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Sale operatorie italiane poco sicure?

Le misure di sicurezza nelle sale operatorie degli ospedali italiani non sempre sono adeguate. E' quanto emerge da un'indagine promossa dagli anestesisti rianimatori dell'A.A.R.O.I. (Associazione Anestesisti Rianimatori Italiani) a cui sono iscritti ben 8.000 dei 10.000 anestesisti operanti sul territorio nazionale.

Ai rappresentanti aziendali dell'AAROI, presenti negli ospedali, è stato sottoposto un questionario riguardante i requisiti minimi strutturali ed organizzativi previsti dalla normativa ( ad esempio DPR 14/1/97) ed altri, ulteriori, utilizzabili come criteri per l'accreditamento di eccellenza dei Centri di Rianimazione e Terapia Intensiva e delle Sale Operatorie.

I dati non provengono ufficialmente dalle strutture ma sono stati raccolti dai rappresentanti dell'AAROI, per cui hanno un valore, come originariamente previsto, esclusivamente conoscitivo.

''Le sale operatorie, le rianimazioni ed i servizi di guardia dei nostri ospedali presentano gravi carenze strutturali, tecniche ed organizzative che non garantiscono neanche i requisiti minimi di asetticità e sicurezza, né per i pazienti, né per gli operatori sanitari. I servizi antincendio sono inadeguati, non è garantita la presenza di almeno un anestesista rianimatore in ogni sala operatoria, esistono delle sale operatorie dove non c'è l'infermiere dedicato a fianco dell'anestesista e non è sempre garantita la presenza continua dell'anestesista in guardia attiva 24 ore su 24.''
Con queste parole e' sintetizzato, nell'introduzione del comunicato stampa diffuso dall' A.A.R.O.I, il risultato dell'elaborazione dei questionari pervenuti.

Dai questionari e' emerso che nel 67% delle sale operatorie esaminate non esistono locali separati e distinti per i pazienti preparati per essere sottoposti ad intervento chirurgico e per quelli che invece si trovano in fase di risveglio dalla anestesia.
In più della metà (58,6)% non è prevista la presenza di un locale filtro per pazienti e personale (54,2%); ciò significa che può essere trasportato dall'esterno in sala operatoria ogni tipo di agente infettante.

Riguardo alle condizioni dell'ambiente, nel 23,7% delle sale non esiste un dispositivo a norma di legge per il ricambio dell'aria che, invece, dovrebbe essere cambiata almeno 15 volte all'ora per disinquinare l'ambiente operatorio dai gas e vapori anestetici indispensabili per la pratica anestesiologica.
Nel 13,6% delle sale non esiste un impianto di condizionamento dell'aria, in un terzo (29,3%) manca un adeguato filtraggio dell'aria; normalmente l'aria inquinata dovrebbe essere restituita pura.
Nel 42,7% delle sale operatorie non è prevista alcuna forma di monitoraggio ambientale per il controllo delle condizioni di igiene e dei rischi di inquinamento.

Nel 12,4% dei casi esaminati, per la mancanza di impianti centralizzati di erogazione, il paziente viene anestetizzato attraverso gas provenienti da bombole che potrebbero cadere o addirittura esplodere (fatto quest'ultimo già accaduto una decina di anni fa in un ospedale del nord Italia).

E in caso di incendio o di blackout? Non è certo confortante rilevare che nel 48,1% delle sale operatorie esaminate non esiste un rilevatore di incendio, nel 17,5% non esite un gruppo elettrogeno.

Oltre l'88% degli ospedali esaminati non dispone inoltre della sala dedicata al risveglio, fase post-operatoria durante la quale possono verificarsi complicanze post-operatorie prevalentemente cardio-respiratorie.

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