La sicurezza dei lavoratori nelle serre: il rischio biologico
IL RISCHIO DA AGENTI BIOLOGICI NELLE SERRE
1. PREMESSA
Nell’ambito del comparto agricolo, il settore della produzione in serra presenta delle peculiarità: le serre, infatti, per le loro caratteristiche strutturali, possono essere considerate alla stregua degli ambienti indoor(ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali); tuttavia, date le particolari condizioni microclimatiche, le attività lavorative svolte, i materiali e le attrezzature di lavoro impiegati, meritano un’attenzione particolare dal punto di vista della valutazione, prevenzione e controllo del rischio biologico occupazionale.
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Formazione sui rischi specifici dei lavoratori che operano con agenti biologici del Gruppo 3 (Art. 37 D.Lgs. 81/08) |
3. FONTI DI PERICOLO BIOLOGICO
L’ambiente “serra”, per le peculiari condizioni microclimatiche (elevati valori di temperatura e umidità relativa), intenzionalmente volute per velocizzare il metabolismo delle colture ed aumentarne in tal modo la produzione, nonché per la scarsa capacità di scambio dell’aria con l’esterno, può favorire l’accumulo di polvere organica e il conseguente sviluppo di agenti biologici sulle diverse matrici ambientali (aria, acqua e superfici). La continua manipolazione di materiale organico può generare alte concentrazioni di bioaerosol (inteso come materiale particellare aerodisperso di origine biologica), potenzialmente contaminato da microrganismi e loro prodotti/componenti che possono rappresentare un rischio per la salute degli operatori. Alcuni studi di settore hanno recentemente dimostrato che anche la superficie delle foglie rappresenta un’importante fonte di accumulo e di rilascio di agenti biologici poiché la polvere organica aerodispersa vi si deposita durante la crescita della pianta [1, 2]. L’acqua ad uso irriguo contaminata costituisce un ulteriore fonte di pericolo biologico. Infatti, all’interno dei sistemi di irrigazione, utilizzati per l’annaffiamento delle colture, ristagni di acqua e formazione di biofilm (inteso come aggregato di cellule microbiche associate ad una superficie), possono favorire la proliferazione di “waterborne pathogens” (es. Pseudomonas aeruginosa, Legionella spp.). Superfici e strumenti di lavoro possono rappresentare anch’essi una sorgente di pericolo biologico.
4. AGENTI BIOLOGICI POTENZIALMENTE PRESENTI NELLE SERRE
Le molteplici attività svolte in serra, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare un rischio di esposizione dei lavoratori a tali agenti e determinare lo sviluppo di patologie ad essi correlate (allegato XLIV-d.lgs 81/2008). La tipologia degli agenti biologici potenzialmente presenti in questo settore lavorativo (Tabella 2) è molto variabile e strettamente associata alla stagionalità e alle caratteristiche strutturali e produttive delle singole aziende.
Tabella 2: Elenco dei principali agenti biologici potenzialmente presenti nell’ambiente serra
5. VIE DI ESPOSIZIONE
In questo settore lavorativo, la modalità di trasmissione principale degli agenti biologici è quella inalatoria. Tuttavia, anche il contatto accidentale delle mucose di occhi, naso e bocca con schizzi/strumenti contaminati nonché l’ingestione fortuita, principalmente attraverso le mani sporche, costituiscono ulteriori vie di esposizione a microrganismi.
6. EFFETTI SULLA SALUTE
Nell’ambiente serra il rischio biologico è rappresentato, oltre che dalle infezioni trasmissibili direttamente o indirettamente dagli animali ( zoonosi occupazionali), anche da patologie di tipo infettivo veicolate da microrganismi (batteri e funghi filamentosi), tossico ad opera di loro metaboliti o derivati (micotossine, endotossine) e da sindromi allergiche derivanti dall’esposizione ad agenti fungini, prodotti cellulari di origine vegetale e animale, artropodi.
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7. RISCHIO DI ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE
Come per la zootecnia anche per l’agricoltura, con particolare riferimento alle serre, la variabilità dei processi produttivi, il loro andamento stagionale e la sovente sovrapposizione di alcuni compiti lavorativi, rendono difficoltoso stabilire quale possa essere il potenziale rischio biologico legato alle singole attività. Tuttavia, in linea generale, possono essere individuate alcune mansioni e/o fasi lavorative che presentano maggiori probabilità di contatto con agenti patogeni.
Irrigazione
L’irrigazione delle colture, soprattutto in ambienti confinati quali le nursery, rappresenta una fase critica per quanto concerne la potenziale esposizione ad agenti patogeni. L’acqua ad uso irriguo, spesso proveniente da pozzi e consorzi di bonifica, viene nebulizzata e il rischio espositivo è correlato all’inalazione di bioaerosol generato da tali sistemi che, se non adeguatamente sottoposti a manutenzione, possono essere contaminati da agenti patogeni (Pseudomonsas spp., Legionella spp.- 2° gruppo di rischio - allegato XLVI, d.lgs. 81/2008).
Fase di raccolta e di eradicazione
È stato dimostrato che le colture senescenti, soprattutto quelle a foglia larga (lattuga, cetrioli, spinaci, ecc.), accumulano e rilasciano concentrazioni di endotossine batteriche significativamente maggiori rispetto alle piante giovani a foglia piccola. Pertanto, le relative attività di raccolta e di rimozione possono aumentare il rischio di esposizione a tali componenti per gli operatori addetti.
Trattamento del terreno con pesticidi biologici
Sebbene gli studi epidemiologici siano ancora esigui, la fase di trattamento del terreno con biopesticidi, spesso espletata manualmente, può comportare un rischio di esposizione occupazionale. Sono state segnalate patologie, a carico delle mucose degli occhi, riconducibili all’inalazione di spore di Bacillus thuringiensis, specie batterica impiegata per il controllo di insetti dannosi per le colture [3].
8. MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
La normativa italiana di riferimento in tema di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008) impone, in qualsiasi ambiente lavorativo, l’eliminazione del rischio di esposizione ad agenti nocivi o la sua riduzione al più basso livello possibile. Misure tecniche/procedurali e organizzative quali la riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione, del numero di lavoratori potenzialmente esposti, la programmazione di interventi di manutenzione degli impianti di irrigazione unitamente al rispetto di norme igieniche generali, possono ridurre significativamente i livelli di esposizione ad agenti biologici in questo settore occupazionale.
Quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti, di fondamentale importanza l’individuazione e adozione di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI) nel contesto delle mansioni e/o fasi lavorative ritenute maggiormente critiche.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Agricoltura: salute e sicurezza sul lavoro a 100 anni dall'introduzione della tutela assicurativa (.pdf - 3.1 mb)
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Rispondi Autore: Gigio Napolitano - likes: 0 | 02/02/2019 (09:25:32) |
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