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Ferrovie condannate per non aver prevenuto i danni da amianto

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi da amianto

01/04/2005

Una recente sentenza della Cassazione rigetta il ricorso presentato dalle “FS”.

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Le Ferrovie dello Stato sono responsabili per non aver saputo prevenire e evitare i danni alla salute dei dipendenti dovuti alla prolungata esposizione all’amianto negli anni ’50 e ’60.
Lo ha stabilito la Cassazione con Sentenza n. 644 del 14 gennaio 2005, che ha rigettato il ricorso delle Ferrovie nei confronti di una sentenza di Appello che aveva condannato le FS al risarcimento del danno biologico sofferto da S.C., esposto dal 1959 al 1971 all’amianto.
Le lavorazioni al quale l’uomo era addetto lo esponevano ad un rischio di inalazione di asbesto a causa del “rilascio di fibre dai rivestimenti in amianto spruzzato dalle casse dei rotabili e dalla polvere prodotta dall’usura delle pasticche frenanti”.

La sentenza di Appello aveva ritenuto, in applicazione dell’art. 2087 del Codice civile, che l’azienda fosse responsabile della malattia del dipendente, non avendo tempestivamente adottato opportune iniziative di difesa dei lavoratori, pur essendo note sul piano scientifico, quanto meno a partire dagli anni sessanta, le conseguenze cancerogene dell’amianto.

La Cassazione ha confermato la sentenza di Appello rilevando che “l’art. 2087, prescrivendo agli imprenditori di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, ha stabilito un obbligo che si riferisce al modo di organizzare l’impresa apprestando attrezzature e servizi idonei allo scopo.”
In relazione al tempo della prestazione lavorativa (anni dal ’59 al ’71), le Ferrovie dello Stato erano strutturate, al di la degli Uffici direzionali propri di una Azienda autonoma, in Servizi, uno dei quali era rappresentato dal Servizio sanitario che si avvaleva di medici, non solo di ruolo ma, in relazione alle singole specialità professionali, di un elenco organico di medici c.d. fiduciari.
“Non si tratta – rileva la Suprema Corte - , cioè, in questa fattispecie, di una piccola impresa che galleggia nel turbinio di leggi da cui trarre indicazioni comportamentali, ma di una grande realtà aziendale, parallela, per i servizi sanitari, allo Stato e diffusa su tutto il territorio nazionale, dotata di un organismo ad hoc, assistito da competenze scientifiche certamente non border line, deputate, in primo luogo, ad assicurare e garantire la salute dei ferrovieri.”
[…] La responsabilità di un’organizzazione sanitaria di grande potenzialità sul piano della prevenzione e tutela della salute, si è dimostrata inadeguata e/o difettosa […] nel rilevare e segnalare tempestivamente al vertice gestionale il serio e non ipotetico pericolo incombente, costituito dalle fibre d’amianto diffuse nel materiale rotabile, suggerendo rimedi che la comunità scientifica internazionale aveva ormai allo studio.

La Cassazione ha confermato la sentenza di Appello rilevando che “ la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087, cod. civ., non è limitata alla violazione di norme d’esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma va estesa, invece, nell’attuale sistema italiano, supportato a livello costituzionale, alla cura del lavoratore attraverso l’adozione, da parte del datore di lavoro, nel rispetto del suo diritto di libertà d’impresa, di tutte quelle misure e delle cautele che, in funzione della diffusione e della conoscibilità, pur valutata in concreto, delle conoscenze, si rivelino idonee, […], a tutelare l’integrità psicofisica di colui che metta a disposizione della controparte la propria energia vitale.”

La Sentenza è consultabile in Banca Dati.
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