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Agenti chimici: la sicurezza nel trasporto, stoccaggio e smaltimento
Palermo, 26 Feb – I rischi degli agenti chimici pericolosi non dipendono solo da un’eccessiva esposizione dei lavoratori o da una loro errata manipolazione, ma anche da procedure inadeguate di trasporto, stoccaggio, conservazione e smaltimento. E infatti il D.Lgs. 81/2008 stabilisce che la eliminazione o riduzione del rischio deve avvenire anche attraverso l’adozione di metodi di lavoro appropriati relativi all’immagazzinamento e al trasporto sul luogo di lavoro degli agenti chimici pericolosi e dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
L’importanza di metodologie valide relative al trasporto, stoccaggio, immagazzinamento e smaltimento è confermata anche dal fatto che a questi temi sono dedicate diverse voci nelle schede di sicurezza (SDS) delle sostanze o dei preparati.
Ad esempio in relazione allo stoccaggio le SDS riportano le condizioni per uno stoccaggio sicuro, quali: la progettazione specifica dei locali e dei contenitori (incluse le paratie di contenimento e la ventilazione), i materiali incompatibili, le condizioni di stoccaggio (limiti/intervalli di temperatura e di umidità, luce, gas inerte, ecc.) impianto elettrico speciale, prevenzione dell’accumulo di elettricità statica. E all’occorrenza vengono forniti anche dati sui limiti quantitativi in condizioni di stoccaggio ed eventuali indicazioni quali il tipo di materiale utilizzato per l’imballaggio ed i contenitori della sostanza o del preparato.
Per raccogliere nel dettaglio alcuni suggerimenti su questi temi possiamo fare riferimento alle “ Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, documento elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA - con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, della Environment Agency (England), della Scottish Environmental Protection Agency (SEPA) e di diverse Arpa regionali – per favorire buone pratiche nelle attività di laboratorio.
Cominciamo ad affrontare il tema del trasporto di prodotti chimici.
Spesso accade che sostanze chimiche pericolose debbano essere trasportate fra i vari reparti o dagli armadi di stoccaggio ai laboratori. Al di là della necessaria e generica attenzione nel trasporto, il documento riporta una serie di indicazioni:
- “il trasporto di sostanze chimiche pericolose, specie se contenute in recipienti di vetro, deve essere eseguito utilizzando cestelli o carrelli dotati di recipienti di contenimento, atti a ricevere eventuali spandimenti di materiale;
- nel caso di bombole di gas compresso, il trasporto deve avvenire ancorando le stesse agli appositi carrelli proteggendo la valvola d’erogazione con l’apposito cappellotto a vite;
- per trasportare le bombole su piani differenti del laboratorio bisogna utilizzare ascensori o montacarichi areati, e comunque gli operatori non devono rimanervi all’interno (porre il carrello con la bombola all’interno dell’elevatore e quindi uscire, poi far chiamare l’ascensore o il montacarichi da un altro operatore che si trova al piano di destinazione)”.
Veniamo ora alle buone pratiche, ai consigli relativi all’immagazzinamento, alla conservazione e gestione dei prodotti chimici:
- “l’accumulo di grandi quantità di prodotti chimici deve essere evitato (ad esempio attraverso una corretta pianificazione degli acquisti dei prodotti chimici);
- tutti i contenitori devono essere adeguatamente etichettati. è buona norma indicare anche la data di apertura del contenitore;
- soluzioni ottenute in laboratorio e standard devono essere etichettate correttamente;
- non devono essere consentiti contenitori senza alcuna etichetta e/o con indicazioni del solo contenuto della sostanza;
- prima di utilizzare qualsiasi prodotto chimico occorrerebbe acquisire le informazioni sulle sue caratteristiche attraverso le schede di sicurezza ed attenersi alle indicazioni riportate per la manipolazione, stoccaggio e smaltimento. anche per l’utilizzo di campioni potenzialmente contaminati è necessario acquisire quante più informazioni possibili;
- tutti i prodotti chimici devono essere utilizzati e conservati facendo attenzione all’incompatibilità così che, nel caso di rotture accidentali dei contenitori, non reagiscano violentemente fra loro;
- tenere un inventario aggiornato di tutte le sostanze chimiche;
- le sostanze infiammabili devono essere conservate esclusivamente in armadi/ambienti idonei (eventualmente termostatati e ben aerati); non devono essere conservate in frigoriferi di tipo domestico e in ambienti in cui siano presenti possibili fonti d’innesco quali scintille o punti caldi;
- gli armadi e i frigoriferi devono essere contrassegnati all’esterno con i simboli di pericolo propri dei prodotti contenuti;
- per la manipolazione e la conservazione di sostanze autoinfiammabili o che a contatto con l’umidità atmosferica sviluppano gas altamente infiammabili, attenersi alle indicazioni delle schede di sicurezza;
- materiali esplosivi, per sensibilità agli urti o per particolari reattività, devono essere maneggiati delicatamente e utilizzati ricorrendo a schermature di adeguata resistenza”;
- “i gas inerti, utilizzati in ambienti chiusi e mal aerati, possono in caso di fuoriuscita accidentale, provocare l’abbassamento della concentrazione dell’ossigeno nell’aria sotto il 17%, con rischi per la sopravvivenza;
- l’ossigeno può aumentare il rischio d’incendio se, in caso di fuoriuscita accidentale, si raggiunge una concentrazione, in aria, uguale o superiore al 25%”.
Il documento si sofferma anche sui prodotti perossidabili, una classe di composti che, se a contatto con l’aria, possono condurre, anche in tempi lunghi, alla formazione di prodotti instabili. Con questi prodotti è necessario usare “la massima cautela nell’utilizzo e nella conservazione”. In particolare fra essi “si ricordano come sostanze più comuni (l’elenco non è esaustivo): etere dietilico, etere dimetilico, etere diisopropilico, alcol isopropilico, diossano, tetraidrofurano (THF). Normalmente i prodotti perossidabili commercializzati contengono stabilizzanti, la cui efficacia decade nel tempo (da cui l’importanza di osservare la data di scadenza indicata nell’etichetta); occorre peraltro essere sempre molto cauti, specialmente nelle distillazioni, in cui si possono avere eliminazione degli stabilizzanti e concentrazione dei perossidi presenti. Si raccomanda di verificare la presenza di perossidi utilizzando le apposite cartine amido-iodurate dotate di scala colorimetrica”.
Ogni analisi di laboratorio può generare rifiuti costituiti non solo da prodotti chimici di scarto, ma anche da prodotti di consumo quali filtri, materiali monouso ecc…. Ed è dunque necessaria una valutazionesullo smaltimento dei rifiuti prodotti sulla base della normativa vigente.
Concludiamo dunque questa breve carrellata sulle problematiche correlate a trasporto, conservazione e smaltimento, con alcune indicazioni per lo smaltimento dei rifiuti di laboratorio:
- “nessun prodotto chimico deve essere eliminato attraverso il sistema fognario;
- rifiuti pericolosi devono essere raccolti in appropriato contenitore di stoccaggio per lo smaltimento successivo attraverso ditte autorizzate;
- solventi esausti potrebbero di norma essere miscelati con particolare riguardo circa la compatibilità dei componenti. gli alogenati e non alogenati devono essere raccolti separatamente;
- le soluzioni acquose devono essere raccolte separatamente dai solventi organici;
- i rifiuti solidi quali filtri, materiale monouso, devono essere raccolti a parte;
- tutti i contenitori di rifiuti devono essere adeguatamente etichettati per tipologia di rifiuto;
- rifiuti solidi non pericolosi possono essere assimilati a rifiuti solidi urbani”.
“ Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, versione 2011, documento elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA, con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, la Environment Agency (England), la Scottish Environmental Protection Agency (SEPA), le Arpa Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Campania, Marche e Sicilia (formato compresso ZIP, 3.9 MB).
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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