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Indagine su incidenti stradali e in itinere: il metodo e i risultati
Mantova, 10 Feb – Se teniamo conto della miriade di veicoli di lavoro - automobili, furgoni, camion, taxi, autobus, moto, veicoli di soccorso, ... – che ogni giorno sono in strada e del numero ancora altissimo di infortuni mortali che avvengono nelle strade, non si può non fermarsi a riflettere sulla importante correlazione tra mondo del lavoro e sicurezza stradale.
Per parlare della correlazione tra infortuni sul lavoro ed incidenti stradali, con riferimento ad un recente convegno che si è tenuto a Mantova, riceviamo e volentieri ripubblichiamo un contributo di un nostro lettore, l’ingegnere Marco De Mitri, esperto in pianificazione dei trasporti e sicurezza stradale sul lavoro. Nell’articolo di De Mitri viene presentata un’intervista a Michele Montresor, tecnico della Prevenzione dell’ASL della Provincia di Mantova...
Incidenti stradali sul lavoro ed in itinere: metodi di indagine ed analisi dei dati
Intervista a Michele Montresor, di Marco De Mitri.
Gli incidenti stradali costituiscono la prima causa di morte sul lavoro. Il tema, peraltro stranamente poco trattato dal Testo Unico per la Salute e Sicurezza dei Lavoratori ( D. Lgs 81/08), è di grande rilevanza, e molte aziende lo stanno finalmente riconoscendo, attraverso iniziative di formazione del personale, adeguamento delle flotte ed implementazione di specifici sistemi organizzativi per la riduzione del rischio stradale.
Anche Enti ed Istituzioni sono attivi nello studio del problema e nella ricerca delle soluzioni. L’INAIL, la rete delle ASL, e molte Province hanno avviato programmi di lavoro e realizzato occasioni di confronto tra esperti del settore e soggetti coinvolti (aziende, responsabili del servizio di prevenzione e protezione, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, medici del lavoro, ecc.). Tra le migliori iniziative degli ultimi tempi, merita particolare risalto la realizzazione dello studio effettuato da INAIL, ASL e Provincia di Mantova, riguardante l’ “Analisi delle circostanze e proposte operative per la riduzione degli infortuni stradali in occasione di lavoro ed in itinere”.
Ho posto alcune domande in merito a Michele Montresor, tecnico della Prevenzione dell’ ASL della Provincia di Mantova (dal 01/01/2016 Agenzia di Tutela della Salute “Val Padana”) e coordinatore dell’iniziativa. Qui le sue risposte.
Innanzitutto una breve descrizione dello studio. Quale è stata la sua origine? Chi i soggetti promotori? Quali le motivazioni?
Innanzitutto desidero ringraziare i collaboratori della Provincia di Mantova, Angelo Cortellazzi e Chiara Fallone, dell'INAIL di Mantova, Vittoria Marullo e Gabriella De Luca e colleghi Saverio Potente e Matteo Zani, con cui ho collaborato in questi due anni e per mezzo dei quali tutto il lavoro di studio sul fenomeno Mantovano, non sarebbe stato possibile. A loro un grazie di cuore anche per la passione e tenacia dimostrata, nel coniugare le mille attività istituzionali e questo lavoro che ci ha impegnati a lungo.
Lo studio ha riguardato gli eventi infortunistici occorsi dal 2009 al 2013 a Mantova, con dinamiche da incidente stradale in occasione di lavoro ed in itinere. Le fonti informative sono state quattro: “Flussi informativi ISPESL, INAIL, Regioni”; “ISTAT”; “Commissione patenti ASL di Mantova”; “SDO-Schede Dimissioni Ospedaliere”. L’obiettivo era conoscere un tema ed approfondirlo mediante l’accesso a tutti i dati disponibili messi a disposizione dagli Enti promotori: ASL, INAIL e Provincia di Mantova.
Come ci siamo raccontati all’inizio di questa avventura (perché di avventura si tratta!), abbiamo deciso di “aprire il vaso di Pandora”. L’input ci è arrivato da “Sua Eccellenza” il Prefetto in carica nel 2012 che, a seguito di terribili eventi occorsi sulle strade di Mantova nei mesi precedenti, ha richiesto collaborazione agli Enti presenti alla riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. ASL, INAIL e Provincia hanno dato il loro assenso, e da allora hanno lavorato per approfondire un tema che mai prima d’ora era stato trattato (probabilmente, non solo a Mantova…) nei termini e modi seguiti in questa occasione.
Strada facendo ci siano accorti, anche confrontando i primi risultati con i dati di letteratura disponibili, che la materia era particolarmente ostica, e per dare risposte adeguate a Prefetto e cittadinanza era necessario avvalersi di specifiche professionalità. Abbiamo quindi cercato e trovato esperti con cui collaborare, i quali sono poi intervenuti, come relatori, al convegno organizzato il 16 novembre 2015 a Mantova per presentare i risultati dello studio.
Come è composto il gruppo di lavoro? Quali sono stati i compiti di ogni organizzazione?
Il gruppo di lavoro è composto da 7 professionisti. Due Tecnici della Prevenzione dell’ASL, un dirigente ed un funzionario di INAIL, due statistici della Provincia ed un Medico competente. Ogni Ente ha messo a disposizione la propria banca dati e si è occupato del suo aggiornamento, in quanto il lavoro è avvenuto in progress.
Una parte importante della ricerca è servita per creare sinergia tra gli obiettivi, trovare un linguaggio comune ed una direzione non scontata. Ogni organizzazione aveva infatti il proprio “background culturale” e punto di vista sull’argomento. Le banche dati rispecchiano tali diversità, e trovare un minimo comune denominatore ha richiesto il suo tempo. Fortunatamente il supporto della collega esperta di statistica della Provincia ha fatto la differenza, mettendo in campo specifiche competenze per l’analisi ed elaborazione dei dati.
Quale metodologia avete seguito? Quali sono le principali criticità riscontrate nel lavoro?
Metodologia? Direi più metodologie… e tutte “work in progress”. Siamo partiti molto all’oscuro di quello che avremmo trovato, e questo, in un certo senso, è stato anche positivo in quanto ci ha permesso di lavorare a mente libera, senza preconcetti. Direzioni sì, anzi, orientamenti, affinati via via che si rendeva più chiara la meta da raggiungere.
Il primo faticoso lavoro è stato quello di “allineare” le due banche dati principali (quella ISTAT, redatta dalle Forze dell’Ordine, è mancante di una “chiave primaria”, come potrebbe essere ad esempio il codice fiscale degli infortunati, il che ci avrebbe permesso di incrociare i dati molto rapidamente). Siamo partiti con una prima parte della base dati INAIL di 4.106 denunce di infortunio classificato come stradale o in itinere. Una successiva analisi sui 31.113 infortuni del quinquennio passato ha permesso di recuperare altri 423 eventi accertati dalle Forze dell’Ordine (quindi sicuramente avvenuti su strada), costituendo così una base dati totale di 4.538 casi, poi “normalizzata” per facilitare le elaborazioni successive. Siamo poi passati alle analisi statistiche, consultabili nel rapporto pubblicato sul sito dell’ASL di Mantova. Tra le tante criticità, le elaborazioni sulla base dati hanno assorbito quasi il 70% delle risorse.
Complessivamente il lavoro è durato due anni (in alternanza con le attività istituzionali degli enti partecipanti) di cui 5 settimane piene per il solo “linkage” (allineamento) tra i due DataBase. Stimo però che, se non si fosse effettuato il controllo dei 31.113 casi, sarebbero bastati circa 4 gg.
Parliamo dei risultati dello studio: quali sono gli aspetti su cui avete avuto conferma di quanto già ipotizzato o già noto?
Premesso che prima di questa ricerca non avevamo dati in mano, possiamo solo esibire confronti postumi con i dati di letteratura. Si conferma il dato che quelli stradali sono circa il 15% di tutti gli infortuni sul lavoro (il 13% a Mantova) e che gli eventi mortali si aggirano intorno al 50% del totale (il 54% a Mantova). Ed ancora, che i 3/4 degli eventi occorsi “su strada” sono avvenuti in itinere, come confermato dai dati nazionali (pur con lievi differenze) e dalle ricerche effettuate in Galles nel 2005-2006 e nel Regno Unito nel 2014.
Gli esiti di danno, sia in termini di giornate perse, sia di invalidità permanente, sia di esiti mortali, di cui sono caratterizzati gli eventi stradali (tutti) rispetto agli infortuni che avvengono all’interno del perimetro aziendale, sono caratterizzati da una rilevante maggior gravità.
Il rischio di morte per infortuni su strada è 9 volte maggiore rispetto a quelli non su strada. In termini di giornate perse (oltre le 40), il rischio è su strada quasi doppio rispetto al rischio in azienda. Su questo, purtroppo, non si ha la possibilità di un confronto diretto con altri studi.
In termini di mezzi coinvolti abbiamo la conferma che i cosiddetti utenti deboli della strada (ciclisti, motociclisti e pedoni) riportano sempre danni maggiori rispetto ai conducenti e passeggeri che utilizzano mezzi a quattro o più ruote. Ed anche l’orario di lavoro ci conferma, come rilevato da altri studi, che nelle ore topiche (dalle 7:00 alle 8:00, dalle 12:30 alle 13:30 e dalle 17:00 alle 17:30), si hanno i picchi degli eventi infortunistici, segno dell’incidenza del traffico come ulteriore determinante degli incidenti.
I confronti con i dati di letteratura (che vi invito a leggere nel Report Generale di imminente visione sul sito dell’ ASL di Mantova/ATS Val Padana) hanno sostanzialmente confermato alcune nostre osservazioni, mentre alcuni dati relativi ai mezzi coinvolti in particolari settori produttivi, al momento non confrontabili in mancanza di studi analoghi, destano forti perplessità, tutte da approfondire.
Sempre in merito ai risultati: quali sono state invece le sorprese e gli esiti inaspettati (sia in positivo che in negativo)?
Abbiamo scoperto che in termini assoluti il comparto dei “Servizi” rappresenta 1/4 degli infortuni stradali, ma trattandosi di aggregazioni di “codici di tariffa”, in tale settore abbiamo le più disparate attività. La frequenza maggiore invece è da imputare a “Trasporti” e “Commercio” (dato atteso), con il 50% degli infortuni per i Trasporti avvenuto in itinere (a differenza di una media che si attesta al 75%).
Incuriosisce invece la distribuzione dei mezzi di trasporto in alcuni comparti negli eventi in itinere. Il fatto che nella Metalmeccanica, nei Trasporti e nei Servizi l’incidenza degli infortuni con autovetture sia pari a quella dei mezzi a due ruote ci ha colpito. È un fenomeno su cui indagare ulteriormente.
In materia di associazione tra incidente lavorativo ed abuso di sostanze, è stato rilevato solo uno 0,5 % di eventi connessi allo stato psicofisico alterato. I dati generali (quelli cioè non solo riferiti ad incidenti sul lavoro) ci dicono invece che tale percentuale si aggira intorno al 25%. La differenza si spiega considerando che l’occasione di lavoro individua in qualche modo un luogo “sicuro e monitorato” a differenza degli incidenti a cui è esposta la popolazione generale.
Una parte della ricerca ha poi approfondito la geolocalizzazione degli incidenti, assegnando ad ogni evento una stima del relativo costo sociale. Questo è stato definito sulla base di un modello basato sull’approccio al capitale umano, arricchito (prima esperienza in Italia) dalla reale ripartizione tra feriti lievi e feriti gravi. Ci si è avvalsi a tale scopo dei dati del database INAIL e dello studio dei costi sociali dell’incidentalità stradale del 2011 redatto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Nei 5 anni dello studio, a Mantova abbiamo avuto infortuni stradali per un costo sociale di 169.615.000 €, con una lieve maggior incidenza fuori dal centro abitato, una quota del 40% su rettilineo rispetto a incroci, curve e rotatorie, ed una quota del 60% su strade provinciali e ex statali rispetto alle comunali. Ci attendavamo di individuare alcuni black point, ed invece abbiamo rilevato una certa diffusione dei costi sociali per Km di strada, eccezion fatta per l’area intorno alla città di Mantova (a conferma della criticità di cui soffre la città in termini di viabilità).
Avete previsto ulteriori estensioni e sviluppi dello studio?
I tre Enti hanno in previsione la firma di un protocollo d’intesa con la partecipazione della Prefettura per definire un programma dei lavori triennale, che ci permetterà di aggiornare lo studio allo scadere del 2018. Nell’estensione verranno fatti alcuni approfondimenti su particolari fenomeni osservati durante questo studio ed emersi anche in occasione del workshop del 16 novembre 2015 durante il quale è stato presentato il lavoro. Intendiamo inoltre individuare alcune direzioni topiche per offrire alle aziende proposte estremamente operative per affrontare il fenomeno, anche solo partendo da una corretta analisi del rischio.
Consigli per le aziende: considerando i risultati che avete avuto, qual è secondo voi l’approccio più efficace per la riduzione del rischio stradale?
Trattandosi di un fenomeno fortemente multifattoriale e multidisciplinare il rischio è di semplificare e, conseguentemente, essere inefficaci negli interventi. Se poi consideriamo gli eventuali investimenti che le imprese sarebbero chiamate a fare andiamo a solleticare nervi scoperti. Io sono per procedere a piccoli passi, soprattutto per un tema complesso come questo. Credo che l’asso da giocare sia la valutazione specifica dei rischi riguardo ai soggetti esposti (personale che lavora su strada o che si trova in itinere) e la diversificazione degli interventi, prima in base al diverso livello di esposizione e dopo in base alle risorse disponibili.
Oltre alle tante azioni specifiche che possono essere implementate, aventi diverso peso i termini di complessità e costi (all’intervista è allegato un documento relativo ai “consigli per le aziende per la riduzione del rischio stradale” che PuntoSicuro pubblicherà nei prossimi giorni, ndr), possono essere adottate ulteriori iniziative, in funzione dell’ambito territoriale. Ad esempio, in Lombardia, l’adesione alla rete WHP Lombardia permette alle aziende di offrire ai lavoratori interventi di promozione della salute anche nelle aree dell’alimentazione corretta, del contrasto al fumo di tabacco, alcol, droghe, della conciliazione famiglia – lavoro, della promozione all’attività fisica, concorrendo tutte alla riduzione dei fattori di rischio dell’incidentalità stradale. Per ultimo, ma non meno importante, l’effetto alone che si può determinare in tema di comportamenti della popolazione in generale al di fuori delle attività lavorative.
La prospettiva temporale infine dipende sia dalla rilevanza economica dell’intervento scelto che dalla capacità delle aziende di avviare le misure proposte e mantenerle nel tempo.
Infine, un consiglio per le istituzioni: come potenziare la sicurezza stradale con le risorse disponibili?
Se potessi rispondere adeguatamente a tale quesito potrei vincere il concorso per Mobility Manager della ASL per cui lavoro. In vero il tema è particolarmente complesso, ed a Mantova i tre enti promotori dell’iniziativa del 16 novembre 2015 hanno tentato di dare un contributo proprio in questa direzione: conoscere a fondo il fenomeno per indirizzare verso misure preventive, sia le istituzioni che i privati, condividendo le informazioni in proprio possesso. Crediamo fortemente che solo in questa direzione potremo avere chance di qualche vittoria.
Proprio perché le risorse sono sempre meno, è fondamentale trovare le priorità di intervento e dedicare le risorse (umane, economiche e strumentali) per azioni preventive efficaci. Delineo alcune direttrici:
- ASL: sono molto interessanti le esperienze come quelle dei Piani Mirati di Prevenzione (PMP) vissute nel territorio di Monza-Brianza. L’adozione di strategie concordate con le parti sociali sulla base delle risultanze delle osservazioni condotte sui report infortunistici stradali ed in itinere può favorire comportamenti virtuosi delle aziende che partecipano a tali Piani. Inoltre, è utile iniziare ad indagare alcuni eventi infortunistici gravi (sia stradali che in itinere) con analisi che consentano di individuare anche le cause di natura organizzativa, per indagare su fenomeni al momento poco noti. La condivisione di tali indagini sul territorio, almeno su scala regionale, favorirebbe lo sviluppo di avanzamenti nelle terre di mezzo dall’effetto positivo;
- Province e Comuni: occorre lavorare sulla geolocalizzazione degli eventi, attività che favorisce l’individuazione di “punti neri” (black point) su cui effettuare approfondimenti sulle cause incidentali e, se dimostrata l’incidenza dell’assetto viario, l’adozione di interventi mirati volti a ridurre i fattori di rischio. Tale analisi potrebbe anche favorire la partecipazione della Regione di appartenenza agli interventi da adottare, basati sulla “evidence-based prevention”;
- INAIL: sulla base delle evidenze scientifiche dei determinanti incidentali potrebbe sviluppare programmi di comunicazione efficace (es. cortometraggi dedicati alla modifica del comportamento umano e della loro modificazione) da rendere disponibili per la formazione di tutti i lavoratori. Sarebbe inoltre molto utile potenziare l’area premiale sulla sicurezza stradale nei bandi ISI e nei moduli OT24;
- Forze dell’Ordine: dagli studi sono emerse forti criticità in campo agricolo, con numerosi casi di ribaltamento dei trattori. La vigilanza attiva sull’uso delle cinture di sicurezza (e quindi sullo stato del sedile) almeno sulle strade pubbliche, ridurrebbe la forbice comportamentale dei conducenti di tali mezzi, forse anche in campo aperto. Altra attività utile è la presenza delle Forze dell’Ordine all’interno delle scuole con specifici programmi di formazione, accompagnati da personale del pronto soccorso (vedi le positive esperienze pluriennali del Comune di Verona), cosa che rafforzerebbe la base culturale e di consapevolezza di chi poi successivamente si appresterà a prendere la patente.
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Il tema della sicurezza stradale sul lavoro è di assoluta rilevanza, e finalmente le aziende più grandi e più avvedute hanno iniziato a non trascurarlo, anche attraverso l’adozione di sistemi di gestione aziendali complessi e dedicati a tale scopo, integrati nei processi lavorativi interni. Si rimarca l’importanza dello sforzo necessario da parte di tutti (aziende, enti di vigilanza, assicurazioni, ecc.) perché si possano ottenere risultati significativi. La sicurezza sul lavoro e su strada è un diritto di ognuno. Allo stesso modo, la riduzione del rischio stradale deve quindi diventare un impegno condiviso.
Marco De Mitri
esperto in rischio stradale sul lavoro
Nei prossimi giorni PuntoSicuro pubblicherà il documento, di Michele Montresor, contenente “I consigli per le aziende per la riduzione del rischio stradale” e allegato all’intervista di Marco De Mitri.
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Rispondi Autore: Luchini Luca - likes: 0 | 10/02/2016 (16:32:52) |
Un gran lavoro e molto interessante. Tuttavia reputo assurdo che si parli di infortuni stradali e l'organo di vigilanza deputato per legge a condurre l'indagine non possa intervenire poiché viene derubricato a semplice incidente stradale e quindi di competenza degli organi di Polizia Stradale. Perché non estendere tale competenza, limitatamente alle situazioni lavorative, anche alle ASL? Risultato sarebbero più controllo sulla strada e indagini che guarderebbero la materia a 360 gradi ( CdS e 81) |