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Uno studio sulle modalità di “corporate travel”, dopo i tempi di COVID

Uno studio sulle modalità di “corporate travel”, dopo i tempi di COVID
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

18/11/2022

La GBTA ha condotto un affascinante studio sulle modalità con cui si sono evoluti i viaggi aziendali. Ecco i principali aspetti, che possono interessare sia gli addetti alla logistica, che gli addetti alla security e risorse umane.

In allegato a questo articolo i lettori troveranno un prezioso documento, che interessa sia i responsabili della logistica aziendale, incaricati di coordinare i viaggi dei dipendenti, sia i responsabili della security, che devono garantire che questi viaggi avvengano in condizioni di soddisfacente sicurezza.

 

Lo studio è stato condotto dalla GBTA (Global Business Travel Association) essenzialmente negli Stati Uniti e nel Canada, ma le conclusioni, cui lo studio giunge, sono sicuramente di interesse anche per tutti i cittadini europei.

 

Lo studio comincia a prendere in esame le modalità di trasporto terrestre, che evidentemente sono perlopiù basate su autovetture private, utilizzate su licenza aziendale, oppure autovetture aziendali, oppure ancora i vari sistemi di trasporto, che erano allo stadio nascente due o tre anni fa e che oggi sono dominanti, come ad esempio Uber.

 

Non dimentichiamo inoltre che negli ultimi tempi si è sviluppato notevolmente, soprattutto per ragioni di sostenibilità ambientale, un’altra tipologia di trasporti, che ancora non è stata correttamente inquadrata dai responsabili aziendali coinvolti: sto parlando del Car sharing.


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Ad esempio, è certamente compito dell’ufficio risorse umane, di concerto con i responsabili della sicurezza e della logistica, mettere a punto un protocollo di Car sharing, che garantisca la affidabilità e sicurezza del servizio stesso. Per quanto a conoscenza di chi scrive, sono forse due o tre le grandi aziende, perlopiù di casa madre anglosassone, che hanno già messo a punto un protocollo similare.

 

Con l’attenzione sempre crescente ai problemi di sostenibilità ambientale, un altro aspetto che i responsabili aziendali devono prendere in considerazione, soprattutto se operano nel contesto di protocolli certificati di sostenibilità ambientale, riguarda la scelta del mezzo di trasporto. Non sempre il mezzo più efficiente è anche il mezzo più efficace, nel rispetto di protocolli di sostenibilità.

 

Ad esempio, lo studio ha messo in evidenza come siano più numerosi i dipendenti che utilizzano servizi di noleggio di autovetture, rispetto a spostamenti con auto pubbliche.

 

Inoltre, sono ancora poche le aziende che affrontano il tema della Micromobilità, vale a dire gli spostamenti con biciclette elettriche, monopattini elettrici ed anche scooter elettrici od a motore.

Ci si domanda, ad esempio, se l’utilizzo di una bicicletta elettrica, da parte del dipendente, per spostarsi fra due insediamenti aziendali, posti nella stessa città, sia correttamente inquadrato e sia protetto da adeguate coperture assicurative.

 

Un altro aspetto interessante riguarda l’utilizzo del trasporto pubblico: dall’esame delle risposte dei soggetti interpellati, si ricava la notizia che il trasporto pubblico viene utilizzato ma in misura piuttosto limitata.

 

Addirittura, il 78% dei soggetti intervistati ha dichiarato che le politiche di trasporto della propria azienda non sempre consentono l’utilizzo di trasporti pubblici.

 

Evidentemente il livello di sicurezza del trasporto pubblico dipende assai dalle zone in cui il dipendente si sposta. Nessuno può dubitare del fatto che un trasporto in autobus in Europa presenti un certo livello di rischio, ma viaggio in autobus in alcuni paesi africani può presentare un livello di rischio del tutto inaccettabile. In questi casi, perfino il noleggio di un aereo, presso una compagnia locale, può essere preferibile al viaggio in autobus, in quanto l’aumento di costo è ampiamente compensato dalla diminuzione di rischio.

 

Particolarmente interessante è un aspetto dello studio, che riguarda il fenomeno, che gli anglosassoni chiamano “bleisure”. Questa situazione si verifica quando i dipendenti estendono un viaggio di lavoro per qualche giorno, trasformandolo in viaggio di vacanza. Chi scrive frequentemente si è avvalso di questa possibilità, negli anni passati, e si rende ben conto che è indispensabile stabilire un protocollo di protezione ed assistenza del dipendente, opportunamente differenziato per il periodo di lavoro ed il periodo di vacanza, ovviamente a spese del dipendente stesso!

 

Vedi allegato(pdf)

 

Adalberto Biasiotti





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