Il riconoscimento facciale è molto attraente, ma…
Gli enti federali che utilizzano tecnologie di riconoscimento facciale sono numerosi e per solito queste tecnologie vengono utilizzate per facilitare indagini criminali, tra le altre applicazioni.
Ad esempio, questa tecnologia può aiutare a identificare un individuo sconosciuto in una fotografia oppure in un video registrazione.
Ecco il motivo per cui il General accounting Office ha richiesto ad ogni singola agenzia federale di compilare un rapporto, afferente all’utilizzo di queste tecnologie.
Il rapporto esamina sia i problemi legati a chi è proprietario dell’applicativo ed a chi lo utilizza, sia i tipi di attività in cui questi applicativi vengono utilizzati ed infine fino a che punto queste agenzie federali tengono sotto controllo l’operato dei propri dipendenti, che utilizzano applicativi non di proprietà dell’ente.
Sono state consultate 20 agenzie federali e sono state condotte numerose interviste, in conformità alle modalità di indagine oltremodo accurate, tipiche di questa organizzazione.
Al termine dell’indagine, il General accounting Office ha pubblicato un documento non riservato, mentre un documento più approfondito è stato classificato come riservato.
Le agenzie federali intervistate hanno dichiarato di utilizzare questa tecnologia per supportare numerose attività, in particolare le indagini criminali; altre agenzie la utilizzano per migliorare la risposta degli enti federali ad infezioni da COVID 19, ad esempio per verificare a distanza l’identità di un soggetto.
Sei delle agenzie intervistate hanno riferito che usano questa tecnologia su immagini che vengono catturate durante manifestazioni di piazza, come ad esempio quelle che hanno fatto seguito alla morte di George Floyd nel maggio 2020, per identificare soggetti coinvolti, che si comportino in maniera tale da violare le leggi in vigore.
Nello stesso contesto, tre agenzie hanno riferito di avere utilizzato questi applicativi nell’analizzare le immagini catturate durante l’ormai famoso assalto al Campidoglio degli Stati Uniti, il sei gennaio del 2021.
Praticamente tutte le agenzie intervistate hanno riferito che usano questa tecnologia a supporto di indagini criminali, ma il problema che è stato messo in evidenza riguarda il fatto che alcuni di questi applicativi non sono di proprietà delle agenzie che li utilizzano.
Questa situazione ha messo in allarme gli ispettori, perché è evidente che, se non vengono determinati i criteri, grazie quali i dati utilizzati possono venire a conoscenza del soggetto terzo, che permette all’agenzia di utilizzare il proprio applicativo, potrebbero verificarsi delle clamorose violazioni della riservatezza dei dati.
Nel rapporto riservato gli ispettori hanno riportato un elenco di raccomandazioni vincolanti, differenziate per ogni singola agenzia, ed è stato anche posto un termine per il rispetto di queste raccomandazioni.
Ritengo che un’indagine di questo tipo potrebbe essere oltremodo interessante, anche nel contesto italiano; ad esempio, la nuova agenzia per la sicurezza informatica potrebbe certamente avere competenze e risorse sufficienti per aiutare tutte le organizzazioni di Stato interessate ad utilizzare al meglio questi applicativi, tanto preziosi quanto potenzialmente pericolosi.
Adalberto Biasiotti
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