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Storie di infortunio: tante misure per nulla
Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie storie d'infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione. In questa storia, dal titolo “Tante misure per nulla” (a cura di Marcello Libener, Servizio Pre.S.A.L. della Asl AL),un lavoratore è caduto da circa 6 metri e mezzo per il cedimento di un parapetto provvisorio procurandosi gravi lesioni.
Tante misure per nulla
a cura di Marcello Libener, Servizio Pre.S.A.L. della Asl AL
Che cosa è successo
Nel corso dei lavori per la realizzazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura dei fabbricati di un'impresa agricola, un lavoratore è caduto da circa 6 metri e mezzo per il cedimento di un parapetto provvisorio procurandosi gravi lesioni tra cui fratture al bacino, all'osso sacro, al braccio sinistro, oltre a lesioni a un rene, a un polmone, alla bocca, in particolare ai denti.
Chi è stato coinvolto
Roberto è un uomo di 37 anni che ha esperienza di parecchi anni come muratore e che lavora in una piccola impresa dedita soprattutto alla realizzazione di nuove coperture.
Quest’ultima nel 2010 ha ampliato il proprio giro d'affari nel campo della realizzazione di impianti fotovoltaici.
Inail ha riconosciuto a Roberto l’inabilità temporanea di 310 giorni e un’invalidità permanente del 23%. Anche a seguito della crisi economica, il lavoratore non ha più avuto un contratto a tempo indeterminato.
Dove e quando
Il luogo dove è avvenuto l'infortunio si trova in un’area circondata da terreni coltivati.
Il proprietario dell’azienda disponeva di fabbricati non utilizzati le cui superfici di copertura erano appetibili per usufruire di incentivi per l'installazione di impianti fotovoltaici. Ha quindi ceduto le superfici a un’impresa specializzata nella realizzazione e gestione di tali impianti. Poiché gli incentivi stavano per scadere, i tempi per lo svolgimento dei lavori erano particolarmente ridotti.
L'impresa per cui lavorava Roberto era una sub-appaltatrice dell' impresa affidataria per la realizzazione delle nuove coperture, ma in cantiere avevano operato altre imprese. Sul fabbricato in lavorazione erano state rimosse per metà della superficie le lastre in cemento amianto e il giorno dell’infortunio si stava procedendo alla realizzazione della nuova copertura.
Come
Quella mattina Roberto ha raggiunto la quota di lavoro con una scala a elementi innestabili insieme al collega Marco, lavoratore autonomo. Una volta in quota, i due dovevano percorrere una superficie costituita da travi in cemento parallele perché un’altra impresa aveva eliminato le lastre di copertura in cemento amianto.
La zona di lavoro era dotata di varie protezioni contro la caduta verso il vuoto: parapetti provvisori sui bordi, reti anticaduta sotto una parte dell'area di lavoro, parti di ponteggio su un lato.
Roberto ha posato il piede sull’unico pannello già posizionato ma non fissato ed ha perso l’equilibrio. Si è appoggiato al parapetto laterale posto a protezione del bordo che non ha offerto la resistenza prevista perché si è sganciato dalla trave cui era vincolato facendo cadere rovinosamente Roberto a terra.
Anche se non ha perso conoscenza Roberto ricorda poco di quei momenti.
“...abbiamo camminato sulla lastra già posizionata ed io mi sono recato sull'angolo. A un certo punto ricordo che ho perso l'equilibrio e che la barriera non mi ha tenuto, ma non so dire se perché si è rotta o altro.”
Dopo l'infortunio, il parapetto di protezione del bordo era divelto in prossimità dell’angolo sud-ovest della copertura del fabbricato.
Perché
Il parapetto di protezione del bordo del tetto non era stato installato correttamente e non ha sostenuto il lavoratore quando si è appoggiato dopo aver perso l’equilibrio.
Inoltre, pur non essendo chiaro se il lavoratore disponesse di imbracature di sicurezza, mancavano le linee vita a cui ancorarsi.
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Il cantiere prevedeva diverse fasi lavorative che, per il fabbricato da cui è caduto Roberto,
erano così riassumibili:
· approntamento degli apprestamenti contro le cadute dall'alto (ponteggio, parapetti provvisori, reti anticaduta);
· rimozione delle lastre di copertura in cemento amianto;
· realizzazione della nuova copertura;
· installazione dell'impianto fotovoltaico.
Il capannone dove operavano i due lavoratori aveva una copertura costituita da lastre in cemento amianto per circa 1.000 m2 ma metà delle lastre erano state rimosse senza che fosse stato presentato un piano di lavoro allo SPreSAL.
Le misure di protezione contro la caduta dall'alto previste dal Piano di Sicurezza e Coordinamento ( PSC) erano costituite da elementi di ponteggio su un lato, parapetti sui quattro bordi, reti anticaduta su una parte dell'area sotto quella di lavoro.
Tante misure per nulla: l'insieme degli apprestamenti non forniva una protezione adeguata per i lavoratori che operavano in quota.
Entrambi i lavoratori hanno asserito di aver indossato dispositivi anticaduta anche se Marco, collega dell’infortunato, dopo un’ora dall'incidente non è stato in grado di dire quale dei due dispositivi avesse utilizzato quella mattina.
“Eravamo dotati di imbracatura di sicurezza, non ricordo quale delle due presenti in cantiere avessi usato io e quale Roberto”.
Questo aspetto è poco rilevante in quanto entrambe le imbracature erano prive di cordino. Una delle due era una cintura di posizionamento e alla quota di lavoro non sono stati rinvenuti ancoraggi o linee vita idonee all'utilizzo delle imbracature.
L’adeguatezza dei parapetti provvisori, installati da Marco con l’aiuto di altri, è stata certificata da una relazione tecnica. Secondo le testimonianze di Marco, a questa attività aveva partecipato anche Roberto il quale, tuttavia, ha negato di aver montato parapetti in cantiere.
La relazione tecnica, redatta successivamente all’installazione dei parapetti, ribadisce l’utilizzo dei parapetti di tipo “Veroni 103” (non più “Veroni 104” come nel PSC) per le due testate e del tipo “Veroni 112 L” per i due lati. Nella relazione si certifica l’adeguatezza dell’installazione e si attesta il rispetto dell’interasse (distanza tra un montante e l’altro) di 1.400 mm. A questo proposito, gli accertamenti hanno chiarito che:
- la tipologia dei parapetti non era adatta allo scopo perché doveva essere usata su supporto in legno e non in cemento armato come nel caso specifico;
- i parapetti lungo i bordi dei lati sud e nord non garantivano una protezione idonea perché erano costituiti solamente da due correnti ed erano circa 10 cm più corti rispetto al metro considerato sufficiente a proteggere contro la caduta dall’alto;
- come è avvenuto per il montante che si è sganciato (fatto non più verificabile), i parapetti non erano fissati adeguatamente come è evidente anche per il 5° montante posto sul lato ovest contando dall’angolo dal quale è caduto Roberto;
- la relazione di calcolo non considera l’inidoneità della tipologia di parapetto utilizzato lungo i bordi dei due lati più lunghi del fabbricato ovvero non indica come la tipologia di parapetto “Veroni 112 L” possa essere adattato ad un supporto diverso dal legno e perché non sia rispettato l’interasse (distanza tra un montante e l’altro) minimo di 1.400 mm;
- la soluzione adottata si è rivelata assolutamente inadeguata essendo evidente nel corso del sopralluogo che l’installazione dei parapetti sulle due testate ha comportato la preventiva demolizione delle parti più esterne delle lastre di copertura in cemento amianto (bordi lati ovest ed est per la parte di lastre ancora in opera).
Raccomandazioni
La situazione del cantiere al momento dell’incidente può essere sintetizzata con la frase “tante soluzioni, nessuna soluzione”.
La realizzazione di lavori su copertura, soprattutto quando le attività sono complesse e la tipologia di copertura è particolarmente problematica per l’assenza di una solida soletta, deve essere preceduta da un’attenta analisi della situazione e da una progettazione accurata della sicurezza.
L’inadeguatezza delle soluzioni contro le cadute dall’alto avrebbe dovuto essere rilevata da tutti quelli che in cantiere avevano responsabilità in materia: Coordinatore per l’esecuzione, Datore di Lavoro dell’impresa di Roberto, Datore di Lavoro dell’impresa affidataria, Datore di Lavoro dell’impresa che ha rimosso le lastre di cemento amianto.
Viceversa tutti hanno proseguito le loro attività in cantiere supportati (solo formalmente) dalla relazione tecnica relativa alla corretta installazione dei parapetti che, come si è visto, è risultata non solo superficiale e frutto di una presa d’atto di quanto fatto in cantiere, ma addirittura errata.
È quindi necessario che in cantiere le verifiche sulle principali soluzioni di sicurezza siano effettuate da tutti coloro cui competono non delegando ciecamente tale funzione ad altri.
In cantiere erano applicate tante possibili soluzioni (ponteggi, parapetti, reti, imbracature) senza che fosse garantita la sicurezza dei lavoratori perché una misura era scollegata dalle altre.
Roberto si è trovato a dover lavorare a un’altezza considerevole affidandosi principalmente alla sua capacità di non perdere l’equilibrio.
L’utilizzo di parapetti con montanti a vite non è consigliabile per questo tipo di lavori in quanto la rimozione e poi l’installazione dei pannelli di copertura non consente un corretto utilizzo di quel tipo di parapetto.
Per questo lavoro era possibile utilizzare una piattaforma elevabile abbinata ad attrezzature di sollevamento per portare in quota il materiale, salendo sulla copertura solo dopo il suo completamento e dopo il montaggio di idonei parapetti o linee anticaduta.
L’adozione di parapetti provvisori, largamente in uso nel comparto edile, deve essere effettuata sulla base di un’analisi dei bordi da proteggere unitamente a materiale del supporto, pendenze della falda, tipologia di lavori e ulteriori altre variabili. La validità della scelta effettuata deve essere verificata non solo da chi ha responsabilità sull’organizzazione del cantiere (Coordinatori per la sicurezza) ma anche da chi ha il compito di installare il sistema di protezione.
Infine, una volta scelto il parapetto più idoneo dovrà essere verificata la sua adeguata installazione.
In sintesi: scegliere il sistema di protezione più efficace (anche in relazione al rischio di caduta dall’alto nel perimetro del fabbricato), individuare l’eventuale parapetto provvisorio più indicato per quella tipologia di lavoro in quota, installare correttamente l’apprestamento e se lo stesso rimane in posa per molto tempo, verificare periodicamente il mantenimento dell’efficienza del sistema.
Gli ambiti lavorativi che per vari motivi concentrano volumi crescenti di attività in brevi periodi di tempo, come la realizzazione di impianti di produzione dell’energia elettrica su stimolo di incentivi a breve scadenza, devono prevedere un’accurata progettazione delle soluzioni di sicurezza (e salute) del lavoro, evitando che a causa della fretta si debba operare in situazioni di sicurezza inaccettabili. Questa indicazione vale principalmente per i soggetti di cantiere ma anche per gli organi di vigilanza.
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