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Il confine sfumato tra safety e security: controlli antiterrorismo
Vi sono molte persone che soffrono da stress di volo, anche se non hanno mai fatto un solo volo in vita loro.
Una mia conoscente, quando sente parlare di spostarsi in aereo, assume immediatamente un atteggiamento negativo, fino al punto di rifiutare qualsiasi spostamento a bordo di un aereo. Si tratta di una situazione oggettivamente riconoscibile, che nasce da fobie non sempre chiaramente identificabili. D’altro canto, queste fobie non possono essere analizzate da un punto di vista oggettivo, perché appare evidente che il timore di volo non ha nulla che vedere, come concretezza, rispetto al rischio reale.
L’analisi degli archivi degli incidenti aerei dimostra che nel 2014 vi sono stati 1328 morti in incidenti aerei, laddove, nello stesso identico periodo, i morti per incidenti stradali sono pari a 2.000.000!
Il problema legato agli incidenti aerei sta nel fatto che, un singolo incidente, come quello che è stato causato dall’esplosione di una bomba su un volo dall’Egitto alla Russia, con la morte di 224 persone a bordo, ha un impatto sull’immaginario collettivo assai più elevato.
Questa è la ragione per la quale i gestori degli aeroporti stanno lavorando con impegno per mettere a punto delle tecniche, in grado di diminuire lo stress sui passeggeri. Illustrò di seguito un paio di queste tecniche, non perché tutti i miei lettori possano applicarle, ma semplicemente per dare un’idea di come un approccio proattivo possa avere un’influenza fortemente positivo. Che poi questo approccio sia oggi sperimentale, e magari tra qualche anno possa diventare di uso comune, è altra questione.
Ad esempio, per diminuire lo stress sui passeggeri, che nasce dal fatto che spesso si arriva quasi all’ultimo minuto all’aeroporto e si è vivamente preoccupati per riuscire a parcheggiare la vettura, l’aeroporto di Dusseldorf da poco ha messo a punto un servizio di parcheggio robotizzato. Il servizio può essere prenotato via Internet o via app. All’arrivo, il passeggero lascia la macchina in una area predeterminata. Indi si avvia di corsa verso i controlli di sicurezza e l’imbarco. Nel frattempo, un robot automatizzato prende in carico la vettura, la trasporta in un parcheggio automatizzato, con 250 posti. Il robot automatizzato è legato alla sistema di monitoraggio degli arrivi e delle partenze, per cui, sulla base di informazioni lasciate dal passeggero, è in grado di tenere sotto controllo l’arrivo del volo di ritorno, lo sbarco dei passeggeri ed è quindi in grado di mettere a disposizione del passeggero l’automobile, quasi in tempo reale.
Se questo servizio sembra alquanto futuribile, troviamo invece ad esaminare un altro servizio, che potrebbe essere applicato su scala assai più allargata, ad esempio all’ingresso di musei. Gli Avatar, vale a dire degli ologrammi tridimensionali a colori, che vengono proiettati in zone appropriate, sono oggi in grado di dare a voce istruzioni ai passeggeri, ad esempio quelli che si stanno avvicinando alle aree di controlli di sicurezza. L’Avatar, per solito una graziosa fanciulla, ripete le solite raccomandazioni a proposito dei liquidi da tenere a bordo, degli oggetti metallici da togliere, come ad esempio le cinture con le fibbie e simili. Nelle ultime versioni l’Avatar è diventato interattivo, perché è in grado di comprendere le domande presentate dai passeggeri, in un paio di lingue. L’Avatar installato all’aeroporto di S. Antonio, negli Stati Uniti, comprende e risponde a domande in inglese e in spagnolo, perché lo spagnolo è una lingua frequentemente usata dai passeggeri.
È sufficiente che il passeggero, ad esempio, pronunci il nome della sua destinazione, perché l’Avatar, collegato in tempo reale al sistema di controllo arrivi e partenze, possa rispondere con il numero del volo, con l’ora di partenza, con il ritardo previsto, se del caso, con il tempo a disposizione che ha ancora il passeggero, per superare i controlli di sicurezza e presentarsi all’imbarco.
L’esperienza ha dimostrato che questi accorgimenti tecnologici avanzati sono oltremodo utili per ridurre i tempi di transito ai varchi di sicurezza e per indurre un senso di tranquillità nel passeggero.
Non vedo ragione perché gli stessi dispositivi non possano essere utilizzati anche all’ingresso di strutture ad alta frequentazione, come ad esempio i musei vaticani e la galleria degli Uffizi. L’obiettivo è quello di rassicurare il visitatore, ridurre i tempi di attesa e stabilire, fin dall’inizio, un rapporto tranquillizzante e costruttivo tra la struttura che gestisce l’insediamento e il visitatore o, nel caso degli aeroporti, il passeggero.
Ancora una volta, c’è sempre spazio per fare di più e di meglio!
Adalberto Biasiotti
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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