Covid-19: un Tribunale impone la consegna dei DPI ad un rider
Il Tribunale di Firenze (Sez. Lav., 1 aprile 2020 n.886) ha ordinato con decreto cautelare ad una importante Società la consegna dei necessari dispositivi di protezione dal contagio legato al Covid-19 ad un rider per essa operante che aveva presentato un ricorso in tal senso.
Il Giudice ha anzitutto riconosciuto che “il ricorrente è iscritto nella piattaforma della …s.r.l. e svolge in favore della stessa attività di cd. “rider”, consistente nel recapito di alimenti e cibi da asporto per conto di esercizi convenzionati della società in favore di clienti della piattaforma”.
Dal punto di vista del diritto del lavoro, poi, il provvedimento ha precisato che “pur se qualificabile come autonomo” tale rapporto di lavoro “pare ricondursi a quelli disciplinati dall’art.2 D.Lgs.81/2015, per i quali, “in un'ottica sia di prevenzione sia “rimediale”, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato quando la prestazione del collaboratore sia esclusivamente personale, venga svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi ed al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente” (Cass., 1663/2020).”
Inoltre, “alla tipologia del rapporto in esame, per le modalità del suo svolgimento […], può richiamarsi la disciplina del Capo V-bis del D.Lgs. 81/2015 (Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali), finalizzate a stabilire “livelli minimi di tutela per i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all'articolo 47, comma 2, lettera a), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, attraverso piattaforme anche digitali” (art. 47-bis, comma 1, D.Lgs.81/2015)”.
Secondo tali ultime norme, “in particolare, è previsto che il committente che utilizzi la piattaforma anche digitale sia tenuto “nei confronti dei lavoratori di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81” (art.47-septies, comma 3, D.Lgs. cit.) e, quindi, anche al rispetto di quanto previsto dall’art.71 del predetto D.Lgs.81/2008.”
Il Tribunale premette poi che è stato allegato che la Società convenuta, “nonostante le richieste in tal senso del lavoratore (doc. 6-bis), non abbia messo a disposizione dello stesso dispositivi individuali di protezione contro il rischio COVID-19 (guanti, gel igienizzanti e prodotti di pulizia dello zaino), il cui utilizzo (quanto ai guanti ed alla mascherina) è stato consigliato dalla stessa convenuta ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa in questo periodo di notoria emergenza epidemiologica”.
A questo punto il decreto sottolinea a più riprese, nella sezione dedicata al periculum in mora, la gravità di tale situazione ed il rischio che essa, ove protratta, possa causare danni alla salute del lavoratore.
Nello specifico, secondo il Giudice “sussiste il pregiudizio imminente ed irreparabile, in quanto la protrazione dello svolgimento dell’attività di lavoro in assenza dei predetti dispositivi individuali di protezione potrebbe esporre il ricorrente, durante il tempo occorrente per una pronuncia di merito, a pregiudizi, anche irreparabili, del diritto alla salute.”
E ancora, secondo il Tribunale di Firenze, “la natura del diritto coinvolto e l’attuale rischio di possibile contagio da COVID-19 durante lo svolgimento dell’attività lavorativa sono tali che la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento; deve pertanto disporsi ai sensi dell’art.669-sexies c.p.c. l’invocato provvedimento inaudita altera parte”.
Ricordiamo qui che trattasi infatti di decreto cautelare, collegato a quello che il Tribunale - poco oltre - definisce un procedimento appartenente alla categoria dei “procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona”.
A questo punto il decreto “ordina a … s.r.l. la consegna al ricorrente Y.P. dei seguenti dispositivi di protezione individuale: mascherina protettiva, guanti monouso, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica per la pulizia dello zaino”.
Il provvedimento inoltre “assegna a parte ricorrente termine fino al 7.4.2020 per la notifica a parte resistente del ricorso e del presente decreto, disponendo che parte resistente si costituisca in giudizio mediante deposito di memoria difensiva entro la data del 15.4.2020; si riserva all’esito di concedere alle parti, con separato provvedimento, termini per il deposito di note scritte e di replica, alla cui scadenza seguirà l’adozione dell’ordinanza di conferma, modifica ovvero revoca del decreto emesso inaudita altera parte”.
Altri provvedimenti giudiziari si sono in questo periodo espressi in via cautelare sui diritti e sugli obblighi dei lavoratori in questa fase di epidemia da Covid-19.
Ne citiamo qui solo uno per esigenze di brevità.
Il Consiglio di Stato (Sez.III, 30 marzo 2020 n.2825) ha respinto l’istanza cautelare di un bracciante agricolo cui era stato notificato “ordine del Sindaco di … di quarantena/isolamento domiciliare fino al 3 aprile 2020, per “violazione della ordinanza n…2020 del Presidente della Regione…”.
Il lavoratore sostiene quanto segue: che “non è positivo al virus, non ha avuto recenti contatti con persone contagiate, lavora in un settore non bloccato dai provvedimenti oggi in vigore” e “lamenta il pregiudizio consistente nel non poter lavorare, rischiando, il licenziamento, e nella preclusione ad attendere ad attività di stretta necessità quotidiana. Lamenta di non conoscere, ed in effetti manca in atti il documento citato, per “quale specifica” violazione della ordinanza regionale gli sia stata imposta la quarantena/ isolamento domiciliare”.
Come anticipato, tale appello viene rigettato.
Il Consiglio di Stato premette “che nel caso in esame, seppure per il limitato periodo residuo (4 giorni) di efficacia temporale del decreto sindacale impugnato in primo grado, la pretesa dell'appellante è di potersi recare al lavoro, di evitare il rischio di licenziamento, e di recarsi, con le limitazioni in vigore, ad effettuare acquisti di beni di prima necessità”.
Per quanto concerne “gravità e irreparabilità del danno”, secondo la sentenza “non appaiono sussistere le condizioni per un accoglimento dell'appello cautelare, in quanto:
A) I provvedimenti, del Sindaco e del Presidente della Regione…, qui impugnati, sono stati adottati in ottemperanza di criteri e disposizioni, anche legislative, nazionali, e negli ambiti di possibile margine per integrazioni territoriali su scala regionale in rapporto alle assai diverse situazioni del contagio e delle sue prospettive, da Regione a Regione.
B) Il provvedimento regionale e il decreto esecutivo del Sindaco di … sono stati adottati in giorni caratterizzati dal pericolo concreto e imminente di un trasferimento massivo di persone e di contagi, dalle regioni già gravemente interessate dalla pandemia, a quelle del Mezzogiorno, con la conseguenza che gli atti dei Governatori hanno, ragionevolmente, imposto misure anche ulteriormente restrittive quale prevenzione, tanto che, si auspica, la non massiccia diffusione di Covid-19 al Sud possa scontare positivamente l'effetto di tali misure”.
Il Consiglio di Stato aggiunge poi, tra le altre considerazioni (che qui dobbiamo omettere sempre per esigenze di brevità), quanto segue:
“C) In tale quadro, per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona - dal libero movimento, al lavoro, alla privacy - in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall'Ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del periodo;
D) Per queste ragioni, la gravità del danno individuale non può condurre a derogare, limitare, comprimere la primaria esigenza di cautela avanzata nell'interesse della collettività, corrispondente ad un interesse nazionale dell'Italia oggi non superabile in alcun modo”.
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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