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Lo stress, la risposta immunitaria e il consumo di caffè e sigarette

Lo stress, la risposta immunitaria e il consumo di caffè e sigarette
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio psicosociale e stress

13/09/2013

Uno studio su lavoratori appartenenti al Corpo della Polizia Municipale per analizzare le relazioni tra i livelli di stress, la composizione del sangue, il consumo di alcool, l’abitudine al fumo di sigaretta e il consumo di cioccolato e caffè.

Lo stress, la risposta immunitaria e il consumo di caffè e sigarette

Uno studio su lavoratori appartenenti al Corpo della Polizia Municipale per analizzare le relazioni tra i livelli di stress, la composizione del sangue, il consumo di alcool, l’abitudine al fumo di sigaretta e il consumo di cioccolato e caffè.

Pavia, 13 Set – Chi conduce una vita stressante può essere maggiormente a rischio per una grande varietà di malattie. Infatti non solo lo stress ha effetti sulla funzione immunitaria e sulla salute, ma la durata e il decorso dello stress sono fattori chiave che determinano la natura delle alterazioni immunitarie e delle patologie stress indotte. 
Inoltre si riconosce come il lavoro in Polizia sia in assoluto una delle attività lavorative più stressanti, un’attività in cui un’attenta  valutazione dello stress lavoro correlato è particolarmente rilevante per tutelare la salute dei lavoratori.
 
Partendo da queste premesse ci soffermiamo su uno studio,  presentato  sul numero di aprile/giugno 2013 del  Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia. Lo studio aveva l’obiettivo di valutare se lo stress percepito nel luogo di lavoro possa rappresentare un fattore di rischio in grado di modificare la crasi ematica (il rapporto tra i vari elementi presenti nel sangue) in un gruppo di lavoratori outdoor di sesso sia maschile che femmine appartenenti al Corpo della Polizia Municipale.

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In “ Stress percepito, crasi ematica e abitudini voluttuarie” - a cura di Gianfranco Tomei (Dipartimento Neurologia e Psichiatria, Università Roma Sapienza), Teodorico Casale, Mariasilvia Marrocco, Pier Agostino Gioffrè, Maria Valeria Rosati, Simone De Sio, Maria Fiaschetti, Maria Pia Schifano, Assunta Capozzella e Tiziana Caciari (Unità Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-Legali e dell’Apparato Locomotore, Università Roma Sapienza) – si ricorda che lo stress in ambiente lavorativo può essere definito come “una reazione emotiva, cognitiva, comportamentale e fisiologica ad aspetti avversi e nocivi dell’ambiente fisico, sociale e dell’organizzazione del lavoro”. Reazione che è “fonte di problemi per la salute dei lavoratori e quindi dei costi da essi derivati”. E vari studi di letteratura “dimostrano che una delle ragioni per le quali è importante la valutazione dello stress lavoro correlato nelle aziende è la riduzione dell’incidenza di tali patologie e la prevenzione di incidenti e infortuni nei luoghi di lavoro”.
 
Dopo aver descritto le varie conseguenze psichiche e somatiche dello stress, lo studio si sofferma in particolare sulla possibilità dello stress cronico lavoro-correlato di “deprimere la risposta immunitaria”. Alcuni studi hanno dimostrato che lo “stress cronico è in grado di causare immunosenescenza in lavoratori esposti con conseguente aumento della suscettibilità alle malattie infettive, neoplasie e malattie autoimmuni”. E “i leucociti e i linfociti T sono risultati particolarmente coinvolti durante questi processi”. In particolare alcuni autori indicano che “lo stress e le sindromi ansiose e depressive ad esso associate sono in grado di ridurre la proliferazione, la concentrazione ematica e l’attivazione di leucociti, linfociti T, linfociti B e cellule natural killer” (cellule NK con particolare funzione citotossica). 
E vi sono anche prove in letteratura che supportano una “relazione tra stress psicologico e lo sviluppo, durata e ricorrenza di infezioni virali di herpesvirus, herpes simplex tipo 1 (HSV-1) e Epstein-Barr (EBV)”. Lo stress cronico sembra in grado di “modulare la risposta immunitaria colpendo le interazioni tra il sistema nervoso centrale, del sistema nervoso autonomo e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA)”.
 
Lo studio si è proposto di analizzare le relazioni tra i livelli di stress, la crasi ematica e le abitudini voluttuarie in un gruppo di lavoratori outdoor appartenenti al Corpo della Polizia Municipale.
 
In particolare è stato studiato un campione di 486 soggetti (345 maschi e 141 femmine).
Durante la visita medica “si è provveduto ad effettuare per ogni soggetto:
a) la somministrazione del questionario per la valutazione della percezione dello stress lavoro-correlato;
b) la raccolta delle informazioni clinico-anamnestiche relative al consumo di alcool, all’abitudine al fumo di sigaretta, al consumo di cioccolato e caffè;
c) prelievo di un campione di sangue venoso”.
E tutti i lavoratori inclusi nello studio “sono stati divisi in tre gruppi sulla base dei punteggi derivanti dal questionario”.
 
Riguardo all’analisi dei risultati inerenti il punteggio del questionario sullo stress è emerso che dei 486 lavoratori:
-  il 39% rientravano nella classe 1, associata all’assenza di una condizione di stress per il dipendente;
-  il 34% rientravano nella classe 2, associata ad una condizione di stress moderato per il dipendente nel complesso della sua attività lavorativa;
-  il 27% rientravano nella classe 3, associata ad una condizione di stress elevato per il dipendente nel complesso della sua attività lavorativa.
Dunque si può concludere “che il 61% dei lavoratori manifestava condizioni di stress moderato o severo”. Inoltre è stata riscontrata una “prevalenza statisticamente significativa” delle lavoratrici di sesso femminile e dei soggetti più giovani.
 
Inoltre i risultati mostrano come all’aumentare della classe di stress c’era una “riduzione statisticamente significativa” dei globuli bianchi ed un “aumento statisticamente significativo” del consumo di caffè, di cioccolato e dell’abitudine al fumo di sigaretta. Mentre non è stata riscontrata nessuna differenza statisticamente significativa per il consumo di alcool.
 
Più nel dettaglio i risultati, confermando i dati presenti in letteratura, mostrano come ci sia:
- una riduzione dei livelli di globuli bianchi periferici (WBC) nei dipendenti della polizia municipale di entrambi i sessi al crescere del punteggio del questionario (e della classe di stress);
- un aumento del consumo di caffè, cioccolato e dell’abitudine al fumo di sigarette nei lavoratori con livelli di stress più elevati.
 
E queste ultime variazioni stress-indotte sono state “dimostrate in diversi studi di letteratura che associano lo stress psicologico con una aumentata propensione a fumo di sigaretta e il consumo di caffè e prodotti alimentari contenenti cioccolato”. 
 
La presentazione dello studio si conclude segnalando che il monitoraggio della risposta immunitaria tramite i globuli bianchi potrebbe “essere incluso, assieme al questionario, nei protocolli sanitari per determinare i possibili effetti dello stress lavorativo e della percezione dello stress nel posto di lavoro”.
 
 
 
“ Stress percepito, crasi ematica e abitudini voluttuarie”, a cura di Gianfranco Tomei (Dipartimento Neurologia e Psichiatria, Università Roma Sapienza), Teodorico Casale, Mariasilvia Marrocco, Pier Agostino Gioffrè, Maria Valeria Rosati, Simone De Sio, Maria Fiaschetti, Maria Pia Schifano, Assunta Capozzella e Tiziana Caciari (Unità Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-Legali e dell’Apparato Locomotore, Università Roma Sapienza), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, volume XXXV - N. 2 - aprile/giugno 2013 (formato PDF, 82 kB).
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 
 
Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 

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