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Le biotecnologie industriali e le atmosfere potenzialmente esplosive

Le biotecnologie industriali e le atmosfere potenzialmente esplosive
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio esplosione, Atex

11/10/2023

Un documento Inail sulla sicurezza nelle biotecnologie industriali si sofferma sul pericolo di formazione di atmosfere potenzialmente esplosive nel processo di produzione di poliidrossialcanoati. I rischi, la prevenzione e le sovrappressioni.

Roma, 11 Ott – Presentando il documento InailSalute e sicurezza nelle biotecnologie industriali. Il Progetto europeo RES URBIS”, che fa riferimento ad un progetto relativo all’integrazione degli impianti di produzione di bio-prodotti con gli impianti tradizionali per la depurazione delle acque e/o il trattamento dei rifiuti, abbiamo sottolineato quanto sia importante soffermarsi sulla salute e sicurezza degli operatori che operano nel settore delle biotecnologie industriali (white biotech).

Anche perché, come sottolineato nell’articolo “ Come migliorare la prevenzione e tutela della salute nelle biotecnologie?”, se le moderne biotecnologie sono un importante strumento per lavorare allo sviluppo di un sistema sostenibile, a volte i rischi del personale, in attività così innovative, tendono ancora ad essere sottovalutati.

 

Proprio per focalizzare i rischi per la salute e sicurezza in questo settore, il documento Inail affronta nel dettaglio i rischi biologici, i rischi chimici e i rischi di esplosione, su cui ci soffermiamo oggi. E lo facciamo con specifico riferimento alle attività di conversione di varie tipologie di rifiuti organici in prodotti ad alto valore aggiunto come i copolimeri di poli-idrossialcanoati (PHA). Conversione che presuppone una “fermentazione acidogenica”, la selezione della biomassa produttrice di PHA a partire da colture microbiche, la produzione di PHA e l’estrazione e purificazione del PHA.

 

L’articolo affronta i seguenti argomenti:


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Biotecnologie industriali, PHA e rischio da atmosfere esplosive

Il documento segnala che in relazione al progetto la valutazione del pericolo di formazione di atmosfere potenzialmente esplosive “è stata effettuata per la fase di fermentazione acidogenica, poiché essa genera nel fermentatore una miscela gassosa infiammabile, in cui sono presenti metano (CH4), idrogeno (H2) e solfuro di idrogeno (H2S)”. E questo è un aspetto “che può avere ripercussioni sul livello di sicurezza del processo di produzione di PHA”.

 

Si ricorda, tuttavia, che se un’atmosfera esplosiva è costituita da una miscela di aria e di un composto infiammabile, “la cui concentrazione deve essere compresa all’interno del suo campo di infiammabilità”, l’esplosione “non è un fenomeno, che avviene con estrema facilità, in quanto essa può accadere solamente se vengono contemporaneamente verificate le tre seguenti condizioni:

  1. presenza del comburente (ossigeno presente nell’aria);
  2. concentrazione della sostanza infiammabile compresa nel suo campo di infiammabilità e quindi tra il suo limite inferiore di infiammabilità (LFL: lower flammability limit) ed il suo limite superiore di infiammabilità (UFL: upper flammability limit);
  3. presenza di sorgenti (scintille, cariche elettrostatiche, superfici calde, etc.) di innesco ‘efficaci’, cioè in grado di fornire la richiesta energia di attivazione alla miscela esplosiva”. 

Ed essendo la fermentazione un processo anaerobico – continua il documento - “la formazione di atmosfere potenzialmente esplosive è altamente improbabile a causa della mancanza di ossigeno”. Tuttavia “non è possibile escludere a priori delle anomalie di funzionamento o degli errori umani, che possano favorire l’ingresso di aria nel fermentatore e pertanto è consigliabile un monitoraggio della concentrazione di ossigeno nel reattore”.

Ai fini della sicurezza è poi “particolarmente rilevante valutare anche il LFL della miscela gassosa infiammabile, poiché:

  1. una miscela esplosiva non è in grado di accendersi, quando la sua concentrazione è inferiore al LFL (si verifica una carenza di combustibile ed un forte eccesso di aria);
  2. sulla base del LFL vengono impostate le soglie di allarme (basso ed alto livello) della sensoristica, che consente il controllo del processo”.

 

Si segnala poi che i gas prodotti dalla fermentazione acidogenica “sono H2, H2S, CH4 e CO2 (gas inerte), che è l’elemento presente in maggiore concentrazione (superiore al 80%) e questo comporta degli indubbi benefici dal punto di vista della sicurezza, in quanto innalza il LFL della miscela gassosa e pertanto è richiesta una sua maggiore quantità per l’ignizione”.

 

Riprendiamo una tabella che riporta i campi di infiammabilità (espressi in percentuale volumetrica) dei suddetti gas:

 

 

E sulla base dei valori presenti nella tabella “si evince che tutti i gas appartengono alla Categoria 1A ai sensi del Regolamento CLP”. E ad essi è associata l’indicazione di pericolo H 220 (gas altamente infiammabile). Nel documento vengono riportate le tabelle relative alla classificazione dei gas infiammabili e alla indicazione di pericolo dei gas infiammabili. 

 

Rimandiamo alla lettura del capitolo relativo alla procedura di calcolo del LFL (limite inferiore di infiammabilità) della miscela gassosa e riportiamo i risultati dello studio effettuato (secondo le varie condizioni presentate nel testo):

 

 

Biotecnologie industriali e monitoraggio dei gas nel fermentatore

Veniamo ora al monitoraggio delle concentrazioni dei gas infiammabili nel fermentatore.

 

Anche se la formazione di atmosfere potenzialmente esplosive nel fermentatore è altamente improbabile, queste sono alcune raccomandazioni tecniche che “devono essere adottate al fine di garantire un adeguato livello di sicurezza:

  1. monitorare le concentrazioni dell’ossigeno, dell’idrogeno, del metano, del solfuro di idrogeno e dell’anidride carbonica;
  2. evitare la presenza di aria nel fermentatore (monitoraggio della sovrappressione vigente nel reattore);
  3. evitare la presenza di sorgenti di innesco “efficaci”, cioè in grado di fornire la richiesta energia di attivazione”.

 

Si ricorda poi che per assicurare un monitoraggio continuo delle concentrazioni dei gas “è necessario ricorrere alla ridondanza della sensoristica (duplicazione dei rilevatori), in modo da poter sopperire ad eventuali guasti della strumentazione (Dow, 1992)”.

 

Il documento si sofferma ampiamente sui rilevatori di gas infiammabili che “forniscono un fondamentale contributo ai fini della sicurezza dei processi industriali, poiché generano allarmi in caso di superamento di prestabilite soglie di concentrazione e quindi consentono di intervenire tempestivamente al fine di preservare l’incolumità dei lavoratori”.

E al fine di avere un monitoraggio continuo della concentrazione dei gas infiammabili “è consigliabile installare dei rilevatori fissi nel fermentatore. Questo accorgimento risulta particolarmente utile in caso di reattori collocati in ambienti chiusi, in cui diventa fondamentale il corretto funzionamento del sistema di ventilazione artificiale per evitare accumuli di gas/miscele infiammabili”. E nel fissare le soglie dei livelli di allarme, “alcuni aspetti sono particolarmente influenti e quindi vanno accuratamente considerati:

  • il limite inferiore di infiammabilità;
  • il grado di occupazione dell’area, che deve essere monitorata e protetta;
  • il tempo richiesto per rispondere al segnale di allarme;
  • le azioni, che devono essere intraprese in caso di allarme”.

 

Biotecnologie industriali, fermentatore e prevenzione delle sovrappressioni

Infine il documento, riguardo al rischio connesso alle atmosfere esplosive, si sofferma anche sul fermentatore e sulle misure di prevenzione delle sovrappressioni.

 

Si indica che nell’impianto pilota dove è stato fatto lo studio il reattore di fermentazione “è equipaggiato con una guardia idraulica per prevenire sovrappressioni, che potrebbero minarne l’integrità strutturale”. Ma considerando, invece, la eventuale realizzazione dell’impianto su scala industriale, è preferibile “ricorrere a valvole di sicurezza (VS), come misura di prevenzione della sovrappressione, in quanto esse sono in grado di far diminuire molto più rapidamente la pressione di esercizio del fermentatore rispetto alla guardia idraulica, la quale, inoltre, necessita anche di una soluzione antigelo nei periodi invernali per non pregiudicare il suo funzionamento”.

 

Si segnala che la ridondanza delle valvole di sicurezza “è richiesta per sopperire ad eventuali guasti del dispositivo, garantendo la continuità di esercizio. La pressione di intervento della VS deve essere inferiore alla pressione di progetto del fermentatore al fine di preservare la sua integrità strutturale”.

 

Il documento indica poi che un altro aspetto di sicurezza, che deve essere analizzato, “è la gestione degli sfiati del fermentatore, poiché, come già detto, la fermentazione acidogenica genera una miscela gassosa infiammabile. Pertanto, nell’impianto su scala industriale, gli sfiati (includendo anche gli scarichi delle VS) devono essere convogliati in un apposito serbatoio di blowdown, in cui deve essere immesso azoto per inertizzare l’ambiente interno ed evitare la formazione di un’atmosfera potenzialmente esplosiva”.

E al fine di evitare l’ignizione di una miscela esplosiva, “tutte le attrezzature di lavoro, tutti i dispositivi di sicurezza e tutta la sensoristica (trasmettitori di livello, di temperatura, di pressione, etc.) devono essere certificati per l’utilizzo nelle zone Atex, conformemente a quanto riportato nella Direttiva 2014/34/EU”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento Inail che riporta molti altri dettagli sui possibili rischi e le indicazioni per favorire la prevenzione di eventuali incidenti anche nell’ipotesi di un passaggio da impianto pilota a scala industriale; passaggio che renderà necessaria, “in esito alla valutazione del rischio, l’adozione di misure specifiche di prevenzione e protezione, tra cui, ad esempio, la definizione delle modalità di gestione di incidenti ed emergenze e l’adozione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori”.    

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail - Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione - “ Salute e sicurezza nelle biotecnologie industriali. Il Progetto europeo RES URBIS”, a cura di Biancamaria Pietrangeli, Roberto Lauri e Domenico Davolos (Inail, DIT), Emma Incocciati (Inail, Contarp), Laura Lorini, Marianna Villano, Andrea Martinelli, Cleofe Palocci, Marco Petrangeli Papini, Neda Amanat, Laura Chronopoulou, Sara Alfano e Mauro Majone (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Chimica), Francesco Valentino, Paolo Pavan e Giulia Moretto (Università di Venezia “Ca’ Foscari”, Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatiche e Statistiche), David Bolzonella (Università di Verona, Dipartimento di Biotecnologie), Simona Rossetti e Simona Crognale (Istituto di Ricerca sulla Acque, Consiglio Nazionale delle Ricerche), Alessandro Carfagnini (Sabio Biomaterials), Collana Ricerche, edizione 2022 (formato PDF, 13.19 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Salute e sicurezza nelle biotecnologie industriali”.

 


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