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Sappiamo tutti cosa significa IPv6?

Sappiamo tutti cosa significa IPv6?
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

12/10/2016

I responsabili della sicurezza sono talmente impegnati nella lotta quotidiana contro i malviventi, che talvolta non hanno tempo di aggiornarsi su aspetti importanti, afferenti all’architettura dei nuovi sistemi di sicurezza. Di Adalberto Biasiotti.


Ormai i sistemi di sicurezza digitali sono entrati nel novero delle tecnologie, che vengono ordinariamente utilizzate nella progettazione e realizzazione di architettura di sicurezza.

Stiamo parlando di sensori antintrusione, che dialogano tramite reti locali con la centrale di comando e controllo. Stiamo parlando di sistemi di controllo accessi, i cui  lettori periferici dialogano tramite reti locali con la centrale di comando e controllo. Stiamo parlando di sistemi di videosorveglianza, in cui le telecamere e le postazioni di controllo dialogano tramite reti locali con la centrale di comando di controllo.

 

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Nella stragrande maggioranza dei casi, il dialogo fra la stazione periferica e l’apparato centrale avviene su una rete locale, nella quale ad ogni apparato è assegnato un indirizzo Internet. L’indirizzo ad oggi più diffuso è contrassegnato dal codice IPv4, che significa Internet Protocol versione 4.

 

Da quando è nato Internet ad oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia ed ecco la ragione per la quale già da qualche tempo gli esperti informatici cominciarono a preoccuparsi per il fatto che questo schema, che deve dare un indirizzo univoco ad ogni singolo terminale, cominciava ad  esaurire le sue capacità.

 

Ecco perché già da tempo, ad esempio, raccomando ai miei conoscenti, che debbono acquisire nuovi sistemi di sicurezza, soprattutto nel settore della videosorveglianza, di acquisire sistemi in cui viene utilizzato il nuovo protocollo IPv6. Questo protocollo può mettere a disposizione un numero incredibilmente elevato di nuovi indirizzi, tale da poter soddisfare ancora per secoli (!) le esigenze di un mondo, sempre più affamato di indirizzi Internet.

 

Negli ultimi tempi, la richiesta di indirizzi è cresciuta esponenzialmente, per la nascita e la diffusione di apparati che utilizzano l’ormai famoso IoT, cioè Internet of Things. Tutti gli studi di mercato prevedono che gli apparati che utilizzano questo schema di collegamento cresceranno al ritmo di miliardi l’anno, in quanto comprenderanno sia i nuovi frigoriferi intelligenti, sia gli apparati medicali, indossati dai pazienti.

 

Un sensore di temperatura in un appartamento dialogherà con questo protocollo con la centrale di comando e controllo, ed anche una lampada da tavolo potrà dialogare allo stesso modo.

 

Negli articoli che leggo ogni tanto su questo argomento, gli autori si dilettano ad indicare quanti diversi protocolli potranno essere realizzati con questo nuovo schema ed un ricercatore del museo della storia del computer ha addirittura dichiarato che il numero di indirizzi disponibili sarà tale da permettere ad ogni atomo sulla superficie del nostro pianeta di avere un proprio indirizzo!

Anzi, dai calcoli effettuati c’è posto per parecchi altri pianeti, che potrebbero avere fame di questi indirizzi.

 

A questo punto, il responsabile della sicurezza potrebbe chiedersi quali altri vantaggi può avere nel richiedere, in futuri capitolati di gara, questo nuovo protocollo; in alternativa, può chiedersi se il vecchio protocollo, che opera negli impianti esistenti, può essere reso compatibile con il nuovo protocollo. Infine, ci si può chiedere se una telecamera, che utilizza il nuovo protocollo, può essere inserita in un impianto esistente, che utilizza il  vecchio protocollo.

 

Come si vede le soluzioni sono numerose e, seppur brevemente, offro qualche lume.

Tanto per cominciare, non bisogna preoccuparsi se una telecamera, che utilizza il nuovo protocollo, viene inserita in un impianto che utilizza il vecchio protocollo. Sono disponibili dei dispositivi di conversione che permettono comunque il trasferimento del segnale, anche se a caro prezzo.

 

Se i lettori mi consentono un paragone facilmente intelligibile, supponiamo che una Ferrari debba andare in autostrada da Milano a Roma. Se può andare direttamente, correndo sull’autostrada, impiega un certo tempo. Se invece deve fare i conti con dei vincoli, come quelli imposti dall’utilizzo del vecchio protocollo, la Ferrari verrà caricata su un autocarro, che si dirigerà verso Roma, senza superare i limiti di velocità. All’arrivo a Roma, la Ferrari verrà scaricata dall’ autocarro e potrà correre, per modo di dire, sulle trafficate strade della capitale.

Infine, un’altra parola di conforto per i lettori: anche se il nuovo protocollo è evidentemente più lungo del precedente, le sue caratteristiche sono tali da permettere di trasmettere segnali ad una velocità anche superiore a quella corrispondente all’utilizzo del vecchio protocollo.

 

 

Adalberto Biasiotti

 



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