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Rischio incendio: una proposta per affrontare la valutazione

Rischio incendio: una proposta per affrontare la valutazione

Autore: Ufficio Stampa

Categoria: PUBBLIREDAZIONALE

07/09/2022

Cos’è e cosa non è la valutazione del rischio di incendio. Gli elementi da considerare e gli strumenti a supporto del tecnico.

Ci siamo! Dopo un anno di domande, circolari, approfondimenti, webinar, incontri, convegni, tra fine settembre e fine ottobre entreranno in vigore i nuovi decreti sull’antincendio nelle aziende.

 

Prima di addentrarci in alcune considerazioni su cosa sia, realmente, la valutazione del rischio di incendio, riassumiamo le principali novità dei 3 decreti.

 

D.M. 01/09/2021

  • Qualifica dei manutentori antincendio: sono previsti nuovi requisiti per chi si occupa della manutenzione dei presidi antincendio
E’ possibile aggiungere tali requisiti al processo di verifica dell’idoneità tecnico professionale e monitorarli grazie al modulo di AimSafe dedicato alla gestione degli appalti.

 

D.M. 02/09/2021

  • Informazione e formazione antincendio: diventa obbligatorio ogni 5 anni l’aggiornamento della formazione degli incaricati antincendio ed entrano in vigore specifici requisiti per i docenti del corso antincendio.
  • Obbligo del piano di emergenza: estensione dell’obbligo alle attività con meno di 10 addetti ma con un affollamento superiore alle 50 persone per le quali, l’allegato II punto 4, prevede una versione schematica del piano.
Scarica gratis il modello di piano di emergenza semplificato per le attività commerciali.

 

 D.M. 03/09/2021

  • requisiti antincendio per i luoghi di lavoro
  • modifiche all’obbligo di valutazione dei rischi di cui parlerò in questo articolo.


Cos’è e cosa non è la valutazione del rischio di incendio

Il 2022 può essere sicuramente annoverato come un anno, almeno in gran parte, dedicato al rischio di incendio. Nell’ultima parte del 2021 abbiamo finalmente assistito alla pubblicazione dei tanto attesi decreti previsti per andare a sostituire il D.M. 10/03/1998.

 

Giustamente, calata l’attenzione sulle novità della Legge 215 e sul Covid-19, chi si occupa di sicurezza ha cominciato a focalizzarsi su questi decreti per comprenderli al meglio in vista dell’entrata in vigore tra il 25 settembre e il 29 ottobre.

 

Se il tema della qualifica dei docenti per il corso antincendio ha attirato subito l’attenzione, il decreto che più desta preoccupazione è il D.M. 03/09/2021 “Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.”.

 

La preoccupazione nasce, soprattutto, in merito alla c.d. valutazione del rischio di incendio che, orfana del D.M. 10/03/1998, deve trovare una nuova “linea guida”.

 

In tantissimi seminari e corsi, l’attenzione è però andata alle prescrizioni antincendio alle quali le aziende dovranno ottemperare nei casi previsti (nuove costruzioni o modifiche sostanziali). Questi sono elementi assolutamente importantissimi ma che non rispondo ad una domanda altrettanto importante per chi svolge il ruolo di RSPP o consulente per la sicurezza: “come devo fare la valutazione del rischio di incendio?”.

 

Cos’è la valutazione del rischio di incendio

Evitando di andare alla definizione di valutazione del rischio, il punto 3 dell’Allegato 1 del D.M. 03/09/2021 (c.d. Minicodice), così come il punto G.2.6.1 del D.M. 03/08/2015 (Codice di prevenzione incendi), riportano, in nota al punto 1:

 

“La valutazione del rischio d’incendio rappresenta un’analisi dello specifico luogo di lavoro, finalizzata all’individuazione delle più severe ma credibili ipotesi d’incendio e delle corrispondenti conseguenze per gli occupanti. Tale analisi consente di implementare e, se necessario, integrare le soluzioni progettuali previste nel presente allegato/decreto.”

 

Ritengo che questa nota sia illuminante rispetto a cosa significa materialmente fare la valutazione del rischio di incendio: analizzare quelle che sono le caratteristiche peculiari della specifica azienda oggetto della valutazione e, se necessario, “implementare e integrare” le misure che sono già previste dalle norme vigenti e risultano obbligatorie a prescindere proprio dalla valutazione del rischio.

 

Quali sono queste norme? Le troviamo all’articolo 3 del D.M. 03/09/2021:

  1. Regola tecnica verticale di prevenzione incendi: sono decreti ministeriali finalizzati a definire le misure antincendio specifiche per singole tipologie di attività. Si badi bene che molti di questi decreti hanno un campo di applicazione che può essere anche molto diverso dalle soglie di applicabilità del D.P.R. 151/11, quindi vanno rispettate anche qualora l’attività non sia soggetta al controllo dei Vigili del Fuoco in quando “sottosoglia” rispetto a quanto indicato all’allegato 1 del DPR. Ad esempio: per gli uffici, per i quali il D.P.R. 151/11 prevede una soglia di 300 persone mentre la regola tecnica di prevenzione incendi si applica superati i 25 addetti. In presenza di regola tecnica di prevenzione incendi applicabile al nostro caso: le prescrizioni da rispettare sono quelle della regola tecnica.
  2. Minicodice: per le attività a basso rischio (D.M. 03/09/2021 Allegato I punto 1), le misure antincendio sono quelle riportate all’interno dello stesso allegato, chiamato minicodice, al punto 4 Strategia antincendio;
  3. Codice di prevenzione incendi: qualora la mia attività, o parte di essa, non fosse regolamentata da una regola di prevenzione incendi e non fosse neanche a rischio basso, le prescrizioni antincendio da rispettare sono quelle derivanti dall’applicazione del D.M. 03/08/2015 detto anche Codice di Prevenzione Incendi.

 

Si badi bene che, i punti 1, 2 e 3, non riguardano la valutazione del rischio ma le misure tecniche e gestionali minime che vanno obbligatoriamente adottate. Da queste, può nascere una o più checklist con il mero obiettivo di una verifica di conformità che è, però, non la valutazione dei rischi ma propedeutica a essa.

 

Adottate le misure previste dalle norme applicabili, infatti, si deve procedere alla valutazione del rischio che è quel processo attraverso il quale il datore di lavoro capirà se le misure minime previste e adottate, sono sufficienti anche nel suo caso specifico o se è necessario fare qualche passo in più.

 

Le condizioni che possono rendere necessarie ulteriori misure sono riportate nella stessa nota:

  1. Specifico luogo: dove si trova l’azienda? Qual è il contesto che potrebbe influire negativamente sul rischio di incendio? Pensiamo ad un ufficio, con oltre 25 lavoratori, a fianco di una fonderia, pensare che le misure, previste per tutti gli uffici nel D.M. 22/02/2006, possano essere sufficienti anche in questo caso specifico, potrebbe non essere corretto, quindi merita una valutazione del rischio specifica e l’eventuale individuazioni di misure integrative;
  2. Individuazione delle più severe ma credibili ipotesi d’incendio: tenendo conto delle caratteristiche dei locali (piccoli uffici con finestre o ampi open space) come può generarsi e svilupparsi l’incendio? Anche da questa analisi può determinarsi la necessità di implementare ulteriori misure che la norma generale valida per tutte le attività di quel tipo potrebbe non tenere in debita considerazione;
  3. Corrispondenti conseguenze per gli occupanti: che caratteristiche presentano i miei occupanti? Quello che prevede la regola di prevenzione incendi, il Minicodice o il Codice di prevenzione incendi, sono adeguate rispetto a queste caratteristiche o devo adottare altre misure, magari riducendo la lunghezza o larghezza o numero delle vie di esodo anche se la mia attuale situazione è conforme ai requisiti?

 

Compresa la differenza tra rispetto delle prescrizioni (comunque obbligatorio per legge) e valutazione del rischio (processo dal quale potrebbe emergere l’inadeguatezza, anche solo parziale, delle misure previste dalle norme obbligatorie), potrebbe essere più facile comprendere anche i contenuti minimi della valutazione del rischio di incendio che troviamo sempre al punto 3 dell’Allegato I del D.M. 03/09/2021 e del punto G.2.6 del D.M. 03/08/2015:

1. Deve essere effettuata la valutazione del rischio d’incendio in relazione alla complessità del luogo di lavoro.

2. La valutazione del rischio di incendio deve ricomprendere almeno i seguenti elementi:

a) individuazione dei pericoli d’incendio;

b) descrizione del contesto e dell’ambiente nei quali i pericoli sono inseriti;

c) determinazione di quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio;

d) individuazione dei beni esposti al rischio d’incendio;

e) valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio sugli occupanti;

f) individuazione delle misure che possano rimuovere o ridurre i pericoli che determinano rischi significativi.

 

Per sintesi, ho omesso le Note che, però, vi invito a leggere con attenzione.

Cosa non è la valutazione del rischio di incendio

A fronte di tutto questo discorso, è chiaro che la valutazione del rischio di incendio NON E’ la verifica di conformità rispetto alle prescrizioni antincendio. Questo, sicuramente un processo necessario a monte della valutazione del rischio, può realizzarsi con più o meno semplici checklist o chiedendo il parere di esperti antincendio, viste anche le difficoltà applicative di alcuni decreti per coloro che potrebbero conoscere poco la materia legata alla progettazione antincendio.

 

Pensare di trasformare la valutazione del rischio di incendio in una mera verifica di conformità alle regole di prevenzione incendi applicabili, fa sì che non vengano considerate le caratteristiche specifiche dell’attività nei confronti del rischio di incendio e, quindi, non venga considerata l’implementazione di misure aggiuntive che sarebbero adatte a contenere gli effetti di eventuali incendi.

 

Materialmente come si valuta il rischio di incendio

Seguendo i punti indicati al capitolo Valutazione dei rischi del Minicodice e del Codice di Prevenzione Incendi, emerge la necessità di individuare questi elementi:

  1. Individuazione dei pericoli di incendio quali:
    1. Le sorgenti di innesco: quali sono le potenziali sorgenti di innesco efficaci presenti, nelle condizioni peggiori prevedibili, all’interno dell’ambiente di lavoro: guasti elettrici, sovraccarichi, scariche atmosferiche, esplosioni, lavori a caldo, surriscaldamento di parti meccaniche ecc.;
    2. Materiali combustibili e infiammabili: quali sono i materiali che possono prendere fuoco, in quale fase dell’incendio e quali conseguenze possono comportare (emissione di ingente calore, emissione di fumi tossici ecc.). Qui risulta interessante andare a calcolare il carico di incendio specifico.
  2. Contesto e ambiente in cui si trova l’attività:
    1. Accessibilità dei soccorsi e viabilità interna;
    2. Organizzazione degli spazi anche per valutare eventuali elementi che possono rendere critica l’evacuazione lungo certi percorsi (es, magazzini);
    3. Caratteristiche dell’edificio;
    4. Aerazione e ventilazione per smaltire o convogliare il fumo e il calore.
  3. Caratteristiche degli occupanti: su questo punto, ci viene in soccorso il capitolo G.3.2 con il quale possiamo andare a individuare gruppi omogenei per caratteristiche degli occupanti tenendo conto del loro stato di veglia o meno, della loro conoscenza dei locali e delle vie di esodo ecc. Non dimentichiamo la possibilità che tra gli occupanti ci siano persone le cui caratteristiche possono influenzare negativamente sulla loro capacità di comprendere la situazione di emergenza e/o la loro capacità di percorrere le vie di esodo. Da questa valutazione, tenendo conto della velocità di propagazione dell’incendio, possiamo determinare il Rischio Vita (Rvita);
  4. Individuazione dei beni esposti: sebbene poco c’entri con la valutazione del rischio per i lavoratori, preservare la capacità dell’azienda di continuare la propria attività rimane un obiettivo di interesse di tutti. Possiamo usare i parametri che il D.M. 03/08/2015 indica per determinare il Rischio Beni (Rbeni) al punto G.3.3. Una valutazione ancora più semplice di quanto previsto per il Rvita;
  5. Valutazione delle conseguenze dell’incendio: andare a definire quali possono essere le conseguenze dell’incendio, anche tenendo conto dei diversi scenari di sviluppo, può aiutare a comprendere dove integrare misure, rispetto a quelle minime indicate dalle norme;
  6. Individuare le misure che possono rimuovere o ridurre i pericoli: l’output della nostra valutazione dei rischi non può che essere un piano di miglioramento atto a ridurre il rischio di incendio che poi andrà integrato nel piano di miglioramento previsto all’interno del Documento di Valutazione dei rischi.

 

Prova, gratuitamente per 3 mesi, il modulo emergenze e incendi di AimSafe, senza nessun vincolo di rinnovo:

  • Calcolo del carico di incendio specifico di progetto;
  • Valutazione del rischio incendio;
  • Piano di emergenza ed evacuazione.

 

Per conoscere meglio AimSafe e avere maggiori informazioni sulle funzionalità dedicate ai consulenti scrivi a commerciale@aimsafe.it o visita il nostro sito AimSafe.

 

 

Ing. Fabio Rosito
Responsabile scientifico AimSafe

 

 

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Rispondi Autore: Franco Lombardia Rossi - likes: 0
07/09/2022 (08:19:53)
Attenzione al "rischio basso". Ci sono "confini" ben precisi! In alcuni (molti?) casi anche con rischio basso si applica il DM 3 agosto 2015.
Rispondi Autore: Fabio Rosito - likes: 0
07/09/2022 (08:52:08)
Buongiorno,

L'articolo 3 comma 2 del D.M. 03/09/2021 prevede:
2. Per i luoghi di lavoro a basso rischio di incendio, cosi' come
definiti al punto 1, comma 2, dell'allegato I, che costituisce parte
integrante del presente decreto, i criteri di progettazione,
realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio sono riportati
nel medesimo allegato.

Quindi, per le attività a rischio basso di incendio, come definite in allegato I, si applica il Minicodice in assenza di Regole di prevenzione incendi specifiche.

Il comma 4 richiama la POSSIBILITÀ anche per le attività a rischio basso di usare il codice, ma non mi risultano obblighi in tal senso
Rispondi Autore: Guido Giuliani - likes: 0
07/09/2022 (09:01:29)
Molto utile l'articolo che si incentra sulla proposta di dare un significato della "Valutazione del Rischio incendio" con buoni risultati.

Rispondi Autore: Fabio Rosito - likes: 0
07/09/2022 (09:07:28)
Grazie mille Guido Giuliani. Ne riparleremo anche il 14 settembre in occasione dell'AimSafe Speed Training (Iscrizioni su BachecaSicurezza.it).

In quell'occasione, ci sarà anche spazio per il confronto tra di noi
Rispondi Autore: michele - likes: 0
08/09/2022 (11:41:13)
in quale modo si dovrebbero inquadrare quelle specifiche che vanno in contrasto con quanto previsto dal DLGS 81 nell'allegato IV? Oggi abbiamo 2 norme con 2 indicazioni diverse, dove finisce la certezza del diritto?

secondariamente, possibile che nessuno si sia accorto di questo punto?
"Al fine di limitare la probabilità che l’esodo degli occupanti sia impedito dall’incendio, devono essere previste almeno due vie d’esodo indipendenti, per le quali sia minimizzata la probabilità che possano essere contemporaneamente rese indisponibili dagli effetti dell’incendio."

Due uscite indipendenti, senza deroga alcuna, per OGNI luogo di lavoro...oppure, come al solito all'italiana, alcune parti della legge sono da interpretare mentre altre sono vincolanti?

Se devo essere sincero, mi sembra che questi 3 decreti siano stati scritti quanto meno frettolosamente...forse rileggerli non avrebbe fatto male.
Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0
20/06/2023 (15:39:14)
Provo a rispondere al sig. Michele: in realtà una deroga è indicata: il punto da lei citato è il 4.2.3.1 dell'Allegato, al 4.2.3.4 si indica che "nei limiti di ammissibilità del corridoio cieco è ammessa una sola via di esodo".
Corridoio cieco di cui trattasi ai precedenti punti 4.2.3.2 e 4.3.2.3 ove indica che nei casi peggiori (senza IRAI e senza altezze corridoio cieco di almeno 5 m) sono consentiti 30 metri.
Quindi se capisco bene qualsiasi attività a rischio basso può avere anche solo una via d'esodo se essa non è superiore a 30 m (che poi non sia un corridoio cieco, tanto meglio).
Considerato che parliamo di attività a rischio basso e quindi di superficie massima pari a 1000 mq, avere 30 metri di distanza max non è mediamente difficile...se non abbiamo un'attività lunga e stretta con un'unica uscita da una parte...
A me pare che sia così
Saluti

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