilità di entrare accidentalmente in contatto con la stessa in caso di scivolamento, movimenti bruschi o simili, così come, peraltro, rilevato dagli ispettori in relazione a tutte le taglierine presenti nello stabilimento, rispetto alle quali l'imputato provvedeva ad adempiere alle specifiche prescrizioni imposte, eliminando in conseguenza il rischio di contatto con gli organi deputati al taglio.

 

La suprema Corte ha sottolineato altresì che la dinamica dell'infortunio era stata ricostruita sulla base della testimonianza dell’ufficiale di polizia giudiziaria intervenuto, in servizio presso lo Spresal, il quale aveva riferito che l'utensile di cui era dotata la taglierina era un sottile disco in metallo, con la superficie ricoperta di minuscole particelle diamantate, funzionali alla precisa sezione del pezzo in lavorazione, maneggiato dall'operatrice la quale per procedere al taglio doveva necessariamente avvicinare molto le mani al tagliente organo lavoratore in movimento.

 

Il testimone aveva altresì precisato che il tipo di lavorazione cui era addetta la lavoratrice implicava una serie di movimenti ripetuti in rapida successione, sicché si presentava elevato il rischio di sbagliare leggermente il movimento ed entrare in contatto con l'utensile pericoloso non segregato in modo adeguato: situazione pericolosa che aveva direttamente verificata nonché corroborata anche dalle immagini della copiosa documentazione fotografica in atti. Proprio in base alle misure di prevenzione e protezione predisposte dall'imputato, a seguito dei rilievi ispettivi, del resto, consistenti nell'installare sulla taglierina dei ripari tubolari lateralmente alla lama in modo da impedire l'avvicinamento delle dita alla lama, i Giudici di merito avevano tratto il corretto giudizio controfattuale, formulato nel senso che, qualora i ripari o le altre cautele prescritte dalla normativa antinfortunistica, fossero stati installati sulla macchina, il contatto tra le dita della lavoratrice e la parte laterale della lama rotante non si sarebbe verificato.

 

La Corte territoriale aveva osservato altresì che il documento aziendale di valutazione dei rischi, elaborato quattro anni prima dell’accaduto non era stato aggiornato e completato, in riferimento alla mansione della lavoratrice infortunata, in modo tale da comprendere in maniera sufficientemente precisa e dettagliata quanto previsto dalla normativa. La taglierina, infatti, era stata fabbricata molti anni prima e le varie modifiche di cui era stata oggetto nel corso degli anni non erano risultate comunque idonee a garantire un controllo completo dei rischi residui, qual è quello legato all'accessibilità alla zona dell'organo lavoratore del macchinario. Era stato esattamente questo il profilo di colpa ascritto all'imputato.

 

In questo senso, quindi, secondo la Sez. IV, la sentenza impugnata aveva fatto buon governo dell'insegnamento, più volte espresso dalla Corte di legittimità secondo il quale “sul datore di lavoro, grava l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, dovendo, all'esito, redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 d.lgs. n. 81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori” (Sez. Un. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri).

 

Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi” ha ricordato inoltre la Corte di Cassazione richiamando quanto indicato con la sentenza  n. 43786 del 13/09/2010 della Sez. IV penale, “è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica” E ciò perché, ha aggiunto, “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo non può essere desunto soltanto dall'omessa previsione del rischio nel documento, di cui all'art. 4, comma 2, del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, dovendo tale rapporto essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretizzato” (sentenza n. 8622 del 04/12/2009 Sez. IV).

 

Facendo applicazione di tali principi di diritto, ha così proseguito la Sez. IV, la Corte territoriale,  richiamando le argomentazioni del giudice di primo grado, ha del tutto correttamente affermato che l'imputato, “né all'atto dell'assunzione della posizione di garanzia, né in seguito, risulta essersi fatto carico di prendere contezza dei rischi correlati a quella lavorazione con quel tipo di macchinario, e di aggiornare in conformità il documento di valutazione degli stessi, carente sotto questo specifico profilo e risalente al ......, epoca in cui l'azienda aveva addirittura un diverso assetto societario, mutato nel ........

 

In conclusione la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dal datore di lavoro tenuto conto che dopo la visita ispettiva dello Spresal, risalente a cinque anni prima dell’accaduto,  non è risultato che lo stesso si sia successivamente premurato di procedere ad una nuova valutazione dei rischi, aggiornando il documento di valutazione dei rischi e di adeguare i macchinari in dotazione ai lavoratori, approntando dispositivi di protezione conformi all'evoluzione della scienza tecnica.  Gli eventuali errori o limiti nella valutazione del rischio invece, compiuti dall'ispettore dello Spresal, non avevano comunque esonerato il datore di lavoro dagli obblighi che su di lui gravavano specificatamente. Al rigetto del ricorso è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 36785 del 29 settembre 2022 (u.p. 19 aprile 2022) - Pres. Di Salvo – Est. Dawan – PM Pratola - Ric. F.M.. - Sul datore di lavoro grava l'obbligo giuridico di analizzare secondo la migliore evoluzione della scienza tecnica tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, di redigere il DVR e di sottoporlo ad aggiornamenti periodici.






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Rispondi Autore: Mastromatteo Claudio - likes: 0
10/10/2022 (09:41:52)
Se il datore di lavoro avesse provveduto tramite la riunione periodica annuale art.35 ad una analisi ed aggiornamento del DVR, sarebbe bastato a giustificare l'aggiornamento dello stesso , in sede di giudizio ?
Rispondi Autore: Renato - likes: 0
10/10/2022 (10:50:41)
l'art. 35 se proprio si volesse (ma non è per l'adempimento corretto) è un momento di "condivisione", al massimo informativo.
Con tutto che le sentenze talvolta sfuggano alla nostra logica personale, la ratio, nel caso di specie, è sostanziale nei termini del FARE. Ovvero, aggiornare il DVR se ricorrono le svariate circostanze (es. mutamenti organizzativi, attrezzature, lavorazioni, incidenti etc.) che obbligano il Datore di lavoro a farlo.
Rispondi Autore: Carlo Timillero - likes: 0
11/10/2022 (11:54:56)
Sempre e solo forma, ma il problema è la sostanza.
Al datore di lavoro, sembra, viene contestato il fatto che l'attrezzatura non era protetta, non il mancato aggiornamento del DVR.
Un DVR super completo, di centinaia di pagine, a nulla serve se poi nella realtà le attrezzature non sono, magari occasionalmente, protette e se gli operatori non sono adeguatamente addestrati e formati.
Paradossalmente meglio DVR più semplici, con attrezzature a posto e formazione e addestramento effettuati.
Mi sembra che la difesa proposta dal datore di lavoro sia stata molto debole.

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