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Lavanderie industriali: quali sono i rischi chimici per i lavoratori?

Roma, 26 Giu – Malgrado le industrie di lavanderia forniscano un servizio collettivo molto importante e impieghino molti lavoratori – secondo alcuni dati, non recenti ma ancora significativi, nel periodo 2016-2020 le lavanderie industriali assicurate all’Inail erano mediamente 1.000, con circa 15.000 addetti – sono ancora pochi gli studi che si sono occupati di approfondire le specificità del settore lavorativo con riferimento alla salute e sicurezza sul lavoro.
Per cercare di fornire alcune informazioni sul tema e migliorare anche in questo settore la prevenzione di infortuni e malattie professionali è stato pubblicato dall’Inail nel 2022 il documento “ Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali”, prodotto da Contarp (ora Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza – CTSS) e CSA (Consulenza statistico attuariale) dell’Inail in collaborazione con Assosistema Confindustria.
Se partendo dal documento abbiamo già fornito, in precedenti articoli di presentazione, qualche informazione sui rischi biologici e sulla eventuale biocontaminazione dei tessuti, oggi affrontiamo un altro tema poco conosciuto riguardo alla sicurezza degli operatori che operano nel settore: il rischio chimico.
L’articolo affronta i seguenti argomenti:
- Rischio chimico nelle lavanderie industriali: normativa e informazioni sui pericoli
- Rischio chimico nelle lavanderie industriali: fasi lavorative
- Rischio chimico nelle lavanderie industriali: agenti chimici e pericoli
Rischio chimico nelle lavanderie industriali: normativa e informazioni sui pericoli
Innanzitutto il documento dedicato ai rischi lavorativi nelle lavanderie industriali fornisce una infarinatura generale sul rischio chimico.
Si ricorda che il rischio deriva dall’esposizione ad agenti chimici (sostanze o miscele) pericolosi presenti sul luogo di lavoro e che il d.lgs. 81/2008 (Testo Unico) e s.m.i. affronta il rischio chimico nel Titolo IX, suddiviso in:
- Capo I - Protezione da agenti chimici.
- Capo II - Protezione da agenti cancerogeni e mutageni.
- Capo III - Protezione dai rischi connessi all’esposizione ad amianto.
Si indica poi che ai sensi dell’art. 222 del Testo Unico, “sono pericolosi:
- gli agenti chimici che soddisfano i criteri di classificazione in una o più classi di pericolo fisico o di pericolo per la salute di cui al regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP - Classification, Labelling and Packaging);
- gli agenti chimici che, pur se non classificati come pericolosi, possono rappresentare un rischio per la salute o la sicurezza dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale”.
Si segnala poi che informazioni immediate sui pericoli associati a una sostanza o miscela sono riportate sulle relative etichette, contenenti i “seguenti dati:
- per le sostanze: nome della sostanza;
- per le miscele: nome commerciale o designazione, sostanze pericolose presenti e loro concentrazione o intervalli di concentrazione;
- denominazione, indirizzo e recapito del fabbricante, importatore o distributore;
- quantità;
- pittogrammi di pericolo;
- indicazioni di pericolo (frasi H e/o EUH);
- consigli di prudenza (frasi P);
- avvertenza;
- indicazioni supplementari, se previste.
Inoltre la scheda dati di sicurezza (SDS) contiene “informazioni molto più approfondite rispetto all’etichetta in merito alle proprietà chimico-fisiche, tossicologiche e di pericolo per l’ambiente, necessarie per una corretta e sicura manipolazione di una sostanza o miscela”. E il regolamento (CE) n. 1907/2006 (Regolamento REACH) “impone al responsabile dell’immissione sul mercato di una sostanza o miscela pericolosa di fornire al destinatario la relativa SDS”.
In particolare le SDS “consentono:
- al datore di lavoro di determinare se sul luogo di lavoro vengono manipolati agenti chimici pericolosi e di valutarne l’eventuale rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori;
- agli utilizzatori di adottare le misure necessarie in materia di tutela della salute, dell’ambiente e della sicurezza sul luogo di lavoro”.
Rischio chimico nelle lavanderie industriali: fasi lavorative
Dopo aver accennato ad alcuni aspetti generali del rischio chimico e agli strumenti utili a conoscere i pericoli, veniamo ad alcune specificità connesse alle lavanderie industriali.
Nel documento una tabella riporta le fasi lavorative in cui appare più probabile l’esposizione ad agenti chimici, con riferimento anche alle principali vie di esposizione.
Riprendiamo i dati contenuti:
- Lavaggio in generale: “Approvvigionamento di detergenti e prodotti ausiliari da caricare nella lavacentrifuga/lavacontinua” (vie di esposizione: contatto, inalazione)
- Decontaminazione di strumenti chirurgici: “Preparazione delle soluzioni di decontaminanti e successivo trattamento degli strumenti per immersione nelle soluzioni o per contatto diretto con esse”; “Approvvigionamento di decontaminanti e detergenti da caricare nella lavaferri” (vie di esposizione: contatto, inalazione)
- Sterilizzazione con metodi chimici: “Caricamento delle apparecchiature con gli opportuni agenti sterilizzanti”; “Accesso al locale di degasificazione dopo sterilizzazione con ossido di etilene” (vie di esposizione: contatto, inalazione).
Rischio chimico nelle lavanderie industriali: agenti chimici e pericoli
Veniamo agli agenti chimici utilizzati per il lavaggio, la decontaminazione e la sterilizzazione nelle lavanderie industriali.
Riprendiamo innanzitutto una tabella dal documento:
La tabella illustra:
- “i principali composti utilizzati per il lavaggio, in aggiunta ai detergenti, e la loro funzione;
- per ogni composto, le seguenti caratteristiche di pericolosità: pittogrammi, avvertenza, indicazioni di pericolo e relativi intervalli di concentrazione, ove appropriati”.
In definitiva “si evince che:
- acidificanti e candeggianti, a contatto con la pelle e/o gli occhi, esercitano un’azione irritante se diluiti o corrosiva se più concentrati;
- acqua ossigenata (comburente a concentrazioni ≥ 50%) e acido peracetico sono irritanti anche per le vie respiratorie;
- acido acetico e acido peracetico sono infiammabili;
- alcuni composti reagendo accidentalmente tra loro rilasciano gas tossici1, ad esempio: a contatto con acidi l’ipoclorito di sodio libera cloro (Cl2) e, nelle stesse condizioni, il bisolfito di sodio libera anidride solforosa (SO2) (Brusco et al, 2011)”.
Si indica poi che i detergenti “contengono soprattutto tensioattivi (ionici o non ionici), che possono irritare la pelle e/o gli occhi”. E, talvolta, “sono presenti anche sostanze sensibilizzanti (es. profumi, enzimi), causa di potenziali reazioni allergiche in soggetti predisposti”.
Si segnala poi che la decontaminazione degli strumenti chirurgici “richiede l’uso di soluzioni opportunamente diluite di disinfettanti che possono contenere, ad esempio: alcoli (es. etanolo, isopropanolo), derivati fenolici (es. 2-fenossietanolo), derivati amminici (es. clorexidina, sali di ammonio quaternario). I disinfettanti, alle concentrazioni di impiego, possono essere irritanti a livello cutaneo e/o inalatorio. Inoltre, in presenza di alcoli, possono essere infiammabili”.
Si segnala anche che gli strumenti chirurgici confezionati in carta, plastiche sottili o Tessuto-non-Tessuto (TNT) “non possono essere sterilizzati in autoclave, in quanto termolabili (sensibili a temperatura e umidità elevate)” ed è dunque necessario impiegare “metodi chimici di sterilizzazione, tra i quali si citano:
- sterilizzazione a gas plasma: dopo aver inserito gli strumenti in una camera di sterilizzazione e creato il vuoto, una soluzione al 58% di acqua ossigenata viene nebulizzata nella camera. Indi, si riduce nuovamente la pressione e, per mezzo dell’azione di radiofrequenze (RF), si genera il plasma. Dopo circa 1 ora, si interrompe l’emissione di RF e si ripristina la pressione atmosferica. Il processo richiede temperature intorno ai 45°C;
- sterilizzazione ad acido peracetico: nell’apposita apparecchiatura ove sono collocati gli strumenti si introduce una miscela di acido peracetico, agenti tamponanti e anticorrosivi. All’interno dell’apparecchiatura, la miscela viene diluita con acqua sterile fino a ottenere una concentrazione di acido peracetico pari a 0,2%. Il processo, comprendente anche il risciacquo con l’acqua sterile, dura circa 30 minuti e la temperatura di esercizio non supera i 55° C”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento Inail e del paragrafo relativo al rischio chimico che non solo presenta un approfondimento sull’uso dell’ossido di etilene per la sterilizzazione, ma che riporta anche le possibili misure di prevenzione e protezione per eliminare o quantomeno diminuire i rischi per gli operatori.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Consulenza Statistico Attuariale – CSA, Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione – Contarp, “ Analisi dei rischi lavorativi nelle lavanderie industriali”, documento realizzato in collaborazione con Assosistema Confindustria, curato da Adelina Brusco (Inail, CSA), Alessandra Menicocci, Francesca Romana Mignacca e Federica Venanzetti (Inail, Contarp) con la collaborazione di Lorenzo Florindi e Laura Lepri (Assosistema Confindustria) e Patrik Masieri (Servizi Ospedalieri), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2022 (formato PDF, 14.13 MB).
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